Dicotomia della psiche umana e valutazione della Natura |
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L'esperienza della psiche da parte dell'io Alla luce delle considerazioni svolte nella pagina precedente, si potrebbe ritenere che gli esseri umani siano prodotti per svolgere un ruolo loro assegnato nell'ambito di un processo evolutivo e creativo gestito tramite la psiche umana. Non ci è dato di sapere se questo processo risponda a qualche finalità che ci sfugge, così come non sappiamo cosa vi sia dietro al processo dell'evoluzione della vita che ha portato alla realizzazione dell'organismo umano e del suo cervello, ma – per il solo fatto di nascere – un essere umano inizia a compiere un percorso di attivazione della coscienza e di organizzazione dell'io che, col trascorrere del tempo, lo porta ad elaborare i contenuti della psiche registrati dalla coscienza, a prendere delle decisioni ed a compiere delle scelte di azione. Sebbene ci sembri che il centro funzionale ed operativo di questi processi sia l'io cosciente, tanto i programmi ed i condizionamenti che determinano le considerazioni e le azioni dell'io quanto gli stessi strumenti di elaborazione di cui l'io si serve sono di origine mentale, e dunque determinati dal cervello (e dalle sue attività inconsce). In definitiva, l'io è guidato dalle proprie esperienze originate dalla psiche, ed anche quando sembra svolgere un ruolo decisionale, di controllo o creativo, lo fa perché questo è il compito che gli viene imposto dalle istanze della sua psiche. Mentre l'io è in grado di percepire coscientemente il carattere coercitivo dei comandi quando questi provengono da altri individui (per esempio nelle strutture gerarchicamente organizzate delle attività lavorative), è molto meno attento nei confronti dei comandi provenienti dalla propria psiche, con i quali spesso si identifica completamente. Per la maggior parte degli esseri umani lo svolgere il ruolo loro assegnato dal programma di evoluzione della psiche che opera nel nostro mondo è sufficientemente gratificante, e comunque rappresenta un'ineludibile necessità: il senso della vita si risolve per essi nell'adempiere con impegno ai compiti loro assegnati dai programmi della psiche, mediati e trasmessi dalle organizzazioni sociali di cui sono membri e nell'ambito delle quali eserciteranno le loro funzioni. Le organizzazioni stesse provvedono a trasmettere ed a diffondere, attraverso persone delegate ed addestrate a questo fine, programmi culturali in grado di soddisfare le esigenze di chi deve compiere il proprio dovere o la propria funzione nel ruolo che ha scelto o che gli è stato attribuito, in modo che la sua efficienza operativa nell'ambito del sistema non sia minata ed ostacolata da elaborazioni autonome ed improduttive. I programmi di base che determinano il funzionamento degli esseri umani sono quelli che premiano l'io mediante la soddisfazione ed il piacere o che lo puniscono con la sofferenza o la paura. Nel complesso, la sensazione di compiere e di aver compiuto il proprio dovere può rappresentare una motivazione sufficiente per dare un significato alla vita umana, tanto che molte persone muoiono tranquille (e, come si suol dire, con la coscienza a posto) nella certezza che, qualora vi fosse una vita ultraterrena, il loro corretto modo di agire riceverebbe un premio. Non sarebbe corretto svalutare o mortificare questo atteggiamento nei confronti della vita: dato che noi esseri umani siamo creature e non creatori di noi stessi, dobbiamo considerare con rispetto ed attenzione i poteri che ci trascendono e che non conosciamo. Questa posizione, tuttavia, non deve impedirci – se riteniamo importante farlo – di esercitare le nostre facoltà di elaborazione per capire le modalità con le quali quegli stessi poteri si manifestano, ci organizzano e ci dirigono. Sintonie conflittuali della psiche Nell'ambito della psiche umana si può trovare di tutto: accanto a nuclei le cui radici possono essere individuate già nella psiche animale ve ne sono altri di natura completamente diversa, che vengono vissuti dalla nostra coscienza come portatori di istanze tipicamente umane, o più precisamente umanitarie, come la partecipazione alle sofferenze altrui, l'aiuto reciproco, la compassione ed il senso di giustizia. Questo fa sì che il comportamento umano possa essere imprevedibile e contraddittorio, a seconda che prevalga il carattere egocentrico, aggressivo o difensivo, degli impulsi di origine animale o quello più altruistico ed evoluto degli impulsi umanitari. Il risvolto più spiacevole di queste sintonie disomogenee e spesso