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L'energia psichica

La mente, l'inconscio e l'io cosciente

Nelle pagine del sito dedicate all'inconscio ho evidenziato le difficoltà che si incontrano nella comprensione del concetto di inconscio, considerato come sostantivo, anche tenendo conto del fatto che la genesi di questo concetto è un retaggio del tardo romanticismo. Sul piano conoscitivo, si può certamente riconoscere l'esistenza di attività inconsce del cervello: con ogni evidenza, la maggior parte delle funzioni operative del sistema nervoso centrale sono inconsce, e dunque non rientrano sotto il controllo dell'io cosciente. Le osservazioni e gli esperimenti condotti su persone in stato di sonnambulismo, di ipnosi o di trance dimostrano inoltre che il corpo umano può essere messo in grado di compiere azioni coordinate ed anche complesse, senza che l'io cosciente, che di norma è associato a quel corpo e ne controlla il comportamento, sia a conoscenza di ciò che accade. Siccome l'io è continuamente immerso in un'attività mentale conscia, è stata ipotizzata l'esistenza di un'analoga attività mentale inconscia, che sfugge al controllo dell'io.

Di fatto, la nostra attività conoscitiva si fonda su ciò di cui siamo coscienti: anche nel caso di eventi determinati da attività inconsce, questi possono essere osservati e studiati solo in quanto o la persona interessata o altre persone che la osservano diventano coscienti degli effetti di tali attività. Nel trasformare il termine inconscio da aggettivo, come dovrebbe essere correttamente usato, a sostantivo, corriamo il rischio di estenderlo a tutto ciò che può influenzare la nostra mente, sfuggendo alle nostre possibilità di conoscenza e di controllo, attribuendogli tutta l'ambiguità di termini analoghi come Dio, Cosmo, Natura, ecc. Va tuttavia riconosciuto che i prodotti dell'attività mentale, quando diventano coscienti e possono essere assoggettati al controllo dell'io, oppure esercitano sull'io il loro potere coercitivo, possiedono una loro oggettività concreta, determinata dall'attività di quella che possiamo definire mente inconscia. La stessa elaborazione dei contenuti creativi che entrano a far parte della nostra coscienza e possono essere comunicati agli altri esseri umani, è determinata dalla mente inconscia. Se poi le elaborazioni della mente inconscia siano determinate dall'attività (inconscia) del cervello, o siano prodotte da qualche altra parte per essere semplicemente trasmesse al cervello, ognuno lo decida per conto suo, dato che non disponiamo di adeguate informazioni nel merito.

Il fenomeno della coscienza, necessario affinché l'io cosciente possa esercitare un certo grado di controllo sui prodotti dell'attività mentale, galleggia, per così dire, sull'oceano della mente inconscia. L'io cosciente elabora ulteriormente i prodotti della mente inconscia – divenuti coscienti – con l'aiuto delle proprie risorse intellettive, e la trasmissione di queste elaborazioni nell'ambito dei sistemi socioculturali umani determina l'evoluzione del processo al servizio del quale funzioniamo. Senza dubbio l'io cosciente prende parte a questo processo, ma quando cerchiamo di comprendere qual è la sua essenza, di quali risorse dispone, in che modo debba svolgere il proprio ruolo e quale sia il suo destino, incontriamo notevoli difficoltà, determinate dalla natura del fenomeno non conosciuto da cui ha avuto origine. Va anzitutto osservato come la stessa coscienza non sia una funzione sviluppata nella stessa misura in tutti gli esseri umani: lo stesso si può dire per l'intelligenza, per la volontà, per la bontà, e per tutte le altre risorse di cui l'io può disporre, ma la coscienza ha la funzione importantissima di portare a contatto dell'io i contenuti elaborati dalla mente inconscia, probabilmente selezionandoli tra un'enorme gamma di possibilità, in base alle proprie capacità di sintonizzazione ed in risposta alle esigenze dell'io.

