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Le indagini del giudice Edmonds - Seconda parte

L'introduzione di Edmonds

Il primo volume di Spiritualism inizia con una lunga introduzione di Edmonds, che va da pag. 7 a pag. 80. L'autore fa subito riferimento ad una dichiarazione da lui recentemente pubblicata, datata 1 agosto 1853, nella quale spiegava le ragioni che l'avevano indotto a scrivere ed a pubblicare questo testo, anche in risposta ad alcuni attacchi da lui subiti da parte di giornalisti che insinuavano che lui avesse chiesto consiglio agli spiriti – in particolare allo spirito di sua moglie – per orientarsi nelle sue decisioni come giudice in merito ad alcune sue sentenze. Tale dichiarazione, intitolata Appeal: to the Public (Appello: al pubblico), è riportata integralmente da pag. 69 a pag. 80 del libro, e da essa cominceremo il nostro esame. D'ora in avanti darò per scontato che chi segue questo blog abbia sotto gli occhi i brani del libro che sto commentando, ai quali farò riferimento indicando la pagina in cui si trovano. Solo nella versione italiana darò in qualche caso una traduzione del testo inglese, a beneficio di coloro che non sono in grado di seguire il testo originale. Chi non ha ancora sottomano il libro, lo può scaricare cliccando qui. In un'epoca in cui veniva ancora data molta importanza all'orientamento religioso dichiarato e manifestato – talora ipocritamente – da coloro che occupavano cariche pubbliche o che si confrontavano nella politica, gli articoli di alcun giornali avevano messo in dubbio la fede religiosa (religious belief) del giudice Edmonds, che – lo ricordiamo – nel 1853 era ancora in carica presso la Corte d'Appello dello Stato di New York, in attesa di riconferma per un secondo mandato (pag. 69). L'occasione per l'attacco era stata data da una sentenza del giudice che, come talvolta accade, non aveva assecondato le aspettative di una parte consistente dell'opinione pubblica (pag. 69: Ero pienamente consapevole che quella sentenza, andando contro il sentimento popolare, mi avrebbe causato severe critiche, ma devo confessare che non mi sarei mai aspettato un attacco alle mie opinioni religiose). Edmonds afferma poi che la sua posizione pubblica gli impone di riconoscere il diritto degli altri a mettere in discussione la sua fede religiosa, ma lo obbliga anche a difendersi dalle accuse e dai sospetti avanzati nei suoi confronti.

Di particolare interesse è quello che il giudice afferma in merito all'amministrazione della giustizia in accordo con la legge umana, ma anche con i principi della legge divina così come ci è stata rivelata (pag. 69: Ho accettato il mio attuale incarico con l'implicita condizione, quanto meno, che io creda nella religione Cristiana, e che amministri la nostra legge civile secondo i principi della legge divina così come ci è stata rivelata, sulla quale sono fondate tutte le nostre istituzioni: mi sento pertanto in dovere di assicurare coloro che mi hanno affidato il divino compito di amministrare la giustizia tra gli uomini, che la mia reverenza per quella rivelazione non è stata scossa, né è stata indebolita la mia obbedienza verso quella legge morale). Come si è detto, in quell'epoca l'impatto della fede religiosa sulla vita sociale era ancora molto forte, ed il giudice Edmonds non poteva essere in grado di fare una distinzione chiara tra i programmi culturali originati dalla psiche allo scopo di instaurare una forma di ordine tra interazioni umane spesso caotiche, e le esperienze di una spiritualità non condizionata dalle esigenze personali e collettive imposte da questa nostra vita organica. Dunque la divinità viene fatta coincidere con la polarità positiva della psiche umana, la quale manifesta la sua volontà nella rivelazione, senza che venga posta la questione in merito all'origine della polarità negativa, che di fatto stabilisce un dualismo insolubile. Continuando nella difesa della propria integrità, Edmonds – dopo aver sintetizzato alcune delle accuse che gli sono state rivolte a mezzo stampa (pag. 70: Un altro scrive che la mia fede è "in contrasto inconciliabile con tutta la rivelazione divina, e non è adatta a nient'altro se non all'adorazione del demonio", ed un altro ancora che "rappresenta l'abbandono di ogni autocontrollo ed una resa della supremazia della ragione, informata e illuminata dai sensi, ai più assurdi giochi di prestigio") – informa i lettori in merito al percorso che lo ha portato a manifestare pubblicamente la sua fede nello spiritualismo, annunciando la prossima pubblicazione del suo libro. Egli è convinto infatti che il vero oggetto degli attacchi non sia la sua persona, a causa di una sentenza da lui pronunciata, ritenuta inaccettabile da una parte della pubblica opinione, ma proprio la fede da lui professata, cioè lo spiritualismo (pag. 70: Sono consapevole che non sono tanto io, quanto la fede che professo, ad essere oggetto dell'attacco). Ritiene dunque che sia necessario chiarire ad un pubblico spesso informato erroneamente o in modo confuso sull'argomento, quali siano i fatti reali da cui questa sua fede ha avuto origine e su cui si fonda.

L'autore ci informa di essersi interessato per la prima volta ai fenomeni medianici (che egli chiama spiritual intercourse, rapporto spirituale) nel gennaio 1851. In quel periodo viveva ritirato, fatta eccezione per gli impegni di lavoro, e si sentiva depresso (pag. 71: A quel tempo vivevo ritirato dalla società; mi sentivo travagliato da una grande depressione dello spirito. Occupavo tutto il mio tempo libero leggendo sull'argomento della morte e dell'esistenza degli esseri umani nell'aldilà. Nel corso della mia vita avevo letto o sentito dire dal pulpito così tante dottrine contraddittorie e conflittuali sull'argomento, che non sapevo proprio a cosa credere. Non potevo, anche volendolo, credere a ciò che non capivo, e cercavo ansiosamente di sapere se, dopo la morte, avremmo incontrato di nuovo coloro che avevamo amato in questa vita, ed in quali circostanze). Nel libro, Edmonds non dice altro in merito ai motivi di questa sua condizione depressa, ma nel 1852 aveva pubblicato alcuni articoli sulla rivista spiritualista The Shekinah (vol. 1, 1852), nel primo dei quali (Personal Experience, pag. 265 della rivista) faceva riferimento alla perdita della persona a lui più vicina e più cara: la moglie Sarah. Alle pagine 313 e successive dello stesso volume possiamo leggere un dettagliato articolo biografico sulla vita e sulla carriera del giudice Edmonds – fino al 1852 – dal quale ho tratto alcune delle informazioni riportate nella pagina del blog del mese scorso. A pag. 327 leggiamo che la moglie di Edmonds era morta agli inizi di novembre 1850, che il giudice le era molto affezionato e che avevano vissuto insieme per oltre trent'anni: «La morte della moglie fu un duro colpo per lui. A quel tempo viveva in una piccola località di campagna, a breve distanza dalla città di New York... In quel periodo dormiva molto poco, spesso accadeva che non andasse nemmeno a letto durante la notte... la sua mente era molto coinvolta nelle questioni riguardanti la natura della morte e la condizione dopo la morte. Leggeva e rifletteva molto su questo argomento. Aveva l'abitudine di buttarsi sul letto, o di sdraiarsi su un divano, e di continuare a leggere». Sebbene quest'articolo non sia firmato, il suo autore è probabilmente lo stesso editor della rivista, Samuel Byron Brittan – un convinto ed attivo spiritualista che conosceva bene il giudice Edmonds – che in seguito pubblicò e diresse per quasi un decennio il settimanale The Spiritual Telegraph, uno dei più importanti periodici spiritualisti americani. L'articolo continua informandoci che nel dicembre 1850, cioè circa un mese dopo la morte della moglie «...dopo che tutti quelli di casa si furono ritirati, verso mezzanotte, mentre stava leggendo sdraiato, (Edmonds) udì distintamente la voce di sua moglie, che gli diceva una frase. Nel modo in cui lui stesso ci ha descritto il fatto, fu come se gli avessero sparato. Si alzò a sedere e si guardò intorno... Si sdraiò di nuovo, persuadendosi che si trattava di un'illusione della sua immaginazione, prodotta dal cordoglio e dall'insonnia. Ma, ragionandoci sopra, l'impressione nella sua mente che fosse stata una realtà continuava a crescere di giorno in giorno. Egli, tuttavia, resisteva con fermezza a quell'impressione, e per molti giorni studiò e analizzò il funzionamento della propria mente, per accertare, se poteva, perché mai quest'impressione di realtà continuasse con tanto vigore, contro le conclusioni spesso ribadite dalla sua ragione che si trattava di una mera illusione».

