Joseph Banks Rhine e la parapsicologia scientifica

 

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La questione del metodo

Durante mezzo secolo, dal 1875 al 1925, la ricerca psichica aveva indagato e documentato una notevole quantità di fenomeni medianici e di altri eventi paranormali, eppure – nonostante l'impegno di organizzazioni come la SPR – la comunità scientifica nel suo complesso restava scettica, se non apertamente ostile, nei confronti del riconoscimento dell'autenticità di tali fenomeni e del loro inserimento nell'ambito della ricerca scientifica. Il motivo era sempre lo stesso: ogni tipo di indagine si riferiva sempre a casi spontanei che, per quanto le relative testimonianze fossero state verificate ed autenticate dai ricercatori, non potevano essere sperimentalmente riprodotti e dunque non risultavano accertati al 100%. Oltre ai numerosi casi di frode, che inevitabilmente finivano col rendere sospetti anche i fenomeni presentati come autentici, restava sempre il dubbio – da parte degli scettici – che le testimonianze presentate in buona fede dalle persone che avevano assistito ad eventi paranormali fossero contaminate da errori di memoria o da deformazioni prodotte dall'orientamento della psiche dei testimoni. Queste forme di dubbio, incongrue di fronte all'enorme quantità di testimonianze raccolte e pubblicate negli anni, erano dovute anch'esse ad un preciso orientamento psichico, tuttavia le esigenza di precisione, di affidabilità e di convalida richieste dal metodo scientifico avevano buon gioco nel far escludere la ricerca psichica dall'ambito della scienza.

Joseph B. Rhine, considerato a buon diritto come il fondatore della parapsicologia moderna, fu colui che cercò – con tenacia, energia, dedizione e pazienza – di ideare e di applicare un metodo di indagine che fosse riconosciuto come valido ed accettato dalla comunità scientifica. Come si vedrà, i suoi sforzi ebbero un successo parziale: da una parte riuscì ad ottenere che la Parapsychological Association, da lui organizzata ed attiva dal 1957, fosse accolta nel 1969 nell'ambito dell'AAAS  (American Association for the Advancement of Science), che la riconobbe quindi come società scientifica; dall'altro le irregolarità dei risultati sperimentali di convalida, tipiche dei fenomeni indagati e riconosciute dallo stesso Rhine, fecero sì che l'affidabilità dei suoi metodi di indagine e la correttezza dei risultati pubblicati venissero in seguito messe in dubbio da altri studiosi.

Joseph Banks Rhine

J. B. Rhine  (1895-1980) era nato in Pennsylvania, ma dal 1927 fino alla morte visse e lavorò a Durham, nel North Carolina. Per notizie biografiche più dettagliate si rimanda alla pagina di Wikipedia a lui dedicata. Dopo essersi laureato in botanica nel 1925, Rhine seguì per un anno il corso di psicologia di William McDougall (1871-1938) alla Harvard University. L'interesse di Rhine per la parapsicologia fu incoraggiato da McDougall (all'epoca presidente della American Society for Psychical Research), che sosteneva da tempo la necessità di applicare un metodo scientifico alla parapsicologia. McDougall, che fu sempre molto critico nei confronti dello spiritualismo, riteneva che i fenomeni dovessero essere indagati da ricercatori professionisti in ambito accademico, ed i suoi sforzi erano finalizzati a far sì che la parapsicologia fosse inserita nell'ambito di una facoltà universitaria. Così, quando McDougall nel 1927 ottenne la cattedra di Psicologia alla Duke University, affidò a Rhine l'incarico di organizzare e dirigere in quella sede – sotto la sua supervisione – un laboratorio di parapsicologia. Per oltre un decennio il Laboratorio della Duke University fu il centro sperimentale più seguìto e più accreditato in ambito accademico, per le indagini compiute da Rhine e collaboratori dapprima sulle facoltà ESP (Extra-Sensory Perception), che comprendono telepatia, precognizione e chiaroveggenza, e poi sulla PK (psicocinesi).