conflittuali della psiche è che l'io cosciente può essere sopraffatto da quanto sperimenta mentalmente, e le interazioni tra individui diversi o tra diversi gruppi sociali finiscono spesso con l'attivare nuclei incompatibili tra loro e reciprocamente distruttivi. È interessante notare come le culture umane nascano proprio da questo intreccio indifferenziato ed amorfo tra sintonie della psiche di origine diversa, e siano dunque contaminate da elementi di natura contraddittoria, non facilmente interpretabili o gestibili. Le istanze umanitarie della psiche e la natura La presenza di elementi così conflittuali nella psiche umana pone la questione della loro origine. Nell'esaminare l'evoluzione della vita (si veda la sezione dedicata) non abbiamo espresso giudizi di valore su quel complesso fenomeno che noi sintetizziamo col termine di natura, in quanto ci siamo limitati a considerarlo nelle sue manifestazioni vegetali o animali. Ma nel momento in cui entra in gioco la psiche umana, questo mondo naturale non viene più percepito come qualcosa di perfetto: è un mondo nel quale si nasce, si lotta per sopravvivere (e dunque si entra in competizione con altri esseri viventi), si provano emozioni, piaceri, dolori e sofferenze, e si muore. Questo vale per gli esseri umani come per gli altri organismi dotati di un sistema nervoso sufficientemente evoluto. La natura non ha come scopo la ricerca di un equilibrio e di una giustizia nella distribuzione delle gioie e dei dolori: al riguardo qualsiasi punto di vista determinato dalle sintonie umanitarie della psiche sembra essere del tutto privo di importanza di fronte alla forza naturale creatrice e disgregatrice. Ma alcuni dei nuclei della psiche recepiti dalla nostra coscienza determinano una insoddisfazione di fondo per l'indifferenza, apparentemente incosciente, con cui la natura determina il destino individuale delle creature viventi, e ci inducono a qualificare come disumani e crudeli molti aspetti dell’attività creatrice ed organizzatrice naturale. Il retaggio di questa disumanità è tuttora presente in quegli aspetti della psiche che inducono alcuni esseri umani ad infierire sui propri simili, o a trarre vantaggio dalle disgrazie o dalle debolezze altrui. È come se nel sottomettere se stessi ai comandi della psiche naturale, pur se ricevuti ed elaborati da uno strumento evoluto come la mente, non pochi esseri umani dimostrassero di restare tuttora ancorati ad un retaggio che dovrebbe essere loro destino e loro compito superare, almeno secondo quanto richiesto dalle istanze umanitarie della psiche. Ma, come vedremo meglio in seguito, anche le richieste di tali sintonie umanitarie – una volta affermatesi culturalmente – finiscono col tradursi in comandi che determinano una diversa forma di assoggettamento e di condizionamento dell'io. Sebbene la complessità e la perfezione dei processi naturali che ha portato all'evoluzione della vita siano tali da destare in noi stupore, ammirazione e meraviglia, va ricordato che quei processi sono all’opera tanto nell’uomo quanto nel cavallo o nella pecora, anche se non ci sembra probabile che gli animali siano in grado di meravigliarsene: non sappiamo infatti se la loro mente sia in grado di elaborare quei nuclei della psiche che permettono a noi esseri umani di conoscere e di valutare i processi naturali. Quando noi definiamo natura questo ordine di fenomeni, dobbiamo aver ben presente che si tratta di un processo attivo da epoche primordiali, mentre la psiche umana ha fatto la sua comparsa sulla scena del mondo solo di recente. La novità rappresentata dalla psiche umana è dovuta al fatto che quello strumento di rappresentazione che chiamiamo coscienza consente al nostro io di sperimentare – mediante l'attività del cervello – funzioni come l'intelligenza, la fantasia, l'immaginazione, il pensiero, il ragionamento, che elaborano costruzioni mentali finalizzate ad interpretare ed a valutare i fenomeni del mondo. Dunque l’entità psiche utilizza l'io cosciente, tramite lo strumento del sistema nervoso messo a punto dall'evoluzione naturale, per interferire con quel processo che chiamiamo natura in un gioco complesso ed enigmatico. Una miriade di menti La mente umana non è unica, ma si manifesta in una miriade di soggetti: tutti gli esseri umani hanno menti che sintonizzano l’uno o l’altro aspetto del fenomeno della psiche, combinando insieme realtà, informazioni, condizionamenti, emozioni, desideri ed energie in un processo che si può manifestare poi, nell'io, sotto forma di intenzione e di volontà di dirigere, di condizionare altre menti, di modificare