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Le indagini del giudice Edmonds - Quinta parte

Il destino dell'io di coloro che in vita hanno fatto del male agli altri

Passiamo ora ad esaminare il modo in cui le entità comunicanti tramite Dexter affrontano il tema del destino dell'io spirituale di coloro che, identificandosi con la polarità negativa della psiche umana, nel corso della vita organica hanno causato dolore e sofferenze ad altri esseri umani. Ricordiamo sempre che le informazioni riportate nel libro di Edmonds e Dexter possono essere in disaccordo con altre comunicazioni di origine medianica, come le stesse entità riconoscono: «...e considerando le molte affermazioni che ho fatto, che contraddicono le rivelazioni di altri spiriti...» (pag. 176). Il concetto stesso di male, o di malvagità umana, non viene mai ben chiarito, perché – in accordo con i programmi culturali prevalenti in quell'epoca – a volte vengono definiti spiriti terreni (earhly spirits) quelli di coloro il cui io, in questa vita, si è lasciato attrarre dagli aspetti piacevoli delle sensazioni o delle emozioni prodotte dall'organismo, pur senza essere malvagio, cioè senza aver voluto causare coscientemente del male ad altri. A pag. 148 Sweedenborg dice: «...la domanda da voi proposta potrebbe riferirsi agli spiriti terreni, quelli vicini alla Terra, la cui organizzazione è così grossolana, perché ancora molto impregnata dalle impellenti proprietà animali della materia». Qualche pagina prima, tuttavia, Bacon aveva cercato di chiarire, almeno in parte, in cosa consistesse questa concezione del male, che viene considerato come il mancato o ridotto progresso dell'evoluzione spirituale dell'io durante la vita umana, in contrapposizione al bene che è invece indicato come l'anelito dell'io verso il suo destino finale in quanto spirito: «Il male si contrappone al bene... Ma il buono, il vero, il bello – che si equivalgono – trovano i loro costituenti in ciò che è proprio di Dio stesso. È questo che, quando gli spiriti non sono ancora sviluppati ed errano attraverso le regioni vicine alla Terra, non trovando alcuna dimora, tentando di racimolare una briciola di felicità, è questo principio di bene, questo germe di verità, che viene alitato su di loro, per così dire, dallo Spirito di Dio, e li spinge a cercare la felicità nella progressione attraverso le sfere superiori» (pag. 142). La stessa entità rileva poi come questa condizione degli spiriti terreni non implichi nessun inferno, contrariamente a quanto affermato dalle dottrine di alcune religioni: «Essi credono in un inferno, in un luogo di punizione dove gli spiriti vengono torturati o da altri spiriti ancor più malvagi o dai loro stessi pensieri» (ibid). Ma l'essenza stessa dello spirito non potrebbe mai restare confinata in un simile luogo, quand'anche tale luogo esistesse: «...poiché la forza impellente di quel potere che viene da Dio lo manderebbe alla ricerca di sé attraverso l'universo, per trovare quel nutrimento che la sua natura brama così tanto. Confinatelo come vi pare, vincolatelo con i legami dell'errore e del male, e lo spirito spezzerà tutte le catene, si alzerà nel potere della sua forza intrinseca e cercherà la fonte da cui è scaturito» (pag. 143).

Le precedenti parole sono forse le più significative ed importanti contenute nel libro di Edmonds, in quanto evidenziano l'esistenza di una legge – di natura quasi fisica – per la quale ogni scintilla individuale di spirito frammentato viene attratta dall'energia dello Spirito eterno ed assoluto, indipendentemente dal percorso più o meno lungo, tortuoso e tormentato che il destino e le vicissitudini temporali (e temporanee) della sua esistenza le impongono, soprattutto durante la fase di questa vita organica in cui diventa cosciente della propria esistenza sotto forma di un io. Nel valutare il male, la cattiveria ed i malvagi, noi umani siamo sempre soggetti alle dinamiche che ci vengono imposte dalla nostra psiche, determinate in gran parte dai programmi culturali e dalle esigenze, dalle debolezze e dalla vulnerabilità dei nostri organismi, con i quali nella maggior parte dei casi il nostro io cosciente si identifica: di conseguenza, solo quando si è liberato dai vincoli che lo legano al suo organismo umano l'io cosciente può cominciare ad esistere nella sua forma spirituale e ad orientarsi di conseguenza tra le esperienze del suo lungo viaggio. La stessa entità continua dicendo: «Il male sviluppa il male, ed il suo controllo sulla mente umana è stato constatato da che mondo è mondo... Anche gli spiriti che sono affini a voi ricevono il bene che generate, o meglio, il bene generato per mezzo vostro, ed essi, per risonanza, lo fanno circolare nelle sfere dove dimorano. Lo stesso accade per il male» (pag. 144). Sembra dunque che il bipolarismo che caratterizza la psiche umana venga esteso anche alla dimensione degli spiriti, o almeno a quelle sue sfere inferiori di cui parlano le entità comunicanti: questa contaminazione implica l'esistenza di spiriti maligni e di esseri umani malvagi che si influenzano e, per così dire, si alimentano a vicenda. Si pone dunque ancora una volta il problema di quando uno spirito riesce ad abbandonare il bipolarismo intrinseco della psiche per raggiungere l'orbita di attrazione dell'energia non bipolare dello Spirito divino. Secondo l'interpretazione che si può dare a quanto riferito dalle entità comunicanti, il flusso temporale – così come noi lo sperimentiamo – continua ad avere un ruolo fondamentale anche nell'esistenza dell'io spirituale, o quanto meno nelle prime fasi di tale esistenza, fin quando l'io non entra nel campo di attrazione dello Spirito e vi rimane per sempre. Il fluire del tempo – considerati gli effetti che esso ha durante questa vita sul nostro modo di sperimentare, di sentire e di interpretare la realtà – rappresenta uno dei misteri più enigmatici ed insondabili dell'esistenza. Nella visione di Sweedenborg e Bacon il destino finale di ogni io spirituale è quello di essere attratto nel campo di azione dello Spirito, dunque ciò che differenzia uno spirito dall'altro è il tempo impiegato per compiere tale percorso e ciò che l'io cosciente sperimenta durante questo suo viaggio più o meno lungo.