Quello che è certo è che l'io cosciente deve affrontare esperienze psichiche di origine ignota, avvalendosi delle risorse di cui può disporre, ma queste stesse risorse sono state messe a punto da un destino che ha determinato lo sviluppo del suo sistema psicofisico, cioè – in fin dei conti – da forze la cui origine è per noi altrettanto ignota. Non c'è dunque da meravigliarsi se per diversi esseri umani l'esperienza della vita diventa un mare agitato, nel quale l'io cosciente rischia di naufragare o va alla deriva. Fin tanto che l'io cosciente non riesce a costruire gli strumenti che gli servono per navigare in questo mare a volte tempestoso della psiche, resta in balìa delle forze attivate dal funzionamento della mente inconscia, nei confronti delle quali la sua natura di essere cosciente ha ben poco potere, ed anzi lo rende particolarmente vulnerabile. Nel bene e nel male, la vita della maggior parte degli esseri umani è tuttora determinata da forze psichiche che sfuggono al controllo dell'io cosciente: è pertanto opportuno cercare di stabilire con una certa chiarezza per quali aspetti l'io cosciente può essere considerato un'entità libera di agire.

La natura dell'io cosciente

L'umanità, nel suo complesso, si trova ancora in una fase di sviluppo molto infantile: il problema è che sembra abbandonata a se stessa, dato che non si vede traccia di figure evolute che la proteggano in questa fase di crescita e la istruiscano affinché possa svilupparsi nel modo migliore. Il potere di guida che veniva attribuito alle varie forme di religione oggi non funziona più, proprio perché non riusciamo a sentire l'effettiva presenza e l'azione concreta di quelle entità che dovrebbero guidarci, che diventano – per il nostro intelletto – sempre più astratte ed immaginarie. Di fatto, proprio la pluralità delle religioni, ed i loro diversi orientamenti talvolta in conflitto l'uno con l'altro, dimostrano la loro origine psichica e la loro funzione provvisoria. Ho più volte evidenziato come, in queste condizioni, l'io cosciente sia imprigionato all'interno della struttura psicofisica dell'organismo al quale è associato (e molte persone sarebbero disposte a correggere così questa frase: dal quale è prodotto), che percepisce, agisce ed elabora all'interno di un sistema collettivo – composto da svariati milioni di esseri umani – diretto da forze che restano per noi ignote, e che perseguono obiettivi per noi altrettanto ignoti. I modelli culturali che ci vengono costantemente proposti, le scene di vita felice (e facile) con cui la pubblicità affascina ed ipnotizza le nostre menti, gli esempi di vite di successo, appaganti, intense, e – come si usa dire – degne di essere vissute, sono tutti espedienti mediante i quali il progetto (cioè il programma in base al quale funziona il gioco della vita umana) va avanti e si evolve, non necessariamente in modo positivo.

Qui non viene negato il fatto che l'esperienza di una una vita non possa essere – per l'io cosciente – interessante, appagante, ed anche felice: ma questo accade perché e quando le risorse e le circostanze lo consentono. Molte esperienze della vita (e, potrei dire, un buon numero di vite) non vanno in questo modo. Si tratta di quello che potrei definire un effetto lotteria: tutti comprano il biglietto nella speranza di vincere il premio, ed alcuni (quelli che vengono definiti fortunati) effettivamente vincono, ma i premi sono costituiti da una quota del prezzo pagato da tutti coloro che hanno comprato i biglietti. Il resto dei soldi raccolti – quasi sempre una quota consistente – va agli organizzatori della lotteria. Il meccanismo di fascinazione sul quale si basa l'effetto lotteria si basa sul fatto che se uno non compra il biglietto è sicuro di non vincere (anche se così risparmia i soldi del biglietto). Ma va notato che nella vita opera anche un effetto lotteria alla rovescia, determinato dalla paura di perdere quello che si ha, per poco che sia, soprattutto quando questo poco ci è costato impegno e fatica: ogni giorno abbiamo sotto gli occhi esempi di persone a cui la sorte ha riservato un destino di questo genere. Dunque, dato che la vita funziona in questo modo, non sarà inutile cercare di chiarire al meglio quale sia la vera natura dell'io cosciente, e quali siano le sue possibilità.