Nel 1937 Rhine e McDougall fondarono il Journal of Parapsychology, una rivista professionale indipendente basata sulla peer-review (prima della pubblicazione gli articoli sono sottoposti ad un esame da parte di altri studiosi professionisti che ne valutano la correttezza scientifica), che ancor oggi viene pubblicata con cadenza semestrale. Nel 1940 Rhine e Joseph G. Pratt (1910-1979) pubblicarono Extrasensory Perception After Sixty Years, un testo che riassumeva i risultati degli esperimenti condotti dagli autori nel decennio precedente, oltre a ricordare le più importanti indagini condotte nell'ambito della ricerca psichica a partire dagli ultimi decenni dell'Ottocento. Durante gli anni della seconda guerra mondiale Rhine e gli altri ricercatori del Laboratorio dovettero sospendere le loro indagini per collaborare con i servizi militari. Nel dopoguerra l'attività del Laboratorio della Duke University riprese, ma alcuni contrasti sorti in seno all'ambiente accademico in merito alla validità degli esperimenti condotti da Rhine e collaboratori fecero sì che verso il 1960 Rhine, ormai prossimo alla pensione, cominciasse a pensare ad un'organizzazione autonoma per lo studio della parapsicologia.

Fu così che nel 1965, con il sostegno di alcuni finanziatori come Chester Carlson, il fondatore della Xerox, Rhine poté dar vita alla Foundation for Research on the Nature of Man (FRNM, Fondazione per la ricerca sulla natura umana), nell'ambito della quale fu creato, sempre a Durham, un Istituto di Parapsicologia indipendente dalle strutture accademiche. Trent'anni dopo, in occasione del centenario della nascita di Rhine, la denominazione della Fondazione fu cambiata in Rhine Research Center per onorare i coniugi Rhine ed il loro fondamentale contributo allo studio della parapsicologia. Nel frattempo erano morti tanto Joseph Banks Rhine (nel 1980) quanto sua moglie, Louisa E. Rhine (Louisa Ella Weckesser, 1891-1983), la quale aveva dato un notevole contributo personale ai metodi di ricerca per lo studio dei fenomeni spontanei, pubblicando vari libri.

L'orientamento dei Rhine

J.B. Rhine e Louisa si erano conosciuti quando entrambi frequentavano la facoltà di Botanica all'Università di Chicago: si sposarono nel 1920 ed allevarono quattro figli, restando uniti fino alla morte nella vita e nel lavoro. Louisa, che aveva qualche anno più del marito, probabilmente lo aiutò ad orientarsi nelle scelte degli anni giovanili. Joseph si era arruolato nei Marines durante la prima guerra mondiale e, dopo esser stato congedato nel 1919, aveva intrapreso lo studio della teologia, motivato dal suo desiderio di conoscenza nei confronti della natura dell'essere umano e dai suoi dubbi sull'esistenza dell'anima. Louisa, figlia di un giardiniere esperto nella coltivazione delle orchidee, si era già indirizzata nello studio della fisiologia delle piante, e convinse anche Joseph a studiare Botanica, fino alla laurea. Entrambi vennero poi assunti come docenti dalla West Virginia University.

Già da tempo i Rhine erano interessati dai temi attinenti alla ricerca psichica: leggevano i libri di studiosi inglesi come Oliver Lodge, Arthur Conan Doyle e William McDougall e, quando era loro possibile, assistevano alle conferenze tenute da questi autori. Non è dunque sorprendente che nel biennio 1926-27 abbiano frequentato i corsi di addestramento tenuti da Walter Franklin Prince (1863-1934), fondatore della Boston Society for Psychical Research. Prince divenne un sincero amico di Rhine, e scrisse l'introduzione per il libro Extrasensory Perception After Sixty Years. L'orientamento di Prince nei confronti delle facoltà medianiche era scettico, e quando in seno all'American Society for Psychical Research la corrente spiritualista prese il sopravvento, egli se ne distaccò fondando la Boston Society, con l'aiuto del suo amico William McDougall. Nel biennio 1930-31 Prince fu anche presidente della SPR. Nel 1926 J.B. Rhine si iscrisse alla facoltà di Psicologia dell'Università di Harvard, dove frequentò per un anno le lezioni tenute da William McDougall: le sue attitudini di ricercatore furono notate ed apprezzate, tanto che l'anno successivo lo stesso McDougall, che aveva ottenuto la cattedra di Psicologia alla Duke University, gli propose di seguirlo in quella sede. I Rhine accettarono, e Joseph ebbe l'incarico di tenere un corso di Filosofia e Psicologia, ma soprattutto gli fu affidata l'organizzazione del Laboratorio di Parapsicologia, al quale si dedicò con tutte le sue energie per il resto della sua vita.