l'ambiente naturale e di creare. Ogni essere umano, tramite la propria mente – stimolata e condizionata dall’ambiente e dalle altre menti con cui interagisce – porta con sé ed elabora il proprio bagaglio di informazioni vere o confuse, di dinamiche emotive, di gioie e dolori, che costituiscono il distillato della sua vita. L’io finisce col credere alla propria esistenza perché la psiche gli si presenta come uno specchio che riflette la realtà delle cose, e non come lo strumento incantato che essa stessa utilizza per rappresentare i conflitti presenti nella sua complessità globale. Questa condizione è confermata dalla sproporzione tra l’importanza che la viene attribuita all’io come centro della vita interiore e la frantumazione della vita umana in una moltitudine di individui transitori, ciascuno dotato di un proprio io. Dicotomia tra le istanze umanitarie e l'interpretazione della natura da parte della psiche Come si è detto, il processo di evoluzione naturale, anche se ritenuto privo di coscienza, ha prodotto durante milioni di secoli un mondo che la psiche umana percepisce come complesso ed affascinante, sublime e drammatico insieme: un mondo nel quale l’ordine, l’equilibrio e l’armonia convivono con il timore, l’inquietudine e la distruzione. Ciò che è vantaggioso per un organismo diventa un pericolo per l’altro, ed alcune manifestazioni della creatività naturale, all'apparenza non soggette ad alcun progetto coerente di armonizzazione, sono solo fonte di disagio e di pena per molti esseri viventi: basti pensare a quei microorganismi che provocano devastanti malattie batteriche o virali, causando tormenti e morte a tanti altri organismi viventi. Una parte significativa della psiche umana non riesce a vedere alcun senso positivo nella sofferenza: se è vero che la morte può essere compresa per l’esigenza di rinnovare e di rivitalizzare il parco degli esseri viventi, e che un certo tipo di dolore può essere il segnale d’allarme necessario a prevenire danni all’organismo, la malattia e la sofferenza rappresentano per le sintonie umanitarie della psiche l’oscura inadeguatezza della creatività priva di coscienza della natura, il riflesso del caos primigenio nella trama del mondo vivente attuale. Proprio per aver dovuto sperimentare coscientemente gli effetti delle sofferenze derivanti da cause naturali, l’essere umano è diventato sempre più ricettivo al richiamo delle sintonie della psiche che si presentano come antitetiche rispetto alla natura. Nella psiche si riscontra così una dicotomia tra un presunto bene (le sintonie umanitarie) ed un presunto male (il potere della natura). Ma anche la natura è un processo che si manifesta nell'ambito della psiche, secondo le modalità che la caratterizzano, spingendo gli esseri umani a riprodursi per creare nuovo materiale da impiegare nelle dinamiche della vita: dunque l’ordine o il disordine introdotti dall’elemento umano non preoccupano minimamente la natura, che nel suo complesso appare sempre in grado di autoregolarsi e di riprendere il suo gioco creativo. L’intera umanità potrebbe essere decimata in poco tempo da un cataclisma naturale o da un insolito evento genetico (come la comparsa di un virus letale), ma la natura non avrebbe alcuna difficoltà a ricominciare da capo. Stando a quanto ci mostra la psiche, nel mondo animale la difesa degli organismi individuali da parte di risorse originate dalla psiche viene perseguita in modo istintuale e senza molto impegno. Il vantaggio individuale, ottenuto attraverso la competizione e lo scontro, vede vincenti e perdenti, secondo una lotteria del tutto indifferente alle intenzioni o al valore assegnato alla vita dei singoli partecipanti. Anche gli animali non aggressivi sono soggetti alla competizione per il controllo delle risorse o per il successo riproduttivo, oltre che al rischio di essere attacati da predatori, infestati da parassiti o da germi patogeni. A giudizio della parte umanitaria della nostra psiche, lo scopo dell’evoluzione naturale – ammesso che ve ne sia uno – non sembra quello di creare un paradiso di armonia, ma piuttosto un gioco fondato sulla competizione e sulla selezione. L’intervento della ragione umana nelle dinamiche naturali sembra offrire una nuova prospettiva e, almeno in apparenza, produce una tensione affinché si possa pervenire in futuro ad un mondo più armonizzato e meno conflittuale. Ma, fino ad oggi, le sintonie mentali dell’umanità, considerata nel suo complesso, continuano ad essere più influenzate dagli elementi della psiche legati alla nostra origine animale, che determinano emozioni e passioni a carattere