Da questa vivida descrizione riportiamo l'impressione che il conflitto nel quale Edmonds si dibatteva non fosse quello di poter stabilire la realtà di un evento soggettivo che – al pari di un sogno o di un'allucinazione – era stato percepito come reale dall'io che lo aveva sperimentato, senza che questa realtà soggettiva potesse mai trovare convalide oggettive: il dubbio di Edmonds riguardava piuttosto la possibilità che questo evento soggettivamente reale fosse stato costruito dalla sua mente, anziché essere determinato dalla realtà oggettiva di un intervento dello spirito di sua moglie, che continuava dunque ad esistere dopo la morte dell'organismo di lei. Se il giudice avesse avuto una conoscenza più profonda del funzionamento della psiche umana, avrebbe compreso che il suo io cosciente era coinvolto in un tipico conflitto di confine, per così dire, in quanto la psiche non è in grado di stabilire con certezza la realtà di ciò che accade al di fuori del dominio di sua competenza. Come vedremo, questo è il principale problema con cui deve confrontarsi chiunque voglia investigare l'affidabilità e la congruenza delle comunicazioni medianiche, sempre contaminate più o meno pesantemente da elementi di disturbo dovuti alle sintonie della psiche. Un aspetto interessante delle comunicazioni riportate nel libro di Edmonds è che questo problema viene apertamente riconosciuto e dibattuto da parte delle entità comunicanti, le quali affermano di non essere in grado di sapere ciò che effettivamente viene ricevuto da noi umani per via medianica. Avremo modo di approfondire quest'argomento quando esamineremo le comunicazioni contenute nel libro di Edmonds e Dexter. Comunque, nel gennaio 1851 Edmonds partecipò per la prima volta ad una seduta, sollecitato da una sua amica che gli riferì che da diversi giorni percepiva intorno a sé la presenza dello spirito della moglie del giudice. Alla seduta, che si tenne nella casa di questa amica, erano presenti, oltre all'amica ed alla figlia di lei, il giudice ed una medium a raps, di cui non non ci viene data l'identità. Il funzionamento, alquanto primitivo, dei medium a raps consisteva nel recitare le lettere dell'alfabeto una dopo l'altra attendendo che un colpo o una scarica di colpi indicassero la lettera giusta: in questo modo piuttosto lento venivano costruite le parole e le frasi che rispondevano alle domande poste dai partecipanti, a volte anche solo mentalmente. Per accelerare il processo, quando i partecipanti intuivano la parola o la frase in costruzione, ne chiedevano a voce la conferma, che in genere veniva data con tre colpi (=sì) o negata con due colpi (=no).

I risultati di questa breve seduta furono sufficienti a suscitare in Edmonds un forte interesse nell'investigare ulteriormente le comunicazioni medianiche: «La seduta fu di breve durata, ma accaddero diverse cose che catturarono immediatamente la sua attenzione. In base alle sue indagini, poté accertare che i suoni che sentiva non erano, né potevano essere, prodotti dalle persone presenti. Vide che quei suoni manifestavano una loro intelligenza. Alle sue domande veniva risposto in modo sensato, e venivano enunciate intere frasi che esprimevano i sentimenti caratteristici dello spirito che professava di parlare. Gli veniva letto nel pensiero e ad esso ci si rivolgeva, dando risposta a domande formulate solo mentalmente, quando le persone presenti non potevano neanche sapere che lui aveva rivolto una domanda, né tanto meno quale fosse il contenuto della domanda stessa. (Edmonds) scrisse un memorandum di quanto accaduto nella seduta, e gli fu detto di correggere un errore che aveva commesso nella sua stesura, errore di cui i presenti non erano al corrente, ma che invece sembrava noto all'intelligenza che produceva i raps» (The Shekinah, pag. 328). Nel suo libro, Edmonds racconta quanto segue in merito al suo coinvolgimento nei fenomeni medianici: «Per circa quattro mesi ho dedicato almeno due sere alla settimana, ed a volte anche di più, all'investigazione dei fenomeni in tutte le loro fasi. Ho preso accuratamente nota di tutto ciò a cui ho assistito, e di quando in quando confrontavo tra loro le mie annotazioni per rilevare incongruenze e contraddizioni. Ho letto tutto quello su cui sono riuscito a mettere le mani sull'argomento, specialmente tutte le supposte esposizioni in merito alla "scoperta del trucco o dell'imbroglio". Sono andato da un luogo all'altro, frequentando diversi medium, incontrando diversi circoli di persone – che spesso non avevo mai visto prima – ed a volte dove ero io stesso del tutto sconosciuto; talvolta nell'oscurità e talvolta nella luce, spesso con scettici inveterati, e più frequentemente con credenti zelanti. Insomma, mi sono avvalso di ogni occasione che mi è stata offerta, per indagare a fondo la questione. Per tutto questo tempo ho mantenuto una posizione scettica, mettendo a dura prova la pazienza dei credenti con il mio scetticismo, la mia capziosità e il mio ostinato rifiuto a concedere la mia fiducia. Ho visto accanto a me alcuni che si convertivano prontamente (allo spiritualismo) dopo solo una o due sedute; altri ancora che, nelle stesse circostanze, dichiaravano la loro decisa incredulità; ed alcuni che si rifiutavano del tutto di assistere ai fenomeni, dichiarandosi allo stesso tempo fermamente convinti della loro incongruenza. Io non potevo far parte di nessuna di queste categorie, e mi rifiutavo di cedere, se non dopo aver ottenuto una prova irrefutabile. Alla fine questa prova mi fu data, e con una forza tale che nessun uomo sano di mente avrebbe potuto negare la propria fede» (pag. 71 e 72).