Alla luce di quest'interpretazione, il problema della malvagità umana – intesa come inclinazione da parte dell'io di alcune persone a ricercare potere, vantaggi o soddisfazione infliggendo danni e sofferenze ad altre persone, fino ad asservirle o a negare loro il diritto di vivere – non può che essere ricondotto alla debolezza dell'io cosciente del malvagio, il quale si lascia coinvolgere dalle dinamiche negative della psiche umana fino ad identificarsi con esse. Ma affinché questo processo possa aver luogo, bisogna anzitutto che il sistema organico del malvagio sia idoneo, nella sua formazione e nel suo sviluppo, a sintonizzare le dinamiche proprie della polarità negativa della psiche, cosa che può avvenire tanto per cause genetiche quanto per l'influenza di particolari circostanze ambientali o programmi culturali. Ora, è vero che l'influenza di determinate sintonie della psiche può avere un effetto contaminante anche sullo sviluppo della componente spirituale dell'io, ma non siamo in grado di sapere con certezza cosa accade all'io spirituale una volta che si sia liberato dai vincoli del proprio organismo umano e dal coinvolgimento nelle dinamiche della psiche che ne derivano. Va ricordato che concezioni come la ritorsione, la vendetta, il senso di giustizia, l'esigenza che chi ha causato sofferenze agli altri paghi in qualche modo con la propria sofferenza il male fatto, espiando così la propria colpa, sono pur sempre originate dalla psiche umana, ed in particolare nascono dal desiderio di cautelarsi – anche mediante misure preventive – contro le sofferenze che le dinamiche interpersonali possono provocare a causa della vulnerabilità dell'organismo umano. Spesso, infatti, le peggiori sofferenze e le più insopportabili condizioni di prostrazione ci vengono inflitte non da altri esseri umani, ma dalle stesse dinamiche naturali della psiche, già attive nel mondo animale, che fanno sì che processi patologici o eventi traumatici a cui il nostro organismo può andare soggetto si traducano in un intenso dolore fisico che il nostro io cosciente è costretto a sopportare. Questa prevalenza pressoché assoluta delle esigenze dell'organismo, dalle quali l'io cosciente viene spesso influenzato e coinvolto in misura ben superiore rispetto agli effetti della sua componente spirituale, è riconosciuta e messa in evidenza dall'entità Sweedenborg: «Ora, ciò che voi considerate come la caduta dell'uomo è solo il grande cambiamento nella sua natura mentale e materiale, prodotto dall'aumento del numero (degli umani viventi), dai bisogni e dalle necessità che sorsero intorno a lui, dall'occupazione dei suoi pensieri da parte delle circostanze della sua vita materiale, e dal completo cambio di orientamento della sua mente dalle cose spirituali alle questioni terrestri» (pag. 122). Qui l'entità sembra fare riferimento ad un'epoca arcaica nella quale l'io cosciente era prevalentemente influenzato dalla sua componente spirituale, contrapposta all'epoca attuale nella quale il forte incremento della popolazione obbliga l'io ad occuparsi molto di più delle esigenze del proprio organismo: si tratta tuttavia di un modo semplicistico di affrontare la questione, che non tiene conto dei processi della psiche umana che, con ogni evidenza, spingono l'umanità verso un progressivo e costante incremento della complessità delle interazioni sociali, in funzione di modalità di comportamento e di funzionamento sempre più organizzate.

Per quanto riguarda il destino dell'io spirituale di coloro che durante la vita umana hanno mostrato di avere un'inclinazione malvagia, l'entità Sweedenborg si esprime in questi termini: «Ma per quanto riguarda gli spiriti che hanno vissuto una vita di egoismo, ignorando le esigenze della loro specie, che hanno lavorato sodo e lottato per nessun altro motivo se non quello di raggiungere i propri scopi, a qualunque costo, che hanno assoggettato il loro spirito alla regola dell'errore e che hanno tratto piacere dall'ingannare i loro simili, e che, mentre professavano di servire Dio, lo rinnegavano con le loro azioni – essi muoiono, ed i loro spiriti entrano in nuovi corpi. Ora, a questo proposito, mi permetto di dire che o la permanenza dell'uomo sulla Terra deve comportare lo sviluppo del suo spirito ed il corrispondente progresso, oppure deve esserci un regresso ed una conseguente svalutazione dei veri desideri della sua natura» (pag. 168). Probabilmente Sweedenborg non si rende conto che questa sua affermazione contraddice il principio stesso della progressione dello spirito, e che, estendendo anche all'io spirituale il dominio delle dinamiche della psiche, analogamente a quanto accade all'io cosciente nel corso della vita umana, si rischia di ritardare sine die l'inizio di quel processo di evoluzione dello spirito che dovrebbe essere garantito ad ogni io spirituale, come logica ed inevitabile conseguenza dell'essere stato emanato dallo Spirito divino. In caso contrario, saremmo costretti a riconoscere l'esistenza di un dualismo bipolare che estende i suoi effetti anche nella dimensione degli spiriti, il che equivale ad affermare che c'è una controparte negativa dello Spirito in grado di attrarre a sé gli spiriti ad essa affini. Purtroppo il modo di esprimersi delle entità comunicanti è spesso confuso, poco efficace e fuorviante, e gli stessi termini impiegati non sono mai chiaramente definiti, né utilizzati in modo appropriato: per esempio, nella comunicazione precedente, l'entità prima usa il termine spirito per indicare l'io cosciente nel corso della vita umana, poi dice che gli spiriti muoiono, ed i loro spiriti entrano in nuovi corpi. Non siamo in grado di sapere se questa sconcertante confusione sia da attribuire ai limiti ed all'incapacità delle stesse entità comunicanti, oppure alle contaminazioni della psiche del medium. Ad ogni modo Sweedenborg continua a descrivere così il destino dell'io spirituale di coloro che in questa vita non si sono evoluti: «Non si associa con coloro i cui desideri sono rivolti al bene. Le sue affinità lo conducono verso coloro i cui desideri corrispondono ai suoi, e sceglie come compagni quelli le cui abitazioni sono vicine alla vostra Terra, ed i cui gusti sono dello stesso genere... Vivendo in prossimità della Terra, e traendo il loro sostentamento dai corpi vicini ad essa... essi acquistano un aspetto molto diverso dal nostro aspetto esteriore. I loro corpi sono sublimati, è vero, ma tuttavia, se poteste vederli, la differenza tra loro e le persone della vostra stessa Terra sarebbe a mala pena distinguibile. Ora, sto parlando di quegli spiriti le cui menti non sono realmente malvagie, ma nemmeno inclini all'evoluzione» (pag. 169).