L'io cosciente esiste perché un sistema psicofisico (cioè un organismo umano, con il relativo cervello e l'attività mentale che ne deriva) si forma e si sviluppa  – in una parola: vive – in questo mondo. Gli eventi che si susseguono nel tempo, coinvolgendo una persona, determinano un'attività mentale i cui effetti vengono sperimentati dall'io allorquando ne coinvolgono la coscienza. Alcune tracce – più o meno precise – delle esperienze del passato vengono conservate nella memoria. Le esperienze nelle quali l'io cosciente è coinvolto nel corso del tempo possono essere molto diverse da un individuo all'altro, e costituiscono la storia personale. L'io può prendere delle decisioni in termini di azione e di comportamento, e queste decisioni determinano, in certa misura, le successive esperienze. L'attività dell'io cosciente consiste, di norma, nell'acquisizione di esperienze, nella loro valutazione, nella previsione di eventi futuri e nella decisione sulle azioni da intraprendere.

Ma il modo in cui questo processo si sviluppa e viene attuato si trasforma nel corso della vita, e resta diverso da una persona all'altra: nella prima fase della vita i processi mentali che vanno dalla percezione degli stimoli ambientali e corporei all'esecuzione delle azioni si svolgono automaticamente, oppure sono eterodiretti da coloro che ci guidano e ci controllano, e l'io cosciente svolge, tutt'al più, un ruolo di testimone di quanto viene sperimentato mentalmente. Solo quando si raggiunge l'età adulta, e poi la maturità, le risorse di valutazione dell'io si sviluppano, fino a metterlo in condizione di gestire consapevolmente – con maggiore o minore successo – anche situazioni difficili e conflittuali. Ma quest'evoluzione in molti individui procede lentamente, e resta sempre il rischio che si attivino processi mentali automatici – che l'io cosciente non riesce a controllare – che determinano azioni e comportamenti inadeguati e negativi, oppure dinamiche psichiche interiori conflittuali e dolorose.

Prendendo come esempio un io cosciente sufficientemente sviluppato, è come se esso dovesse guidare un meccanismo che non conosce bene ed il cui funzionamento risponde solo in parte ai comandi che gli vengono impartiti, dirigendolo attraverso un percorso nel quale si presentano, talora improvvisamente, ostacoli di vario genere, verso un epilogo che gli è del tutto ignoto. Le risposte automatiche in base alle quali l'io si regola, alquanto ingenuamente, sono costituite da reazioni mentali di tipo sensoriale, emotivo o sentimentale, che presentano elementi più o meno intensi di positività (del tipo: mi piace, mi rende felice, mi fa star bene, ha successo, è approvato, è un passo avanti, ecc.) o di negatività (non mi piace, mi fa soffrire, mi fa star male, mi penalizza, mi rende sgradito, è un passo indietro, ecc.). Ovviamente, se questo sistema funzionasse ugualmente bene per tutti, vivremmo in un paradiso terrestre, nel quale l'energia vitale verrebbe trasformata automaticamente in felicità personale. Invece, sulla base dell'esperienza delle generazioni che ci hanno preceduto in questa vita, noi riceviamo fin dall'infanzia informazioni, istruzioni e programmi di condizionamento più o meno efficaci che dovrebbero insegnarci qual è il modo migliore di vivere.

Il livello di complessità attualmente raggiunto dalle società organizzate impedisce di adottare un modello di sviluppo dell'io cosciente che possa dimostrarsi valido per tutti, e dunque i sistemi socioculturali (e coloro che li dirigono) si accontentano della sopravvivenza nel tempo del sistema nel suo complesso, considerando le persone che ne fanno parte come materiale umano transitorio e rinnovabile, il cui scopo e la cui principale occupazione consiste nel far funzionare il sistema. Nella storia umana le cose sono sempre andate più o meno in questo modo, e nei confronti di particolari esigenze dell'io cosciente – nel caso in cui queste venivano manifestate – i sistemi intervenivano (ed intervengono) o con la repressione più o meno brutale, o con l'inganno, o affidando a organizzazioni istituzionali l'elaborazione di forme di gestione e di controllo delle istanze dell'io. Queste organizzazioni includono sia le religioni di stato che la propaganda per il culto del progresso sociale e delle personalità che guidano il sistema, ma anche tutte quelle forme di svago mediante le quali l'io viene in qualche modo distratto dall'occuparsi del proprio ruolo, del proprio destino e del funzionamento della mente. Dunque l'io cosciente, se vuole evolversi, deve risolvere anzitutto il non facile problema del trovare una forma di sopravvivenza e di adattamento nell'ambito del sistema sociale, senza sacrificare le proprie possibilità di sviluppo e senza dover abdicare al proprio ruolo.

