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La Mente creativa

L'origine e la diffusione dei programmi mentali

Attualmente, nella nostra cultura occidentale, molte persone pensano che tutti gli aspetti della loro attività mentale – e la stessa coscienza – siano determinati dal funzionamento del cervello. Come abbiamo visto nei blog del 2019, vi sono ottime ragioni a sostegno di questo punto di vista, che conduce ad una conclusione: io sono il mio cervello. Ci sono tuttavia alcune persone che non ritengono che l'esistenza del proprio io cosciente possa essere ricondotta, in tutto o in parte, alla sola attività cerebrale. Poiché anche queste persone dispongono spesso di un cervello sano, che non mostra difetti di funzionamento, chi sostiene la tesi monista per la quale l'esistenza dell'io coincide con quella del cervello è poi costretto a riconoscere che il cervello può ingannare se stesso, dato che alcuni circuiti del cervello possono convincere altri circuiti di cose non vere. Il problema dell'inaffidabilità del cervello è molto interessante: vi sono casi in cui il credere in buona fede in cose evidentemente non vere – come sostenere, per esempio, che la Terra è piatta anziché sferica – denota un deficit nella capacità di ragionamento. Potrebbe trattarsi di un difetto di hardware (alcune parti del cervello non funzionano correttamente) oppure di software (alcuni programmi precedentemente acquisiti bloccano il funzionamento dei circuiti cerebrali, impedendo di ragionare correttamente).

Le usanze e le credenze popolari diffuse ed attive anche nel mondo attuale sono dovute a programmi mentali che vengono acquisiti dal cervello, fin dall'infanzia, con straordinaria facilità: gli ebrei ortodossi vestono di nero e portano i payot, in molte parti del mondo i bambini vengono circoncisi, i musulmani pregano rivolti verso La Mecca, e così via. Se questi comportamenti dipendono dal modo di funzionare del cervello – come si ritiene comunemente – è evidente che molti cervelli (ma certamente non tutti) operano per tutta la vita in modo da conformarsi ai programmi che sono stati acquisiti, soprattutto nell'infanzia ed in giovane età, senza essere in grado di elaborarli autonomamente, oppure elaborandoli in misura minima. Ma, come si è visto, questi programmi non sono stabili e permanenti: cambiano da una cultura all'altra, e si modificano nel tempo anche nell'ambito di una stessa cultura. Dunque nascono, si sviluppano e si propagano all'interno di un network di cervelli.

Inizialmente questi programmi cominciano a prendere forma nella mente di una persona, che riesce ad influenzare un gruppo inizialmente ridotto di seguaci. Di solito non si tratta di un percorso lineare e limpido, ma di una genesi faticosa e tormentata, che può anche mettere in crisi la salute mentale dell'organismo umano nel quale il processo si manifesta. Si può notare un'analogia con il processo creativo di opere d'arte di particolare complessità ideativa, che consumano energie fisiche e psichiche. La percezione cosciente di questo processo da parte dei soggetti coinvolti ha portato a definirlo con il termine ispirazione, spesso – soprattutto in passato – attribuendo alla volontà ed alla capacità di un'entità numinosa non appartenente al mondo fisico l'origine e lo sviluppo mentale del fenomeno creativo. Quando ancora le conoscenze sul funzionamento del cervello erano molto limitate o del tutto assenti, l'attenzione era rivolta unicamente al processo mentale che – mediante una particolare e non comune sensibilità – percepiva il processo creativo come manifestazione di qualcosa di superiore, al cui intento l'essere umano si sottometteva volontariamente e con spirito di sacrificio, cosciente e soddisfatto del ruolo svolto nell'ambito dell'attività della Mente creatrice.

L'ispirazione non riguarda solo il poeta, il narratore o il compositore di musica, ma anche il profeta religioso, l'inventore, lo scienziato ed il legislatore: ogni volta che il processo creativo ed organizzativo interviene per creare qualcosa di nuovo, che prima non esisteva, vengono attivati quei processi mentali i quali – sotto il nome di attenzione, concentrazione, meditazione, riflessione, valutazione razionale o emotiva, ecc. – determinano l'ideazione e la successiva manifestazione dell'opera creata. È evidente che l'aspetto importante del processo creativo risiede poi nella sua capacità di essere accolto e di diffondersi progressivamente all'interno di un tessuto sociale formato da un network di cervelli, canalizzando energie e determinando comportamenti collettivi che influenzano per un certo periodo l'evoluzione sociale: un fenomeno tipicamente psichico, nel quale gli esseri umani sono stati sempre coinvolti in un ruolo essenzialmente passivo, in quanto all'oscuro delle finalità del processo. Questo complesso gioco del mondo ha sempre avuto come fondamento l'attività mentale, tramite la quale sono state trasferite nella dimensione della vita tutte le vicende nelle quali gli esseri umani sono stati coinvolti, nel ruolo sia di attori che di spettatori: solo da pochi decenni si è cominciato a studiare il cervello come strumento mediante il quale l'attività mentale si manifesta e produce i suoi effetti.