Ma allora, cosa accade all'io spirituale di coloro che in vita si sono mostrati inclini alla malvagità? «C'è un'altra categoria su cui richiamo la vostra attenzione, cioè quella di coloro che sono stati veramente cattivi e che, nel corso di tutta una vita malvagia, hanno negato i loro obblighi verso l'umanità, verso Dio e verso le leggi che egli ha stabilito. Dopo che questi spiriti si sono trasferiti nei loro nuovi corpi, sono così pesanti, così più densi degli altri spiriti menzionati, che non possono mantenersi nemmeno vicino alla Terra, ma affondano molto al di sotto di essa, ed invero sono di un colore così scuro da sembrare quasi neri. Ora il luogo della loro residenza è molto più in basso di quelli che ho mai sentito il desiderio di visitare, e non posso dirvi come sia in base alla mia osservazione diretta, ma si dice che sia una vasta pianura, con una sola montagna al centro. Gli abitanti sono così attaccati a questo piano interminabile, che per anni difficilmente tentano di salire su questa montagna. In quel luogo è quasi sempre notte, o meglio, una condizione (crepuscolare) tra la notte e il giorno, e se dovessero salire su questa montagna, si dice che vedrebbero di sfuggita le terre più luminose situate al di là, e nelle loro menti si creerebbe il desiderio di lasciare quel posto per andare in quelle terre remote. Quanto questo sia vero, non sono in grado di dirlo; probabilmente esiste qualche condizione o stato simile a questo, e dunque può darsi che sia vero» (ibid). Si noti il carattere dubitativo, ipotetico, ed in una certa misura immaginario di tutta questa descrizione, che la stessa entità comunicante è costretta a riconoscere, mentre mescola una generica ricostruzione di una regione appartenente agli inferi, anche se non realmente infernale, con l'esigenza di lasciare aperta una via al desiderio di ogni io spirituale di orientarsi verso quel polo positivo della psiche che viene identificato con lo Spirito divino. Evidentemente, Sweedenborg non sa come risolvere il problema del male – che in effetti esiste realmente nell'ambito della vita organica e delle dinamiche della psiche umana – quando deve affrontarlo in relazione al destino dell'io spirituale. Tuttavia non esita poi ad attribuire a questi spiriti maligni la volontà di influenzare la mente di noi umani, inducendoci ad avere desideri o pensieri cattivi ed a compiere azioni malvage. Non riuscendo a dare alcuna spiegazione convincente su come risolvere il circolo vizioso che così si viene a creare, Sweedenborg è costretto a far ricorso ad un vero e proprio Deus ex machina: «...ma Dio, nella sua infinita sapienza, non lascia che le sue leggi divine o materiali siano gestite da esseri dalla natura così corrotta. Egli preferisce che gli esseri umani non abbiano nessun altro da incolpare per i loro atti peccaminosi se non se stessi e le circostanze in cui si vengono a trovare, e sarebbe in conflitto con le leggi che ha istituito se permettesse ad un essere umano di essere controllato da spiriti inferiori» (pag. 170). Il che contraddice proprio ciò che la stessa entità aveva affermato poco prima, attribuendo il male compiuto dagli umani all'influenza degli spiriti malvagi, i quali evidentemente possono avere successo, almeno in qualche caso.

Vengono inoltre attribuite a questi spiriti maligni, o ad altri spiriti ancora poco evoluti, tutte le rivelazioni e le informazioni false, inaffidabili o fuorvianti ottenute dai vari medium in merito alle forme ed alle condizioni dell'esistenza ultraterrena, aprendo così la strada a tutte le successive dispute – stimolate dalle dinamiche che caratterizzano la psiche umana – in merito al valore di tali rivelazioni, all'affidabilità delle entità spirituali da cui provengono, ed al rispetto devoto che noi umani dobbiamo riservare alle stesse: «Ma essi sviano, disorientano, confondono, fanno affermazioni false sulla natura di queste manifestazioni ed insinuano volentieri il dubbio; in effetti è permesso a questi spiriti di mescolarsi con altri spiriti la cui missione li conduce sulla Terra, e quindi sono messi nella condizione di poter fare false dichiarazioni su di loro. In breve, provano piacere nell'inculcare l'errore, come fecero nel riceverlo e nell'impararlo quando vivevano sulla Terra» (ibid). Così dicendo, Sweedenborg forse non si rende conto che sta segando proprio il ramo su cui si è seduto, ed alla fine cerca di risolvere ogni cosa facendo ricorso alla magia del fattore tempo, il quale viene sempre presentato in cicli identici a quelli che noi sperimentiamo nella nostra vita (giorni, mesi, anni): «Gli spiriti oscuri progrediscono, ma in un ciclo che richiede anni. Gli spiriti maliziosi progrediscono anche in molto meno tempo, ma in entrambi i casi agiscono in mezzo a loro degli operatori provenienti dagli spiriti avanzati, il cui dovere e piacere consiste nell'istruirli, nel liberare le loro menti dall'ignoranza e dai pregiudizi e nell'indirizzarle verso Dio come la sorgente di tutte le cose» (pag. 171). La stessa entità ritorna in seguito sulla descrizione del luogo in cui dimorano gli spiriti non progrediti, o gli spiriti di coloro che si sono comportati in modo malvagio nel corso della vita umana: «Quando gli spiriti sono appesantiti dalla loro stessa densità, sprofondano, come ho detto, nei luoghi inferi della Terra. Sono attratti laggiù dalle loro menti. Non desiderano alcun progresso, o se lo desiderano, il desiderio è così debole che viene subito inghiottito dal più forte desiderio dell'errore. La condizione di questi spiriti può richiedere qualche attenzione. Penso di aver accennato al fatto che si ritiene che il loro luogo di residenza sia una vasta pianura, e qui sottolineo che questa pianura è quasi del tutto simile in ogni sua parte, suggerendo a malapena qualsivoglia sensazione di bellezza o di amore nei suoi confrinti, e l'unico rilievo è costituito da una montagna. È in questo luogo che gli spiriti lavorano duramente e litigano. Ovviamente, devono lavorare più degli spiriti progrediti, dato che la loro organizzazione, essendo più densa, richiede di più per il suo sostentamento. Non possono sollevarsi senza un grande sforzo, e poiché sono sempre costretti ad interagire con altri spiriti la cui interiorità è dello stesso genere erroneo ed oscuro, si generano ogni tipo di contese e dispute e, forse, di inganni e falsità. In ogni caso la loro affinità per il bene è, per così dire, sospesa. Non hanno il potere di percepire il pensiero prima che venga pronunciato (verbalmente), ma agiscono l'uno verso l'altro come fanno gli uomini tra loro sulla Terra, magari non esattamente così, ma quasi allo stesso modo» (pagine 220-221).