Si può affermare che tanto in J. B. Rhine quanto in sua moglie Louisa un forte interesse conoscitivo nei confronti della natura umana e dell'eventuale sopravvivenza dell'io cosciente alla morte si abbinava alla ricerca ed all'applicazione di metodi rigorosi finalizzati ad ottenere risultati scientificamente inattaccabili e sperimentalmente ripetibili. La tenacia e l'impegno con cui entrambi si sforzarono di perseguire il loro obiettivo furono unanimemente riconosciuti, indipendentemente dalle critiche avanzate da altri studiosi nei confronti di lacune ed imprecisioni rilevabili in determinati aspetti delle loro ricerche. Va in ogni caso riconosciuta a Joseph B. Rhine l'onestà intellettuale di aver creduto nella possibilità di applicare il metodo scientifico anche allo studio di alcuni aspetti della parapsicologia, anche se lui stesso era ben consapevole del fatto che: «fin dall'inizio... si sapeva benissimo che lo sperimentatore stesso aveva qualche cosa a che fare con il successo o fallimento dell'esperimento». 

Il metodo e gli esperimenti

Rhine cominciò anzitutto col delimitare l'ambito della sperimentazione a due soli aspetti della parapsicologia: la telepatia e la chiaroveggenza. Si rendeva conto di come la telepatia, che richiedeva un soggetto trasmittente ed un soggetto ricevente, non poteva escludere la chiaroveggenza nel caso in cui il soggetto ricevente, se fosse stato un sensitivo particolarmente dotato, avrebbe potuto indovinare il bersaglio indipendentemente dalla trasmissione del pensiero dell'altro soggetto. «Ora, ...cominciando col 1927 – scriveva – la telepatia fu affrontata per la prima volta dopo la scoperta che la chiaroveggenza non era stata ancora esclusa, come controipotesi, nelle prove di telepatia». Più semplice era ideare esperimenti atti a dimostrare la chiaroveggenza: bastava eliminare il soggetto trasmittente, chiedendo al soggetto che veniva sottoposto al test di indovinare la carta che costituiva il bersaglio: «Fra tutti i fenomeni rivendicati dalla parapsicologia in quel tempo, la chiaroveggenza sembrava il più facilmente provabile. Era necessario un solo soggetto. L'oggetto bersaglio doveva essere solo scelto a caso e convenientemente nascosto. La registrazione era la più semplice perché ne bastava una sola: quella della risposta del soggetto». Ma anche in questo caso le difficoltà non mancavano: infatti il bersaglio era costituito di norma da quel particolare mazzo di carte, denominate carte ESP o carte Zener perché messe a punto da Karl Zener, un altro ricercatore del Laboratorio della Duke University. Si tratta di un mazzo di 25 carte nel quale cinque simboli (quadrato, cerchio, croce, stella e onda) sono riportati, ognuno su cinque carte. Ovviamente il mazzo doveva essere mescolato prima di ogni test, e bisognava esser certi che il soggetto incaricato di smazzare le carte non acquisisse alcuna informazione in merito al loro ordine che potesse esser poi trasmessa telepaticamente al soggetto ricevente. Furono anche ideate e realizzate delle macchine per mescolare le carte.

Rhine partiva dal presupposto pragmatico che la psi dovesse essere considerata come una risorsa energetica di tipo biologico di cui non solo gli esseri umani, ma anche gli animali, sono dotati in varia misura. La psi determina i fenomeni studiati dalla parapsicologia, tanto sotto forma di ESP (telepatia, chiaroveggenza e precognizione) quanto sottoforma di PK (psicocinesi). Il termine psi non è altro che il nome delle corrispondente lettera greca, e non va considerato come un acronimo di psiche, dato che in tal caso in inglese si dovrebbe scrivere psy. Quanto all'obiettivo delle indagini sulla psi, Rhine lo esponeva in questi termini: «L'accertamento della realtà dei fenomeni psichici e dei loro tipi elementari fu la linea principale della ricerca... Ma era un obiettivo solo un poco più remoto il sapere se questi vari fenomeni rappresentavano poteri, facoltà o abilità distinte, o erano fondamentalmente unitari nel principio, differendo solo come fenomeni. Una seconda e più vasta relazione sarebbe stata messa in chiaro se la ricerca sulle capacità avesse avuto successo ed in dipendenza di questo fatto. Si trattava cioè di scoprire se le facoltà si conciliavano col resto della psicologia e della biologia e in quale relazione stavano col mondo fisico».