Edmonds non ci ha dato altre informazioni in merito alla natura ed hai requisiti di questa prova irrefutabile, tramite la quale egli si convinse della sopravvivenza dell'io alla morte del corpo e della validità dell'attribuzione delle comunicazioni medianiche all'io spirituale di persone già vissute nel nostro mondo. Egli continua dicendo che il primo obiettivo della sua indagine fu quello di accertare se i fenomeni a cui assisteva erano prodotti, in un modo o nell'altro, da persone viventi, oppure da qualche agente invisibile ed a noi sconosciuto. Ci informa inoltre che tutti i dettagli dei fenomeni a cui ha assistito in prima persona in quei quattro mesi riempiono oltre 130 pagine di fitte annotazioni. La maggior parte dei fenomeni avvenne in presenza di altre persone, di cui il giudice dichiara di essere in grado di poter citare i nomi all'occorrenza: i fenomeni stessi possono dunque essere considerati oggettivamente reali, perché «se sono stato vittima di un'illusione e non ho visto e sentito ciò che ritengo di aver visto e sentito, la mia illusione è stata condivisa da molte persone altrettanto accorte, intelligenti, oneste e perspicaci, come se ne possono trovare ovunque tra noi» (pag. 72). L'autore espone poi le ragioni per le quali, nel caso di comunicazioni ottenute mediante raps (colpi battuti), le osservazioni ed i test effettuati lo convinsero che i raps da lui uditi non potevano essere prodotti da alcuna persona, presente o nascosta: «Continuammo le nostre indagini per molti giorni ed accertammo, con nostra soddisfazione, due cose: primo, che i suoni non erano stati prodotti dall'azione di nessuna persona presente o vicina a noi; e, secondo, che non potevano essere ottenuti a nostra volontà e piacere» (pag. 73). In seguito, Edmonds elenca un buon numero di fenomeni fisici da lui personalmente osservati, in presenza di altre persone che potevano confermare l'oggettiva realtà di quanto da lui visto e sperimentato. Per esempio: «...ho constatato che un tavolo di pino, a quattro gambe, veniva sollevato di peso dal pavimento, in mezzo ad un circolo di sei o otto persone, capovolto e adagiato ai nostri piedi sulla sua parte superiore, quindi sollevato al di sopra delle nostri teste, e adagiato contro lo schienale del divano su cui ero seduto. Ho osservato quello stesso tavolo inclinato su due gambe, con il ripiano che formava un angolo di 45° con il pavimento, restare così sollevato senza ricadere da solo, e senza che nessuno dei presenti fosse capace di rimetterlo sulle sue quattro gambe. Ho visto un tavolo di mogano, con una sola gamba centrale, e con una lampada accesa sopra di esso, sollevarsi dal pavimento di almeno 30 cm, nonostante gli sforzi dei presenti (per tenerlo fermo), e scuotersi avanti e indietro, come si scuoterebbe un bicchiere tenuto in mano, mentre la lampada restava ferma al suo posto, anche se i suoi pendagli di vetro tintinnavano... Ho spesso osservato persone menate qua e là da una forza alla quale era loro impossibile resistere, in un'occasione anche quando aggiunsi invano tutta la mia forza a quella di colui che veniva spinto. Ho osservato una sedia di mogano, gettata di lato, spostarsi rapidamente avanti e indietro sul pavimento, senza che nessuno la toccasse, attraverso una stanza dove si trovavavno almeno dodici persone sedute: eppure nessuno venne sfiorato, e la sedia si fermò più volte a pochi centimetri di me, nonostante arrivasse con una violenza che, se non si fosse arrestata, avrebbe potuto spezzarmi le gambe» (pag. 73 e 74).

Mentre osservava direttamente questi fatti, Edmonds poteva leggere sui giornali le varie ipotesi esplicative banalmente normali, avanzate da personaggi anche di una certa rilevanza sul piano culturale, i quali – con tutta evidenza e per loro stessa ammissione – pur non avendo mai investigato seriamente i fenomeni medianici, ritenevano di poter chiarire ogni mistero. Ovviamente, il giudice era perplesso, ed in parte anche divertito, di fronte a tanta ingenua presunzione: «Mentre accadevano queste cose, sui giornali apparvero varie spiegazioni e "denunce dell'imbroglio", come venivano definite. Le lessi con attenzione, nella speranza che mi fossero di aiuto nelle mie ricerche, e non potei non sorridere per l'avventatezza e la futilità delle spiegazioni presentate. Per esempio, mentre alcuni dotti professori di Buffalo si congratulavano con se stessi per aver scoperto che i raps erano prodotti dalle articolazioni delle dita dei piedi e delle ginocchia, le manifestazioni (medianiche) in quella città cambiarono, facendo suonare un campanello posto sotto un tavolo. Erano come la soluzione offerta di recente in Inghilterra da un altro eminente professore, che attribuisce i rovesciamenti dei tavoli ad una forza esercitata dalle mani appoggiate sui tavoli stessi, trascurando il fatto materiale che i tavoli si muovono altrettanto frequentemente quando non c'è nessuna mano posata su di essi» (pag. 74). In questo caso Edmonds ha buon gioco nel contrapporre la cruda realtà di fatti enigmatici, da lui constatata e verificata in prima persona, all'esigenza determinata dalla psiche umana di ristabilire l'ordine disturbato da tali eventi, mediante teorie esplicative ingenue, stupide ed avventate che, senza tener conto della complessità dei fenomeni così come si verificano, pretendono a priori di ridurre ogni cosa a trucchi ed inganni da parte dei medium, ed a stupidità e creduloneria da parte di coloro che invece li indagano seriamente sul campo.

Una volta accertata la genuinità dei fenomeni medianici, la successiva questione che Edmonds si pose fu: «Da dove viene l'intelligenza che determina tutto questo? Poiché quell'intelligenza era la caratteristica più notevole del fenomeno» (pag. 75). Egli era rimasto molto colpito dal fatto che le entità comunicanti davano risposte sensate e quasi sempre corrette a domande formulate solo mentalmente, ed in qualche caso quando nemmeno lui conosceva ancora la risposta alla domanda che poneva: «Prima di partecipare ad una seduta, mi sedevo da solo nella mia stanza e preparavo con cura una serie di domande da proporre, e restavo poi sorpreso dal fatto che venisse data una risposta alle mie domande, nell'ordine preciso in cui le avevo scritte, senza che nemmeno avessi tirato fuori dalla tasca il mio memorandum, e quando ero certo che nessuno dei presenti sapeva né che avevo preparato delle domande, né – tanto meno – quali fossero. I miei pensieri più segreti, quelli che non avevo mai manifestato a nessun uomo o donna mortale, venivano liberamente rivelati come se io ne avessi parlato a voce. Gli obiettivi che coltivavo in segreto venivano rivelati pubblicamente; e più di una volta fui avvertito che ogni mio pensiero era noto all'intelligenza che si stava manifestando, e poteva essere da essa rivelato» (pag. 75). In merito alla possibilità che le cose rivelate dalle entità comunicanti non fossero altro che il riflesso di ciò che era già coscientemente presente nella mente dell'interlocutore umano che poneva le domande, Edmonds era del parere che questo fosse da escludere in base a quei casi in cui i fatti che venivano comunicati erano ancora sconosciuti a tutti i partecipanti alla seduta, e potevano essere accertati solo successivamente: «La risposta è che sono stati comunicati alcuni fatti allora sconosciuti, ma in seguito accertati, come per esempio il seguente: mentre io, lo scorso inverno, non partecipavo alle sedute perché mi trovavo nell'America Centrale, i mei amici (del circolo medianico) furono informati sette volte sulle località in cui mi trovavo e sul mio stato di salute; e, al mio ritorno, mettendo a confronto le informazioni da loro ricevute con le annotazioni del mio diario, ne fu riscontrata la precisa corrispondenza» (pag. 75). Per quanto riguarda l'esistenza di una controparte intelligente, Edmonds – come si è visto – aveva constatato che i fenomeni non potevano essere ottenuti a volontà e piacere, né dal medium, né dai partecipanti alle sedute: mi sembra che questo fatto confermi la partecipazione attiva di agenti intelligenti appartenenti ad una dimensione diversa dalla nostra. Anticipando quanto vedremo meglio in seguito, quando esamineremo alcune delle comunicazioni ottenute tramite Dexter, le entità dichiararono che i fenomeni medianici erano il risultato di un programma tramite il quale un gruppo organizzato di entità spirituali si adoperava – con notevole impegno e non senza sforzo – per stabilire un canale di comunicazione con noi umani. Sembrava tuttavia che altri gruppi di entità non fossero d'accordo sull'utilità di questa interfenza tra due dimensioni così diverse: questa potrebbe essere la ragione per cui lo spiritualismo è rimasto un fenomeno limitato nel tempo e, dopo una rapida espansione nei primi decenni, è andato progressivamente in declino senza raggiungere quegli obiettivi di diffusione universale (almeno per quanto riguarda il genere umano) che diverse entità spiritiche avevano predetto come certi.