Se l'attività di una persona nell'ambito del sistema collettivo richiede molta energia, l'io cosciente di quella persona non potrà disporre di energie residue da dedicare alle proprie finalità evolutive, e – date le difficoltà dell'impresa – sarà più vulnerabile nei confronti di eventuali forme di distrazione o di svago che si presentano come gratificanti sul piano emotivo. D'altra parte, anche con un atteggiamento troppo austero si corre il rischio di limitare la gamma delle esperienze mentali con le quali l'io deve confrontarsi senza reprimerle ma superandole. Dato che le condizioni di partenza e le circostanze della vita sono diverse per ognuno di noi, l'io cosciente dovrà riuscire a trovare un percorso di evoluzione autonomo, utilizzando le risorse di cui dispone e quelle che via via si rendono disponibili. Affinché questo sia possibile, è necessario che il programma che dirige la vita umana sia in grado di garantire che, in qualsiasi circostanza, se l'io cosciente vuole effettivamente evolversi e decide di impegnarsi in questa non facile impresa, avrà successo e potrà migliorare la propria condizione.

Si tratta, in un certo senso, di un atto di fede da parte dell'io, dato che la vita si presenta spesso come caotica e piena di contraddizioni, di conflitti e di forme di competizione. D'altra parte, se questa possibilità non fosse garantita dal programma – o da qualche entità in grado di intervenire sul programma – la vita di un essere umano si esaurirebbe in se stessa, nella sua durata temporale, ed il suo significato per l'io cosciente sarebbe limitato all'uno o all'altro elemento programmatico in grado di influenzare, convincere e racchiudere l'io nella sua condizione umana. Spesso questo atto di fede costituisce il punto di partenza per il percorso evolutivo dell'io, ed è logico e comprensibile che, procedendo lungo questo percorso, l'io cosciente si interroghi anche in merito all'eventuale continuazione della propria esistenza una volta terminata l'esperienza della vita umana. Dunque la manifestazione dell'interesse e dell'impegno dell'io cosciente nel ricercare il significato della vita umana e nel percorrere – compatibilmente con le proprie risorse – il sentiero della conoscenza che lo porterà a concludere quest'esperienza in modo positivo ed evolutivo (e non sotto il segno del declino e della rinuncia), segna di per sé una differenza fondamentale nel modo di vivere degli esseri umani.

Gli effetti dell'energia psichica

Sebbene ogni organismo vivente dotato di una forma di coscienza più o meno sviluppata sia in grado di sperimentare gli effetti interiori prodotti dal funzionamento del suo sistema nervoso in risposta agli stimoli ambientali e corporei, è solo nell'ambito delle culture umane che l'energia della psiche si manifesta nel modo più efficace: non solo si traduce in esperienza mentale mediante il funzionamento del cervello, ma attraverso le interazioni umane alcuni prodotti psichici si diffondono nella rete dei cervelli, permettendo lo sviluppo dei programmi sui quali si basa – per un certo periodo – il funzionamento di un sistema socioculturale. L'energia della psiche determina le pulsioni, i desideri, i pensieri, le idee, e tutte quelle forme di creatività ideativa ed organizzativa che continuamente – mediante l'attività mentale umana – contribuiscono a formare la realtà del nostro mondo. Tanto il progresso scientifico quanto i prodotti tecnologici più complessi sono resi possibili dalle modalità con cui l'energia della psiche esercita la sua influenza sulle attività umane attraverso i processi mentali. Ovviamente, l'energia della psiche si manifesta in modo diverso nell'attività mentale di ogni singolo individuo: relativamente pochi esseri umani sono dotati di un eccezionale genio creativo, ma molte persone sono dotate di risorse sufficienti a contribuire alla realizzazione di nuovi progetti nell'ambito delle organizzazioni imprenditoriali.

