Un dibattito sulla sopravvivenza nell'ambito della SPR

 

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Due punti di vista diversi sui medesimi fatti

Nel maggio 1924 fu pubblicato sui Proceedings della SPR un interessante dibattito sulla sopravvivenza dell'io cosciente alla morte, che vedeva da una parte un intervento del professor Charles Richet (La difficoltà della sopravvivenza dal punto di vista scientifico) e dall'altra la risposta di un altro illustre scienziato, sir Oliver Lodge (La possibilità della sopravvivenza dal punto di vista scientifico). L'interesse del confronto si può incentrare sui seguenti tre punti:
1. tanto Richet quanto Lodge erano scienziati affermati e ben noti;
2. entrambi erano studiosi ed indagatori dei fenomeni legati alla medianità e ne avevano accertato la realtà;
3. i loro interventi valutavano la possibilità o meno della sopravvivenza alla luce delle conoscenze scientifiche dell'epoca.

Può essere interessante verificare quanto le loro osservazioni possano essere considerate ancora valide ai nostri giorni, considerati gli ulteriori sviluppi delle conoscenze scientifiche, premettendo alcune brevi note biografiche che possono aiutare a comprendere meglio i punti di vista dei due studiosi. Charles Richet (1850-1935), docente di fisiologia presso la facoltà di Medicina di Parigi, fu insignito del premio Nobel nel 1913 per le sue ricerche sull'anafilassi. Incentrò i suoi studi sul sistema nervoso e muscolare umano, sui processi respiratori e sulla sieroterapia, dunque possedeva buone conoscenze sul funzionamento del corpo umano. Uomo dai molteplici interessi, si occupò anche di aviazione e profuse un grande impegno nella causa del pacifismo. Scrisse molto, sia come saggista che come romanziere, e fu un instancabile sperimentatore nel campo della fenomenologia paranormale, da lui definita metapsichica (termine che ebbe ampia diffusione per poi essere sostituito da quello, oggi più utilizzato, di parapsicologia). Eseguì investigazioni e ricerche nel campo della telepatia, dell'ipnosi, delle apparizioni materializzate (fu lui a coniare il termine ectoplasma), sperimentando con vari medium come la Piper, la Palladino e la Béraud. Tra le sue opere più importanti in questo campo, il Trattato di metapsichica del 1922. Nel 1877 si sposò con Amélie Aubry, dalla quale ebbe cinque figli.

Oliver Lodge (1851-1940) ottenne la cattedra di matematica e fisica all'università di Liverpool nel 1881. Fu collaboratore dell'importante rivista scientifica Nature, e nel 1887 divenne membro della Royal Society, la più importante istituzione scientifica dell'epoca. Nel 1900 accettò l'incarico di Rettore dell'Università di Birmingham, che mantenne fino al 1919, anno in cui andò in pensione pur continuando le sue ricerche nel campo delle onde radio e della telegrafia senza fili. Riuscì ad inviare un messaggio via radio un anno prima di Guglielmo Marconi, sebbene utilizzasse correnti a bassa frequenza che avevano un raggio di trasmissione molto limitato. Nel 1897 brevettò il sintetizzatore: il brevetto fu poi acquistato da Marconi nel 1911. Si associò alla SPR nel 1884, mosso non tanto da un vero interesse per la ricerca psichica, ma perché, come notava nella sua autobiografia, aveva riscontrato che alcuni fatti risultavano poco graditi agli uomini di scienza e per questo venivano trascurati, mentre a lui sembravano degni di attenzione. Fu presidente della SPR dal 1901 al 1903, e poi di nuovo nel 1932 assieme ad Eleanor Sidgwick. Nel 1877 sposò Mary Fanny Marshall: dal matrimonio nacquero 12 figli, sei maschi e sei femmine. Quattro dei figli maschi divennero uomini d'affari utilizzando le invenzioni del padre, un altro divenne scrittore e poeta ed il sesto, Raymond, morì al fronte nel 1915. Alla luce degli esiti delle ricerche svolte con alcune medium e dopo aver ottenuto riscontri in merito al figlio morto in guerra, Lodge pubblicò nel 1916 il celebre libro Raymond, or Life and Death, nel quale sostenne la tesi della sopravvivenza: una convinzione – maturata a partire dal 1889 nel corso di un'indagine approfondita sui rilevanti fenomeni medianici prodotti dalla medium americana Leonora Piper (1857-1950) – già manifestata in La sopravvivenza dell'uomo (The Survival of Man) del 1909, e poi approfondita in altre opere successive come Perché credo nell'immortalità (Why I believe in Personal Immortality) del 1928, e La realtà di un mondo dello spirito (The Reality of a Spiritual World) del 1930. Un'altra sua opera del 1910, importante in quanto rivelatrice dei temi filosofici ed esistenziali che lo appassionavano, è La ragione e il credere: l'impatto delle scoperte scientifiche sulla fede religiosa e spirituale (Reason and Belief: The Impact of Scientific Discovery on Religious and Spiritual Faith).