In questo quadro riscontriamo un'estrema confusione tra il ruolo che l'io cosciente ha in questa vita, condizionato com'è dalle sintonie della psiche umana per il fatto di essere vincolato ad un organismo, e quello dell'io spirituale, che dovrebbe essere ormai completamente libero da tali condizionamenti. Quello che potrebbe eventualmente essere imputato all'io spirituale è la sua debolezza, che gli ha impedito di esercitare sull'io cosciente – nel corso della vita organica – un'influenza sufficiente ad indurlo ad intraprendere il percorso evolutivo liberatorio nei confronti del suo assoggettamento alle dinamiche della psiche umana e della sua identificazione con esse. Ma proprio questa debolezza richiederebbe una palestra nella quale poter compiere esercizi di irrobustimento progressivo: se l'effetto della vita umana fosse quello di irretire l'io spirituale per avvilirlo ulteriormente a causa della sua debolezza, si otterrebbe un risultato in netto contrasto con quel processo di progressione che le stesse entità comunicanti propagandano come la vera essenza della vita dell'io spirituale. Vale la pena di esaminare come l'entità Sweedenborg cerca di risolvere il problema: «Un grande male che affligge quegli spiriti è l'oscurità delle loro idee riguardo a Dio. Si rendono conto che c'è un Dio, ma non riescono a comprendere perché quel Dio differisca da loro. Inoltre, le loro idee sulla bellezza sono sepolte nell'accumulo di errori che circonda le loro menti. Hanno una misera concezione dei doveri che spettano loro. Siccome non amano Dio, non amano nemmeno il loro prossimo, ma sono sempre pronti ad ingannare ed a provocare, a turbare e ad infastidire. Sono, per così dire, incapaci di elaborare l'informazione. Se il desiderio di imparare crescesse nelle loro anime, inizierebbero a progredire. Tuttavia, non sono del tutto al di là della portata del miglioramento; non hanno perso del tutto la capacità di apprezzare quanto c'è di bello nelle opere di Dio. Infatti mi è stato detto che quando sono guidati a salire sulla cima della montagna e vedono la gloriosa luminosità degli spazi situati al di là, i loro spiriti bramano di lasciare la sfera oscura e iniziano a compiere uno sforzo» (ibid). Se questa può essere una descrizione efficace della condizione in cui si trova l'io cosciente di non poche persone durante la vita umana, non si comprende perché tale condizione debba contagiare anche la componente spirituale dell'io, a meno di non voler ammettere che anche lo spirito – nonostante gli venga riconosciuta l'essenza di scintilla emanata dallo Spirito divino – può essere contaminato dalle sintonie provenienti dal polo negativo dell'energia della psiche.

La descrizione che Sweedenborg ci propone in merito all'esistenza degli spiriti nella sfera inferiore continua così: «Le loro abitudini di vita corrispondono al tono e al carattere delle loro menti. Non hanno piaceri, né compagni. Non studiano. Non cantano, non scrivono, e nemmeno si godono la vita in alcun modo, a parte il piacere che possono provare nel tormentare coloro che li circondano. Devono lavorare per sostentarsi, ma poiché la loro terra è sabbiosa e priva di luce solare, devono faticare non poco per consentire alla terra di produrre abbastanza da nutrirli. Quando uno di questi spiriti ha il desiderio di lasciare quella sfera, e viene sollecitato da quel desiderio e dai suoi effetti ad avvicinarsi alla Terra, non perde subito e del tutto la disposizione che lo ha relegato in quella sfera. È da questi spiriti che provengono quei resoconti, confusi e falsi, sul mondo al di là della vostra Terra, prodotti tramite qualche medium con cui entrano in contatto. Provano piacere nell'errore; e potete immaginare quale debba essere la loro condizione, per la quale l'anima non riconosce alcun Dio, se non come un essere quale essa stessa è; quale sia la loro infelicità, che non può apprezzare né l'amore né la verità; quale debba essere la loro mentalità, se tutto il loro godimento consiste nella malvagità del male e nella produzione dell'errore» (pag. 222). Queste frasi sembrano confermare che l'inclinazione al male mostrata dall'io cosciente di una persona nel corso della sua vita umana si riflette poi sull'io spirituale, senza tuttavia offrirci alcuna spiegazione sulle cause di questa diversità, che segna il destino individuale anche nel mondo degli spiriti. Si ha l'impressione che la qualità degli spiriti dipenda da un sistema di produzione, per così dire, soggetto a variabili analoghe a quelle che determinano la qualità degli organismi umani, i quali possono risultare sani, ben funzionanti, e ben dotati sotto il profilo dell'intelligenza, oppure afflitti da debolezze, malfunzionamenti e deformità, anche a livello mentale. Ma vediamo come Sweedenborg conclude la sua esposizione: «Essi soffrono? Sì, quando le loro menti ricevono la luce della verità, quando dai raggi di essa viene messa a nudo tutta la loro natura, quando possono comprendere quanto hanno perso, quanto devono recuperare. Sono infelici? Sì; dopo aver lasciato quelle sfere oscure, ogni giorno e ogni ora sentono quanto la loro inclinazione ritarda il loro progresso verso l'alto, e li attira di nuovo verso il basso, verso quelle stesse sfere, quando comprendono quanto poco riescono ad apprezzare ciò che hanno davanti, quando conoscono la natura di coloro a cui si sono associati. Forse non c'è infelicità più grande per l'anima dell'uomo della piena consapevolezza che il suo cuore è malvagio, e che ogni giorno e ogni ora deve lottare per vincerne le tendenze. Così è per loro, e devo lasciare alle vostre menti l'immaginazione di ciò che confesso di non essere in grado di descrivere» (ibid).

Si chiude così quella che sembra essere più una riflessione sul possibile destino dell'io spirituale dei malvagi, che non una narrazione convincente di qualcosa che realmente si verifica. Nessuna spiegazione viene data in merito alla questione fondamentale delle cause che determinano le differenze esistenti tra gli spiriti buoni e gli spiriti non buoni, o addirittura malvagi. Le differenze che certamente riscontriamo tra le persone nell'ambito di questa nostra vita organica – che possono essere attribuite, come si è visto, all'energia bipolare della psiche umana – vengono estese anche alle sfere in cui dimorano gli spiriti. Di conseguenza, si ha l'impressione che la vita umana abbia lo scopo di vagliare la qualità di ogni spirito individuale, e che la seguente dichiarazione dell'entità Sweedenborg sull'origine divina dello spirito valga solo per quegli spiriti che sono in grado di superare il test: «Cos'è questa brama dell'anima per la conoscenza, per la verità, per l'amore, per la carità – sì, per tutto quello che è buono, saggio, grande e bello – se non il desiderio di esercitare in certe condizioni queste doti come un diritto della sua natura, quando sarà progredita nella grandezza della sua attività e, cosciente della sua origine divina, potrà partecipare come spirito al grande bene del tutto di cui fa parte?» (pag. 245). Eppure, in precedenza, l'entità Bacon aveva elaborato in modo più articolato la questione relativa allo scopo della vita umana: «Qual è il vero scopo o oggetto della vita? Si può dire che è diverso per tutte le persone; che le situazioni, le posizioni, le connessioni e le associazioni cambiano o alterano il destino di tutti gli uomini. È vero, potrebbe essere così; l'azione della vita può differire nella maggior parte degli uomini, ma questo non tocca la domanda proposta: qual è il vero scopo della vita, o per quale motivo gli uomini sono stati creati e posti sulla Terra?» (pag. 151). Ovviamente, l'entità non si riferisce qui all'essere umano in quanto organismo, ma in quanto io cosciente il cui destino è la trasformazione in io spirituale. Dopo aver esposto le varie ragioni per cui ritiene che nessuna persona intelligente potrebbe prestar fede a quanto è stato affermato in passato da varie religioni, compresa la cristiana, e cioè che Dio abbia creato gli esseri umani per lo scopo specifico di affliggerli nella miseria se essi non si adeguano perfettamente alle direttive loro impartite e non si comportano di conseguenza, Bacon sostiene con forza il principio della progressione, che deve essere valido per ogni io spirituale, ed alla fine conclude così: «...ed anche l'uomo poi si sviluppa passo dopo passo da una piccola massa, inizialmente informe, non sessuata e non sviluppata; un'altra e importante prova della verità di questa dottrina: un uomo nella forma, ma un dio nello spirito» (pag. 152). Un'affermazione che mi sembra più coerente rispetto al quadro negativo dell'esistenza degli spiriti nelle sfere inferiori proposto da Sweedenborg: resta tuttavia ancora da stabilire se la trasformazione dell'io cosciente in io spirituale possa essere considerata valida per qualsiasi organismo umano.