Il fascino dello spettacolo del mondo

Non possiamo sapere con certezza se esiste una forma di coscienza non umana capace di percepire e di sentire le vicende che hanno come protagonista l'umanità, tanto nelle loro manifestazioni esterne relative ai comportamenti ed agli eventi nei quali i nostri organismi esplicano la loro attività, quanto nelle dinamiche della psiche nelle quali miliardi e miliardi di io coscienti sono stati e sono coinvolti. Alcuni dati sperimentali possono tuttavia indurre a ritenere che nulla di quanto accade e di quanto viene vissuto da ogni singolo individuo vada perduto per sempre, e che tutto sia registrato in una specie di memoria cosmica alla quale potrebbe essere possibile accedere, anche se non per vie normali. Abbiamo già citato il fatto che esistono persone dotate di una mente che non riesce a cancellare nessun ricordo, e che perciò sono costrette a ricordare in dettaglio anni ed anni della loro vita. In ogni caso, la coscienza umana registra il modo in cui la mente sperimenta ed interpreta gli eventi della vita.

Sebbene in questo sito sia stata più volte sottolineata l'importanza del distacco dell'io cosciente nei confronti delle dinamiche psichiche nelle quali viene coinvolto, ciò non significa che l'io non possa trarre beneficio da quelle sintonie mentali che sente maggiormente in armonia con la propria natura e con le proprie esigenze evolutive, sia come attore che come spettatore. Tutti noi, per il solo fatto di vivere, interpretiamo il nostro ruolo di attori sulla scena del mondo, e nello stesso tempo abbiamo la possibilità di assistere allo spettacolo – o meglio, alla molteplicità di spettacoli – che il mondo ci offre: prima ancora dell'umanità, è la natura stessa che si manifesta a noi nei suoi vari aspetti, offrendosi alle reazioni interpretative ed emotive della nostra mente. Le facoltà intellettive e creative della mente permettono poi ad alcuni umani di ideare e mettere in scena uno spettacolo nello spettacolo, mediante la musica, l'abilità interpretativa e le arti sceniche. Che la nostra mente possa avere le risorse per trarre godimento da certi spettacoli della natura o della creatività umana mi sembra evidente, così come il fatto che nel cervello devono essere attivi i circuiti ed i neurotrasmettitori che determinano tale godimento. Dipende infatti dal funzionamento del cervello il livello evolutivo di ciò da cui il singolo individuo si sente attratto: c'è chi trova irresistibile il gioco del calcio e chi invece è sensibile al fascino della musica più raffinata (o entrambe le cose).

Sia nel caso degli spettacoli offerti dalla natura che in quelli organizzati mediante la collaborazione di un gruppo di esseri umani – un esempio del quale è un'orchestra sinfonica – il godimento è spesso collegato alle emozioni suscitate dal senso di armonia e di bellezza che trascende l'ordinaria dimensione di questo mondo, attivando la nostalgia – e forse il ricordo – di una dimensione perduta, o l'anelito per una dimensione desiderata e sperata, la cui esistenza diventa – almeno per qualche attimo – reale. Queste particolari sintonie emotive possono attivarsi autonomamente anche nello stato di sogno, rendendo plausibile l'ipotesi che si tratti di esperienze mentali fruibili anche in assenza di stimoli oggettivi provenienti dall'ambiente. Nella nostra cultura occidentale, tuttavia, il cervello viene programmato per funzionare prevalentemente reagendo agli stimoli ambientali. Anche la complessità di ciò che noi organizziamo e produciamo creativamente, essendo determinata da quelli che vengono considerati bisogni e desideri normali e naturali, è di fatto collegata alla particolare sensibilità reattiva del nostro cervello nei confronti degli stimoli provenienti dall'ambiente.

L'attività creativa è fonte di gioia, sia da parte del creatore nel suo ruolo di ideatore, autore, attore od organizzatore, sia da parte dello spettatore nel suo ruolo di fruitore ed anche, come si usa dire oggi, di consumatore. Esistono vari livelli di complessità e di elaborazione delle idee creative, ed anche al cervello del fruitore è richiesto un particolare impegno evolutivo per poter trarre godimento dalle creazioni di alto livello: in un certo senso, anche la capacità di apprezzare uno spettacolo e di trarne godimento è determinata da un processo creativo mentale. Per fare un esempio, quando gli elementi di un'orchestra, di un coro e di un corpo di ballo, oltre agli scenografi, ai tecnici delle luci, ai costumisti ed a vari altri collaboratori – qualche centinaio di persone in tutto – sintonizzano le risorse dei loro cervelli per mettere in scena un balletto di Ciaikovskij, lo spettacolo che ne risulta può essere apprezzato a diversi livelli, ma può essere goduto pienamente ed intensamente solo da un cervello che sia in grado di percepire e riconoscere la complessa armonia generata dall'insieme dei dettagli di suoni, colori, luci, movimenti ed espressioni, che nelle loro interazioni producono lo sviluppo temporale dell'opera. Altrettanto si può dire di certi prodotti architettonici o tecnologici, anche se in questo caso di norma percepiamo solo il risultato finale, senza partecipare allo spettacolo della loro ideazione e realizzazione.

Questa tensione della nostra mente – e, diciamo pure, della nostra attività cerebrale – verso la ricerca di elaborate forme di espressione artistica che richiedono facoltà creative di alto livello, e verso un percorso evolutivo che porti ad una più raffinata ed intensa capacità di percezione, di comprensione e di godimento del complesso spettacolo offerto dal mondo – nei suoi aspetti naturali e nelle più complesse elaborazioni dovute alle interazioni umane – può essere attribuita all'influenza di un agente che possiamo indicare con il termine di spirito. Le attività spirituali, la cui origine viene fatta coincidere più o meno con gli albori delle prime civiltà umane, ma che possono aver avuto una genesi ben anteriore nell'ambito dell'attività mentale individuale, si distinguono dalle attività di tipo utilitaristico, incentrate sui bisogni e sulle esigenze naturali dei nostri corpi – anche in relazione all'interdipendenza dei corpi nell'abito delle strutture sociali – perché sembrano essere ispirate da un'anelito della mente verso dimensioni diverse da quella in cui attualmente viviamo col nostro sistema organico.