Il parere di Richet

Il punto di vista espresso nell'articolo di Richet risultava fortemente condizionato dalle conoscenze dello scienziato sul funzionamento del corpo umano. Richet non arrivava a negare a priori la possibilità della sopravvivenza: «Ci sono fatti che emergono continuamente dai nostri studi – scriveva – così inattesi, così sconcertanti, e che si presentano con tale rapidità e complessità, che sarebbe per me deplorevole negare senza esitazione la possibilità che la coscienza possa sopravvivere». Tuttavia, aggiungeva lo studioso, l'ipotesi spiritistica non solo non può ritenersi dimostrata, ma anzi viene contraddetta da un buon numero dei fatti indagati. Richet dichiarava che il giudizio dello studioso non dovrebbe essere influenzato né dall'inclinazione umana sul fatto che la sopravvivenza sia desiderabile o meno, né da qualsiasi forma di fede o di orientamento religioso personale, dato che la conoscenza ha come unico scopo la ricerca della verità in base all'esame dei fatti. Le nozioni mediche dello scienziato emergono quando afferma che la fisiologia dimostra un rigoroso parallelismo tra le funzioni intellettuali ed il funzionamento del cervello: la coscienza, la mobilità, la sensibilità, la memoria, sono sempre funzioni del sistema nervoso, tanto nell'uomo quanto negli animali. Dunque l'ipotesi della sopravvivenza dovrebbe prendere in considerazione non solo la coscienza umana, ma anche quella degli animali. Abbiamo già visto come, nelle corso di alcune delle sedute medianiche esaminate nella sezione sulle entità e gli spiriti, si manifestassero fino ad una materializzazione completa anche entità animali: ne possiamo concludere che la sopravvivenza degli animali non viene esclusa dall'ipotesi spiritistica.

Richet affermava poi di non poter credere che la memoria umana possa esistere senza l'integrità anatomica e fisiologica del cervello, un atteggiamento che alcuni suoi critici – tra cui Lodge – gli rimproveravano con benevola ironia, dicendo che Richet era un devoto adoratore del feticcio del cervello. Certamente Richet poteva avere buon gioco nel dimostrare che le alterazioni introdotte chimicamente nella fisiologia cerebrale modificano, inibiscono o fanno scomparire completamente tutte le funzioni associate alla coscienza. Sebbene i sostenitori della sopravvivenza affermino che il cervello è solo uno strumento, sembra innegabile che durante tutta l'esperienza della vita umana la coscienza sia subordinata al funzionamento di questo strumento che – secondo Richet – può dare origine tanto alle esperienze normali quanto a quelle paranormali. Ma, come si è visto, sono appunto queste ultime che, almeno in alcuni casi, possono dare adito a qualche dubbio sul fatto che ogni esperienza psichica dipenda sempre e comunque dal cervello. Va però riconosciuto che, anche alla luce delle nostre conoscenze attuali, non vi sono elementi e fatti sufficienti per poter attaccare con prove irrefutabili la posizione di Richet. Bisognerebbe infatti poter dimostrare l'esistenza di fenomeni psichici inerenti alla coscienza individuale pur in completa assenza di attività cerebrale, ma le nostre informazioni sul funzionamento del cervello sono ancora ben lontane dal poterci dare indicazioni esaurienti sulle correlazioni tra alcuni fenomeni di natura psichica ed i corrispondenti stati cerebrali. Come si è visto esaminando vari casi di NDE, non si può escludere la possibilità di trovarsi di fronte ad esperienze coscienti la cui dipendenza dal funzionamento cerebrale è quanto meno dubbia. Nonostante ciò, sembrano insormontabili le difficoltà che si presentano quando si tenti di formulare un'ipotesi coerente per recidere il vincolo coscienza-cervello che caratterizza l'esperienza umana, in modo da poter prendere in considerazione la possibilità di un'esperienza cosciente indipendente dall'attività cerebrale. Richet, nonostante la sua notevole levatura di scienziato, non riuscì a superare quest'ostacolo.