Anche le reti neurali dei nostri cervelli funzionano più o meno in questo modo: i singoli neuroni possono essere considerati come sintonizzatori e catalizzatori dell'energia psichica, mentre le modalità con le quali si interconnettono in rete determinano l'eleborazione dei dati – a vari livelli di complessità – tramite la quale l'energia psichica produce i suoi effetti mentali, nella forma in cui vengono recepiti dalla coscienza. Le modalità di funzionamento dei singoli cervelli – interconnessi tra loro tramite le reti di relazioni interpersonali nell'ambito dei sistemi sociali – determinano sia tutta la gamma dei comportamenti umani, sia le percezioni da parte di ciascun io cosciente delle esperienze psichiche nelle quali viene coinvolto. Nel loro complesso, gli effetti dell'energia psichica sono in parte caotici ed in parte ordinati, almeno secondo la valutazione che se ne può dare alla luce della nostra intelligenza. Così come, nell'ambito delle leggi naturali che regolano la crescita della vegetazione, vi è una certa differenza – nella nostra percezione dell'ordine – tra una foresta naturale ed un giardino ben curato, anche nelle manifestazioni dell'energia della psiche possiamo osservare forme di ordine e di armonia mescolate con effetti conflittuali e distruttivi.

L'azione dell'energia psichica, nel modo in cui si estrinseca attraverso gli esseri umani, si contrappone in certa misura alla creatività naturale, determinando un livello di complessità più elevato, che va dalla trasformazione dei terreni finalizzata all'uso agricolo intensivo, alla costruzione di impianti di produzione industriale, di vie di comunicazione e di sistemi di trasporto, fino alla progressiva creazione di megalopoli nelle quali ormai vive gran parte dell'umanità. Nello stesso tempo, conflitti e competizioni ostili di ogni genere continuano a manifestarsi a tutti i livelli dell'organizzazione umana, in parte come retaggio della nostra origine animale ancora soggetta alle leggi della natura, ed in parte per effetto della stessa energia della psiche, che può manifestarsi in forme tanto diverse ed antitetiche nelle singole persone, nei gruppi sociali e nelle varie culture. Rispetto a questo stato di cose, nel quale sono coinvolti miliardi di esseri umani, l'io – se le risorse della sua coscienza lo consentono – è relegato al ruolo di testimone più o meno impotente, dato che ogni azione eventualmente intrapresa, anche con le migliori intenzioni, è determinata dalle modalità con cui la psiche si manifesta nel funzionamento della mente in cui l'io è coinvolto. Ed è necessario, a questo punto, esaminare meglio i meccanismi collettivi tramite i quali l'energia della psiche estrinseca i propri effetti.

Lo studio della storia, della psicologia e delle neuroscienze, e l'esperienza della vita stessa, insegnano che i programmi che determinano il funzionamento della maggior parte degli esseri umani si trasmettono mediante forme di condizionamento quando il cervello è sufficientemente plasmabile da poterli assimilare più o meno acriticamente, cioè nella prima fase della vita, quella che va dall'infanzia alla giovinezza. I fattori che intervengono in questo processo sono il cervello della persona che riceve le informazioni programmatiche (il neofita)  ed i cervelli di coloro che trasmettono tali informazioni: genitori, educatori, parenti, amici, ma anche cervelli che operano in forma organizzata attraverso i media, come televisione, giornali, internet, ecc. Il cervello del neofita reagisce alla trasmissione di ogni nuova informazione programmatica (direttiva) o accettandola – anche in base al carisma di chi la trasmette – o mettendola a confronto con altre direttive precedentemente ricevute ed acquisite: i risultati di questo confronto possono portare ad un'accettazione completa o condizionata della nuova direttiva, oppure al suo rifiuto. Una direttiva culturale può anche entrare in conflitto con dinamiche istintive naturali (in pratica: programmi di base che regolano il funzionamento e lo sviluppo del sistema psicofisico), provocando una reazione negativa di opposizione o di resistenza.