L'ispirazione creativa

Un violinista, una pianista, un cantante lirico, una ballerina, devono esercitarsi per molti anni al fine di raggiungere quella condizione di efficienza cerebrale necessaria ad eseguire alla perfezione quanto viene loro richiesto. Lo stesso vale per chi voglia praticare a livelli professionali uno sport. Una volta raggiunto un certo livello, può intervenire anche una certa dose di creatività, ma il loro talento si esplica essenzialmente nell'abilità esecutiva ed interpretativa, acquisita mediante un disciplinato allenamento sotto la guida di un maestro. Si potrebbe anche sostenere che, al di là della loro sensibilità artistica, si tratta di persone che sanno fare bene il loro mestiere, come qualsiasi altro professionista o operaio specializzato. Vi sono invece altre persone per le quali l'esigenza di creare supera qualsiasi altro bisogno naturale, tanto da renderle in qualche caso incapaci di svolgere le normali attività richieste per guadagnarsi di che vivere. Si possono fare molti esempi in campo artistico, anche tra coloro che raggiunsero una certa fama per poi morire in povertà, come Mozart, o che non ebbero mai successo in vita, come Van Gogh. La creatività, come esperienza individuale, non riguarda solo l'artista che ha successo, anche postumo, ma anche l'artista che, senza essere pubblicamente riconosciuto, continua a creare perché sente il bisogno di farlo. Un interessante ed inquietante esempio di come la creatività si trasformi è rappresentato da Hitler, il quale – nel cercare di esprimere la sua creatività tramite la pittura – produceva opere convenzionali e diligenti, non prive di una loro dignità: se avesse avuto maggior fortuna come artista, probabilmente l'umanità si sarebbe risparmiata le notevoli sventure determinate dalla canalizzazione della sua distorta creatività in ambito politico.

Le neuroscienze non sono riuscite finora ad individuare le modalità di funzionamento cerebrale che determinano l'ispirazione creatrice. L'esperienza mentale cosciente del sentimento e del bisogno di creare, di ideare, di progettare e di realizzare qualcosa di nuovo, sia artisticamente che tecnicamente, fa parte del patrimonio delle esperienze umana già da millenni. Ma anche nel campo organizzativo e sociale (nella politica e nella religione) o nel progresso della conoscenza (nella scienza e nella filosofia) la creatività si manifesta costantemente, producendo cambiamenti ed esplorando nuove possibilità di sviluppo. La persona creativa ha spesso l'impressione che un'entità distinta dal suo io cosciente si insinui – desiderata o meno – nella sua attività mentale, e di conseguenza interferisca con il normale funzionamento dei circuiti cerebrali, determinando il processo creativo. Questa intromissione può anche presentare aspetti disturbanti e conflittuali in relazione al normale equilibrio dell'attività mentale, e presenta – anche se in misura ridotta – delle affinità con certe forme di attività medianica, nelle quali la mente del medium, posta in stato di trance, è utilizzata da una personalità autonoma ed intelligente, ben distinta dall'io cosciente del medium.

Attualmente i sistemi umani delle società evolute sono molto più influenzati dai programmi mentali che circolano e si diffondono all'interno del network dei cervelli che non dalle condizioni ambientali naturali: i progressi tecnologici hanno infatti permesso di esercitare un sufficiente controllo collettivo sulle risorse naturali e di far fronte ad alcune delle calamità naturali (carestie, inondazioni, malattie epidemiche, ecc.) che in passato affliggevano tutte le società umane. Sebbene una parte dell'umanità debba ancor oggi confrontarsi con questo genere di problemi, un'altra parte può vivere come se non esistessero, o quanto meno come se non la riguardassero: anzi, oggi ci si deve confrontare con un problema antitetico, per così dire, e cioè quello di dover proteggere l'ambiente naturale dall'eccessivo sfruttamento delle sue risorse causato dalle attività e dalle esigenze umane. Tutti questi processi creativi, compresi quelli che determinano le regole comuni e l'organizzazione sociale, sia che si svolgano esclusivamente tramite l'attività cerebrale – il che implica che il cervello sia dotato di una funzione creatrice intrinseca – sia che ci vengano ispirati, tramite il cervello, da intelligenze aliene, comportano una serie di esperimenti e di tentativi di sviluppo sociale, talvolta armoniosi ma piuttosto spesso conflittuali, i cui effetti possono essere sperimentati e valutati solo a posteriori.

La creatività umana, manifestandosi tramite un certo numero di individui diversi, può esprimersi in stati mentali che determinano sia situazioni caotiche e conflittuali all'interno delle strutture sociali, sia soluzioni organizzative tendenti all'ordine e ad una maggiore coesione: a volte prevalgono le une, a volte le altre, ma la speranza che l'umanità possa beneficiare di uno stato di armonia e di concordia costante resta, allo stato attuale, un'illusione. È il funzionamento stesso del cervello che induce alcuni individui a preferire la guerra alla pace, la lotta alla concordia, la coercizione al diritto, l'azione distruttiva a quella costruttiva. Probabilmente vi è – in questo modo di funzionare del cervello – una tensione conflittuale determinata da una parte dal retaggio ancestrale della lotta per la sopravvivenza nei confronti di un ambiente ostile, e dall'altra da una spinta a migliorare la condizione umana in funzione di una vita meno dolorosa e più piacevole. Inoltre, poiché il cervello elabora i programmi mentali acquisiti progressivamente tramite le interazioni con altri cervelli nell'ambito di un certo ambiente socioculturale, è difficile distinguere con precisione l'origine programmatica di certe idee creative dal modo di funzionare congenito del cervello in cui si formano.

