Il dualismo interpretativo dei fenomeni medianici

 

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Il punto di vista di Charles Richet

Nel 1923 Charles Richet, considerando la difficoltà che incontrava l'ipotesi della sopravvivenza dal punto di vista scientifico, affermava: «Per quanto mi riguarda, pur senza essere in grado di darne una dimostrazione inoppugnabile, non riesco a credere che la memoria possa esistere senza l'integrità anatomica e fisiologica del cervello. Quando non vi sia più ossigeno, quando la temperatura è troppo alta o troppo bassa, quando alcune gocce di atropina o di morfina o di cloroformio vengono introdotte nel sangue, o quando il flusso sanguigno che alimenta il cervello viene interrotto, la memoria si altera e viene meno. Gli spiritisti non possono negare questi fatti». Se questo parere fosse stato manifestato da uno scienziato scettico sull'esistenza dei fenomeni paranormali, non ci sarebbe stato niente di strano. Ma Richet (1850-1935) non era solo un fisiologo di fama internazionale al quale era stato assegnato nel 1913 il Nobel per la scoperta dell'anafilassi: era anche presidente onorario dell'Istituto di Metapsichica Internazionale di Parigi, ed aveva investigato con appassionato interesse un'ampia gamma di fenomeni paranormali come la telepatia, l'ipnosi, la psicocinesi e l'ectoplasma (un termine da lui stesso coniato). Nel 1922 pubblicò i risultati dei suoi studi in un volume di ampio respiro, Traité de Métapsychique (Trent'anni di ricerca psichica), nel quale affermava apertamente di credere alla realtà dei fenomeni indagati, ma di non poterli accettare come prove dell'esistenza dello spirito e della sua sopravvivenza alla morte.

Richet affrontava i fatti di quella che lui definiva metapsichica con l'atteggiamento critico dello scienziato. Per citare le sue parole: «I fatti della metapsichica non sono né più né meno misteriosi dei fenomeni dell'elettricità, della riproduzione, o del calore. Essi non sono altrettanto frequenti, e qui sta la differenza: ma è assurdo rifiutare di studiarli solo perché sono inusuali. Questi fenomeni inconsueti sono reali, e dimostrano: 1) che esiste una facoltà cognitiva distinta dalle nostre facoltà ordinarie; 2) che sono possibili movimenti degli oggetti diversi da quelli ai quali siamo abituati. Ed è irrazionale rifiutare di studiare questi fenomeni inconsueti con i metodi di osservazione e sperimentali che si sono dimostrati così validi in tutte le altre scienze». Queste dichiarazioni di Richet sono illuminanti in relazione allo stato d'animo ed all'entusiasmo che animavano molti scienziati formatisi nell'ambito culturale del diciannovesimo secolo. L'Ottocento aveva rappresentato un periodo straordinario, durante il quale la ricerca scientifica aveva veramente rivoluzionato la visione del mondo rispetto alle epoche precedenti. Oltre alle scoperte che avevano gettato le basi per tutti gli sviluppi tecnologici ed industriali nel campo della fisica, della chimica, dei trasporti e delle comunicazioni, le ricerche sulla biologia e le osservazioni sulle piante e sugli animali erano state le premesse per quella rivoluzionaria concezione della natura e dell'essere umano rappresentata dalle teorie evoluzionistiche di Darwin e Wallace.

Tuttavia l'indagine scientifica aveva appena cominciato a scalfire in superficie la complessità delle forze, delle energie e delle leggi che regolano il mondo fisico. Proprio la mancanza di conoscenze approfondite sugli stati dell'energia e della materia, che oggi ci consentono di comprendere meglio la difficoltà di indagare fenomeni come la gravità, la coesione atomica o l'informazione (per non parlare della vita organica), lasciava campo libero a speranze di integrazione e di comprensione che ai nostri occhi appaiono piuttosto ingenue o comunque premature. Questa era dunque la posizione di Richet, il quale riteneva che i fenomeni paranormali, al pari dei fenomeni dell'elettricità, sarebbero stati spiegati alla luce delle leggi naturali. Lui stesso, però, qualche dubbio lo nutriva, dato che se dapprima definiva la metapsichica come «la scienza che si occupa di fenomeni che sembrano provenire da un'intelligenza distinta da quella umana», osservava poi che «si è veramente indotti a credere nell'azione di intelligenze estranee nel caso di (medium come) Mrs. Piper, Mrs. Leonard e Mrs. Verall». A proposito della medium Leonore Piper di Boston, Richet riconosceva che: «Mrs. Piper, studiata con straordinaria pazienza da William James, ed in seguito da Richard Hodgson, ed anche – con pari perseveranza – da Hyslop, da Frederic Myers, da Sir Oliver Lodge e Sir William Barrett, ha poteri di chiaroveggenza e di criptestesia probabilmente superiori ad ogni altro (medium) prima osservato: essa dice a coloro che la visitano – subito e quasi senza incertezze – i nomi dei loro parenti, ed episodi delle vite di costoro ignoti ai visitatori, che in seguito vengono verificati solo dopo lunghe e faticose indagini». Anche in relazione ai fenomeni fisici prodotti dai medium, tra i quali Richet includeva movimenti meccanici senza contatto e materializzazioni, lo studioso affermava che essi «sono indice di qualcosa di realmente nuovo e metapsichico, che trascende la normale psicologia, e che non può essere spiegato senza l'intervento di poteri sconosciuti che sembrano dotati di intelligenza».