Una volta convintosi che le comunicazioni ed i fenomeni medianici implicavano la partecipazione attiva di operatori intelligenti appartenenti ad un'altra dimensione, Edmonds si chiese quale fosse lo scopo di tutta questa complessa operazione: «...a vantaggio di chi? A cosa mira tutto questo? Per quale scopo? Con quale obiettivo?» (pag. 76). Il giudice riferisce di aver dedicato, per oltre due anni, tutte le energie di cui poteva disporre, per dare una risposta soddisfacente a queste domande: «...sono andato da un circolo (medianico) all'altro, da medium all'altro, cercando la conoscenza su quest'argomento ovunque potessi trovarla, tanto dai libri quanto dall'osservazione diretta, concentrando su di esso tutta l'intelligenza di cui sono stato dotato dalla natura, affinata e perfezionata da oltre trent'anni di pratica come avvocato, come senatore e come giudice» (pag. 76). Dopo aver osservato che le comunicazioni medianiche venivano trasmesse e ricevute in vari modi, oltre che mediante i raps o i colpi battuti dal tavolino, Edmonds presenta anche una valutazione piuttosto obiettiva dei contenuti di tali comunicazioni, che depone a favore delle sue facoltà di giudizio, non contaminate da un fideismo assoluto o irrazionale: «...con queste altre modalità venivano ricevute molte comunicazioni che si distinguevano per la loro eloquenza, il loro alto livello intellettivo, e il loro tono abituale, puro ed elevato; allo stesso tempo riscontravo molte incongruenze e contraddizioni, che sembravano concepite per trarre in inganno. Ho sentito diverse affermazioni puerili e alcune del tutto assurde, e molte mirabilmente calibrate per rendere l'uomo migliore e più felice; mi misi dunque al lavoro per vedere se non potevo trarre, da questo caos, qualcosa che potesse avere un certo valore. Ero convinto che l'obiettivo (delle comunicazioni) fosse qualcosa di più della gratificazione di una curiosità oziosa; qualcosa che andava oltre l'assecondare un appetito (umano) bramoso di meraviglie; qualcosa di più della promulgazione di luoghi comuni oracolari; qualcosa di più dello sconvolgente oggetto materiale che suscita l'ammirazione degli amanti delle meraviglie; qualcosa di più che rivelare l'età dei vivi, dei morti, ecc.» (pag. 77). Le motivazioni addotte dal giudice Edmonds sono senza dubbio nobili e condivisibili sotto il profilo dell'incremento delle nostre conoscenze, se non vogliamo semplicemente accontentarci e farci fuorviare dal nostro stupore per ciò che ci appare meraviglioso, misterioso ed incomprensibile, cedendo alla tentazione di credere acriticamente a qualsiasi rivelazione ci pervenga tramite questi operatori alieni, in virtù delle azioni magiche che essi sono in grado di produrre attraverso i medium.

Edmonds ritiene che queste sue fatiche abbiano conseguito qualche risultato significativo, e che il suo libro Spiritualism – di cui ci stiamo occupando – risponda all'esigenza di rendere pubblici e di divulgare tali risultati, in modo che ogni lettore possa valutarli mediante la propria intelligenza: «Ho inteso offrire al mondo quello che ho scoperto a questo riguardo, affinché ognuno possa giudicare per conto proprio se c'è qualcosa (nel libro) che sia degno dell'attenzione di persone intelligenti» (pag. 77). Mi sembra che la posizione del giudice Edmonds sia positiva, aperta, e senz'altro condivisibile: dunque – come lui stesso auspicava – valuteremo quanto riportato nel suo libro con spirito libero, alla luce della nostra intelligenza. Il resto dell'Appello al pubblico consiste in una strenua difesa da parte di Edmonds della coerenza di quello che lui ritiene vada considerato un rinnovamento positivo della fede – piuttosto che una nuova fede – con quelle che all'epoca venivano considerate dalla maggior parte dell'opinione pubblica le verità rivelate della religione cristiana. Edmonds riteneva che la diffusione della fede nello spiritualismo fosse un fenomeno inarrestabile: «Sono passati poco più di quattro anni da quando i "colpi di Rochester" sono stati conosciuti per la prima volta tra noi. Allora i medium potevano essere contati solo in unità, ma ora sono migliaia; allora i credenti potevano essere contati per centinaia, ora sono decine di migliaia. Coloro che sono meglio informati ritengono che il loro numero complessivo negli Stati Uniti debba essere di diverse centinaia di migliaia, e che nella nostra città e nelle sue vicinanze debbano essere da venticinquemila a trentamila. Ci sono dieci o dodici riviste e periodici dedicati alla causa, e la Biblioteca Spirituale comprende più di cento diverse pubblicazioni, alcune delle quali hanno già raggiunto una tiratura di oltre diecimila copie. Nei ranghi dei seguaci dello Spiritualismo, oltre ad una indistinta moltitudine, ci sono molti uomini di prestigio e di talento: dottori, avvocati e ecclesiastici in gran numero, un vescovo protestante, il dotto e reverendo presidente di un collegio, giudici delle nostre corti superiori, membri del Congresso, ambasciatori stranieri ed ex membri del Senato degli Stati Uniti» (pag. 78). Qui si ha l'impressione che Edmonds abbandoni la consueta cautela che lo contraddistingue, per riportare fatti – senza dubbio veri – con l'entusiasmo del neofita.