L'origine della creatività

In questo blog abbiamo sempre considerato l'io cosciente come un'entità distinta dagli eventi psichici – determinati dall'attività mentale – nei quali viene costantemente coinvolto nel corso della vita. Abbiamo anche osservato che il livello di coinvolgimento è tale, per cui nella maggior parte degli esseri umani l'io si identifica completamente con la propria psiche, ed abbiamo definito questa condizione con l'espressione «automa umano». Anche se riconduciamo tutta l'attività mentale al funzionamento del cervello, la condizione dell'io cosciente non cambia: esso sarà sempre più o meno influenzato ed irretito dalle reazioni psichiche determinate dal funzionamento del cervello che il destino gli ha dato in sorte. Del resto, molti neuroscienziati ritengono che lo stesso io non sia altro che un prodotto dell'attività cerebrale. Questa posizione, tuttavia, alla fine non spiega niente, perché non dà conto del processo creativo che ha prodotto dapprima tutti i fenomeni biologici ed organici della natura, poi il cervello umano e la conseguente attività mentale, ed infine gli attuali sistemi socioculturali complessi e tecnologici. E spero che nessuno voglia negare la realtà e l'evoluzione cronologica di questo processo creativo.

Di fronte al mistero ed al potere di questo processo creativo – che resta sconosciuto nella sua essenza e non può essere né personalizzato né antropomorfizzato – l'io cosciente può sentirsi sperduto, impotente ed insignificante, imprigionato com'è in un organismo ed in un cervello, dai quali sembra dipendere la sua stessa esistenza. La natura e l'origine del processo creativo, se esso abbia o meno un intento ed uno scopo, la condizione ed il destino dell'io cosciente all'interno di questo processo che ne ha determinato l'esistenza (quanto meno temporanea), tutto questo sfugge completamente alla nostra comprensione interpretativa, va al di là delle nostre facoltà conoscitive, dato che non ci sono stati forniti gli strumenti idonei ad indagare ed a conoscere quello che per noi sembra dover restare un mistero, soprattutto nell'ambito della conoscenza scientifica. A questo punto si ha l'impressione che la nostra partecipazione al processo creativo, almeno per come esso si manifesta sul nostro pianeta Terra, sia giunta al capolinea, nel senso che o la coscienza e l'intelligenza di cui noi umani siamo dotati riescono ad aprire un varco nella comprensione del mistero della creatività, oppure continuiamo, per forza di cose, ad andare avanti alla cieca, muovendoci come automi in un flusso di eventi per noi incomprensibili.

Allo stato attuale, negli stati mentali degli esseri umani si possono individuare – in linea di massima – tre posizioni principali in merito al tema dell'origine della creatività, trascurando le varie sfumature intermedie. La prima di queste sintonie mentali comporta l'adesione più o meno critica ad una delle molte forme di religione istituzionale attualmente presenti nelle società complesse, dotate di un loro corpus di scritture che offrono un'interpretazione mitica del processo creativo e danno consigli e direttive sul modo corretto di comportarsi e di reagire alle dinamiche psichiche in cui l'io cosciente viene coinvolto. Nelle società più primitive questo corpus di conoscenze non è scritto ma viene trasmesso oralmente nell'ambito di una tradizione consolidata e ritualizzata. La seconda posizione, più diffusa nelle società complesse, scientificamente e tecnologicamente progredite, è quella di coloro che ritengono che la vita umana sia di per sé completa e compiuta nella sua dimensione temporale, e che pertanto vada vissuta – con le sue luci e le sue ombre – senza che ci si debbano porre o risolvere le questioni relative al suo significato, all'origine del processo creativo o all'eventualità della continuazione dell'esistenza dell'io cosciente alla morte del cervello. Va sottolineato il fatto che sintonie mentali di questo tipo possono essere attive tanto in personalità socialmente pericolose quanto in individui di alto profilo etico o scientifico, impegnati in attività di utilità sociale.

La terza posizione è quella di chi, alla luce delle risorse offerte dall'intelligenza umana, cerca di orientare la propria attività mentale per riuscire – se non proprio a risolvere il mistero della creatività – ad ottenere ulteriori elementi di informazione in merito alla natura ed alle finalità di questo processo, ed al destino che lo attende – in quanto io cosciente – al termine di questa vita. È la posizione (dovrebbe essere ormai chiaro) di chi scrive questo blog. La creatività umana, che si manifesta tramite l'attività del cervello e del corpo, deriva dal processo creativo universale, dato che il nostro corpo ed il nostro cervello sono un prodotto dell'evoluzione e precedono, per così dire, la nostra capacità di riflettere coscientemente sull'origine delle nostre facoltà creative. E così come, dal punto di vista dell'io cosciente, la creatività umana si sviluppa attraverso un processo di attività mentale finalizzato verso un obiettivo, nel campo dell'arte, della produzione, dell'organizzazione o della conoscenza, possiamo considerare anche il processo evolutivo come espressione di una Mente creatrice universale che si manifesta nella dimensione fisica. Non abbiamo tuttavia elementi di conoscenza sufficienti per stabilire se questa Mente creatrice sia dotata di una propria coscienza e di un proprio intento, in quanto la nostra percezione della creatività non può prescindere dal fattore tempo. Se potessimo comprendere il processo creativo nella sua integrità, potremmo percepire la nostra coscienza come elemento della coscienza della Mente creatrice che, riflettendo su se stessa e sul proprio intento, conosce se stessa.