Il destino dell'io spirituale di coloro il cui organismo muore prematuramente

Uno degli obiettivi che mi sono posto nel trattare gli argomenti relativi alle esperienze dell'io cosciente durante la vita umana – ed eventualmente a quelle dell'io spirituale in altre dimensioni – è di mettere un po' di ordine tra alcuni concetti (come io, tu, coscienza, sopravvivenza, anima, spirito, e simili) che vengono spesso utilizzati nelle comunicazioni umane in modo superficiale e quasi scontato, come se si sapesse di cosa si sta parlando, quando invece le informazioni e le conoscenze che abbiamo al riguardo sono confuse ed insoddisfacenti. Tra questi concetti, quello che è oggettivamente più affidabile sotto il profilo conoscitivo è l'organismo umano, inteso come un organismo che si forma e si sviluppa inizialmente all'interno di un altro organismo umano, ma anche che viene allevato nell'ambito di una cultura riconoscibile tra quelle umane. Le caratteristiche fisiche dell'organismo umano rendono possibile studiarlo ed approfondire le nostre conoscenze in merito alla sua costituzione ed al suo funzionamento, almeno entro certi limiti. Possiamo considerare come accertato ed oggettivamente evidente il fatto che le società umane sono formate da un numero più o meno grande di organismi umani, i quali condividono certe caratteristiche – pur con le diversità che si riscontrano tra l'uno e l'altro – nell'ambito di una normalità statisticamente accertata e riconosciuta: quegli organismi che, a causa di malformazioni e difetti congeniti o acquisiti, non rientrano in tale normalità, vengono ancora considerati umani, ma non sono normali, e le loro possibilità di sopravvivenza e di azione dipendono dal modo in cui la comunità degli organismi normali se ne prende cura e li gestisce. Sulla base di questa normalità organica, noi possiamo considerare come vera anche l'esistenza di un io cosciente vincolato a ciascun organismo. In questo caso tuttavia abbiamo a che fare con un'entità non oggettivamente identificabile: infatti l'esistenza dell'io cosciente è determinata dall'autopercezione interiore che ciascuna persona umana ha del proprio esistere in relazione al fluire del tempo. Dunque io posso essere consapevole, convinto e perfino certo della mia esistenza come io cosciente legato al mio organismo, ma per quanto riguarda gli altri organismi posso percepire ed interpretare i loro comportamenti e le loro espressioni, posso elaborare quanto mi comunicano verbalmente, posso sentire ed intuire ciò che recepisco sensorialmente mediante la vista, l'udito ed il tatto, fino ad arrivare alla ragionevole conclusione che anche nell'altro è presente un io cosciente per molti aspetti simile al mio. Tuttavia non posso mai sperimentare direttamente l'io cosciente dell'altro: tutt'al più riesco a sperimentare le reazioni più o meno empatiche generate dalle sintonie della psiche che coinvolgono il mio io cosciente, in conseguenza della mia presunta identificazione con l'altro.

Come abbiamo spesso osservato, il funzionamento ed il comportamento di ogni organismo umano mostrano come il corrispondente io cosciente sia coinvolto nelle dinamiche della psiche umana sintonizzate mediante il sistema nervoso di quell'organismo, al punto che l'io molto spesso si identifica completamente con esse. Sotto quest'aspetto, una particolare importanza va riconosciuta ai vari programmi culturali elaborati dalla psiche umana che vengono trasmessi all'io e sono da esso assimilati, condizionandone le scelte e le capacità di controllo sul proprio organismo. Abbiamo anche visto come, via via che il tempo trascorre nel corso della nostra vita, gli eventi vissuti e le conseguenti dinamiche della psiche sperimentate dall'io possono produrre delle importanti trasformazioni nell'io stesso, ed a volte determinano lo sviluppo di un processo evolutivo di progressiva separazione tanto dalle istanze determinate dalla vita organica quanto dalle dinamiche della psiche umana: un processo che induce l'io cosciente quanto meno a percepire l'influenza di una componente che chiamiamo spirito, o io spirituale. Infine, abbiamo preso in considerazione la possibilità che, una volta conclusasi l'avventura di questa vita organica, l'io cosciente continui ad esistere in una forma diversa (e dunque disincarnata) in un'altra dimensione, trasformandosi in io spirituale. Ora, non potendo esserci alcun dubbio in merito ai limiti temporali della vita di ogni organismo umano, cioè sul fatto che ogni organismo deve morire, rimangono aperte molte questioni sul destino dell'io cosciente nei casi di morte prematura, in particolare in quei casi in cui l'organismo muore quando l'io cosciente non si è ancora completamente formato, oppure si trova ancora in uno stadio di sviluppo non progredito. Dato che noi non possiamo accedere ad alcuna forma di conoscenza che ci consenta di trattare in modo soddisfacente tali questioni, esaminiamo ora l'affidabilità delle informazioni ottenute al riguardo tramità la medianità di Dexter, così come riportate nel libro Spiritualism. Anzitutto, a pag. 118, l'entità Sweedenborg si sofferma sulle modalità con cui uno spirito individuale (non ancora cosciente) viene connesso con un organismo umano: «Vi ho detto che lo spirito viene emanato da una sorgente, che è Dio, o il germe universale. Questo germe non ha né sesso né specializzazione, ma una volta impiantato nell'embrione, assume le caratteristiche del corpo che deve svilupparsi. Il momento esatto in cui lo spirito viene introdotto nell'embrione non è ancora noto, ma l'embrione deve possedere una vitalità sufficiente per consentire lo sviluppo sia dello spirito che del corpo. La vita è distinta dallo spirito, e l'unione dei due non è ancora ben compresa, nemmeno dagli spiriti più progrediti».