In quella parte della sua Introduzione che precede l'Appello al pubblico, Edmonds dapprima fa un'analisi piuttosto accurata degli orientamenti religiosi della popolazione degli Stati Uniti – che in base al censimento del 1850 era stimata in poco più di 23 milioni di cittadini – pervenendo alla conclusione che «la stragrande maggioranza della popolazione del nostro paese, il quale proclama di essere una nazione cristiana, non è, quanto meno, credente e praticante della religione più diffusa, e forse nemmeno in alcuna religione...» (pag. 9). Inoltre, le varie sètte cristiane proliferavano, non di rado in concorrenza tra loro: «Il mondo dei cristiani professanti è diviso in numerose sètte, e la maggior parte delle sètte sono ancora divise al loro interno in fazioni – provocando così discordia tra coloro per i quali la lezione fondamentale era "Amatevi gli uni gli altri"...» (pag. 9). In seguito Edmonds informa più dettagliatamente i lettori sulle sue indagini nel campo dei fenomeni medianici, sui fatti constatati, sui risultati ottenuti, e sulle ragioni che l'hanno indotto a pubblicare il suo libro. Vorrei ora evidenziare quei punti di questa lunga Introduzione che mi sembrano particolarmente interessanti. Anzitutto il giudice Edmonds ci dice che fino al momento in cui cominciò ad investigare i fenomeni medianici l'obiettivo primario della sua vita attiva era stato quello di farsi un buon nome nella società in cui viveva: «...ciò che per tutta la mia vita, lunga ormai mezzo secolo, mi ero sforzato di ottenere, vale a dire la buona opinione dei miei simili. Non avevo mirato alla ricchezza, ma la mia buona reputazione era, per così dire, il mio stesso respiro...» (pag. 11). Edmonds era dunque ben consapevole che con la pubblicazione del suo libro avrebbe messo a repentaglio quello a cui fino a quel momento teneva di più, cioè la sua reputazione: gli attacchi da lui subiti, soprattutto da parte di alcuni giornali, confermarono questa sua preoccupazione. Un altro punto di grande interesse è la valutazione da lui fatta – anche alla luce della sua competenza e della sua esperienza come giudice – del carattere induttivo e soggettivo di molte esperienze, che dunque non possono essere comprovate: «Quindi, anche molte delle prove sono da valutare, in quanto non tangibili. Quello che intendo dire è che si tratta di prove indirizzate solo alla mente, e non ai sensi... (Nel comprovare ciò che ci dicono gli spiriti) non possiamo avere la stessa evidenza di quelle cose, come una casa o un albero, che possiamo vedere e toccare direttamente, e pertanto – con l'aiuto dei nostri sensi – accertare che sono reali. Possiamo solo ragionarci sopra... Per questo è così importante che ciascuno indaghi per conto proprio e non dipenda da ciò che gli dicono gli altri. Riporre la propria fede in ciò che affermano gli altri è stata in ogni tempo la maledizione dell'umanità» (pag. 12). Edmonds sottolinea anche come solo lui fosse in grado di valutare la correttezza delle risposte date dalle entità comunicanti alle domande da lui formulate mentalmente, e che di conseguenza solo lui era in grado di conoscere: ciò che per lui risultava convincente e probatorio potrebbe non esserlo per un altro, costretto a fare affidamento solo su quello che l'autore racconta di avere sperimentato soggettivamente. L'equilibrio ed il buon senso di queste considerazioni elaborate dal giudice Edmonds depongono a favore della sua lucidità mentale e del buon funzionamento delle sue facoltà mentali.

In una lunga nota a pié di pagina (pag. 13 e seguenti) Edmonds cita un brano tratto dagli Essays on the Intellectual Powers of Man (Saggi sulle facoltà intellettuali dell'uomo) del filosofo scozzese Thomas Reid (1710-1796), per rispondere a quegli scettici ad oltranza che già allora mettevano in dubbio – sostenendo che in determinate circostanze non ci si può fidare nemmeno dei propri sensi – le testimonianze di tutti coloro i quali affermavano di aver constatato e verificato personalmente i fenomeni fisici medianici. Reid era un sostenitore del buon senso pratico (common sense), sul quale si fondano quasi tutte le esperienze e le attività umane, in contrasto con lo scetticismo portato alle estreme conseguenze da alcuni filosofi le cui elaborazioni mentali si fondavano esclusivamente sulle idee, trascurando gli aspetti pratici e concreti della vita umana, che si basano sulla realtà attribuita alle nostre esperienze sensoriali. Anche in questo caso possiamo riscontrare l'importanza della forma mentis giuridica di Edmonds, abituato a vagliare ed a valutare le testimonianze processuali al fine di pervenire ad una ragionevole ricostruzione della realtà dei fatti accaduti. In relazione alle domande poste mentalmente, è poi importante quanto Edmonds afferma a pag. 16: «Ho posto mentalmente alcune domande ed ho ottenuto delle risposte, la cui verità non potevo riconoscere al momento, ma che in seguito ho potuto accertare». Seguono i resoconti di varie esperienze medianiche, che – nonostante il loro carattere fuori dell'ordinario – ancora non riuscivano a persuadere del tutto Edmonds sul fatto che gli agenti fossero veramente spiriti appartenenti ad un'altra dimensione, che interagivano con la nostra dimensione fisica. Quando le entità gli chiesero cosa avrebbe potuto soddisfarlo pienamente, Edmonds rispose: «La prova che questo non è il prodotto di alcun agente mortale, le prove dell'identità di coloro che affermano di essere in relazione con me, e la prova che questo avviene per uno scopo buono e non malvagio» (pag. 25). Gli fu detto che avrebbe ottenuto tali prove, ed infatti l'autore così continua: «Il 21 maggio 1851 la prova mi venne fornita, ed in forma tale da non lasciare più alcun dubbio nella mia mente su due dei punti delle mie indagini. Non mi è possibile dare un'idea adeguata di ciò di cui allora fui testimone. Ma, come ho detto prima, poiché non punto a convincere gli altri, ma mi limito a riferire come io sono stato convinto, mi rammarico meno per questa mia incapacità. In ogni caso, farò del mio meglio per descrivere l'accaduto» (pag. 25). Riconosciamo di nuovo la precisione e la prudenza di Edmonds nel distinguere tra il suo processo mentale, che lo convinse in merito a due degli obiettivi della sua indagine, e la validità oggettiva di quanto da lui osservato e sperimentato, che non può essere confermata dal semplice resoconto degli eventi. Con questa premessa, è senz'altro importante leggere attentamente la descrizione di tali eventi, riportata alle pagine 25, 26 e 27.