Si può osservare che la realtà dei fenomeni psichici era già stata accertata da Charles Richet e da altri studiosi, eppure nell'ambito della comunità scientifica la corrente degli scettici restava maggioritaria. Rhine era convinto che, di fronte ad un metodo inattaccabile sotto il profilo sperimentale, i risultati avrebbero avuto il valore di prove inoppugnabili e definitive. Non teneva conto tuttavia del fatto che, in ambito scientifico, la validità oggettiva dei metodi sperimentali è dovuta alla loro ripetibilità ed all'assicurazione che, una volta rispettate tutte le condizioni richieste per l'esperimento, i risultati devono essere inevitabilmente confermati. Gli esperimenti sui fenomeni psichici, invece, sono caratterizzati dall'aleatorietà dei risultati, che dipendono da diverse variabili quali il soggetto, lo sperimentatore, il momento, il luogo, l'interesse, ecc. Si tratta dunque di un campo di ricerca che ha molte più attinenze con la psicologia che non con l'indagine scientifica vera e propria. Infatti, una volta ripetuti in altre sedi, gli esperimenti ideati da Rhine e collaboratori diedero risultati molto diversi rispetto a quelli da lui ottenuti, e di conseguenza cominciarono anche ad essere avanzate critiche al metodo da lui adottato e dubbi rispetto alla correttezza dei risultati da lui pubblicati.

Rhine, che era ovviamente un ricercatore intelligente, riconosceva apertamente queste difficoltà: «Fu riconosciuto, già in un primo stadio, che chiunque voglia sperimentare sulla facoltà psi deve, naturalmente, essere capace di provarla e che questo era l'ostacolo numero uno che ogni sperimentatore doveva superare... Fin dall'inizio... si sapeva benissimo che lo sperimentatore stesso aveva qualche cosa a che fare con il successo o il fallimento dell'esperimento».  E ancora: «Forse il più importante sviluppo... relativo al controllo degli esperimenti sulla psi fu la scoperta che la più importante condizione nella prova psi è lo sperimentatore – o meglio la relazione soggetto-sperimentatore – e che prbabilmente la maggior limitazione nel campo di ricerca era la mancanza di un gruppo di ricercatori scelti adeguatamente e sufficientemente addestrati, perché proprio da essi dipende quasi ogni cosa in questo campo. Era penoso vedere come alcuni dei migliori soggetti non potevano operare bene con certi sperimentatori, e anche più penoso accorgersi che certi sperimentatori potevano operare bene solo con soggetti che, con l'aiuto di altri sperimentatori, avevano già acquistato fiducia nelle loro facoltà... Verso la fine di questo periodo eravamo per lo meno consapevoli della necessità di trovare o di creare dei buoni sperimentatori psi, così come ci eravamo già resi conto della necessità di scegliere e sviluppare dei buoni soggetti».

Si potrebbe affermare che proprio la correttezza dei metodi di controllo messi a punto da Rhine può indurre a considerare come una valida scoperta scientifica la constatazione dell'aleatorietà dei risultati ottenuti e la loro dipendenza da variabili di natura psichica. Ma purtroppo la conoscenza scientifica non si fonda su queste premesse: nel momento stesso in cui si introduce un elemento di incertezza, è necessario individuare una legge che permetta di delimitare il campo della conoscibilità rispetto a quello dell'inconoscibilità. In un articolo pubblicato nel 1977 lo stesso Rhine riconosceva che: «Vi è infatti una crisi nella metodologia parapsicologica. Finora la maggior parte dei nostri metodi, come quelli delle altre scienze, si sono fondati su principi fisici. Adesso, tuttavia, riconosco che ogni affidamento a condizioni fisiche per incanalare la psi è stato vano, fondato come era su di un presupposto oggi screditato: screditato dalla stessa ricerca psi. Tutte le principali ricerche del passato hanno mostrato che la psi non può essere ostacolata da barriere fisiche, quali lo spazio, il tempo o qualsiasi altra condizione fisica conosciuta. Fui costretto a convincermi di questo quando si presentò la necessità di decidere se i risultati PK erano dovuti al soggetto o allo sperimentatore. Si dovette riconoscere che nessuna separazione fisica dei due poteva essere considerata adeguata. Questo fatto giunse a una crisi decisiva specialmente nella ricerca su animali degli ultimi anni, quando fu necessario considerare attentamente, prima di trarre una conclusione, se l'animale era realmente il vero soggetto... Quando giunsi a riconoscere le sbaraglianti conseguenze del fatto che i metodi fisici erano inadeguati per una metodologia sperimentale sulla psi, mi resi conto di essere stato per molto tempo consapevole che si era già iniziato a fare uso di metodi non fisici nella ricerca psi senza generalizzare l'estensione dell'importante differenza implicata».