Il processo di trasmissione delle direttive è complesso, varia da persona a persona, e produce l'ampia gamma di risultati che sono sotto gli occhi di tutti noi, sia perché gli ambienti culturali che trasmettono le informazioni programmatiche possono essere molto diversi tra loro, sia perché i cervelli stessi dei neofiti reagiscono in modo diverso. Ma l'aspetto più interessante di questo processo è rappresentato dalla genesi delle direttive e dal modo in cui si diffondono. Ad un certo punto, nell'ambito di un sistema culturale, un determinato cervello concentra l'attenzione su alcuni aspetti conflittuali o problematici di quel sistema, e l'io cosciente associato a quel cervello attende che gli venga rivelato qualcosa di nuovo. Quando questa rivelazione avviene, se l'io cosciente ne è soddisfatto decide di trasmettere la nuova informazione ad altri individui affinché, a loro volta, ne possano valutare gli effetti: alcune di queste informazioni programmatiche hanno successo e si diffondono più o meno rapidamente. Il processo si svolge secondo un automatismo che, in generale, non offre alcuna garanzia in merito alla reale efficacia della nuova informazione programmatica: questo è particolarmente evidente nell'ambito della politica, ma anche in tutti i settori della cultura di massa. Ai nostri giorni, un aspetto significativo del modo in cui questo processo si svolge è rappresentato dal modo in cui siamo sollecitati ad esprimere i like sui social.

L'io cosciente, dunque, pur essendo coinvolto nel processo mediante il quale l'energia psichica si traduce in parte in attività umana ed in parte in esperienza interiore, non può essere considerato un protagonista, ma tutt'al più un funzionario col ruolo di esecutore di quanto gli viene richiesto, e di testimone e sperimentatore degli effetti psichici derivanti dalla condizione in cui un essere umano si viene a trovare, in relazione all'ambiente ed al network di cervelli ai quali l'io è connesso. Ma la stessa qualità dell'io cosciente è diversa da persona a persona: si riscontra infatti che nella maggior parte dei casi l'io si adegua più o meno passivamente al ruolo che gli è stato assegnato, accontentandosi di funzionare – meglio che può – secondo il meccanismo che consiste nel ricercare le gratificazioni e nell'evitare le punizioni della psiche, senza effettuare alcuna indagine in merito alle cause che determinano tali effetti psichici (positivi o negativi), ed alle conseguenze che ne derivano. Questa forma di adattamento alla vita, dai livelli più umili a quelli di maggiore potere e responsabilità, costituisce una delle direttive primarie che ci vengono trasmesse nell'ambito del sistema socioculturale in cui siamo allevati, ed in base alla quale la maggior parte degli esseri umani – in quanto membri di quel sistema – funzionano per tutta la vita: extra ecclesiam nulla salus.

Evidentemente le società complesse, formate da milioni di persone, non possono funzionare diversamente: qualsiasi alterazione dei loro meccanismi – spesso in equilibrio precario – può avere conseguenze devastanti per la sussistenza e per la stessa sopravvivenza di un gran numero di esseri umani (come di fatto accade in molte parti del mondo). L'epoca in cui i programmi trasmessi di generazione in generazione consistevano nell'imparare a cacciare ed a pescare e nel vivere nel rispetto delle forze della natura è trascorsa da un pezzo, ed ai nostri giorni programmi di questo genere si applicano a qualche migliaio di individui distribuiti in alcune aree del pianeta, all'interno di gruppi tribali probabilmente destinati ad estinguersi, o ad essere protetti all'interno di riserve, quasi come curiosità etnografiche da studiare. Quel genere di esistenza, che – pur essendo difficile e spesso rischioso – dava un senso di libertà ed un significato personale più intenso alla vita, è possibile solo se il numero di individui che vivono all'interno di un territorio non supera un certo limite, del tutto incompatibile con la moltitudine di esseri umani che attualmente popolano la Terra.