Naturalmente, essendo la nostra esistenza condizionata e limitata dal tempo, possiamo solo partecipare ad una fase di questo processo evolutivo di elaborazione della conoscenza: abbiamo già, tuttavia, sufficienti elementi per valutare l'aspetto creativo della conoscenza, e trarne, se così si può dire, un certo vantaggio. Non parlo di un vantaggio in termini di acquisizione di potere nella gestione e nell'utilizzazione delle risorse terrestri: tutto questo è già da tempo noto, e costituisce uno dei principali fattori di supporto per la ricerca scientifica, e di incentivazione delle applicazioni tecnologiche che ne derivano. Il vantaggio consiste nel fatto che la creatività, associata all'intelligenza cosciente, può orientare la percezione ed il sentire dell'io verso una dimensione reale più consona alle sue esigenze, contribuendo a determinare il percorso evolutivo dell'io già nel corso della vita umana. Infatti, una volta compreso che non abbiamo elementi di conoscenza sufficienti per affermare – ma nemmeno per negare – che la Mente creatrice sia dotata di conoscenza e di volontà propria (nel qual caso tutto il bene e tutto il male di questo mondo dovrebbero essere attribuiti al suo intento), possiamo riconoscere alla nostra attività mentale, cosciente ed intelligente, almeno una scintilla di creatività, come retaggio del processo creativo universale dal quale trae origine ogni esperienza dell'io cosciente.

L'interpretazione mentale del nostro mondo

La realtà di questo mondo, come viene rappresentata ed interpretata dalla mente umana alla luce della sua attività conoscitiva intelligente, è costituita da un equilibrio – non di rado precario ed instabile – tra elementi positivi, creativi e formativi, precisi ed armoniosi, ed elementi negativi, distruttivi, caotici e conflittuali. Sia nell'ambito della natura che in quello delle interazioni all'interno delle società umane, e nelle relazioni tra queste società, si ha sempre l'impressione di un ordine costruttivo che emerge faticosamente da un caos primordiale il quale, di quando in quando, riprende il sopravvento, e comunque riafferma costantemente la sua presenza distruttiva all'interno dell'ordine. Ovviamente la percezione di questa realtà è dovuta a particolari sintonie psichiche elaborate dalla mente umana – sulla base dei programmi che circolano nell'ambito del network dei cervelli – dato che la realtà fisica di questo mondo potrebbe essere considerata solo come una mutevole interazione dinamica ed energetica tra un numero incommensurabile di atomi e di molecole. Ma la mente umana deve interpretare il mondo perché deve tener conto, oltre che della danza degli atomi e delle molecole, di tutti quegli effetti determinati dal funzionamento del cervello che fanno parte del patrimonio di esperienze dell'io cosciente: pensieri, sentimenti, emozioni, ricordi, sogni, fantasie, ecc. Si tratta di un retaggio di esperienze immateriali che – tramite l'attività mentale del cervello – entrano a far parte della dimensione fisica di questo mondo.

La mente dunque ha una sua realtà ed una sua autonomia, che tuttavia appartengono ad una dimensione diversa da quella fisica. Per potersi manifestare nella dimensione fisica la mente ha bisogno di uno strumento complesso come il cervello, il cui ammirevole funzionamento è stato messo a punto dalla creatività del processo evolutivo operante nella natura. L'interpretazione del mondo, come si svolge tramite l'attività della mente umana nelle sue manifestazioni più evolute, si estende a tutti gli aspetti della creatività, compresi quelli relativi al processo di evoluzione naturale: la mente umana è portata ad esaminare, valutare, giudicare, approvare o criticare in base a criteri che le sono propri, ma non sappiamo quanto legittimamente possano essere applicabili ad altri aspetti della creatività universale. Inoltre la mente umana si esprime individualmente, per cui l'interpretazione del mondo di una persona può presentare sostanziali differenze rispetto a quella di un'altra, e complessivamente prevalgono quelle interpretazioni che hanno la capacità di diffondersi nel network dei cervelli, per capacità di persuasione o – in alcuni casi – perché imposte tramite il potere. Poiché questo è, attualmente, lo stato dell'arte per quanto riguarda il funzionamento delle menti umane nell'ambito della nuvola dei cervelli interconnessi, solo ad una minoranza di umani è concesso il lusso, se così si può dire, di osservare ed analizzare criticamente i vari aspetti del processo creativo.

Il primo aspetto che si presenta all'osservatore è che la creatività naturale prevede la distruzione di quanto è stato creato e, riguardo alla morte, la natura dimostra indifferenza per il modo e per il tempo in cui questa avviene. Nella stessa specie, un animale può vivere a lungo ed un altro può morire giovane, e quello stesso predatore che nella sua vita ha ucciso molti altri animali per nutrirsi, può a sua volta essere ucciso e morire soffrendo. Infatti, non diversamente dagli esseri umani, anche gli animali sopportano – col grado di coscienza di cui sono dotati – le sofferenze causate da ferite, malattie, ed altre disgrazie. La creatività naturale ha preso progressivamente possesso di questo pianeta, in un processo che dura da miliardi di anni, imponendo le sue leggi alle quali tutti gli esseri viventi sono sottomessi (con qualche rara eccezione, come vedremo). Ma la realtà della creatività naturale è data dall'interpretazione che ne fa la mente umana quando ne percepisce gli effetti. Per esempio, oggi tutti noi riteniamo, con fondati motivi, che animali come i dinosauri siano realmente esistiti in un passato remoto: ma se si prescinde dalla mente umana, quale altra forma di mente cosciente è al corrente dell'esistenza dei dinosauri? Non penso che nessun altro animale vivente si ponga questo problema, e per molti secoli, in passato, anche la mente umana ha dato interpretazioni sostanzialmente diverse del processo creativo, che oggi vengono considerate fantasiose o mitiche.