La prospettiva culturale della nostra epoca

Qual è la situazione ai nostri giorni, a quasi un secolo di distanza dalla pubblicazione del volume di Richet? Possiamo dire che ci troviamo in una condizione ancora più difficile e complessa perché da una parte tutte le scoperte scientifiche che hanno avuto luogo in questi anni non hanno ancora individuato l'esistenza di campi energetici in grado di spiegare in modo esauriente i fenomeni paranormali, e d'altra parte la ricerca psichica ha finito col segnare il passo, nel senso che ben poco si è venuto ad aggiungere al complesso dei fenomeni già ben noti ed indagati nella prima metà del Novecento. Pertanto, anche su questo versante non è possibile pervenire ad un quadro teorico soddisfacente, e diventa per noi più difficile condividere la fede di Richet nella scoperta, in tempi brevi, di qualche nuova componente energetica nell'ambito del mondo fisico che possa spiegare i fatti. Questo è anche il motivo per il quale il solco tra la ricerca scientifica e la ricerca psichica si è per certi versi approfondito, e la rimozione a priori dell'esistenza dei fenomeni paranormali senza un adeguato studio della vastissima letteratura che li riguarda e che li convalida si è consolidata presso una parte della nostra cultura. Comunque sia, uno dei vantaggi che abbiamo oggi rispetto ad un secolo fa è la facilità di documentare molti fenomeni paranormali mediante strumenti di registrazione che ne possano attestare l'oggettività fisica. Può essere allora importante offrire un quadro sintetico ma per quanto possibile preciso dei fenomeni paranormali ben documentati nell'ambito della ricerca psichica, per verificare quali siano le ragioni di un dualismo interpretativo che dura da tanto tempo. I fenomeni possono essere classificati nelle seguenti categorie:

  • Comunicazioni fortemente suffraganti l'ipotesi della sopravvivenza alla morte del corpo fisico di una forma di coscienza individuale (spirito).
  • Fenomeni fisici (apporti, levitazioni, movimenti, apparizioni, suoni, ecc.) non necessariamente indicativi della sopravvivenza dello spirito, ma non altrimenti spiegabili se non ricorrendo all'intervento di entità aliene intelligenti o a poteri della mente umana (in particolare di quella dei medium) che consentono l'accesso a dimensioni cognitive ed a campi energetici le cui caratteristiche restano sconosciute (ipotesi della super-PSI).
  • Fenomeni psichici relativi ai viventi (telepatia, chiaroveggenza, ecc.), anch'essi indicativi di poteri della mente le cui dinamiche restano sconosciute, ma che potrebbero essere spiegate se si scoprisse un campo energetico interconnesso di contenuti della psiche ai quali la coscienza in certe particolari condizioni riescirebbe a collegarsi.
  • Fenomeni psichici relativi ai viventi (stato ipnotico, sdoppiamento della personalità, allucinazioni, OBE, sogni lucidi, channeling, trance, ecc.) già ampiamente studiati nell'ambito della ricerca psichica, e per i quali si potrebbe pervenire ad una soddisfacente spiegazione scientifica sulla base di una conoscenza più approfondita del funzionamento del cervello.
  • NDE, per le quali una soddisfacente spiegazione alla luce delle attuali conoscenze sul funzionamento del cervello resta dubbia.
  • Comunicazioni da parte di entità medianiche di ogni genere che danno informazioni vaghe, false o contraddittorie, che in ogni caso vanno a detrimento dell'ipotesi dell'esistenza dello spirito in altre dimensioni oggettivamente reali.

I due partiti in campo

Come abbiamo più volte osservato, fatta eccezione per un periodo iniziale di grande entusiasmo per lo spiritismo tanto in America quanto in Europa – limitato ai primi decenni della seconda metà dell'Ottocento – derivante dalla convinzione che i fenomeni medianici costituissero una prova inconfutabile della sopravvivenza dello spirito alla morte del corpo, si può constatare come fin dagli inizi della ricerca psichica più seria (che possono essere fatti risalire al 1882, anno di fondazione della SPR), si siano più o meno costantemente confrontati due orientamenti, l'uno incline ad avvalorare l'ipotesi della sopravvivenza della coscienza individuale, sotto forma di spirito, come unica spiegazione possibile dei risultati acquisiti nel corso delle ricerche, l'altro convinto del fatto che nessuno di tali risultati fosse sufficiente a provare in modo inconfutabile che l'io cosciente continua ad esistere dopo la morte del suo organismo. Nell'ambito di questo secondo partito si riscontra una sfumatura di posizioni, che vanno da coloro che escludono aprioristicamente ogni possibilità di sopravvivenza della coscienza alla morte (sulla base dell'assioma niente cervello, niente coscienza), a coloro che ritengono che la sopravvivenza non sia stata provata, ma non possa essere nemmeno esclusa.