In ogni caso, la trasformazione delle civiltà umane ha avuto luogo così come ci insegna la storia, ed è destinata a proseguire, dunque ogni nuovo essere umano che nasce all'interno di una delle attuali società complesse ne riceverà le direttive programmatiche, nell'una o nell'altra forma presente all'interno di quel sistema culturale, e vi reagirà secondo le proprie risorse mentali, sperimentandone tanto gli aspetti percepiti come positivi quanto quelli percepiti come negativi,  via via che procede nel tempo lungo il percorso della propria vita umana. Ma è proprio per effetto di quest'esperienza – o di questa serie di esperienze transitorie che si succedono nel tempo – che nell'io cosciente si può sviluppare l'esigenza di un'esistenza non condizionata dal fattore tempo, e dunque compiuta e significativa in se stessa. Quest'esigenza non si presenta allo stesso modo in tutti gli esseri umani, anzi – soprattutto in quest'epoca – in alcuni individui non si presenta affatto. E tuttavia, se l'io cosciente riesce a disporre di una sufficiente quantità di energia psichica, si verificherà una trasformazione che lo porterà ad uscire da questa vita col preciso intento di entrare in un'altra dimensione.

Il cambiamento dell'esistenza

A chi è pronto ad affermare che si tratta di un'illusione destinata ad essere smentita, in quanto le conoscenze di cui disponiamo ci danno la certezza che non è possibile alcuna forma di coscienza senza il supporto del nostro cervello, posso rispondere che l'unica certezza che abbiamo è quella relativa alla morte, cioè al termine dell'esperienza nella dimensione umana di questo mondo. Poiché le esperienze a cui l'io è soggetto nel corso della vita sono determinate dal funzionamento della mente, esse riflettono tutte le contraddizioni ed i conflitti della psiche: dunque in ogni caso la morte dell'organismo – sulla quale non abbiamo alcun dubbio – rappresenta per l'io cosciente una liberazione dal disagio del vivere, soprattutto quando pone termine alle sofferenze determinate da una malattia o da un penoso processo di deterioramento fisico. I pensieri o i ragionamenti in merito alla sopravvivenza (o alla sua impossibilità) sono determinati dalla psiche umana, e dunque sono strettamente legati all'esperienza transitoria di questa nostra vita. L'impegno dell'io cosciente consiste invece nel riconoscimento dell'esigenza di un'esistenza permanente, diversa da quella terrena, e nell'affermazione di un diritto alla realizzazione di tale aspirazione. Anche se non di rado un diritto rivendicato non viene riconosciuto da chi ha il potere di farlo, le motivazioni coscienti che portano alla manifestazione ed alla difesa di quel diritto costituiscono una garanzia, se così mi posso esprimere, della sua legittimità. 

In questa vita l'io cosciente è vincolato ad un'esistenza individuale determinata da fattori energetici, funzionali ed operativi che non solo determinano il destino di ogni singola vita, ma sfuggono alla comprensione intelligente delle finalità che perseguono. L'energia psichica, il modo in cui ogni cervello ne elabora le potenzialità tramite il suo funzionamento, e le direttive programmatiche che si trasmettono e si diffondono in un determinato network di cervelli, più che essere controllati dall'io cosciente lo condizionano in modo che esso collabori attivamente allo sviluppo di un processo il cui significato va oltre le capacità di comprensione di cui dispone. In questa condizione l'io cosciente deve accontentarsi di svolgere di buon grado ed al meglio delle proprie possibilità il ruolo che qualche potere superiore gli ha assegnato, sperando che il fatto stesso di aver coscientemente sperimentato le difficoltà che il compito di vivere gli ha riservato, gli venga poi riconosciuto come merito da quella stessa forma di organizzazione superiore che si suppone gestisca l'ordine delle cose di questo mondo. Ma se l'io riesce a distaccarsi, già nel corso di questa vita, dalle esperienze psichiche che lo irretiscono, può rivendicare per sé il diritto alla coscienza, anzi, ad una forma di coscienza qualitativamente più intensa e raffinata, mediante la quale può esplorare non solo la dimensione di questa vita umana, ma anche altre dimensioni.