Una volta percepiti, investigati, conosciuti ed interpretati i vari aspetti della creatività naturale, considerata anche nel suo sviluppo cronologico, la nostra mente si pone il problema di quali forme di potere, di energia o di intelligenza più o meno cosciente siano in grado di determinare questo processo ed eventualmente di orientarlo. La prima osservazione della mente intelligente è che questi poteri, o queste entità, eludono la nostra percezione diretta, dunque potrebbero esistere o non esistere. Tuttavia in natura esistono delle leggi alle quali la stessa complessità informatica dell'evoluzione creativa fa riferimento: è arduo, per la nostra mente, concepire l'esistenza di un processo che trae un ordine di livello sempre più elevato – fino a giungere alla complessità del cervello umano – da una condizione iniziale di disordine caotico, senza ipotizzare una forma di energia intelligente che determini questo processo. Pur senza personalizzare tale energia in termini antropomorfi, la nostra mente può immaginare un'organizzazione complessa che si occupa del funzionamento biologico del nostro pianeta. Il fatto che tali entità sfuggano alla nostra percezione non è più sorprendente del fatto che la materia oscura e l'energia oscura – che pure costituiscono la parte preponderante dell'universo fisico – non siano percepibili né da noi, né dai nostri strumenti: il nostro sistema psicofisico è evidentemente soggetto a dei limiti, tanto percettivi quanto intellettivi.

C'è anche un altro aspetto da considerare: il processo creativo naturale è limitato – per quanto riguarda gli organismi viventi – al nostro pianeta, almeno nei termini in cui la nostra mente lo può interpretare. È certamente possibile che esistano altri mondi nei quali si sia svolto o sia in atto un processo creativo analogo, ma allo stato attuale la nostra mente non è in grado di percepire e di conoscere nulla al riguardo. In ogni caso, la creatività naturale resta sempre immersa in un universo, il cui stato è determinato da leggi fisiche la cui origine risale ad epoche primordiali. Circa 65 milioni di anni fa l'impatto di un meteorite, ed una serie di eruzioni vulcaniche, probabilmente provocarono l'estinzione di gran parte delle specie viventi, ed anche oggi possono verificarsi eventi catastrofici causati dalle leggi fisiche che governano il nostro mondo e l'universo. Finora il processo creativo naturale ha sempre trovato il modo di riprendersi da ogni evento distruttivo, manifestando la sua creatività dinamica su vasta scala, sempre indifferente al destino individuale delle singole creature, e così sarà – molto probabilmente – fin quando le condizioni fisiche su questo pianeta saranno idonee ad ospitare la vita organica.

Un'ultima osservazione in merito alla creatività naturale riguarda le sostanziali differenze tra le piante e gli animali, che pure si sono evoluti a partire da comuni antenati in forma di organismi unicellulari. Le piante e le alghe unicellulari del fitoplancton costituiscono dei veri e propri impianti di trasformazione che utilizzano energia solare o energia termica per trasformare le sostenze inorganiche in sostanze organiche, gran parte delle quali stanno alla base della catena alimentare del mondo animale: la complessità biochimica delle piante è allo stesso livello di quella degli animali, anche se molte di esse ci appaiono prive di mobilità e di un sistema nervoso autonomo. Si potrebbe dunque immaginare una natura costituita di sole piante e di batteri, ma non un mondo con soli animali e senza piante. Sembra che le cellule eucariote, dalle quali ebbero origine sia le piante che gli animali ed i funghi, abbiano fatto al loro comparsa sulla Terra poco più di due miliardi di anni fa, mentre le cellule procariote da cui si svilupparono le varie forme batteriche – che tuttora dominano questo mondo – sono molto più antiche: la vita sulla Terra si è limitata alle forme unicellulari ed acquatiche per oltre due miliardi di anni. Inoltre la sopravvivenza di alcuni batteri – nelle forme di resistenza e di autoprotezione definite spore – può arrivare a diversi milioni di anni. Queste informazioni possono modificare radicalmente l'interpretazione mentale del processo creativo naturale.

L'interpretazione mentale della condizione umana

In questo periodo storico la mente deve affrontare un'autentica rivoluzione, perché le interpretazioni che essa offre in merito ai vari aspetti della vita devono tenere conto di tutte le informazioni acquisite e disponibili sul processo evolutivo che ha dato origine all'organismo – ed in particolare al cervello – dal cui funzionamento dipende la sua stessa possibilità di manifestarsi e di esprimersi nel corso della vita umana. Non si deve poi dimenticare che l'attività mentale è frammentata in una grande quantità di manifestazioni individuali, alcune delle quali prendono il sopravvento diffondendosi in un network di cervelli mediante programmi di indottrinamento, e che i retaggi del passato sono ancora molto diffusi ed attivi, dato che – come ho giò detto – molte menti umane non dispongono di risorse creative proprie, e sono disposte ad accettare acriticamente quanto viene loro insegnato. Ai nostri giorni il network mentale più importante è rappresentato dalla comunità scientifica, della quale fanno parte molte delle migliori intelligenze, e la funzione più significativa dell'attività umana sembra essere quella di acquisire e trasferire nella mente il maggior numero di informazioni possibili sull'universo fisico e sull'evoluzione della vita organica.

