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L'Avatar ed il Giocatore

Un gioco di ruolo multigiocatore di massa

Forse qualcuno ancora non sa cos'è un gioco di ruolo multigiocatore online (MMORPG: Massive Multiplayer Online Role Playing Game): è un'avventura in cui il giocatore crea al computer un proprio personaggio (avatar) che partecipa al gioco interagendo (e scontrandosi) con gli avatar di migliaia di altri giocatori che partecipano allo stesso gioco di ruolo. Attraverso un sistema di ricompense, l'avatar guadagna punti che vengono usati per farlo avanzare di livello, incrementando certe sue caratteristiche o dandogli nuove risorse, e può scoprire oggetti che migliorano le sue capacità offensive e difensive. Altri giochi online, come per esempio Second Life, pur essendo multigiocatore, non sono di ruolo in senso stretto, in quanto le interazioni tra gli avatar si limitano ad attività sociali e scambi verbali. Il successo di questo genere di giochi è dato dal fatto che, per alcuni aspetti, imitano condizioni e situazioni della vita reale: l'elemento più interessante è rappresentato dalla presenza e dall'interazione di una pluralità di giocatori, ognuno dotato di autonomia operativa, per cui nello svolgimento del gioco è sempre presente un fattore sorpresa, ed è possibile tanto stipulare alleanze e perseguire obiettivi comuni, quanto confrontarsi il modo competitivo, fino a combattersi, da soli o in gruppo.

Inoltre, ogni giocatore crea il proprio avatar, nella fase iniziale del gioco, conferendogli alcune caratteristiche che lo differenziano in qualche misura dagli altri, e via via che il gioco procede, l'avatar si sviluppa sulla base delle decisioni del giocatore, assumendo sempre più una personalità autonoma e differenziata, per quanto possibile, rispetto agli avatar degli altri giocatori. Questo processo fa sì che l'avatar possa presentare tanto alcune caratteristiche tipiche del giocatore nella vita reale, quanto alcune risorse che il giocatore non ha, ma che desidererebbe avere: non di rado, per esempio, il sesso dell'avatar è diverso da quello del giocatore che lo controlla. È evidente che l'elemento fondamentale di questi giochi multigiocatore online è costituito dal programma, che rende possibile tutto quanto può accadere nello svolgimento del gioco, ed impedisce che si producano quegli sviluppi che talvolta i giocatori vorrebbero vedere implementati. Il programma è sviluppato ed aggiornato da un team di programmatori, che possono tener conto dei desideri e delle proposte dei giocatori, nella misura in cui i responsabili dello sviluppo ritengono che tali suggerimenti possano contribuire al successo del gioco. Abbiamo così individuato le figure chiave che intervengono nello sviluppo del gioco: il Programmatore, il Giocatore e l'Avatar.

Alla luce di queste premesse, voglio adesso proporre un gioco mentale fondato sull'intelligenza e sull'intuizione, nel quale ognuno può cimentarsi liberamente, traendone le conclusioni che gli sembreranno più convincenti, più interessanti e, perché no, più affascinanti: questo gioco consiste nel mettere a confronto la vita umana – considerata come reale – con un MMOG, per verificare quanto vi è di simile e quanto è sostanzialmente diverso. È evidente che se i MMOGs dei vari generi riscuotono un notevole successo, dato che il numero globale dei giocatori nel mondo è di centinaia di milioni, questo dipende dal fatto che la psiche del giocatore si sente attratta dalla possibilità di cimentarsi, mediante un avatar, in una realtà virtuale che presenta aspetti di novità e di opportunità più vantaggiosi rispetto alla realtà quotidiana della vita, altrimenti non si vedrebbe il motivo per cui una persona dovrebbe investire il proprio tempo e le proprie energie mentali in un'attività di questo genere. Inizio così ad esaminare alcuni aspetti della questione che mi sembrano particolarmente stimolanti dal punto di vista mentale.

Il ruolo del Programmatore

Il programmatore ha un ruolo fondamentale nell'applicazione operativa delle scelte e delle possibilità decise dallo sviluppatore del gioco. Di solito, nei MMOGs vi è un team di sviluppatori che lavora in stretta collaborazione con un team di programmatori, ma dal punto di vista del giocatore possiamo considerare il programmatore come una figura unitaria – anche se formata da una pluralità di persone – perché ciò che ha effetto ai fini del funzionamento del gioco è solo quello che è stato effettivamente tradotto in programma. Nei computer games sia il programmatore che il giocatore sono esseri umani: nella maggior parte dei casi il giocatore non ha le conoscenze e le informazioni necessarie a comprendere il programma, ma nulla gli impedisce, se vuole, di acquisire mediante lo studio una competenza sufficiente a decifrare vari aspetti della programmazione, se riesce a superare gli eventuali blocchi che possono impedirne la lettura in chiaro. Come qualsiasi altra attività specializzata, anche quella del programmatore richiede un lungo addestramento, ma è comunque alla portata di qualsiasi persona dotata di sufficiente intelligenza di tipo logico-matematico. Un giocatore che sia anche un abile programmatore può inserire nel gioco, sfruttando i varchi offerti dal programma, elementi di disturbo che si diffondono in rete, in contrasto con la volontà dei programmatori: un processo analogo a quello dei virus informatici che possono infettare i nostri computer.