A pag. 28 l'autore riferisce che, a conferma dell'oggettività delle proprie osservazioni investigative, si era servito della collaborazione di altre persone, tra cui «un ufficiale di ruolo nell'esercito, laureato a West Point, che per qualche tempo era stato professore assistente in quella sede. Era una persona di grandi capacità e di integrità caratteriale, che pertanto mi offriva... la prova più soddisfacente della correttezza e dell'affidabilità delle nostre ricerche».  Una volta convintosi della realtà e della genuinità degli eventi a cui aveva assistito – sulla base dell'affidabilità di quanto i suoi sensi gli facevano percepire, ed alla luce delle conferme e delle convalide ricevute dagli altri testimoni dei fenomeni medianici – Edmonds racconta poi come fosse sempre più interessato ed affascinato dall'intelligenza dimostrata dalle entità invisibili che conversavano con lui. A pag. 29 e seguenti il giudice espone le ragioni che, dopo molte esperienze, lo indussero a convincersi della natura extraterrestre dell'intelligenza di tali entità comunicanti: «...sono ormai anni che la vado osservando, e non c'è nessun'altra soluzione possibile che io riesca ad immaginare, che possa portare ad un'interpretazione diversa da quella che (tale intelligenza) sia al di fuori ed al di là della mera esistenza mondana: in altre parole, che è super-terrestre». Fermiamoci un attimo a considerare se le ipotesi alternative avanzate per spiegare i fenomeni medianici a cui si riferisce il giudice Edmonds siano veramente tali, oppure se non siano semplicemente espedienti elaborati dalla psiche umana per evitare di riconoscere l'esistenza di intelligenze appartenenti ad un'altra dimensione, le quali occasionalmente interferiscono con la nostra. Come abbiamo già visto, l'unica altra ipotesi che possa ragionevolmente essere presa in considerazione è quella della super-psi, intesa come un insieme di straordinari poteri attribuiti alla mente umana, che ordinariamente non si manifestano, ma che in presenza di certe persone ed in particolari circostanze possono produrre in modo inconscio fenomeni quali, tra l'altro: 1) la lettura di ciò che è presente nella mente di una persona, di cui quella persona è cosciente, e la resa oggettiva di tale lettura mediante un documento scritto o una comunicazione verbale, o tramite raps; 2) la lettura dei ricordi di una persona, di cui quella persona non è al momento cosciente, e la resa oggettiva di tale lettura con gli stessi strumenti di cui al punto precedente; 3) la trasmissione, anche a notevoli distanze, di informazioni relative a persone e ad eventi in un certo luogo, e la resa oggettiva di tali informazioni, senza che le persone a cui tali informazioni si riferiscono siano coscienti del fenomeno; 4) la trasmissione più o meno cosciente, tra due o più persone, di pensieri e di altre elaborazioni mentali a distanza; 5) i movimenti di oggetti più o meno pesanti (o di persone) mediante sistemi di leve e forze non visibili applicate a tali oggetti; 6) fenomeni oggettivi acustici, come la voce diretta o l'esecuzione di brani musicali tramite uno strumento o la voce umana, a volte con notevole virtuosismo; 7) fenomeni oggettivi ottici, come apparizioni di globi o di altre forme luminose vaganti nell'ambiente; 8) fenomeni oggettivi ottici e tattili, come le materializzazioni più o meno complete di forme somiglianti a quelle di esseri umani.

Affinché l'ipotesi della super-psi non si riduca ad una semplice enunciazione tautologica (del tipo: i fenomeni si verificano, dunque esiste la super-psi), essa dovrebbe essere in grado di ricondurre tutti i fenomeni precedentemente elencati, ed altri ancora, all'attività organica di alcuni cervelli umani: infatti, fintanto che la super-psi resta inquadrata nell'ambito di generiche attività mentali intese come campi energetici, la cui esistenza non è prodotta dall'attività cerebrale mediante la quale i loro effetti vengono sperimentati dall'io cosciente, l'intervento di entità aliene dotate di una propria intelligenza non può essere escluso, almeno non più di quanto si possa escludere l'esistenza di esseri coscienti non umani, viventi in un altro mondo del nostro universo fisico. Lo scopo dell'operazione di ricondurre tutti i fenomeni medianici all'esistenza di una super-psi la cui attivazione dovrebbe dipendere esclusivamente dall'attività organica di circuiti del cervello di alcune persone, sembra essere quello di escludere la possibilità di qualsiasi forma di esistenza di un io cosciente, fatta eccezione per quella organica: in definitiva, si tratta di negare la sopravvivenza dell'io cosciente alla morte del proprio organismo. Ma, almeno fino ad oggi, tutti i tentativi di spiegazione delle modalità tramite le quali l'attività cerebrale potrebbe influenzare i campi energetici di questa ipotetica super-psi non hanno trovato alcuna convalida sperimentale: per ora questa teoria rientra tra quelle elaborazioni mentali originate dalla psiche umana che non si traducono in conoscenza affidabile, in quanto non comportano alcun incremento delle capacità di produzione volontaria e di controllo dei fenomeni da parte dell'io cosciente. Sebbene siano stati realizzati con successo alcuni esperimenti di telepatia cosciente ed intenzionale, e sebbene sia vero che alcune persone sono in grado di esercitare a volontà una suggestione ipnotica su altre persone, le attuali conoscenze sul funzionamento del cervello non ci consentono di capire con sufficiente precisione come si producono questi fenomeni a distanza e di prossimità. Inoltre, per la maggior parte dei fenomeni medianici l'ipotesi della super-psi fa riferimento alle cosiddette attività della mente inconscia, senza approfondire le differenze tra una generica ed astratta attività mentale della quale l'io di una persona coinvolta in una determinata esperienza non è cosciente, e le attività inconsce del cervello di quella persona. In particolare, non si riesce a comprendere in che modo la sola attività cerebrale – cosciente o inconscia – di una persona, possa trasmettere ed esercitare a distanza le forze necessarie per sollevare e muovere oggetti anche massicci.

Se possiamo dunque concordare col giudice Edmonds in merito ragionevolezza delle sue deduzioni, che attribuiscono il verificarsi dei fenomeni medianici, sia fisici che mentali, all'intervento di entità aliene intelligenti, questo non implica di necessità che tali entità abbiano vissuto in ogni caso nel nostro mondo, in forma umana, per assumere poi la forma spirituale dopo la morte. Per quanto ne possiamo sapere, potrebbero anche aver vissuto in un altro mondo, o potrebbero esistere nella sola forma inorganica. Tuttavia in alcuni casi le entità comunicanti hanno mostrato di poter disporre di un repertorio di consistenti tracce mnestiche relative alla vita di persone defunte: non solo ricordi più o meno precisi di persone, di luoghi e di eventi, ma anche conoscenze relative a fatti della loro vita di cui nessun'altra persona era al corrente, la cui correttezza poteva essere riscontrata solo in seguito alle informazioni ottenute per via medianica. Questo rende plausibile la sopravvivenza almeno di certi aspetti della personalità umana. Va inoltre ricordato che non di rado le entità comunicanti sono riuscite a riprodurre – nel tono della voce, nelle espressioni usate o, se materializzate, nelle forme e nel portamento – tratti caratteristici della personalità di un defunto, ben riconoscibili da parte delle persone viventi che erano state in relazione intima di parentela o di amicizia con quella personalità, quando era ancora viva. Si potrebbe obiettare che in questi casi le entità aliene riescono a trarre dai ricordi dei partecipanti alle sedute le informazioni relative ai tratti caratteristici della personalità dei defunti, che poi vengono riprodotti oggettivamente in modo via via più efficace, fino a diventare convincenti per i parenti e gli amici che hanno conservato quei ricordi. Entriamo così in un territorio insidioso ed incerto, nel quale, almeno per ora, il buon senso ci suggerisce di non addentrarci ulteriormente: infatti, nel considerare possibile l'oggettivazione reale di dinamiche della psiche umana che di norma si manifestano solo a livello mentale, dovremmo anche riconoscere l'esistenza di agenti, umani o inorganici, che dimostrano di avere il potere di produrre tali fenomeni oggettivi, pur se in particolari circostanze ed entro certi limiti. Quando si fa ricorso ad espressioni come «mente inconscia», «io subliminale», «poteri inconsci della mente», e simili, è opportuno ricordare che tali etichette, anziché avere un reale valore esplicativo e conoscitivo, sono più spesso espedienti suggeriti dalla nostra psiche per attenuare in qualche misura il disagio causato all'io cosciente dal riconoscimento della propria ignoranza in merito alle vere cause di certi fenomeni che esso sperimenta.