Sebbene le organizzazioni sociali (politiche e culturali) ereditate dal passato sopravvivano ancora – non di rado ostacolando la ricerca scientifica o tentando di asservirla ai propri fini – l'applicazione tecnologica delle conoscenze acquisite sta cambiando radicalmente il quadro culturale a livello mondiale: si sta formando infatti un super-network interconnesso all'interno del quale circolano rapidamente informazioni di ogni genere, dalle più stupide alle più importanti, ed i retaggi del passato possono solo ritardare il coinvolgimento di alcune comunità umane in questo processo, ma non impedirlo. Tramite la conoscenza il processo mentale sta progressivamente affermandosi, affrancandosi dalla dipendenza dal processo creativo naturale. Nell'insieme, le condizioni di vita offerte da una società tecnologicamente avanzata sono infatti più attraenti rispetto a quelle di una società più semplice, anche se in quest'ultima i singoli individui potrebbero vivere più felici: infatti le società tecnologicamente avanzate possono sostenere, a parità delle risorse presenti su un certo territorio, un numero molto maggiore di individui rispetto a società più primitive, e chi è stato allevato, condizionato e programmato in una società tecnologicamente avnzata, ha poi difficoltà ad adeguarsi ad una vita più naturale ed ai suoi rischi.

Una delle più importanti conoscenze della ricerca scientifica è data dallo studio dei complessi meccanismi di funzionamento degli organismi microbiologici, veri sistemi viventi autosufficienti che spesso hanno sviluppato eccezionali risorse di difesa nei confronti di condizioni ambientali avverse: la comprensione della vita si è trasferita dal livello macroscopico a quello microscopico, rispetto al quale gli organismi pluricellulari rappresentano uno stadio evolutivo relativamente recente e sorprendente, dato che – come ho già osservato – gli organismi unicellulari erano stati le uniche forme di vita presenti nelle acque terrestri per due miliardi di anni. A partire da poco più di un miliardo di anni fa, alcune cellule eucariote cominciarono ad aggregarsi in colonie di individui indifferenziati, tutti in grado di svolgere le stesse funzioni. Circa 700 milioni di anni fa iniziò quel processo evolutivo per cui gruppi di cellule all'interno delle colonie si differenziarono e si specializzarono per svolgere certe funzioni, dando origine ai primi esseri viventi pluricellulari (animali e piante) dotati di organi. Da quel periodo in poi, lo sviluppo degli organismi pluricellulari è continuato, producendo individui sempre più complessi, costituiti da società formate da miliardi di cellule altamente specializzate, che continuamente funzionano e collaborano per consentire la sopravvivenza ed il benessere dell'organismo di cui fanno parte. Ogni corpo di un animale o di un vegetale evoluto rappresenta dunque la sintesi ed il prodotto di miliardi di anni di evoluzione.

Tuttavia, dal punto di vista della complessità, non vi sono differenze sostanziali tra l'organismo di una pecora o di un cane e quello di un uomo. A seconda dello sviluppo del sistema nervoso centrale, ogni animale è dotato di particolari programmi di controllo del proprio comportamento in quanto individuo, pur senza essere cosciente della complessità della sua organizzazione e del suo funzionamento come società cellulare altamente evoluta. Per molto tempo anche gli esseri umani hanno funzionato in questo modo, ed ancor oggi buona parte dell'umanità continua a vivere ignorando quasi tutto della complessità evolutiva del corpo. Per rappresentare questo stato di cose noi umani diciamo che il funzionamento del nostro corpo è prevalentemente inconscio, in quanto l'io cosciente non ne fa esperienza diretta né lo può dirigere a volontà. Ma la mente umana non può limitarsi ad identificare se stessa col destino biologico del corpo al quale è collegata (e del quale può anche sentirsi prigioniera), come se fosse un animale qualsiasi: la vita mentale, così come la vita biologica, ha una sua realtà evolutiva – che va oltre la durata della vita di ogni singolo essere umano – ed è in grado di trasformare il mondo contrapponendosi, per molti aspetti, alla natura stessa.

Tramite lo sviluppo del cervello, gli esseri umani sono diventati la sede del confronto – e non di rado dello scontro – tra forze di natura diversa: i vari aspetti di questo confronto prevalgono in un individuo o nell'altro, determinando sia il comportamento di ogni essere umano, sia la percezione degli eventi psichici di cui ognuno fa esperienza. Nel suo sforzo di conoscere i meccanismi che stanno alla base dell'origine e dell'evoluzione della vita, la mente cerca di comprendere le leggi della natura, che riguardano anche il funzionamento del corpo umano, il quale sotto molti aspetti sfugge alla conoscenza ed al controllo dell'io cosciente. Inoltre, considerando le modalità con cui ha elaborato in passato, ed elabora tuttora, i programmi in base ai quali funzionano le società umane – ed in particolare le attuali società complesse, composte di molti milioni di individui – la mente si interroga e riflette sul suo stesso funzionamento nell'ambito della realtà ambientale ed organica di questo mondo, e sugli obiettivi che le sono propri, e che non sembrano coincidere con quelli della natura (ammesso che la natura abbia uno scopo che non sia soltanto l'attuazione del proprio potenziale creativo).