Nella vita reale, invece, gli esseri umani – il cui ruolo di avatar o di giocatori cercheremo di decifrare meglio tra poco – non possono essere considerati allo stesso livello dei programmatori, dato che il gioco naturale dell'evoluzione della vita sulla Terra precede di gran lunga, nel tempo, lo sviluppo della coscienza e dell'intelligenza umana necessario per tradurre in conoscenza una parte – una minima parte – dei fattori programmatici in base ai quali il processo si è sviluppato. Solo di recente gli umani hanno cominciato ad acquisire elementi di informazione su alcuni aspetti del programma, interpretandoli in base alle loro risorse intellettive ed utilizzandoli in funzione di quelli che ritengono i loro interessi o vantaggi, individuali o sociali. Sebbene la conquista di elementi di conoscenza da parte degli umani porti ad azioni creative che interferiscono col programma, modificandone alcuni aspetti, la mancanza di una comunicazione diretta con gli eventuali ignoti programmatori non consente agli umani di sapere come il programma reagirà ai loro interventi: le attività umane possono portare alla creazione di armi di distruzioni di massa, a sostanziali alterazioni delle condizioni ambientali o al consumo accelerato di risorse non rinnovabili, e c'è sempre la possibilità che il programma reagisca eliminando una parte consistente dell'umanità. Proprio in questo periodo la diffusione del virus covid sta modificando drasticamente le condizioni di vita di miliardi di persone.

Il fatto che i programmatori restino sconosciuti fa sì che gli umani possano attribuire loro ogni sorta di poteri e di intenzioni, oppure di negarne l'esistenza: tuttavia il programma esiste, e noi ci muoviamo al suo interno, operando delle scelte ed agendo nella misura in cui ci viene consentito, per il tempo limitato della nostra vita. Infatti uno degli aspetti fondamentali del programma è costituito dal tempo, dal suo scorrere unilateralmente in una direzione, e dall'esistenza temporanea di ogni avatar – come organismo vivente – all'interno del programma. Sebbene il programma sia troppo complesso perché un avatar possa comprenderlo, proprio per il fatto di essere immerso nel programma un avatar può acquisire una certa quantità di informazioni che ne svelano alcuni aspetti, interpretabili – come vedremo – alla luce delle risorse del giocatore. Ovviamente, nel caso in cui ogni avatar – nessuno escluso – non fosse altro che un prodotto del programma, limitato alla sua temporaneità e destinato ad essere eliminato e sostituito da nuovi avatar dopo aver interpretato il suo ruolo, ci troveremmo di fronte ad una dinamica insondabile, della quale solo gli eventuali ignoti programmatori potrebbero eventualmente conoscere il significato o lo scopo.

L'identificazione con l'Avatar

In un MMOG il soggetto cosciente – colei o colui che prende le decisioni ed agisce sulla tastiera o sul mouse – è sempre il giocatore, rispetto al quale l'avatar è un personaggio creato mediante il programma, che gli consente di poter interagire con il mondo virtuale, con altri personaggi gestiti dall'intelligenza artificiale del programma, o con gli avatar di altri giocatori. Ogni giocatore sa che dietro ogni avatar incontrato, al di là dell'aspetto, dell'abbigliamento e del comportamento del medesimo, agisce un altro giocatore in carne ed ossa, il cui aspetto e la cui personalità reale restano sconosciuti, a meno che non li si voglia incontrare nella vita reale. Nella vita umana invece l'avatar è il nostro organismo, che viene creato in accordo con le regole stabilite dal programma, con o senza l'intento cosciente di altri avatar (i genitori) già attivi. Il nuovo avatar, appena nato, è debole ed indifeso, e la sua crescita ed il suo sviluppo dipendono dall'ambiente in cui viene allevato e dalle cure che riceve da altri avatar. Col tempo sorge e si consolida la coscienza, e l'avatar comincia ad agire in modo intenzionale, nel senso che nella sua mente vengono prefigurati ed ideati certi comportamenti e certe azioni che, messi in atto tramite il corpo, dovrebbero produrre – o tentare di produrre – i risultati attesi. Il successo o il fallimento di queste azioni può comportare poi una ricompensa o una punizione emotiva, nei termini previsti dal programma. Saremmo tentati, a questo punto, di identificare il corpo con l'avatar e la mente col giocatore, ma le cose sono più complesse ed enigmatiche.

In un gioco di ruolo il giocatore crea l'avatar e gli conferisce alcune caratteristiche a sua scelta: le possibilità iniziali sono uguali per tutti, ed il programma offre ad ogni giocatore la possibilità di personalizzare il proprio avatar in base alle proprie preferenze, dando ad ogni giocatore lo stesso pacchetto di opportunità offerto agli altri giocatori. Nella vita reale le cose non stanno affatto così: gli avatar nascono e si sviluppano in condizioni ambientali molto diverse, gli stessi requisiti fisici differenziano un avatar dall'altro, compreso il computer mentale (il cervello) ed i programmi che gli vengono trasmessi dal sistema culturale in cui l'avatar viene allevato. Questo fa sì che il funzionamento mentale – che determina la valutazione delle circostanze, l'insorgere dei desideri e delle emozioni, e le stesse scelte che vengono compiute e tradotte in azioni – sia di norma intrinseco all'avatar, e possa differire, anche in modo molto pronunciato, da un avatar all'altro. Così l'avatar – che può anche identificarsi con il giocatore, dato che nulla glielo impedisce – risulta essere in realtà un prodotto del programma, senza che il ruolo del giocatore possa essere assunto da una figura distinta dal programma stesso.