Analisi del metodo di Rhine

Rhine pensava di poter accertare l'esistenza della psi affidandosi ai metodi matematici fondati sul calcolo delle probabilità e sulla statistica. Il calcolo delle probabilità presenta due aspetti, il primo dei quali anticipa un certo risultato, mentre il secondo conferma la probabilità che un evento si verifichi sulla base di una lunga serie di eventi registrati. Per esempio, dato che in un mazzo di 25 carte ESP ciascuno dei simboli è riportato su cinque carte, la probabilità che il soggetto possa indovinare un carta estratta a caso è del 20%. Questo non significa che su cinque tentativi il soggetto indovinerà senz'altro una carta ed una sola: potrebbe indovinarne due o tre come potrebbe non indovinarne nessuna. È solo su una lunga serie di centinaia o di migliaia di tentativi che si verifica la coincidenza tra la probabilità di indovinare il bersaglio e la percentuale dei bersagli effettivamente indovinati da un soggetto non dotato di particolari facoltà psi. Vi sono poi dei metodi matematici per valutare lo scostamento percentuale dei risultati ottenuti da un determinato soggetto rispetto alla mera probabilità statistica data dal calcolo delle probabilità: qualora tale scostamento superi un certo range, viene detto significativo. Per esempio, se su mille prove eseguite con un mazzo di carte ESP ogni volta rimescolato ed integro (serie aperta) un soggetto indovina il bersaglio 300 volte (30% di risposte esatte) anziché le 200 volte (20%) previste dal calcolo delle probabilità, lo scostamento è significativo e l'esperimento è considerato un successo. Ma se le risposte esatte fossero 205 lo scostamento non sarebbe significativo, perché rientrerebbe nei normali margini di variabilità rispetto alla media statistica.

Risultati significativi furono ottenuti da Rhine e collaboratori, in un arco di tempo di oltre dieci anni, sperimentando con diversi soggetti, alcuni dei quali si dimostrarono particolarmente dotati. Rhine ritenne dunque di aver dimostrato l'esistenza di una facoltà psi la cui azione non rientra nelle leggi fisiche da noi conosciute. Tuttavia quello che Rhine poteva affermare di aver dimostrato è che alcuni soggetti, in determinate circostanze, indovinano un certo bersaglio un numero di volte superiore a quello previsto dal calcolo delle probabilità, ma non riuscì a scoprire né le cause che determinavano i successi o i fallimenti, né un adeguato metodo di addestramento che potesse assicurare, almeno per i soggetti più dotati, il successo dell'esperimento. Dovette anzi riconoscere la dipendenza della psi da alcune variabili di natura psichica, dovute soprattutto al rapporto tra il soggetto e lo sperimentatore, all'atteggiamento di quest'ultimo, e ad una sensazione di affaticamento  e di progressivo disinteresse, provocata nel soggetto dalla lunga durata degli esperimenti, consistenti in ripetute e monotone serie di test.

Al riguardo, Rhine così scriveva: «Possiamo dire di non conoscere nulla che influisca sulla reale quantità di psi se non la generale motivazione del soggetto. Se i soggetti sono indifferenti, privi di interesse, e tuttavia prendono parte alla prova per qualche ragione, molto probabilmente daranno punteggi al livello del caso. Se sono interessati, le loro caratteristiche, misurate da queste prove psicologiche più o meno familiari e di uso corrente, li dividono semplicemente in due gruppi che mostrano tendenze al punteggio in più o in meno. Essi sono allora, in queste particolari prove, psi-positivi o psi-negativi. Via via che questo si chiarì nelle nostre menti in un paio di decenni, risultò essere tutt'altro che una scoperta minore. Ci aiutò a spiegare molte cose che ci avevano deluso nelle prove psi e ci indicò che il lavoro di ricerca sui processi psi stava divenendo, anzitutto, piuttosto tipicamente psicologico che parapsicologico. Esso consisteva nel districare l'elusiva capacità psi dalle più familiari funzioni della vita mentale, e i metodi per operare con questa tendenza psi-differenziale stavano diventando distintamente psicologici».