Non abbiamo capito nulla, assolutamente nulla

Quanto ai fenomeni di quell'ampio campo di indagine che lui stesso definì metapsichica oggettiva (comunicazioni medianiche, materializzazioni, ecc.), Richet era ben convinto della loro realtà, ma non li riteneva sufficientemente dimostrativi come prova della sopravvivenza. Pensava, a ragione, che molte testimonianze ottenute dagli spiriti fossero intrise di elementi psichici tipicamente legati all'esperienza umana, confuse, spesso contraddittorie, e – dal punto di vista di un'intelligenza come la sua – non di rado semplicemente ridicole. Per questi motivi preferiva attribuire al corpo umano ed alla mente (da lui intesa come funzione determinata dall'attività cerebrale) poteri straordinari, le cui modalità di estrinsecazione erano ancora tutte da indagare o da scoprire. Dunque, pur non volendo convertirsi all'ipotesi della sopravvivenza, era poi costretto ad ammettere l'esistenza di fenomeni sui quali (sono le sue parole) «noi non abbiamo capito nulla, assolutamente nulla». Questo dimostra ancora una volta, se ce ne fosse bisogno, quanto forte è l'influenza della sintonia psichica individuale nella valutazione dei fenomeni osservati. Essendo la psiche un fenomeno – sperimentato nel corso della nostra esistenza umana – la cui origine e le cui finalità restano per noi un mistero (al pari di altri fenomeni di questo universo), ci troviamo sempre a toccare con mano i limiti delle nostre possibilità di conoscere e di sapere, e dobbiamo pertanto constatare come la conclusione di Richet risulti nello stesso tempo insoddisfacente e sconfortante. Se un secolo fa si potevano nutrire speranze, anche ingenue, sulla scoperta di nuove energie che permettessero di spiegare fisicamente ed umanamente i fenomeni della metapsichica oggettiva, oggi tali attese hanno perso credibilità, tanto che spesso si preferisce rimuovere o negare tout court questi fenomeni, anziché perder tempo a studiarli o a rifletterci sopra.

Le osservazioni di Lodge

La posizione di Lodge sull'argomento era più articolata e per certi aspetti molto più attuale e convincente. Va ricordato che Lodge era un fisico ed un matematico, ed aveva già affrontato in diversi libri alcuni aspetti problematici sia gnoseologici che epistemologici in merito all'interpretazione dell'universo, utilizzando le scoperte scientifiche della sua epoca come banco di prova per le sue valutazioni. Accade anche ai nostri giorni che i fisici, occupandosi di un campo della conoscenza che potremmo definire fondamentale (in quanto è alla base delle altre discipline scientifiche), siano molto più sensibili dei biologi o dei medici al problema delle cause di ciò che accade in questo universo e delle relazioni tra le leggi che lo governano. In particolare Lodge affrontò nei suoi libri due aspetti dell'universo fisico, quello della trasmissione di determinati effetti a distanza nel vuoto e quello dell'origine e dell'evoluzione della vita, in merito ai quali anticipò alcuni concetti che oggi sono unanimemente riconosciuti come validi.