Il giocatore di un MMOG ha una sua autonomia rispetto all'avatar mediante il quale agisce nel mondo virtuale del gioco, ed ha anche una sua coscienza ed una vita distinte rispetto a quella dell'avatar, il quale – sempre nell'ambito del programma in cui agisce virtualmente – può anche morire. Dunque, se vogliamo immaginare l'esistenza di una figura analoga a quella del giocatore anche nella vita reale, dobbiamo rinunciare alla completa identificazione con l'avatar, per cercare nella coscienza di quest'ultimo le eventuali tracce che possano ricondurre ad un'influenza aliena ed autonoma rispetto al programma della vita. Infatti, finché l'io cosciente si identifica completamente con l'avatar mediante il quale l'esperienza della vita umana viene vissuta, non gli è possibile riconoscere l'esistenza di alcuna figura esterna temporaneamente coinvolta nel singolare gioco di cui l'avatar è un interprete. In un gioco di ruolo l'avatar è di per sé inerte, incosciente, incapace di scelte decisionali e di azione: è un burattino i cui fili sono mossi dal programma o dal giocatore. Nella vita reale invece gli avatar interagiscono direttamente col programma, introducendo nuovi elementi di programmazione che lo modificano.

Alla ricerca del Giocatore

Il programma alla base del gioco della vita può essere interpretato come una specie di allucinazione collettiva, variabile nel tempo e nello spazio – sulla base delle modifiche che intervengono nei sistemi socioculturali di cui i singoli avatar entrano a far parte – come aveva già intuito Mary Rose Barrington (1926-2020), avvocatessa e parapsicologa, presidente della Oxford University SPR e vice-presidente della SPR dal 1995, nel suo libro Talking about Psychical Research (2019). La mente di ogni avatar subisce l'influenza delle altre menti con cui entra in contatto, coscientemente o inconsciamente (e talvolta anche telepaticamente), sviluppando caratteristiche individuali – diverse per ciascuno di noi – che si manifestano nel comportamento, nell'elaborazione creativa e nell'autopercezione interiore da parte dell'io cosciente. Col trascorrere degli anni, nel corso del ciclo della vita, la mente individuale, dopo aver raggiunto un massimo di efficienza, inizia un progressivo declino, fino a spegnersi del tutto. Gli effetti di questo processo dinamico vengono sperimentati dall'io cosciente, ma solo nella misura in cui gli è concesso dal funzionamento della mente stessa. Questi effetti, infatti, in quanto dinamiche percettive, intellettive, emotive, sentimentali, ecc., risentono delle caratteristiche e delle risorse della mente, così come si è formata e si è sviluppata nell'ambiente di cultura, e come si è trasformata in base alle esperienze della vita.

Un riflesso del Giocatore può essere scorto in quella parte di noi stessi che osserva il comportamento ed il funzionamento dell'avatar e, studiandone i vari aspetti, cerca di pervenire alla comprensione di alcune dinamiche del programma. I punti essenziali di queste dinamiche sono costituiti dall'esistenza temporale dell'avatar – condizionata dal suo inserimento all'interno del programma – e dalle trasformazioni che lo stesso avatar e la sua mente subiscono nel corso della vita umana. Si potrebbe dire che ciò che l'avatar vive come esperienza condizionata e vincolata dal programma, il Giocatore lo esamina dall'esterno, autonomamente. Il Giocatore può anche intervenire attivamente, determinando alcuni aspetti dell'azione dell'avatar e del suo stesso modo di funzionare: questi interventi possono essere intuiti dalla coscienza dell'avatar, anche se la sua mente – di norma – non riesce a sintonizzarsi con quella del Giocatore. Infatti, essendo inserita nel programma fin dalle prime fasi della sua formazione, la mente dell'avatar viene invasa da un'enorme quantità di elementi psichici, prelevati tra quelli che si sono accumulati e stratificati nel programma durante le varie fasi della sua evoluzione. Nei confronti di tale disordinata e confusa radiazione, le capacità di controllo e – se vogliamo – di difesa della mente sono limitate, e dipendono da certe sue caratteristiche (che potrebbero anche essere genetiche, in relazione allo sviluppo ed alle risorse del cervello) che non possono essere determinate dall'avatar.