La natura della psi secondo Rhine

Rhine, pur considerando la psi come un'energia non fisica, le riconosceva la capacità di esercitare effetti sul mondo fisico: «A questo punto, un altro aspetto della relazione tra la psi e il mondo fisico divenne anche più importante. Se i processi psi e l'ordine fisico della natura sono così diversi, come possono interagire?... Ma questo riconoscimento di una qualità non fisica della psi ci ricorda che abbiamo metodi accettabili non solo per il lato fisico di questa interazione, ma anche per quello mentale; in breve, con i metodi elementari della fisica stessa, noi abbiamo escluso la fisicità come proprietà della funzione psi... Si è trovato, con i criteri del fisico stesso, che la psi non è fisica; e tuttavia essa ha mostrato le caratteristiche di un principio ipotizzabile di natura fisico-umana. Esercita influenza. Mostra la capacità di produrre lavoroche è la definizione generale dell'energia. Quale tipo di energia può essere?».

Inoltre Rhine considerava la psi come una funzione biologica: «Senza discussione la psi è anche una funzione biologica. Ipotizzare una funzione biologica, che sia in egual tempo non fisica, significa introdurre nella biologia qualche cosa di sconosciuto e di pochissimo gradito; ma è interessante notare che le scoperte fatte sulla psi nell'organismo vivente si conciliano molto bene con il fatto che la psi non è fisica. Nessuna localizzazione delle funzioni psi (analoga a quella degli organi del senso o dei muscoli nell'ordine sensomotorio) è stata finora seriamente suggerita. Nessuna prova definitiva della localizzazione della funzione nel sistema nervoso è stata data, sebbene sia stato fatto qualche suggerimento speculativo.  Tuttavia, anche senza una diretta prova sperimentale, dobbiamo supporre che la facoltà psi faccia parte del sistema genetico dell'organismo... L'ipotesi di lavoro emersa... è che probabilmente ogni individuo della specie umana ha, in qualche misura, potenziali capacità psi e che le grandi differenze fra individui sono il risultato di fattori psicologici (e forse di altri sconosciuti) che possono influire sui suoi limiti e sul suo uso».

Al di là del modo di esprimersi piuttosto involuto di Rhine, accentuato in parte dalla traduzione di Ugo Dèttore dei capitoli da scritti da Rhine per il volume Handbook of Parapsychology curato da Benjamin B. Wolman (L'universo della parapsicologia, Armenia Editore, 1977), non è chiara la ragione per cui Rhine dovesse considerare la psi come una funzione biologica, senza chiarire – come sarebbe stato opportuno – se in questo modo intendesse riferirsi alla psi come ad una facoltà dipendente dall'attività cerebrale. Si ha l'impressione, leggendo i suoi scritti, che Rhine considerasse a priori la psi come una funzione biologica, per partito preso, e non sulla base dei risultati di esperimenti eseguiti. È come se affermasse: «Dato che tutto quello che riguarda gli esseri viventi è biologico, anche la psi deve essere una funzione biologica», senza portare alcuna prova al riguardo, anzi dichiarando apertamente che «nessuna prova definitiva... è stata data». Un modo di argomentare piuttosto discutibile per un uomo di scienza.