La frase di Richet posta all'inizio di questa pagina chiarisce bene l'orientamento della psiche di chi non può accettare l'ipotesi della sopravvivenza. Richet dichiarava di ritenere che la memoria non possa esistere senza l'integrità anatomica e fisiologica del cervello, pur senza poterne dare una dimostrazione inoppugnabile. Quest'affermazione vale infatti nell'ambito della dimensione fisica in cui viviamo questa vita, ma come possiamo sapere con certezza se valga o meno in un'altra dimensione? Il punto debole della posizione di coloro che tendono ad escludere ogni ipotesi di sopravvivenza, come si vedrà meglio nella sezione Oltre la vita, consiste nel fatto di ritenere che la coscienza sia un prodotto dell'attività del cervello, e dunque sia creata dal cervello. Per questa ragione qualsiasi forma di esistenza cosciente potrebbe esistere solo in questa dimensione fisica, e solo a condizione che vi sia un cervello. Come si vede, si tratta di una posizione che esclude aprioristicamente l'ipotesi che il cervello sia un sintonizzatore della coscienza in questa dimensione, ma nessun sostenitore dell'ipotesi della sopravvivenza (e – se non vado errato – nessuna entità comunicante) ha mai dichiarato che la coscienza, dopo la morte, possa continuare ad esistere in questa dimensione fisica. Dunque, se la sopravvivenza della coscienza non può essere dimostrata in modo inconfutabile, non può essere nemmeno esclusa con certezza, poiché quello che vale in questa dimensione non è detto che valga in una diversa dimensione.

Influenza delle sintonie della psiche culturalmente predominanti

Con queste premesse, tutte le ipotesi alternative avanzate dai ricercatori per spiegare determinati fenomeni paranormali sono costruzioni della psiche più o meno complesse che di necessità finiscono con l'attribuire al cervello di alcune persone straordinarie facoltà di tipo pseudo-magico, senza presentare alcun elemento sperimentale a supporto delle modalità con cui tali facoltà possono estrinsecarsi. Si può notare in questa posizione la presenza di una sintonia della psiche dominante, dotata di un forte potere di persuasione, finalizzata a presentare la vita umana nella dimensione fisica come unica possibilità di esistenza cosciente: poiché la coscienza esiste nel corso della nostra vita come facoltà legata al funzionamento del cervello, non possono esistere dimensioni diverse di cui la nostra coscienza possa fare esperienza. Questo è quanto sembra affermare in modo perentorio la particolare sintonia della psiche umana, che esclude ogni possibilità di sopravvivenza alla morte del corpo.

L'enigma dell'esistenza individuale

È banalmente ovvio che la discussione ed il confronto restano aperti proprio perché noi, nel corso della nostra vita, non sappiamo con assoluta certezza cosa ne sarà della nostra coscienza dopo la morte. Nello stesso tempo fenomeni come le comunicazioni medianiche o le NDE inducono l'intelligenza a riflettere sull'eventualità che la luce della coscienza, legata alla nostra esistenza corporea individuale durante questa vita, non si spenga definitivamente con la morte, ma possa continuare ad esistere in altre dimensioni portando con sé, almeno in una fase iniziale, il ricordo e l'esperienza di quanto abbiamo vissuto in quest'avventura terrena. Anche se non abbiamo nessuna informazione esauriente e convincente sul modo in cui possa avvenire il transito tra la coscienza legata al funzionamento del cervello e quella svincolata da tale strumento (ed eventualmente collegata ad un nuovo strumento in grado di sintonizzarsi su dimensioni a noi inaccessibili), il fatto in sé non sarebbe né più sorprendente né più complesso che l'essere venuti al mondo in questa vita. Infatti la nostra stessa esistenza cosciente, pur se legata al nostro corpo, resta per ciascuno di noi un enigma: perché proprio io? perché proprio questo corpo? perché proprio questa storia personale? perché questo particolare insieme di circostanze casuali che costituisce il mio destino individuale?

Ancora una volta, il problema è rappresentato dai limiti delle sintonie della psiche alle quali possiamo accedere normalmente durante la vita umana: solo pochissimi individui riescono a sintonizzarsi sugli aspetti più evoluti della psiche, che forse possono offrire anche la chiave per svelare l'enigma del passaggio ad altre dimensioni. Per la maggior parte di noi la gamma delle sintonie accessibili è piuttosto limitata, anche se abbastanza ampia da poter contenere tutte le esperienze positive e negative di cui è costellata la vita umana. Perfino gli scienziati, la cui esperienza dovrebbe essere illuminata dall'intelligenza e dalla ragione, sono costretti a pensare e ad agire per via indiretta ed induttiva, quasi come ciechi costretti a ricostruire procedendo a tentoni la mappa di un ambiente ignoto, poiché non dispongono del sapere illuminante dato da una conoscenza diretta e di per sé evidente e convincente.


 

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