In un MMOG il giocatore, pur immedesimandosi più o meno intensamente nel suo avatar, sa di avere un'esistenza autonoma, e sa che la sua vita continua anche quando interrompe il gioco e spegne il computer. Anzi, se non è del tutto assuefatto al gioco, non esita a riconoscere l'esistenza di una vita reale distinta da quella virtuale. Inoltre, per quanto si identifichi col suo avatar, soprattutto nell'interazione con gli altri avatar, il giocatore confida nella propria coscienza e nel proprio intelletto, perché sa che il suo avatar, lasciato a se stesso, è privo sia dell'uno che dell'altra: l'avatar esiste ed agisce solo se viene animato dal giocatore. Nella vita reale, invece, la situazione è più complessa: è come se ci fosse un giocatore all'interno dell'avatar (l'io cosciente all'interno del cervello), indissolubilmente collegato ad esso, il quale partecipa al gioco (cioè interagisce col programma) in base alla sua esperienza interiore cosciente; ma vi sono anche comportamenti ed azioni del corpo (e della mente) che sfuggono al controllo dell'io cosciente, e che dipendono dal funzionamento stesso del corpo e del cervello come reazione a certi eventi determinati dal programma. Infatti, come si è detto, il corpo, il cervello, e gran parte dei programmi mentali che determinano il nostro comportamento ed il nostro agire sono prodotti dal programma.

Può accadere tuttavia che, via via che procede nel gioco, il giocatore intuisca o percepisca l'esistenza di una figura esterna, un Giocatore, che dimostra un certo interesse nel gioco, ma la cui esistenza non è limitata a quella dell'avatar. Qui mi conviene aprire una breve parentesi, per spiegare che quando giochiamo ad un certo computer game, lo facciamo perché questo gioco cattura – per un aspetto o per l'altro – il nostro interesse. Può anche accadere che il gioco ci deluda, perché non corrisponde alle nostre aspettative, ed a quel punto smettiamo di giocarlo e ci dedichiamo ad altro; oppure, in qualche caso, che ci ostiniamo a giocarlo fino a portarlo a termine, anche se non ci piace, perché ci sentiamo obbligati a farlo. Anche nella vita reale le cose stanno più o meno in questi termini: ogni io cosciente – via via che il gioco della sua vita va avanti – può dare una valutazione dell'interesse che questo gioco suscita in lui/lei, in relazione alle proprie aspettative. Ma mentre per un computer game il giocatore può interrompere il gioco per fare qualcos'altro – eventualmente cominciando un altro gioco che gli sembra più interessante – in questa vita il Giocatore, come entità separata, può anche disinteressarsi del gioco, senza esserne coinvolto più di tanto, mentre il giocatore, vincolato al suo organismo, può smettere di giocare solo eliminando l'avatar col quale si identifica: più o meno, è quello che fanno i suicidi.

L'interesse nei confronti del gioco della vita di solito viene meno col passare del tempo, in età avanzata, quando le condizioni di deterioramento dell'avatar rendono più difficile l'elaborazione mentale di nuove esperienze, e la quantità di esperienze già assimilate impegna le risorse disponibili dei circuiti neurali. La vecchiaia comporta un stanchezza nei confronti della vita, che può tradursi in un lucido distacco fin quando la mente funziona ancora abbastanza bene: in caso contrario finisce nelle nebbie di una delle varie forme di demenza senile progressiva. Ovviamente, molte persone obietteranno che la vita non è un gioco, ma una prova, un impegno, una scuola basata sulla dedizione, sulla solidarietà e sullo spirito di sacrificio: tutto questo può certamente essere vero, ma rientra nell'ambito del programma, e coinvolge il giocatore e l'avatar. Il nostro intento, invece, era quello di mettere a confronto i computer games con la vita reale, per individuare le analogie e le differenze. Se andiamo alla ricerca del Giocatore anche per quanto riguarda la vita reale, dobbiamo necessariamente individuare una figura distinta dal programma, che provi un interesse nei confronti del gioco, eventualmente anche per quello che il gioco gli può insegnare. Anche un computer game può mettere alla prova il giocatore, costringendolo a fare delle scelte, ad adottare delle strategie, ed in alcuni casi a risolvere dei rompicapo piuttosto complessi. Inoltre, il giocatore può essere interessato a valutare il modo in cui il programma del gioco è stato sviluppato, in relazione alle possibilità che gli vengono offerte ed agli stimoli che mantengono vivo il suo interesse nel gioco.

Se vogliamo attribuire al Giocatore una sua esistenza autonoma, dobbiamo anche riconoscergli la libertà di esprimere un giudizio sull'esperienza della vita, svincolato dalla condizione di subordinazione alle regole ed alle esigenze del programma in cui il suo avatar si viene a trovare. I limiti a cui l'avatar è soggetto sono dati – come si è detto – dalla durata della vita umana, dalle risorse fisiche e mentali di cui esso dispone e dalle variazioni a cui tali risorse sono soggette col trascorrere del tempo. Nel gioco della vita, finché il giocatore si identifica completamente con l'avatar, resterà soggetto a tutti i vincoli imposti dal programma, ed accetterà più o meno passivamente tutti i condizionamenti culturali che irretiscono la sua mente, convincendolo del fatto che la sua esistenza è limitata a quella del suo avatar, senza il quale il suo io cosciente è perduto. Può darsi che il Giocatore accetti queste condizioni di gioco perché rendono più intensa l'esperienza della vita, ma può anche darsi che un gioco nel quale le sue possibilità di intervento siano limitate, al punto di non essere nemmeno riconosciuto come figura di riferimento autonoma, lo interessi ben poco.