Gli aspetti psicologici della psi

Un'altra questione destinata a sollevare molti dubbi sugli esperimenti eseguiti da Rhine con l'intento di provare l'esistenza della psi di fronte alla comunità scientifica, è costituita dalla dipendenza degli esiti dei test non solo dall'orientamento psichico dei soggetti, ma anche da quello degli sperimentatori. È evidente come l'emergere di questi fattori tipicamente soggettivi rappresentasse un ostacolo insormontabile nei confronti dell'oggettività richiesta dal metodo scientifico in merito alla verifica indipendente di un certo esperimento. Infatti, per la scienza, esperimenti condotti con lo stesso metodo devono dare identici risultati, purché eseguiti correttamente, indipendentemente da chi li esegue. Sebbene i ricercatori della Duke University ritenessero di aver fatto un'importante scoperta psicologica nello stabilire che vi sono fenomeni legati all'attività mentale le cui manifestazioni dipendono dall'orientamento soggettivo della psiche dello sperimentatore, questa scoperta riportava la parapsicologia sul terreno delle scienze umane, molto più insicuro rispetto a quello delle scienze fisiche, nonostante l'ottimismo con cui Rhine ne scriveva: «Adesso la psicologia aveva un valido argomento oggettivo per essere più di un oscuro ramo del meno illuminato lato della fisica. In una parola, la mente, dopo tutto, era sperimentalmente reale. Più immediatamente importante, se qualche cosa poteva esserlo, era la scoperta (o riscoperta) del fatto che la psi è una funzione inconscia. La parapsicologia stava così aggiungendo alle scienze psicologiche un ingresso oggettivamente sperimentale nell'area dei processi mentali inconsci».

È necessario evidenziare ancora una volta l'uso improprio che viene fatto, anche da Rhine, del termine inconscio per designare quei fenomeni dell'attività mentale che sfuggono al controllo volontario dell'io cosciente, ma che sono coscienti nelle loro manifestazioni. D'altra parte, come si è visto, alcuni dei fenomeni paranormali che si verificano in stato di trance o in stato di ipnosi possono essere realmente inconsci per i soggetti che li determinano, dato che l'io cosciente di tali soggetti è assente proprio mentre i fenomeni hanno luogo. La constatazione di Rhine e collaboratori sulla realtà dei fenomeni psichici determinati dall'attività mentale non rappresentava nessuna nuova scoperta, ed il «valido argomento oggettivo» sul quale Rhine riteneva di poter fare affidamento si scontrava con la soggettività della psiche dello sperimentatore, che si sommava a quella del soggetto sperimentato. Infatti, ben presto gli esperimenti di Rhine, anziché essere considerati come prova definitiva dell'esistenza della psi in quanto inattaccabili nel metodo e nella correttezza dell'esecuzione (secondo le intenzioni del ricercatore), cominciarono ad essere oggetto di critiche da parte di vari ambienti accademici, che giunsero anche a denunciare la mala fede di alcuni dei collaboratori di Rhine che avrebbero manipolato a loro vantaggio i risultati dei test. Così quello che avrebbe dovuto restare per sempre fuori dalla porta rientrava dalla finestra, dato che i dubbi sull'ambiguità della parapsicologia come campo di ricerca scientifica si ripresentavano puntualmente.

Il desiderio di acquisire un potere di controllo sulla psi

Una delle ragioni che determinano negli esseri umani il desiderio di conoscere è data dal potere di controllo che l'io cosciente riesce ad avere nei confronti dei fenomeni che rientrano nell'ambito del sapere. Anche nel caso dei fenomeni studiati dalla parapsicologia, lo scopo dei ricercatori è stato quello di comprendere come le facoltà mentali che determinano tali fenomeni potessero essere attivate, sviluppate ed utilizzate convenientemente sotto il controllo della volontà. Rhine lo dichiarava apertamente: «Il principale orientamento degli studi psicologici sulla psi è stata la ricerca di stati mentali più favorevoli al funzionamento della psi. L'ipnosi, la prima grande speranza del passato, non è sembrata giustificare tante aspettative con l'avanzare del tempo».

Vi sono tuttavia diverse manifestazioni di genialità e di talento creativo, non solo artistico ma anche matematico, che, pur essendo determinate dall'attività mentale, non sono controllate dalla volontà dell'io cosciente. Rossini, per esempio, raccontava che quando era giovane i motivi delle sue composizioni musicali sgorgavano nella sua mente in modo spontaneo ed in gran quantità, ed a lui non restava che mettere le note sulla carta. Ma ad un certo punto la sua vena creativa si esaurì, e per molti anni smise di comporre musica. Altri celebri compositori, come Mozart, furono dotati di un'eccezionale creatività per tutta la durata della loro breve vita. Proprio questi aspetti di creatività spontanea, non assoggettabili al controllo intenzionale da parte dell'io cosciente, indussero Frederic W. H. Myers ad ipotizzare l'esistenza di un Sé subliminale (Subliminal Self), al quale potevano essere ricondotte le facoltà paranormali, come si è visto nella pagina dedicata alle teorie sullo spirito in questa sezione.