Con la consueta mancanza di chiarezza e di precisione nell'uso dei termini – non si sa se dovuta alle interferenze da parte delle sintonie della psiche di Dexter, o alla mancanza di conoscenze affidabili che le stesse entità comunicanti riconoscono apertamente in merito alle questioni di cui parlano – viene qui riconosciuta l'origine divina di ogni germe o scintilla spirituale, anche se non si comprende in che senso il termine germe venga riferito tanto a Dio quanto allo spirito individuale. L'associazione dello spirito con l'organismo viene descritta quasi come se si trattasse di un'operazione di trapianto chirurgico, anche se poi ci viene detto che nemmeno gli spiriti più progrediti sanno bene in che modo queste due entità ben distinte, lo spirito e l'organismo, possano convivere. Ma quello che più ci sorprende è che, nonostante l'ammissione di questo deficit di conoscenze affidabili, le entità comunicanti richiedano poi che si presti fede a quanto esse ci stanno insegnando: «Sento la necessità di dirvi che non c'è bisogno di dubitare di tutto ciò che avviene sotto l'insegnamento degli spiriti. Ogni cosa che vi viene ora insegnata, apparentemente inconciliabile, col tempo potrà interamente corrispondere a fatti visibili a tutti, ed in modo tale da essere evidente sotto ogni punto di vista per la comprensione di tutti coloro che hanno scelto di indagare. Dunque, non lasciate che le vostre menti siano turbate. A tempo debito gli spiriti sistemeranno ogni incongruenza, e renderanno luminoso ciò che attualmente è oscuro» (pag. 119). L'entità Sweedenborg cerca dunque di sottrarsi alle obiezioni con cui la ragione umana reagisce a certe sue dichiarazioni – obiezioni che a volte lo stesso giudice Edmonds non può fare a meno di esprimere – chiedendo ai presenti un atto di fede, in contrasto con quanto essa stessa aveva richiesto inizialmente, appellandosi all'intelligenza dei destinatari di queste rivelazioni. Poi così prosegue: «Ora, quando un bambino muore libero dal peccato o da ogni impurità, viene accolto dagli spiriti di qualche parente stretto e condotto in una sfera dove il suo spirito si svilupperà in accordo con la legge primaria che regola gli spiriti. È posto sotto la guida di individui che hanno come preciso compito l'educazione di questi spiriti bambini, e quindi vengono loro insegnate tutte le conoscenze primarie necessarie ed adatte alle loro giovani menti... E quando, in uno stato di totale immunità dalle influenze animali, il bambino viene istruito da spiriti puri ed evoluti, quanto grande deve essere il suo progresso! Essi non crescono di statura più rapidamente dei bambini sulla Terra, ma in proporzione lo sviluppo della mente, o, come lo chiamiamo noi spiriti, interiore, è senza paragoni. Ben presto essi sono in grado di apprezzare e comprendere alcune delle leggi di Dio che regolano la natura; e poiché le loro idee non sono mescolate o amalgamate con la crudezza dell'organizzazione animale, sono più chiare e complete anche di quelle di alcuni spiriti che dimorano già da anni nel mondo degli spiriti» (pag. 119-120).

Anche in questo caso l'organizzazione della dimensione degli spiriti sembra riflettere per molti aspetti quella delle società umane, anche se non viene spiegato – e non si comprende – per quale ragione lo spirito dovrebbe mai incarnarsi, se può vantaggiosamente progredire pur senza essere stato costretto a svilupparsi come io cosciente, confrontandosi con le dinamiche della psiche umana. Nella nota a pag. 119 Edmonds ci informa che circa un anno e mezzo prima aveva ricevuto, tramite un altro medium, la seguente comunicazione in merito allo stesso argomento: «Coloro che muoiono nell'infanzia crescono fino all'età adulta e vengono istruiti nel mondo degli spiriti in quelle cose che avrebbero dovuto imparare sulla Terra. Morire in tenera età è una disgrazia ed una violazione di una legge di natura, perché viene così impedito lo scopo del primo stadio di esistenza. Nel mondo degli spiriti i bambini sono situati in una sorta di condizione intermedia tra l'inferiore e la superiore, e sono accuditi ed istruiti da spiriti superiori. Non sono mai privi di tale assistenza, e sebbene siano istruiti con cura, tuttavia la loro condizione è per certi aspetti sfortunata; infatti, sebbene con la loro morte prematura sfuggano alle sofferenze fisiche della sfera terrena, tuttavia proprio l'ignoranza delle sofferenze umane toglie loro la capacità di godere del felice cambiamento che otterrebbero se rimanessero nel vostro mondo fino alla maturità. Non sanno nulla del contrasto tra quella fase dell'esistenza e la nostra, che aggiunge un gusto così intenso al godimento di coloro che lasciano la sfera terrena dopo averne sperimentato tutti i dolori e le sofferenze. Un altro svantaggio è che non provano mai nessuno dei sentimenti e delle emozioni che una permanenza più lunga sulla Terra avrebbe fatto loro sentire, e che contribuiscono a determinare la felicità o la miseria del successivo stato di esistenza». Anche questo quadro, che in parte differisce da quello proposto da Sweedenborg, presenta aspetti controversi. Anzitutto è inesatta l'interpretazione della morte precoce come una violazione di una legge naturale: è infatti una caratteristica del mondo animale la produzione di un numero sovrabbondante di nuovi organismi, dei quali solo una ridotta percentuale è destinata a sopravvivere fino all'età adulta. Inoltre, il valore attribuito ai dolori ed alle sofferenze della vita umana come elementi essenziali per poter poi apprezzare la condizione di godimento e di felicità della dimensione spirituale – che richiama un paradiso contrapposto a questa valle di lacrime – mi sembra francamente riduttiva, e contrasta con una visione della vita decisamente più positiva presentata dall'entità Bacon, sia a pag. 151 (come abbiamo già visto), sia a pag. 225: «Noi desideriamo che la vita (dell'uomo) sulla Terra sia felice, e vi insegniamo che quando la condotta dell'uomo è del tutto giusta e pura, egli deve essere felice. Come il cuore senza peccato non riconosce alcuna congenialità in nessuna cosa che produce il male, così nessun uomo – la cui mente abbracci il bene dell'esistenza e rifiuti il male – può essere infelice».