Se noi compriamo un computer game – o comunque paghiamo per parteciparvi – è perché pensiamo (o speriamo) che il gioco possa essere per noi interessante e stimolante. Se il gioco ci viene regalato, ci giochiamo per provarlo e per vedere se ci piace e ci interessa. Difficilmente saremmo disposti a giocare per forza un gioco che non ci piace e che riteniamo brutto o programmato male (a meno che il nostro lavoro non consista nel recensire computer games!). Le condizioni della vita umana sono tali per cui non di rado, in quanto giocatori vincolati al nostro avatar, non ci sentiamo per niente soddisfatti del modo in cui il gioco si svolge ed è stato programmato. Così, ogni sorta di strane idee e di teorie sono state create e sono anche entrate a far parte del programma, con lo scopo di darci conto delle giuste ragioni per cui siamo stati attratti in questo mondo e dobbiamo vivere la vita: nella maggior parte dei casi si tratta di pura propaganda! Ma, al di là del nostro punto di vista di piccoli giocatori, coinvolti in un gioco anche troppo affollato e dotato di risorse insufficienti per tutti, sarebbe interessante sapere cosa ne pensa il nostro Giocatore, che non di rado sembra abbandonarci al nostro destino, incurante della nostra sorte in un gioco che forse lo annoia. Per questo è necessario che il giocatore, svincolandosi dalla completa identificazione con il suo avatar, riesca a stabilire un contatto col Giocatore.

Chi è il Giocatore?

In questo sito sono stati presentati molti indizi che inducono a ritenere possibile – se non addirittura probabile – l'esistenza del Giocatore. Nel considerare l'esperienza della vita umana, siamo partiti dalle risorse intellettive e conoscitive a disposizione dell'io cosciente – che costituisce il nostro soggetto principale – per dover subito prendere atto della pluralità degli io coscienti, e della frammentazione della psiche umana in una vasta gamma di esperienze mentali di cui ciascun io sperimenta solo una minima parte nel corso della sua vita. Le risorse psicofisiche di cui un essere umano dispone, l'ambiente in cui nasce e si sviluppa e le condizioni ambientali in cui si svolge la sua vita, sono altrettanti aspetti del programma che determina il destino di ciascuno di noi su questo pianeta. Dato che le scelte compiute dal giocatore-avatar sono determinate dalle risorse intellettive e volitive di cui dispone (e dunque dalle sue caratteristiche psicofisiche) e dalle condizioni ambientali e socioculturali in cui si trova, tutto il processo vitale può essere considerato nell'ambito dello sviluppo del programma stesso, e ciascun giocatore-avatar non rappresenta che un frammento temporale prodotto dal programma. In ogni caso, questa non è altro che un'interpretazione mentale di una realtà che resta per noi enigmatica.

Il Giocatore non è l'io cosciente del giocatore-avatar, ma può fare in modo che la sua esistenza sia percepita dall'io cosciente: spesso si ha l'impressione che il Giocatore sia poco coinvolto in un gioco che diventa facilmente noioso e ripetititvo, oppure che sia più impegnato a scoprire alcuni aspetti del programma che non a mantenere in vita un avatar verso il quale, in fondo, ha un interesse relativo. Le esperienze interiori dell'io cosciente mostrano spesso gli indizi di conflitti psichici derivanti dall'insoddisfazione del Giocatore nei confronti del programma che determina i vari aspetti della vita umana. A volte l'interesse del Giocatore viene stimolato da alcuni aspetti particolari del programma, che lo inducono a difendere l'esistenza dell'avatar fin quando è possibile, per continuare ad indagare il funzionamento del programma, ma il deterioramento delle risorse dell'avatar – che sopravviene col trascorrere del tempo – fa sì che il coinvolgimento del Giocatore si riduca sempre più: alla fine, può restare solo un residuo interesse per l'esperienza della morte. Il Giocatore, infatti, ha una propria esistenza autonoma e distinta non solo rispetto a quella del giocatore-avatar, ma rispetto allo stesso programma sul quale si basa la vita umana, un programma al quale il giocatore-avatar è invece vincolato.

Anche il Giocatore agisce all'interno di un programma di ampie dimensioni, nell'ambito del quale, tuttavia, può muoversi in autonomia ed in libertà, sperimentando gli effetti delle sue decisioni. Può darsi che la vita umana sia un sottoprogramma nel quale il Giocatore si è trovato coinvolto quasi per caso: qualcosa che esso ha attivato più o meno coscientemente – forse assumendo qualcosa di simile ad una droga – determinando così uno stato di trance nel quale l'esperienza della vita umana (o meglio: di una vita umana) si è realizzata intorno alla figura di un giocatore-avatar racchiuso nel sottoprogramma, isolato ed immemore dell'esistenza del Giocatore. Pertanto, fintanto che il Giocatore non si risveglia, la vita umana resta per esso come un sogno più o meno piacevole o oscuro, il cui svolgimento sfugge al suo controllo cosciente. Ma nel caso in cui il Giocatore non sia del tutto addormentato, riuscirà ad esercitare un parziale controllo sul sogno, cercando di far pervenire all'avatar alcuni segnali indicativi della propria esistenza. Dall'influenza del Giocatore sul nostro sistema nervoso può derivare quel sentimento di anelito-nostalgia, che alcuni esseri umani percepiscono intensamente, verso una forma di libertà che ci è preclusa in questa vita.