Gli sforzi di Rhine per individuare quegli elementi della psi che potessero essere ricondotti sotto il controllo intenzionale del soggetto dotato o dello sperimentatore non ebbero successo. Nel manifestarsi o nel non manifestarsi, la psi conservava sempre un quid aleatorio e sfuggente che, nonostante gli aggiustamenti dei metodi di prova, non poteva essere eluso o controllato. Le stesse predizioni dei soggetti in merito ai risultati dei test condotti su di loro si rivelavano casuali o infondate e, come si è detto, l'atteggiamento degli sperimentatori poteva influenzare il successo o l'insuccesso dei test, senza che si riuscisse a scoprire quali elementi di controllo cosciente determinassero quest'influenza, che veniva genericamente attribuita a qualche inclinazione caratteriale o psicologica degli sperimentatori nei confronti della psi (effetto pecore-capre, dove le pecore rappresentavano quegli sperimentatori che avevano fiducia nell'esistenza della psi e nel successo degli esperimenti, e le capre quelli che erano più scettici al riguardo). Col tempo, il desiderio di indagare i diversi fattori psicologici ed ambientali che potevano esercitare un effetto sui risultati dei test, condusse i ricercatori ad escogitare esperimenti sempre più complessi, i cui risultati – spesso controversi – anziché chiarire le cose, finivano col confondere ulteriormente un quadro conoscitivo già di per sé critico.

L'origine e la causa dei fenomeni

Il fatto che l'esistenza dei fenomeni paranormali sia stata accertata (anche se non unanimemente riconosciuta), e l'incapacità da parte dell'io cosciente di ottenere un soddisfacente quadro conoscitivo sulle cause di tali fenomeni e sulle loro modalità di estrinsecazione, in modo da poterli utilizzare a volontà, determinano un'incertezza psichica che, almeno fino ad oggi, non si è risolta. Da una parte c'è chi ritiene, come Rhine, che si tratti di fenomeni di natura essenzialmente biologica, che si manifestano tanto nell'uomo quanto in altri animali, legati dunque all'esistenza in vita ed al funzionamento del nostro organismo, senza che vi sia la necessità di ipotizzare altre entità coinvolte nell'estrinsecazione della psi. Il fatto che l'io cosciente non riesca a conoscere ed a controllare tali fenomeni, e che la volontà – in molti casi – sia di ostacolo alla loro manifestazione, fa sì che la psi venga relegata nell'ambito confuso e controverso del cosiddetto inconscio. Ma il modo in cui queste presunte facoltà inconsce possano essere ricondotte all'attività fisiologica del cervello, resta tutto da dimostrare e da verificare.

Dall'altra parte ci sono coloro che credono che i fenomeni paranormali siano causati dall'interferenza con la nostra dimensione di energie autonome, più o meno intelligenti e più o meno coscienti. Queste entità riuscirebbero, in determinate circostanze, ad interagire col sistema psicofisico di esseri umani particolarmente adatti, rendendo così possibile l'estrinsecazione dei fenomeni. Anche sulla base di questa ipotesi, il quadro conoscitivo resta tutt'altro che soddisfacente: vi sono tuttavia molti e ben documentati fenomeni medianici di tipo telecinetico (PK) che convalidano l'esistenza di una sostanza energetica capace di compiere lavoro, come aveva evidenziato Rhine. Tale sostanza, spesso chiamata ectoplasma (utilizzando il termine coniato da Richet), si presenta come un prodotto della trasformazione del sistema psicofisico del medium (ed in parte anche dei partecipanti alle sedute medianiche) in qualcosa di diverso, avente caratteristiche elusive nei confronti delle indagini fisico-chimiche e biologiche, ma tuttavia in grado di esercitare azioni concrete e non di rado stabili sul mondo fisico. Ora, che una tale trasformazione possa essere attribuita esclusivamente al funzionamento fisiologico del cervello umano, pur nelle sue dinamiche inconsce, senza l'intervento di altre energie aliene, appare francamente incredibile e, alla luce delle attuali conoscenze scientifiche, anche impossibile da spiegare. Infatti tanto Rhine quanto i suoi collaboratori, così come molti altri ricercatori, si sono impegnati tenacemente, ma senza successo, nel tentativo di risolvere il problema dell'influenza diretta della mente umana sulla materia.


 

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