Sweedenborg racconta poi di come agli spiriti di coloro che muoiono da bambini siano affidati compiti più o meno virtuosi, come quello di confortare i loro cari e di sostenerli nelle difficoltà: «I bambini piccoli vengono scelti per accompagnare i genitori durante la loro permanenza sulla Terra, e la madre è spesso circondata da spiriti progrediti, anche di quei bambini la cui nascita non era stata contata tra quelli vivi o morti. E quando, in qualche buia ora in cui viene messa alla prova, quando le speranze e le aspettative della vita sono state infrante, quando la madre sta lottando contro un'afflizione peggiore della morte – quella di avere un marito ubriacone – o quando è rimasta sulla Terra senza marito, con i bambini che la circondano mentre lei si sforza di sostenerli ed educarli, o quando per qualche motivo il legame che lega marito e moglie si è spezzato, è allora che gli spiriti dei suoi figli vengono inviati sulla Terra, rivestiti di forme dalla bellezza abbagliante, e dotati del potere di lenire e calmare lo spirito turbato di quella madre, infondendo con dolcezza e serenità la speranza, laddove prima c'era oscura disperazione, e sollevando il cuore abbattuto per guardare con fiducia e confidenza a Dio, che è un marito per la vedova ed un padre per l'orfano» (pag. 120-121). E questo quadro edificante e consolatorio, che tuttavia non offre alcuna spiegazione sul diverso destino degli spiriti e sul significato della vita umana, conclude le informazioni ricevute tramite la medianità di Dexter in merito agli spiriti di quegli organismi che muoiono prima che l'io cosciente ad essi associato abbia avuto la possibilità di evolversi, o addirittura prima che si sia formato. Si tratta in ogni caso di informazioni che riflettono certe particolari sintonie della psiche umana, in modo spesso ingenuo e talvolta perfino segnato da un infantilismo di fondo, anche se vanno inquadrate nell'ambito di un periodo storico nel quale l'ambiente sociale e culturale umano era ancora segnato da particolari durezze, incertezze, difficoltà e patimenti. Proprio a causa del costante coinvolgimento dell'io cosciente nelle dinamiche mentali determinate dalla psiche umana, sarà sempre per noi molto difficile riuscire ad immaginare una dimensione dello Spirito nella quale l'io cosciente sia completamente libero di esistere e di sperimentare forme di realtà completamente diverse, non contaminate dal bipolarismo a cui è stato assoggettato ed abituato dalla psiche.

Il significato e lo scopo della vita umana

In linea di massima, vorremmo poter affermare che l'organismo umano è l'involucro in cui si forma e si sviluppa l'io cosciente: quest'ultimo, confrontandosi con le dinamiche della psiche nelle quali viene coinvolto, si prepara a continuare ad esistere in una nuova dimensione una volta che la morte dell'organismo lo abbia liberato dal vincolo che lo costringeva a vivere in questo mondo. Tuttavia, non abbiamo sufficienti prove che ci consentano di garantire la verità e l'esattezza di quest'interpretazione della vita umana, e soprattutto non sappiamo se essa sia valida per l'io di qualsiasi organismo umano, indipendentemente da come si comporta e da cosa pensa. Mentre mi propongo di approfondire quest'importante questione nel prossimo post, vediamo ora se le entità comunicanti tramite la medianità di Dexter hanno detto qualcosa di significativo al riguardo. Come abbiamo visto, l'entità Bacon si era posta (a pag. 151) la questione del vero scopo della vita umana, respingendo decisamente l'idea che un Dio potesse porre gli umani in una condizione di miseria e di sofferenza, per poi punirli se essi non si conformavano alle sue precise direttive, trasmesse – con ogni evidenza – mediante l'efficacia di programmi culturali predisposti ad hoc dalla psiche umana. Per Bacon la vita umana rappresenta solo la fase iniziale di un lungo percorso di progressione che coinvolge l'io spirituale, il quale non è altro che l'io cosciente, una volta che sia stato liberato dal vincolo che lo lega all'organismo umano. Questo tema viene ripreso, sempre da Bacon, a pag. 180: «Si riscontra la necessità di un progresso verso la perfezione in ogni cosa creata da Dio. A che scopo ha creato i mondi e li ha riempiti di esseri intelligenti, capaci di comprendere e di imparare, da ogni manifestazione del suo potere intorno a loro, l'effetto prodotto da certe leggi da lui stabilite? A che scopo avrebbe dovuto crearli, se sapeva che essi – uomo o uomini – sarebbero poi rimasti in una condizione di incompletezza? A cosa serve la mente? A cosa serve il pensiero? A che serviva che il ramoscello fosse tagliato via dalla quercia stessa?». Qui conviene aprire una parentesi: tutte le volte che le entità comunicanti fanno riferimento a Dio, si ha l'impressione che continuino ad utilizzare gli ingenui schemi mentali storicamente originati dalla psiche umana, mediante i quali Dio viene ancora interpretato come un'entità personalizzata in relazione diretta con gli esseri umani. Eppure, data la complessità di un universo le cui forme e dimensioni vanno ben oltre le capacità della nostra più fervida immaginazione, sarebbe più ragionevole fare riferimento ad un'organizzazione piuttosto articolata ed eventualmente strutturata a vari livelli, anche gerarchicamente, nell'ambito della quale ciò che di solito viene identificato come Dio da noi terrestri potrebbe benissimo essere un dipartimento di quart'ordine! D'altra parte, sono quelle stesse entità comunicanti a fare poi riferimento ad un sistema organizzato di livelli o di sfere, nell'ambito delle quali gli spiriti sembrano essere impegnati, chi più chi meno, nello svolgimento di compiti e missioni che riguardano anche il modo in cui le vicende umane vengono – se non proprio determinate – quanto meno influenzate.

Ma torniamo a quanto Bacon riferisce: «Dio avrebbe potuto benissimo creare l'uomo senza un'anima, così come con un'anima intelligente; ed a me sembra certamente ragionevole che, immettendo nel suo corpo uno spirito sensibile, comprensivo ed intelligente, egli volesse che lo spirito non si accontentasse di apprendere o comprendere un solo fatto, e che non dovesse essere soddisfatto finché non avesse compreso ogni cosa, nell'ambito delle sue facoltà. C'è un'idea che mi è venuta spesso in mente da quando ho lasciato la Terra, e cioè che se l'intento (creativo) non avesse previsto il progresso tanto dello spirito quanto della materia, Dio avrebbe probabilmente creato l'uomo con tutti i poteri e le facoltà della sua natura già sviluppati al momento della sua creazione. Perché se si negasse che l'intenzione della creazione (dell'uomo) fosse il suo costante avanzamento, la mente (umana), dopo aver conquistato una posizione, sarebbe rimasta la stessa, così com'era prima di riconoscere la nuova idea. Non avrebbe potuto esserci alcun apprezzamento di nessuna cosa accaduta prima, e invece di una conoscenza che amplia la sua gamma di desideri e di pensieri, l'avrebbe lasciata nella stessa condizione in cui l'aveva trovata» (pag. 180-181). Facendo riferimento, in modo generico ed astratto, alla creazione dell'uomo secondo un ipotetico modello standard, Bacon dimentica le grandi differenze di intelligenza, di sensibilità e di empatia che si riscontrano tra una persona e l'altra nella realtà della nostra vita organica. Comunque questa sua dichiarazione ha il pregio di riconoscere che dall'evoluzione dello spirito dipende anche l'evoluzione del nostro mondo fisico, in accordo con un intento creativo attribuito all'impresa di Dio: questo darebbe un certo valore alla vita umana, consentendo allo spirito di cimentarsi e di esercitarsi nel trasformare la realtà fisica alla quale l'organismo umano lo connette, in funzione di un modello, in un certo senso alieno, che lo spirito porta con sé e che cerca di trasferire in questo mondo. Tuttavia questo modello, che nell'elaborazione di Bacon sembra venire a coincidere con le sintonie riconducibili alla polarità positiva della psiche umana, dovrebbe tener conto anche degli ostacoli, delle tensioni e dei conflitti determinati dal carattere bipolare della psiche, i quali impediscono che questo processo evolutivo si svolga in modo lineare ed indolore.