Spero che nessuno pretenda, a questo punto, una dimostrazione sperimentale dell'esistenza del Giocatore, o pensi che queste elaborazioni mentali pretendano di essere quello che non sono, cioè una prova inconfutabile di qualcosa. Voglio ricordare che siamo partiti da un esperimento consistente nel mettere a confronto le figure chiave che intervengono in un MMOG con le eventuali figure parallele coinvolte nell'esperienza della vita umana, per evidenziarne analogie e differenze. Ma alcuni fatti inconfutabili vanno tenuti ben presenti: per esempio, i limiti temporali della vita del giocatore-avatar, il progressivo venir meno delle sue risorse nella parte finale dell'esperienza, le caratteristiche del programma che determinano tante esperienze individuali frazionate, così diverse e spesso in conflitto tra loro. Questi fatti generano delle elaborazioni mentali, alcune delle quali vengono poi assimilate all'interno del programma, che così incrementa la sua complessità operativa in funzione di un obiettivo la cui conoscenza ci è preclusa: ogni effetto prodotto dal programma deriva dal fatto che il giocatore-avatar, una volta creato dal programma stesso, o migliora la propria posizione in base alle regole previste dal programma, oppure la peggiora, fino a deteriorarsi ed essere distrutto. Ma anche chi migliora (almeno apparentemente) la propria condizione, è destinato ad essere eliminato nella parte finale della vita, o anche prima, talvolta in modo rapido, talvolta in modo lento e doloroso. Dunque, in ogni caso, la condizione di ciascun essere umano è gestita dal programma, ed i risultati complessivi sono sotto gli occhi di tutti, così come vengono riportati dalle cronache dei nostri tempi e dai documenti storici.

In generale, il desiderio di essere felici, di vivere una vita soddisfacente e di migliorare la propria condizione è connaturato in ogni essere umano il cui funzionamento mentale sia regolare – anche se le anomalie mentali sono comunque determinate da quelli che noi consideriamo errori del programma – tuttavia non bastano le intenzioni a determinare i risultati: oggi come in passato, l'esperienza di ogni singola vita individuale è aleatoria, e non è possibile scambiare l'esperienza della propria vita con quella della vita di un altra persona. Non è dunque nemmeno possibile mettere realmente a confronto esperienze di vita diverse, dato che ciascun io cosciente è vincolato all'esperienza della propria vita. Se consideriamo il gioco della vita dal punto di vista del giocatore-avatar, nessuno di noi conosce la ragione per cui si trova coinvolto in questo gioco, e molti giocatori restano affascinati da questo enigma, per risolvere il quale si ricorre all'una o all'altra elaborazione mentale suggerita dalla psiche. Ma solo uscendo dal gioco, liberandosi così dal programma che ne regola ogni aspetto, sarà possibile risalire dalla ridotta prospettiva del giocatore-avatar fino alla più ampia ed autonoma visione del Giocatore. Il Giocatore, infatti, nella propria dimensione non condizionata dal tempo, è dotato di un io realmente esistente, mentre il giocatore-avatar, soggetto alle trasformazioni determinate dal tempo, è una personalità provvisoria di cui il tempo cancellerà ogni traccia, senza riguardo a quanto importante possa essere stata in vita.

L'esperienza del gioco della vita

Immaginiamo dunque che il Giocatore esista, in una dimensione diversa dalla nostra, e che al termine della vita l'io cosciente, fino a quel momento vincolato al giocatore-avatar, si trasferisca nella coscienza del Giocatore, senza preoccuparci di come questo possa avvenire. Che effetto ha questa prospettiva sulla nostra mente, fintanto che il nostro avatar è coinvolto nell'esperienza della vita umana? Non è semplice trovare una risposta a questa domanda, proprio perché, essendo immersi – e, potremmo dire, imprigionati – nel gioco della vita, noi cerchiamo le risposte tra quelle che ci vengono proposte dalla nostra mente umana, la quale si manifesta nel suo singolare aspetto individuale. Ognuno di noi può porsi questa domanda, e restare poi in attesa di una risposta: è come se il tempo restasse sospeso, mentre intorno a noi la vita continua a scorrere, fin quando non ritorniamo di nuovo con i piedi per terra, nel nostro stato ordinario condizionato dalle sue esigenze e dai suoi richiami. In queste condizioni, ognuno si trova vincolato alla propria esperienza individuale, più o meno standardizzata, e per la maggior parte degli esseri umani attualmente viventi la figura del Giocatore resta lontana, assente ed aliena, mentre il giocatore-avatar è l'unica realtà percepita.