Per quanto riguarda la trasmissione degli effetti a distanza, Lodge teorizzava la presenza in ciascun punto dell'universo dell'etere, una funzione ubiquitaria che rendeva possibile, per esempio, l'attrazione gravitazionale tra i corpi. Oggi il concetto di etere è stato abbandonato, per essere sostituito da quello di campo che, soprattutto dopo il riconoscimento della teoria della relatività di Einstein e dell'esistenza dello spazio-tempo, non è stato più messo in discussione: i campi gravitazionali ed elettromagnetici sono presenti in ciascun punto dell'universo, indipendentemente dall'esistenza o meno della materia in quel punto o nelle immediate vicinanze. Dunque rappresentano un aspetto della realtà fisica che sfugge completamente alla nostra percezione sensoriale, ma che indubitabilmente produce degli effetti fisici. E poiché, secondo Lodge, nell'ambito delle manifestazioni di alcuni fenomeni medianici noi osserviamo degli effetti fisici, come possiamo escludere la presenza di altre energie dell'etere (oggi diremmo: altri campi di energia) che ancora non abbiamo scoperto? Com'è evidente, questa posizione di Lodge non comporta in sé alcuna prova della sopravvivenza, tuttavia è interessante perché evidenzia gli effetti esercitati da parte di campi energetici non percepibili dai nostri sensi sulla realtà fisica che noi invece percepiamo. Questi effetti sono ben noti a tutti, oggi che viviamo nell'epoca delle telecomunicazioni. Inoltre, per quanto riguarda l'astrofisica, uno dei dibattiti attuali più interessanti riguarda la presenza nell'universo della cosiddetta materia (ed energia) oscura, così chiamata perché sfugge completamente alle nostre possibilità di osservazione, tanto sensoriali quanto strumentali.

La complessità della vita

L'altro aspetto che Lodge si sforzava di mettere in evidenza era quello relativo alla complessità della vita. La legge della conservazione dell'energia, ritenuta una delle pietre miliari della fisica, afferma che nella trasformazione da un sistema ad un altro non si crea né si distrugge energia. In base a questa legge in passato non pochi scienziati sostenevano che non ci fosse alcuna differenza tra un organismo vivente ed un cadavere in via di decomposizione, dato che nella trasformazione delle sostanze che compongono i due sistemi l'energia globale non varia. Questo è senz'altro vero, affermava Lodge, tuttavia qualcos'altro è cambiato, dato che l'organismo vivente presenta caratteri di complessità dell'organizzazione che nel caso del cadavere in decomposizione vengono meno. Alla sua epoca, Lodge non disponeva ancora degli strumenti conoscitivi e concettuali per elaborare in modo più appropriato la sua intuizione in merito alla complessità organizzativa degli esseri viventi (che egli attribuiva ad un non meglio identificato principio formativo), mentre oggi possiamo utilizzare – come è stato evidenziato nella sezione sulla vita – un sistema preciso di conoscenze per comprendere cosa viene meno nell'organismo che passa dalla vita alla morte: vi è una perdita secca di informazione, nel senso in cui questo termine viene utilizzato nel campo dell'informatica. Potremmo anche considerare l'informazione come una sorta di intelligenza astratta che si applica alla realtà fisica. In questo caso dunque Lodge aveva centrato il bersaglio, mettendo in evidenza l'influenza di entità e di energie non fisiche sulla realtà fisica e mostrando una valida intuizione sugli sviluppi futuri della conoscenza umana. Anche Richet, come si è visto, faceva riferimento a forze ed energie di natura sconosciuta, ma preferiva non esporsi oltre nella ricerca di una correlazione tra fenomeni fisici, eventi psichici ed eventuali intelligenze trascendenti la dimensione fisica.

La tesi sulla sopravvivenza

Le argomentazioni di Lodge sono preparatorie alla sua tesi in favore della sopravvivenza: se abbiamo la prova dell'esistenza di energie e di entità non fisiche in grado di agire sulla realtà fisica – sosteneva lo scienziato – non si può escludere che anche la coscienza individuale possa avere una propria esistenza indipendente rispetto al supporto fisico che le permette di estrinsecarsi in questa dimensione. Lodge sgombrava subito il campo da quella che in ambito cristiano veniva indicata come resurrezione della carne, cioè la riesumazione ed il ritorno alla vita dei cadaveri ormai decomposti o trasformati in sostanze completamente diverse, degli esseri che hanno vissuto su questa terra. Per le leggi della natura, il corpo delle creature viventi muore una volta per tutte e non può più essere riportato in vita. Egli osservava inoltre che il corpo non viene al mondo già completamente formato, ma si plasma, si accresce e si organizza attraverso un processo di trasformazione, mediante l'acquisizione di elementi e sostanze che – benché già presenti nella dimensione fisica – vengono riorganizzati in modo completamente diverso e ben più complesso sotto il profilo dei contenuti di informazione, per effetto di ciò che lui chiamava principio formativo. In effetti, alla dimensione microscopica di un uovo fecondato o di un embrione nelle prime fasi di sviluppo, si contrappone l'enorme quantità di informazione già contenuta al loro interno, che fa in modo che dallo stadio di potenza si passi alla fase di realizzazione, mediante l'assimilazione e la trasformazione di sostanze disponibili nell'ambiente esterno, tramite l'esecuzione di programmi già predisposti presenti nelle cellule stesse.