La stessa entità Bacon, a pag. 329, elabora nei seguenti termini il problema del bipolarismo della psiche umana, pur senza offrirci nessuna interpretazione che ci aiuti a comprendere l'origine di tale bipolarismo e le sue finalità: «L'uomo è tanto influenzabile dall'errore quanto dalla verità, e solo quelle menti che sembrano comprenderne intuitivamente la natura sono pronte a ricevere la verità sotto qualunque forma si possa presentare. Ci sono persone che contestano la verità, anche quando sono convinte della sua realtà o della sua necessità. È a tali menti che dobbiamo insegnare, non le manifestazioni superiori, ma le forme più semplici; che se poi vengono davvero respinte, l'influenza che ne consegue non comprenderà tutto ciò che è importante che l'uomo sappia. Allora cosa resta da fare, quando ogni dimostrazione può essere pervertita da uno, respinta da un altro, e negata ed insultata da molti? Non c'è nella verità stessa un potere sufficiente per superare ogni opposizione, ogni perversione, in modo che possa realizzare di per sé il suo progetto ed il suo scopo? Può ciò che riguarda l'uomo in modo così sostanziale, come la conoscenza di ciò che è giusto, essere deviato, essere portato a produrre il male invece del bene? Saranno forzate dall'uomo, a danno della sua razza, quelle leggi che in verità provengono da Dio, e che, se correttamente e saggiamente comprese, rispondono all'intento per il quale furono istituite? Ahimè! è così. Ahimè! questo è infatti il grande ostacolo al progresso dell'uomo sulla Terra, ed è inoltre una causa potente del suo indugiare lungo la strada anche in queste sfere. Cosa sto dicendo, che la verità stessa si fa strumento del male? Sì, e la storia dell'umanità dalle epoche più antiche fino ai giorni nostri conferma questa mia affermazione». Mi sembra che questa accorata perorazione, più che essere considerata come proveniente da un'entità appartenente alla dimensione spirituale, possa essere attribuita a qualsiasi persona vivente, dotata di intelligenza sufficiente per valutare ed interpretare le comuni dinamiche bipolari della psiche umana: anziché offrirci almeno un tentativo di spiegazione delle ragioni per cui il confronto dello spirito individuale con tali dinamiche dovrebbe risultare per esso vantaggioso, l'entità Bacon si limita a delineare un quadro che noi umani conosciamo già molto bene, aggiungendo, per giunta, che anche in alcune sfere della dimensione dello spirito le cose non vanno molto meglio! Logicamente, seguono i dubbi sull'efficacia delle strategie comunicative da adottare: «Cosa si può dunque fare? Come convincere le vostre menti che ciò che noi vi insegniamo è vero? Come mostrarvi che non state falsificando la forma della verità, e che – secondo le vostre intenzioni – non state dando al mondo ciò che non ha alcuna somiglianza con l'originale, e che può generare il male invece del bene? Come potete sapere che noi non abbiamo assecondato quelle passioni latenti nel vostro cuore, che nel loro libero esercizio possono causare danno alla vostra razza, invece del bene che credete di desiderare?» (pag. 330).

Bacon ci presenta poi un sintetico e condivisibile excursus storico, che mostra come le dinamiche della psiche umana agiscano sui gruppi sociali – tanto sotto la forma di organizzazioni politiche quanto sotto quella di fedi e convinzioni religiose – facendo in modo che ognuno di essi, forte della verità e del valore di quelle che vengono considerate come certezze, cerchi di sottomettere altri gruppi, anche in modo violento, per affermare e diffondere il proprio modello e le verità di cui i membri di quel gruppo si sentono non solo depositari, ma anche privilegiati per il fatto di essere stati illuminati per primi, e dunque destinati a dominare: «E il desiderio di fare proseliti non si è limitato a una leale ed imparziale esposizione delle loro convinzioni, ma hanno imposto la loro fede con la spada, con il cannone, con la tortura ed il rogo. Come può essere che la verità abbia bisogno del sostegno del fanatismo intollerante e delle passioni degli uomini?... in tutte le epoche, da parte di tutti gli uomini, dal santo, dal selvaggio, o dall'ecclesiastico, tutta la storia dell'umanità è piena di prove della correttezza di quanto vi sto dicendo. E come mai è così? Vi ho già risposto che ogni uomo, credendo in base alle prove che può riconoscere, sostiene che solo lui è in possesso della verità, e che gli altri devono credere a ciò che lui detta» (pag. 331). Qui forse l'entità Bacon potrebbe ampliare il discorso e spiegarci meglio i motivi per cui i programmi di condizionamento culturale elaborati dalla psiche umana – talvolta palesemente assurdi e contrari alla ragione – possono insediarsi e diffondersi anche rapidamente nell'ambito di un gruppo sociale umano. Ma alla fine Bacon – contrariamente a quanto Sweedenborg aveva affermato (vedi sopra) in merito alla necessità di credere in ciò che le entità rivelavano, per quanto strano e confuso potesse sembrare all'intelletto umano – sostiene che lo scopo delle comunicazioni spiritiche non è quello di indurre noi umani a prestar fede ad esse, solo perché provengono da entità inorganiche dotate di certi poteri ed appartenenti, per così dire, ad una dimensione superiore: «Amici miei, è stato questo il metodo che ho seguito nelle mie istruzioni? Abbiamo forse insistito, io o Sweedenborg, affinché voi creditate che ciò che vi abbiamo insegnato sia solo la verità? Vi abbiamo fatto alzare lo sguardo verso il cielo, solo perché la sua luce vi riempisse di orgoglio o eccitasse la vostra vanità?... Non c'è bisogno di dirvi che, in questo momento, non c'è ancora un terreno comune su cui gli spiritualisti possano incontrarsi. E come mai? Perché tutti desiderano imprimersi nella mente che sono i destinatari privilegiati della verità spirituale. E cosa dirà il tempo di tutto questo?... Vi dirà: Uomo, le verità che dichiari sono semi di discordia per migliaia dei tuoi simili. Le assicurazioni che hai dato al mondo sono tizzoni ardenti che hanno bruciato la fede di una nazione. Di una nazione! veramente del mondo intero!» (pag. 331-332). E su questa dichiarazione – interessante per il suo pragmatico scetticismo – da parte di una presunta entità spirituale in merito al valore di tutte le forme di fede acritica originate dalla psiche umana, si conclude questa dettagliata disamina delle comunicazioni ottenute dal giudice Edmonds tramite la medianità del dottor Dexter, come riportate nel primo volume del libro Spiritualism.


 

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