Ma così come non esiste un unico modello standard di giocatore-avatar, probabilmente non esiste nemmeno un unico modello di Giocatore. I modelli standard sono delle creazioni socioculturali che hanno lo scopo di produrre i condizionamenti necessari affinché una massa di persone si comporti in modo sufficientemente omogeneo, ma la realtà della vita ammette sempre delle eccezioni, a partire dal funzionamento del sistema psicofisico: quasi tutti, per esempio, siamo impegnati a proteggere l'esistenza del proprio avatar, ma vi sono persone che non hanno paura di rischiare la propria vita, o comunque controllano questa paura molto meglio degli altri. Si può osservare, poi, come i bambini piccoli possano compiere con facilità azioni che mettono in pericolo la loro vita. Anche il timore di compiere azioni che possono avere conseguenze penali, pur essendo efficace nella maggior parte degli individui, non impedisce ai delinquenti abituali di agire a danno degli altri, ed in certe circostanze non funziona nemmeno in persone che di norma non commetterebbero un reato. Evidentemente, il programma consente tutta la varietà di comportamenti umani che si possono riscontrare nella realtà della vita.

Il nostro io cosciente, immerso in questa realtà proprio in quanto giocatore-avatar, può allora domandarsi cosa abbia indotto il Giocatore a prendere parte ad un gioco che presenta sì vari aspetti interessanti ed affascinanti, ma anche altri decisamente stupidi, poco evoluti, penosi ed avvilenti. Una prima superficiale risposta potrebbe essere data dalla constatazione che, essendoci in un piatto una pietanza gustosa e saporita accanto ad un'altra nauseante ed indigesta, l'accorto Giocatore cercherà di separare l'una dall'altra, assaggiando solo i bocconi di quella buona. Si deve però riconoscere che l'avatar di qualche altro Giocatore sarà poi costretto a mangiare quella cattiva! E qui interviene una prima distinzione tra coloro che si concentrano solo sulla propria esperienza individuale e coloro che prendono in considerazione tutta la gamma delle varie esperienze umane. Alla maggior parte degli esseri umani, poi, toccherà un misto di bocconi saporiti e di bocconi amari, in proporzione variabile, ed ognuno potrà valutare – per quanto lo riguarda – se il gioco, nel suo complesso, vale la candela.

Ma in questo modo noi facciamo coincidere le valutazioni del Giocatore con quelle del giocatore-avatar, e questo potrebbe essere un errore. Per quanto strano possa sembrare, il Giocatore potrebbe essere interessato anche a quegli aspetti della vita che al nostro io cosciente risultano indigesti e pesanti, mentre altri aspetti che a noi sembrano piacevoli potrebbero lasciarlo indifferente: sono infatti le reazioni della nostra mente a determinare quello che ci piace e quello che ci disturba. Questa situazione, davvero strana, è difficile da accettare per l'io cosciente, ridotto davvero – a questo punto – al ruolo di avatar di cui al Giocatore sembra importare ben poco. È possibile che il Giocatore, nella sua dimensione e nella sua condizione di esistenza, non abbia coscienza delle difficoltà in cui l'io cosciente si viene a trovare durante la vita? E se il Giocatore conosce la condizione dell'io cosciente, come mai non interviene in suo aiuto durante il gioco? La risposta potrebbe essere che il programma impedisce un intervento diretto da parte del Giocatore il quale, una volta iniziato il gioco, può solo prendere iniziative tramite il suo avatar, ammesso che riesca a sottrarlo dai condizionamenti mediante i quali il programma lo controlla. L'esistenza di regole del gioco sposta l'interesse dell'io cosciente sulle eventuali motivazioni che hanno spinto il Giocatore a partecipare – tramite un avatar – al gioco della vita umana.

L'io cosciente, cioè il giocatore-avatar, si chiede anzitutto come mai sia così difficile, di norma, percepire l'esistenza del Giocatore e stabilire una comunicazione con esso. È proprio come se il Giocatore non volesse prendere parte direttamente al gioco, lasciando che il giocatore-avatar se la cavi per conto suo: tutt'al più, il Giocatore interagisce ogni tanto con la mente del giocatore-avatar, influenzandone alcune scelte, senza che quest'ultimo sia in grado di riconoscere se ciò che fa è determinato dal suo carattere e dai condizionamenti ricevuti, oppure dall'influenza del Giocatore. Non va dimenticato, infatti, che l'avatar è pur sempre un prodotto del programma. In merito a questa condizione, spesso conflittuale, rimando ancora una volta alla pagina sullo Spirito alieno. Il fatto è che la nostra attuale cultura, nella sua tendenza a ricondurre ogni evento psichico al funzionamento – cosciente o inconscio – del nostro cervello, non aiuta il giocatore-avatar a riconoscere e percepire l'esistenza del Giocatore. D'altra parte, un concetto come quello di anima, per esempio, è troppo contaminato da connotazioni obsolete legate a retaggi religiosi ormai inattuali, per poter essere accettato dal nostro intelletto. Resta poi da comprendere se effettivamente il Giocatore collegato al nostro avatar non resti inattivo mentre noi viviamo la nostra vita – lasciando che tutto si svolga come previsto dal programma – perché si è addormentato, come in uno stato di trance, o perché il gioco non lo interessa più, e doversi occupare ancora dell'avatar lo annoia.