Il corpo energetico

Lodge faceva poi riferimento al fatto che le entità comunicanti dichiaravano spesso (e cercavano di dimostrare) di avere anch'esse un corpo, pur se di natura diversa dal nostro. E dunque non si può escludere, egli affermava, che un analogo programma informatico di accrescimento e di trasformazione di energie avvenga nell'ambito dell'etere, fino alla formazione di un corpo energetico che vive parallelamente al corpo fisico, ed acquista una sua indipendenza alla morte di quest'ultimo. Di certo Lodge era molto più incline ad accettare le informazioni contenute nelle comunicazioni delle entità spiritiche (fatta eccezione per quelle incontestabilmente assurde o contraddittorie) di quanto non lo fosse Richet. Le sue argomentazioni presentano inoltre alcuni punti deboli: anzitutto il concetto di etere (che come si è visto va oggi sostituito con quello di campo) era pur sempre riferito alla realtà fisica di questo universo, mentre – secondo quanto affermavano in genere le entità comunicanti – la dimensione dello spirito è separata da quella fisica, e può interagire con quest'ultima solo in particolari condizioni e circostanze. Inoltre, così come il corpo fisico degli esseri viventi è soggetto ad un processo di crescita e di organizzazione, ma anche ad uno di disgregazione che implica l'inevitabile distruzione terminale, non ci viene spiegato perché un analogo processo nel piano eterico debba dar luogo ad un corpo indistruttibile ed eterno. Per quanto riguarda l'autonomia del corpo eterico da quello fisico nel corso della vita umana, Lodge se la cavava affermando – come altri studiosi – che di norma il corpo eterico è del tutto inibito dalla presenza del corpo fisico (la cui valenza energetica ci appare estremamente più forte), e tuttavia in casi eccezionali (sensitivi, chiaroveggenti, ecc.) può avere una sua attività autonoma. Alla morte il corpo eterico si libera da quello fisico, e la coscienza individuale si sintonizza su quella nuova dimensione.

Limiti delle nostre conoscenze: il black-out della coscienza

Come abbiamo già osservato, le nostre conoscenze sul funzionamento del cervello e sull'origine della coscienza sono ancor oggi troppo limitate per poter valutare positivamente l'ipotesi di Lodge, che potrebbe avere qualche fondamento se solo si riuscisse a stabilire qual è la forza che vincola il corpo eterico a quello fisico, e per quali cause in alcuni individui ed in certe circostanze questo legame può venir meno anche durante la vita. In particolare bisognerebbe comprendere perché il corpo eterico non mostri una sua autonomia rispetto al corpo fisico, mantenendo viva la coscienza in tutti quei casi in cui vi è un black-out nel funzionamento del cervello (svenimenti, anestesia, coma, stato vegetativo, ecc.). Di norma, infatti, nel corso della vita umana la coscienza sembra associata esclusivamente all'attività del cervello, e non risulta che venga smistata sul corpo eterico in caso di crisi temporanea delle funzioni dell'organo cerebrale. Questo vale anche per i sensitivi e per i veggenti, i quali durante un'anestesia o in stato di coma perdono conoscenza come tutti gli altri, oppure nel caso di quei medium che non hanno alcuna coscienza di ciò che accade durante la trance in cui cadono.

Il carattere anomalo delle NDE

È vero che esperienze come alcune NDE o come gli stati di bilocazione possono accreditare l'ipotesi che la coscienza sia attivata da uno strumento distinto da quello fisico in particolari condizioni critiche dell'attività cerebrale, tuttavia non si può affermare che questi eventi accadano regolarmente, come dimostra il fatto che la maggior parte delle persone sottoposte ad anestesia, svenute o comunque entrate in stato di incoscienza temporanea non ha altro ricordo, al risveglio, se non la percezione di un black-out della coscienza. Avrebbe poco senso immaginare uno stato di completa dissociazione della coscienza analogo a quello per cui molte persone, pur sognando, al risveglio non ricordano i propri sogni: se gli eventi coscientemente sperimentati in associazione al corpo eterico fossero completamente dimenticati al momento del ritorno dello stato di coscienza associato al funzionamento cerebrale, non vi sarebbe più continuità di coscienza e di identità personale. Uno degli aspetti più interessanti delle NDE è che coloro che ne fanno esperienza ne conservano un ricordo indelebile e ne sono fortemente influenzati per il resto della vita.