Non spetta a me giudicare o decidere in merito al destino di ogni singolo io cosciente una volta che la vita umana sia terminata: le modalità con le quali la coscienza trasferisce all'io le esperienze psichiche della vita richiedono il rispetto dell'individualità di ogni essere umano, ma anche un certo distacco tra la propria esperienza, quella che viene effettivamente vissuta dal nostro io, e l'esperienza degli altri, che può essere soggetta a sintonie psichiche molto diverse dalle nostre. Tuttavia la progressiva evoluzione della coscienza dovrebbe condurre ogni essere umano al riconoscimento dell'io come un'entità cosciente, libera ed autonoma – o quanto meno separata – dai condizionamenti della psiche umana. Ogni io cosciente ha la facoltà di valutare in piena autonomia il significato della propria vita: è del tutto legittimo credere, per esempio, che il nostro comportamento al servizio del progetto umano verrà valutato ed eventualmente premiato al termine della vita terrena, anche se non riusciamo a comprendere le finalità di tale progetto. Altrettanto legittimo è credere che la conclusione della nostra vita segnerà l'annullamento del nostro io cosciente. È importante tuttavia comprendere che ognuna di queste prospettive è determinata dal funzionamento della nostra mente, che sintonizza l'una o l'altra risposta da parte della psiche.

La rivendicazione da parte dell'io cosciente del proprio diritto ad un cambiamento di dimensione consiste invece nel riconoscimento dell'incompatibilità – almeno parziale – tra l'essenza stessa dell'io cosciente e le condizioni della vita umana. L'io, accettando di portare avanti l'esperienza della vita fino al suo naturale esaurimento, passando attraverso le varie fasi della vita sperimenta, esamina e valuta tutte le varie dinamiche della psiche che può essere in grado di sintonizzare, fino a rendersi conto che resta uno scarto incolmabile tra la sua intrinseca esigenza di esistenza, della quale diviene consapevole tramite il processo di autocoscienza, e le condizioni che gli vengono imposte dalla psiche umana. Ma proprio la natura temporanea e mutevole dell'esperienza umana gli fa comprendere il carattere liberatorio della fine di questa vita. Ovviamente, questo modo di sentire dell'io è in sintonia con le fasi finali dell'evoluzione della vita individuale, anche se in alcuni individui può essere intuito – in modo più o meno intenso – fin dalla gioventù. Ma in tutta la fase iniziale ed in quella centrale della vita l'io, di norma, si immedesima totalmente nell'avventura umana, va alla ricerca di nuove esperienze e si impegna nel suo coinvolgimento nell'ambiente sociale di riferimento e nella ricerca delle modalità di affermazione sociale e culturale della sua persona.

I problemi nascono quando l'io resta imprigionato nelle sintonie psichiche di una delle fasi della vita, che ne impediscono l'evoluzione e la liberazione: un errore tipico della nostra cultura – le cui pretese di progresso sono destinate ad essere drasticamente ridimensionate – consiste nel valorizzare e trasmettere programmi di condizionamento il cui scopo è quello di voler ricondurre tutta la vita alla fase giovanile, pensando così di esorcizzare la vecchiaia e la morte. Mentre è senz'altro da apprezzare ogni esercizio teso a mantenere in salute il proprio organismo ed efficiente la mente il più a lungo possibile, la riduzione dell'ultima fase della vita a forme di ripetizione (più o meno ridicole ed insignificanti) delle esperienze proprie della gioventù imprigiona l'io nell'attesa passiva di una morte annientatrice che deve essere ritardata il più a lungo possibile: ecco, in tutta la sua stupidità, uno dei dogmi della nostra epoca. Il destino individuale di ogni essere umano – determinato da quelle stesse forze che controllano le cose di questo mondo – stabilisce la condizione dell'io cosciente, il quale può sottomettersi a questo dogma, oppure liberarsene per uscire dalla vita a testa alta.


 

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