D'altra parte, proprio in questa epoca storica nella quale l'umanità, nel suo complesso, produce quantità sempre più elevate di persone destinate a convivere su questo pianeta, ci possiamo anche domandare se ad ogni avatar-giocatore debba corrispondere necessariamente anche un Giocatore. In effetti, a portare avanti in un modo o nell'altro la vita del giocatore-avatar, magari interrompendola bruscamente anche prima del tempo, ci pensa già il programma. E non servono certo interventi di abili ed intelligenti Giocatori per far sì che una vita si trascini avanti in condizioni precarie, tra stenti e difficoltà: il programma è già di per sé sufficiente a gestire ogni possibile situazione che si verifica nella vita, anche se – dal punto di vista dell'io cosciente – questo avviene, come si suol dire, nel bene e nel male. Dobbiamo dunque considerare, tra le varie opzioni che riguardano la condizione del Giocatore, anche quella che lo vede come obbligato a prendere parte al gioco della vita da una decisione programmatica di ordine superiore: può darsi che quest'obbligo sia accettato dal Giocatore, il quale – per così dire – lo sottoscrive dando il suo consenso, oppure che gli venga imposto da un potere al quale non riesce a sottrarsi.

Non si tratta di sterili speculazioni metafisiche, come qualcuno potrebbe pensare: è vero che oggi la metafisica non viene – di solito – vista di buon occhio, ma è anche vero che – a meno che qualcuno non voglia ridurre il senso della vita alla sola esperienza transitoria del proprio giocatore-avatar individuale – le varie comunicazioni ottenute per via medianica riflettono spesso sintonie psichiche alternative con le quali il nostro intelletto ragionante è portato a confrontarsi. Anche questo aspetto fa parte del gioco della vita, e l'interesse di una certa categoria di Giocatori è stimolato proprio dalla ricerca degli indizi che possono portare ad una soluzione, almeno parziale, dell'enigma dell'esistenza cosciente del giocatore-avatar. La condizione di esistenza del giocatore-avatar all'interno del gioco pone il problema, proprio perché esso si cimenti nella ricerca di una soluzione. È possibile, dunque, che la coscienza si trasferisca dal Giocatore al giocatore-avatar, allo scopo di sperimentare dall'interno del programma le condizioni del gioco, per tornare poi alla dimensione del Giocatore una volta che l'avatar sia stato eliminato. Anche in questo caso, però, dovremmo tenere in considerazione la grande diversità delle esperienze personali determinata dai singoli destini della vita: a cosa potrebbe essere attribuita? e quale ruolo avrebbe il livello di esperienza del Giocatore nel determinare le condizioni iniziali ed i successivi sviluppi della partecipazione al gioco del suo avatar?

Di fatto, se per un certo numero di noi la vita può essere considerata un gioco, magari anche difficile ed impegnativo, ma tutto sommato interessante ed avvincente, per altre persone la vita si può trasformare in un percorso di dolore, dal quale è perfino difficile risvegliarsi. E non sapremmo dire se il rischio di vivere un'esperienza del genere dipenda eclusivamente dalle caratteristiche del programma oppure anche dalle inadeguate risorse del Giocatore. Possiamo però dire che, nel momento in cui il giocatore-avatar riesce a connettersi con il Giocatore, ed il Giocatore riesce ad assumere il pieno controllo del proprio avatar, le condizioni cambiano completamente, ed in qualsiasi circostanza il Giocatore è libero di decidere di ritirarsi dal gioco, se non è soddisfatto delle condizioni imposte dal programma o se non riesce a trovare nessuna soluzione adeguata alle proprie risorse. Non si tratta, in questo caso, di una forma di suicidio compiuta in condizioni più o meno disperate dal giocatore-avatar, sopraffatto dalle condizioni negative che il programma gli impone, ma di una libera e lucida scelta del Giocatore, che mantiene la propria autonomia cosciente nei confronti del gioco e del programma che ne controlla i diversi aspetti, e – rinunciando a giocare – difende la propria intelligenza e la propria libertà, anche sulla base delle conoscenze acquisite all'interno di un gioco che, in ogni caso, stabilisce una durata temporanea per la vita dell'avatar.

Così terminano queste riflessioni sulle analogie e sulle differenze tra i giochi di ruolo a giocatori multipli e la vita reale: quest'ultima resta pur sempre un'esperienza interessante ed avvincente, purché giocata in condizioni adeguate alle risorse ed alle esigenze di un Giocatore che si riflette nelle caratteristiche di un avatar-giocatore creato dal programma stesso, con tutti i limiti e gli errori che questo genere di creazione può comportare. Il confronto tra la realtà virtuale di un computer game e la realtà della vita umana non può andare al di là dei limiti imposti dalle evidenti differenze esistenti tra loro. Tuttavia le condizioni enigmatiche presentate dai vari aspetti della vita umana possono costituire uno stimolo verso la ricerca dell'identità di un Giocatore che non sia così pesantemente condizionato dal programma quanto lo è il giocatore-avatar, e sia libero sia di partecipare al gioco, sia di ritirarsi da esso, sulla base dell'interesse, del coinvolgimento e del progresso evolutivo che le condizioni del gioco suscitano in lui.


 

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