In confronto con i tempi richiesti dai processi evolutivi naturali, le trasformazioni indotte dalla mente umana sono estremamente rapide: in pochi secoli gran parte della superficie terrestre è stata antropizzata, e le trasformazioni ambientali prodotte dalle attività creative della nostra mente sono sotto gli occhi di tutti. L'incremento costante della popolazione umana degli ultmi 150 anni ha inoltre causato una richiesta sempre maggiore di risorse naturali da trasformare consumando energia, ed i materiali di scarto di queste trasformazioni – i cosiddetti rifiuti – vanno depositati da qualche parte, non di rado con effetti nocivi per la qualità dell'ambiente. D'altra parte, non ritengo che si possa sostenere che la mente umana abbia avuto – almeno fino ad oggi – successo nel suo intento di stabilire l'armonia e la concordia all'interno delle società umane, o nelle relazioni tra le diverse società: ancora un lungo cammino resta da fare, dato che forme di egoismo, di prevaricazione e di violenza (probabilmente ereditate dalla nostra origine animale) sono ancora ampiamente diffuse, e l'equilibrio tra la massa umana, le risorse naturali e le variazioni climatiche ed ambientali deve essere ancora raggiunto.

Il fatto è che sia la natura che la mente umana procedono spesso per tentativi e per errori. Solo di recente la mente ha messo a punto un metodo di programmazione intelligente di progetti creativi, operativi ed organizzativi, tramite il quale i risultati reali dovrebbero essere conformi alle aspettative ipotizzate. Ma spesso anche questi programmi si scontrano con le inevitabili variabili che gli stessi umani incaricati della loro attuazione presentano. Le macchine create dall'uomo sono spesso più affidabili degli umani che le usano, i quali, per un motivo o per l'altro, consapevolmente o meno, possono sbagliare. Nel passaggio dalle intenzioni ai fatti, i programmi mentali mostrano i loro limiti soprattutto nell'ambito dell'organizzazione sociale, sotto il profilo sia politico che religioso, data la tendenza degli umani a lasciarsi incantare dalle idee proposte dal carisma del leader di turno, per poi subire le delusioni derivanti dalla loro applicazione pratica. Perfino la memoria storica degli errori del passato è labile. La frammentazione della mente in milioni e milioni di nuclei di sintonie psichiche individuali, non di rado in conflitto tra loro, ostacola il consolidamento di forme di sentire armonizzate e coerenti, stimolando invece le contrapposizioni faziose: che questo avvenga nelle relazioni tra gli stati, nelle lotte politiche all'interno di una società, o nelle guerre di religione, i risultati sono comunque infausti. Questo è l'attuale stato dell'arte per quanto riguarda le capacità organizzative della mente umana in campo sociale.

Nonostante l'impatto sulla nostra attività psichica dell'origine naturale del nostro corpo sia ancora molto forte, diverse manifestazioni della mente umana sono caratterizzate dall'empatia, dal desiderio di migliorare le condizioni di vita degli altri, dal sentimento della giustizia e dall'attenzione per il destino individuale di ogni persona, che vorremmo liberare dalla dipendenza dalle condizioni ambientali in cui è stata allevata, e perfino dalle malformazioni congenite e dalle malattie acquisite del suo organismo. Di tutti questi aspetti la natura mostra di non curarsi minimamente. Sembra dunque che la mente umana sia, almeno in parte, la manifestazione di un processo creativo che presenta sostanziali differenze rispetto alla creatività naturale, differenze che vengono ben sintetizzate ed espresse dalla parola umanità. Si può naturalmente obiettare che molte attività mentali hanno come obiettivo la realizzazione di armi, la creazione di organizzazioni per lo sfruttamento delle risorse umane, o semplicemente attività criminali di ogni genere: in tutti questi casi, però, la mente mette le proprie risorse ideative ed organizzative al servizio di istanze di autoaffermazione, di prevaricazione e di potere già presenti nel mondo animale, che – amplificate e portate ad estreme conseguenze dall'attività mentale umana – in alcuni casi possono farci rimpiangere, per così dire, l'ingenuità della natura.

In sintesi la mente umana, avvalendosi delle proprie facoltà conoscitive ed interpretative al miglior livello possibile, deve riconoscere che l'umanità, nel suo complesso, è ancor oggi prevalentemente influenzata da dinamiche psichiche conflittuali, in gran parte determinate dal divario tra l'origine naturale del corpo umano – come tale soggetto a tutti i rischi che la natura comporta per la vita individuale – e l'aspirazione mentale ad un'esperienza di vita più armoniosa e meno soggetta alle sofferenze fisiche e psichiche. In effetti, è proprio a causa dell'assoggettamento dell'io cosciente alla vita corporea che l'io può essere coinvolto ed irretito nella sofferenza, una condizione alla quale si ribella fino a preferire, in certe condizioni, di mettere fine all'esperienza della propria vita. È possibile ed auspicabile che col tempo questo stato conflittuale inerente alla condizione umana possa attenuarsi, e perfino risolversi, via via che la mente umana acquisterà nuovi elementi di conoscenza e la capacità di controllare con successo le dinamiche psichiche: una minima parte dell'umanità si trova già adesso in questa condizione, che tuttavia rappresenta uno stato di equilibrio precario proprio perché immerso in una diffusa conflittualità che può sempre determinare condizioni critiche. Osservando con attenzione e con disincanto l'evoluzione della condizione umana, si deve riconoscere che ci vorranno ancora secoli, e probabilmente millenni, affinché questo processo di armonizzazione vada a buon fine.


 

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