Ma torniamo al libro del giudice Edmonds. Dopo aver citato vari casi in cui le intelligenze comunicanti davano prova di essere al corrente sia di eventi remoti – di cui i partecipanti alle sedute non potevano sapere nulla in quel momento – sia di ciò che i medesimi dicevano o solamente pensavano (pag. 30 e seguenti), l'autore evidenzia ancora una volta la realtà oggettiva della maggior parte dei fenomeni osservati e riferiti: «...Non ho riportato una sola cosa il cui uguale o analogo accadimento non sia stato testimoniato da centinaia o migliaia di persone intelligenti e degne di fede... Mi riferisco a fatti noti a migliaia (di persone), che in questi ultimi cinque anni si sono verificati in presenza di un gran numero di persone in ogni parte del paese, e che stanno ancora accadendo in mezzo a noi, e possono essere osservati da chiunque, purché voglia prendersi la briga di vedere e di ascoltare» (pag. 36). Edmonds elenca poi i diversi tipi di medianità che in quei cinque anni si erano manifestati come evoluzione delle rudimentali comunicazioni inizialmente ottenute tramite i raps, dapprima come semplici risposte affermative o negative alle domande poste, e poi col metodo alfabetico. Alla fine, su suggerimento delle entità comunicanti, egli perviene alla conclusione che i fenomeni medianici non hanno un carattere soprannaturale o miracolistico, ma sono in accordo con le leggi della natura: «La risposta che ottenni fu: sono il risultato del progresso umano; si verificano in esecuzione, non in sospensione, delle leggi della natura, e non si manifestano ora per la prima volta, ma in tutte le epoche del mondo si sono verificati di quando in quando» (pag. 39). «Mi fu detto, tuttavia, che la mia conoscenza della natura era ancora troppo imperfetta per consentirmi di capire. Chiesi cosa avrei potuto leggere per approfondire la conoscenza richiesta, ed uno dei presenti mi suggerì il libro Dynamics of Magnetism di Von Reichenbach, e lì compresi che l'autore aveva scoperto un potere finora sconosciuto della natura» (pag. 40). Karl Von Reichenbach (1788-1869) fu un insigne scienziato, industriale e filosofo tedesco, il quale dal 1839 si interessò del funzionamento del sistema nervoso umano, e di quelle particolari condizioni nervose come il sonnambulismo, o quella che nell'Ottocento veniva chiamata isteria. Influenzato dal mesmerismo, cominciò ad indagare su una nuova imponderabile forma di energia, da lui definita forza Odica, che riteneva fosse un'emanazione di natura magnetica (o in qualche modo connessa col magnetismo) associata alla materia, ed in particolare all'organismo umano. In un'epoca come la prima metà dell'Ottocento, nella quale molte scoperte avvenivano sulla base di esperimenti empirici e senza che i metodi dell'indagine scientifica fossero stati ancora compresi con sufficiente chiarezza, accadeva non di rado che l'entusiasmo per le possibilità offerte dal sapere scientifico portasse a costruire teorie interpretative di certi fenomeni osservati, che venivano talvolta accettate come valide spiegazioni, pur in assenza dei riscontri sperimentali indispensabili per convalidarle. Questo avveniva soprattutto in campi come la medicina, la psicologia, od altre scienze umane per le quali un metodo scientifico rigoroso non è applicabile, o lo è solo parzialmente.

Anche dopo aver letto il libro di Reichenbach, Edmonds non risolse i suoi dubbi relativi al modo in cui certi fenomeni medianici (soprattutto quelli fisici) si potevano produrre: «Mi fu dato ad intendere che questo potere era usato in queste manifestazioni, ma non ho compreso come o in che modo. Mi fu anche comunicato che l'elettricità e il magnetismo avevano qualcosa a che fare con i fenomeni» (pag. 40). Segue una spiegazione, fornita dalle entità comunicanti, relativa alla triplice forma di energia (vegetativa, animale e spirituale) che permea l'essere umano, la quale, come spesso accade per le spiegazioni di origine medianica, resta ad un livello superficiale – insoddisfacente sotto il profilo conoscitivo per le nostre attuali esigenze – anche se la si può leggere con un certo interesse. Da pag. 43 a pag. 46 l'autore, dopo averci presentato una sintesi delle interazioni tra gli umani e gli spiriti nel corso dei secoli, notando come le istituzioni religiose cristiane le avessero avversate da un certo periodo in poi, e ricordando che nella sola Inghilterra, «...30.000 persone erano state bruciate sul rogo per stregoneria in 150 anni», enuncia per la prima volta quello che lui ritiene essere il criterio della Progressione nell'evoluzione dell'io cosciente, alla luce delle rivelazioni ottenute dalle entità comunicanti: «...ragionavo che, se la dottrina di questa nuova filosofia era corretta, l'uomo doveva essere visto come una creatura della Progressione, che dopo la morte non raggiunge istantaneamente uno stato di perfezione, ma solo una condizione in cui può progredire più facilmente verso la perfezione; e se questa legge esiste, ed è quindi universale, allora deve essere applicabile e disponibile a tutti gli spiriti disincarnati, sia a quelli che già hanno, sia a quelli che ancora non hanno iniziato a progredire» (pag. 46). Ci soffermeremo su questo tema quando esamineremo i contenuti delle comunicazioni medianiche riportate nel testo del libro.

Dopo aver citato alcune brevi e poco significative comunicazioni – attribuite a personalità di rilievo nella storia politica e culturale degli Stati Uniti che erano scomparse da poco, come lo scrittore James Fenimore Cooper (1789-1851) o il senatore Henry Clay (1777-1852) – mediante le quali veniva lodato e sollecitato a perseverare nella sua meritoria opera di diffusore e difensore dello spiritualismo nonostante le difficoltà che avrebbe incontrato (pag. 48 e 49), Edmonds si sofferma sulle differenze tra le comunicazioni attribuite all'entità che si firmava Sweedenborg (sic) – da identificare come il filosofo spiritualista svedese Emanuel Swedenborg (1688-1772) – e quelle attribuite all'entità Bacon, identificata (da Edmonds e Dexter) come il filosofo empirista inglese Sir Francis Bacon (1561-1626): tali comunicazioni – ottenute tramite la medianità scrivente del dottor George Dexter, coautore del libro – occupano tutta la parte centrale del volume, e saranno oggetto della nostra analisi. Edmonds riscontra «...una notevole somiglianza tra lo stile di ciascuno di loro in queste carte (le comunicazioni medianiche) e quello che ne caratterizzava gli scritti quando vivevano su questa Terra. Chiunque abbia familiarità con i loro scritti dovrebbe esserne colpito» (pag. 50). Sinceramente, io non ho riscontrato tutta questa somiglianza: anzi, non solo mi sembra che lo stile delle comunicazioni medianiche sia diverso dallo stile degli scritti dei due filosofi, ma talvolta, nel leggere il testo di una comunicazione, sono rimasto in dubbio se attribuirla all'una o all'altra entità, fino a quando non ho visto la firma al termine della stessa. Edmonds mette in risalto anche le differenze tra la calligrafia normale del dottor Dexter e quella delle comunicazioni medianiche ottenute tramite la mano del medesimo, e siglate dalle entità Sweedenborg e Bacon, osservando che: «...la calligrafia dell'uno è diversa da quella dell'altro, e sebbene entrambe siano scritte dalla mano del dottor Dexter, entrambe non somigliano alla sua (normale) calligrafia... quando è sotto l'influenza (medianica), scrive con diversi tipi di calligrafia, ed a volte più rapidamente di quanto non riesca a scrivere con la propria calligrafia... Non ho mai visto nessuna persona che potesse, in condizioni normali, scrivere con tale rapidità...» (pag. 50). Ci soffermeremo sulle condizioni in cui il dottor Dexter scriveva le comunicazioni medianiche quando esamineremo la sua introduzione (pag. 81 e seguenti). Nell'Appendice A del libro (pag 387 e seguenti) sono riportati esempi della calligrafia normale del dottor Dexter, e di quelle delle comunicazioni attribuite alle entità Sweedenborg e Bacon, oltre ad un paio di esempi di scritti attribuiti ad altre entità: senza dubbio le calligrafie delle varie comunicazioni medianiche differiscono da quella di Dexter, ma – confrontandole con i manoscritti autentici di Swedenborg e di Bacon che ci sono pervenuti – si riscontra immediatamente che non vi è alcuna somiglianza. Lo stesso Edmonds riconosce che: «...a volte si riscontra una notevole somiglianza con la calligrafia tipica della persona quando era in vita, ma non sempre è così».