Alla luce dei progressi scientifici e tecnologici della nostra epoca, e tenendo conto dei dati ottenuti da quei fenomeni paranormali che consideriamo accertati (in particolare i fenomeni di origine medianica), possiamo proporre qualche altra considerazione. Il computer (considerato come hardware e software), che tra gli strumenti realizzati dall'umanità è quello che presenta la maggiore capacità di elaborazione informatica, è stato ideato e realizzato da intelligenze esterne (umane), ed anche gli utilizzatori delle informazioni elaborate sono esseri umani. Poché siamo portati ad escludere che un computer possieda una propria attività cosciente, qualora per ipotesi un'attività del genere emergesse nell'ambito del suo funzionamento, sarebbe una totale sorpresa anche per l'intelligenza umana che lo ha creato. Gli organismi viventi sono degli elaboratori di informazione ben più complessi di un computer, e ad un certo livello di complessità siamo certi, per esperienza diretta, che emerge in loro quella particolare funzione che chiamiamo coscienza. L'io cosciente di alcuni esseri umani si pone tra l'altro, come si è visto nella sezione dedicata alla psiche, la questione su quale sia l'intelligenza che organizza lo sviluppo degli esseri viventi, e su quale sia il proprio destino una volta che si dissolva l'organismo vivente nel quale esso si è sviluppato.

L'esperienza cosciente dell'automa umano

Come descritto in un interessante racconto di Asimov, l'essere umano potrebbe essere considerato simile ad un automa – cioè ad un computer dotato di corpo, di pensiero e di coscienza dall'intelligenza che lo ha progettato e programmato – il quale, almeno apparentemente, vive per se stesso e per la sua sopravvivenza, e non al servizio di qualche operatore esterno, ma in questo modo continua a svolgere il compito per il quale è stato programmato. Tuttavia, proprio per il fatto di vivere, elabora una propria esperienza cosciente che si trasforma, si evolve e viene via via registrata all'interno di un idoneo sistema. Al momento della distruzione del robot potrebbe accadere che il contenuto della registrazione fosse trasferito da un supporto ad un altro da parte di qualche sistema intelligente esterno. In quest'ipotesi la coscienza, al pari dell'informazione, risulterebbe essere un'entità non fisica che ha bisogno di un supporto per manifestarsi, e se è vero che questo supporto deve essere fisico affinché essa possa manifestarsi nella dimensione fisica, potrebbe anche essere di natura diversa in un'altra dimensione.

Quando dico che «potrebbe accadere», dovrei anche aggiungere che non è garantito che accada in ogni caso, dato che lo svolgersi di questo processo di trasferimento della coscienza da una dimensione all'altra dipenderebbe dall'azione di un programma intelligente al di fuori del nostro controllo, così come la nostra esistenza in questa vita ed in questo mondo dipende da un processo che trascende la nostra volontà. Può essere che la transizione della coscienza individuale da questa dimensione fisica, legata all'esistenza del corpo umano, ad una dimensione diversa, sia già implicita e programmata fin dalla nostra venuta al mondo in questa dimensione, e dunque assicurata e garantita per tutti (animali compresi), e tuttavia – in quanto creature e non creatori – non abbiamo nessuna prova definitiva al riguardo, a parte le comunicazioni di un certo numero di entità spiritiche, che danno per scontata la transizione della coscienza ad un'altra dimensione dato che per loro, a quanto pare, tale transizione è avvenuta. La natura e la funzione delle entità comunicanti meritano in alcuni casi di essere studiate ed approfondite, dato che in ultima analisi le informazioni ricevute per loro tramite sono alla base i alcune ipotesi non fideistiche sulla sopravvivenza. Dovremmo comunque ricordarci che ogni creatura umana può rivendicare il diritto di non essere considerata solo come un frammento insignificante, limitato e temporaneo dell'universo fisico.


 

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