Le ultime pagine dell'introduzione di Edmonds sono dedicate ad una difesa dello spiritualismo, una fede che «...ha avuto origine tra i poveri, gli umili, gli oscuri, e nel giro di un quinquennio si è diffusa nel mondo con una rapidità che la religione cristiana non ha potuto eguagliare in cento anni» (pag. 53). Mi sembra abbastanza chiaro che il giudice Edmonds, dopo aver vagliato un numero consistente di comunicazioni medianiche, si è sentito incaricato di una missione, nella quale si è poi impegnato con la sua consueta tenacia ed energia: dopo essersi posto la questione in merito alla «...importanza di accertare se l'intelligenza che così misteriosamente opera tra di noi sia finalizzata al bene o al male...» (pag. 53), e nonostante riconoscesse apertamente che «È vero, talvolta ho sentito personalmente, oppure mi sono state riferite, comunicazioni confuse, banali o assurde, ma mai nessuna deliberatamente ingannevole» (ibid), egli conclude che nel complesso «Le lezioni che esse ci insegnano sono quelle dell'amore e della gentilezza, e sono indirizzate alla serena e deliberata ragione di noi umani, ai quali viene richiesta non una fede cieca, ma un'indagine attenta ed un giudizio ponderato» (pag. 54). In un'epoca nella quale i programmi culturali che sostenevano la necessità di un inferno – luogo di tormento e di punizione per i peccati-reati commessi – erano ancora molto diffusi, le entità comunicanti mettono invece in risalto l'amore divino: «...parlando della religione insegnata da Cristo, mi fu detto: "È che Dio è amore. In ogni situazione della vita abbiamo la prova conclusiva che Dio ama ogni cosa che ha creato. Certo! Ogni cosa frutto della sua opera proclama questa verità, che l'amore eterno, immortale, è la vera sorgente di tutto ciò che è stato creato"» (pag. 55). Ed anche, poco più avanti: «"L'umanità ha bisogno di un incoraggiamento. Per lungo tempo dei mostri orribili hanno bloccato il suo percorso. Per la maggior parte degli esseri umani la paura ha avuto il sopravvento, ha congelato ogni aspirazione, ha oscurato ogni speranza, ed ha fatto loro desiderare che il loro destino futuro fosse l'annientamento. Avere paura di Dio è una cosa terribile. L'anima si chiude in se stessa nel contemplare la gelosia di un Dio onnipotente. Ogni nervo vibra di indicibile angoscia per la sua ira, e molti hanno desiderato che Dio non fosse mai esistito, o non li avesse mai fatti esistere. Il tuo compito sarà quello di liberare le menti umane da questi errori teologici, che hanno deformato l'anima già fin troppo a lungo"» (pag. 56). Avremo modo di considerare con attenzione questo messaggio di estrema importanza – secondo me particolarmente significativo per l'evoluzione futura di una consistente parte dell'umanità – quando esamineremo il contenuto della parte centrale del libro: in esso viene anche indicato quello che il giudice Edmonds avrebbe considerato il suo impegno inderogabile negli anni che gli restavano da vivere.

Alle pagine 61 e seguenti Edmonds elenca in sei punti le conclusioni a cui le sue indagini lo hanno portato: 1) «L'esistenza degli uomini dopo la loro vita terrena è stata dimostrata al di là di ogni dubbio... Perciò tanti, tantissimi, che dubitavano o negavano risolutamente l'esistenza di una vita futura, si sono convinti loro malgrado, contro la loro volontà e a dispetto di ogni idea preconcetta» (pag. 61). 2) «La morte non ci separa per sempre da coloro che abbiamo amato su questa terra, i quali, mentre noi continuiamo a vivere, sono ancora vicino a noi per assisterci ed aiutarci...» (pag. 62). «È stato inoltre rivelato cos'è la morte, e di conseguenza essa è stata privata di quell'indefinito e misterioso terrore che le era stato attribuito da coloro che vollero far leva più sulla degradante passione della paura che sul sentimento elevante dell'amore» (ibid). 4) «È stato dimostrato che i nostri pensieri più reconditi possono essere conosciuti e rivelati dall'intelligenza che ci circonda e che può comunicare con noi» (pag. 63). 5) «Inoltre è stato dimostrato che la nostra condotta in questa vita influenza, in larga misura, il nostro destino nell'aldilà, e che la nostra felicità nella fase successiva dell'esistenza non dipende dalla nostra adesione a questa o a quella fede settaria, ma dalla purezza di questa nostra vita...» (ibid). 6) «Ci viene insegnata la grande dottrina della Progressione, in virtù della quale noi apprendiamo che, poiché l'anima umana è un'emanazione del germe della grande Causa Prima, allora il suo destino è di fare ritorno verso quella sorgente dalla quale essa è scaturita» (pag. 64). In quest'ultimo punto viene poi sintetizzata l'idea fondamentale elaborata dal giudice Edmonds, alla luce delle comunicazioni medianiche da lui ricevute, in merito al significato della vita umana come stadio iniziale di un lungo ed appassionante percorso evolutivo: «L'essere umano non è governato dal miracolo, né in questa vita né in alcuna esistenza futura, ma solo da leggi universali che erano già attive all'inizio dei tempi e non hanno termine, e per le quali non c'è né deroga né ombra di cambiamento; in obbedienza a quelle leggi l'uomo, morendo, non si trasforma istantaneamente in una condizione di perfezione da un lato, o di degradazione dall'altro, né è condannato ad un lungo e perenne sonno senza sogni, ma passa ad uno stato di esistenza in cui – dato che il male prodotto dalla sua vita materiale è stato rimosso – è più capace di avanzare e progredire nel grande progetto per cui è stato creato; progetto che comporta la Progressione in avanti e verso l'alto, verso la perfezione eterna».


 

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