prevalentemente istintuale (estese all'individualismo di gruppo), che non dalle componenti umanitarie. Saggezza ed equilibrio della natura? Si parla talvolta di saggezza o di equilibrio della natura. Non è esatto: come concetti elaborati dalla ragione umana, saggezza ed equilibrio non sono caratteri propri del processo di evoluzione naturale. È pur vero che quel processo che la nostra psiche definisce come natura non può essere giudicato col metro della ragione, ma la vita umana forse sì, e possiamo affermare che l’esperienza della vita toccata a generazioni di esseri umani (e, perché no, di animali) non si presenta come una manifestazione di saggezza e di equilibrio. Se finora la psiche è riuscita a dare qualche interpretazione più o meno soddisfacente in merito ai fenomeni naturali nel loro svolgersi, nulla ci può dire riguardo alle eventuali forme di intelligenza o di consapevolezza che regolano e determinano questi fenomeni, e la nostra ignoranza nel merito si nasconde dietro etichette vaghe come Dio o natura. Non sappiamo nemmeno se questi nebulosi concetti debbano essere riferiti ad entità individuali o ad organizzazioni pluralistiche. L’unica cosa certa è che non cadono sotto i nostri sensi con l’evidenza di oggetti. È tuttavia difficile negare la realtà di quelle sintonie della psiche che vengono sentite come la parte più umana di noi stessi: se da un lato il nostro corpo deve essere considerato a buon diritto e ragionevolmente figlio della natura, dall'altro siamo indotti a riconoscere che la natura stessa (qualsiasi cosa si nasconda dietro questa etichetta) non si mostra particolarmente benevola nei confronti delle singole creature, e dunque nemmeno degli esseri umani. Per quanto ingenua ed inadeguata possa essere al riguardo la rappresentazione che la psiche ci presenta, il problema che ci viene posto è determinato dagli stessi contenuti della psiche: si tratta di un conflitto che non può essere ricondotto alla sola natura, dato che emerge solo se la essa viene osservata con gli occhiali delle sintonie umanitarie della nostra psiche. Per poter spiegare la presenza di elementi conflittuali nell'ambito della psiche umana dobbiamo allora fare riferimento anche ad una sorgente diversa e distinta rispetto al processo di evoluzione naturale. Limiti della psiche umana come fenomeno circoscritto alla Terra Al di là dell'interesse che il fenomeno della psiche nel suo complesso suscita in noi (o – dovremmo dire con più esattezza – che il fenomeno della psiche emana in se stesso), ricordiamo che tutte le ricerche che possiamo fare in merito alla psiche ed all'evoluzione della vita sono attualmente limitate a questo pianeta, l'unico che conosciamo, l'unico che ci è accessibile in un universo sconfinato. Per quanto riguarda gli altri mondi del nostro sistema solare non possiamo ipotizzare l'esistenza di organismi complessi in grado di manifestare fenomeni mentali evoluti. Diverso è il discorso per l'universo: questo è talmente vasto che non ipotizzare qualcosa del genere costituirebbe praticamente un arbitrio statistico. La psiche elabora continuamente fantasie ed esperienze più o meno allucinatorie relative a contatti con forme di vita aliene, e dunque con manifestazioni di altre forme psichiche. Resta il fatto che per ora, come esseri umani, non siamo in grado di muoverci dal nostro pianeta: le distanze interstellari sono talmente grandi da impedire, anche nel prossimo futuro, forme di esplorazione dello spazio che non siano limitate al sistema solare. Questo confinamento del fenomeno della psiche umana al pianeta Terra pone seri problemi in merito a tutti quei contenuti della psiche che fanno riferimento a ciò che comunemente è indicato con i termini Dio o divinità. Non dimentichiamo infatti che anche questi concetti, al pari di tutti gli altri aspetti relativi alle diverse forme di fede religiosa, sono prodotti della psiche umana, determinati dall'evolversi del fenomeno stesso. L'idea di Dio, come si è manifestata nell'esperienza umana, è sempre stata limitata a questo mondo (salvo rare eccezioni rappresentate da alcuni filosofi). Dio è stato spesso interpretato come l'entità che crea, domina e dirige il mondo, che determina e valuta gli eventi della vita umana, che approva o che punisce gli esseri umani, che elargisce la felicità oppure la sofferenza, e che condiziona lo sviluppo umano con le sue leggi: come si vede questo Dio non è altro che il riflesso della psiche stessa e del potere da essa esercitato nei confronti dell'io cosciente. Al di là della Terra c'è tuttavia un universo sconfinato, in confronto al quale il nostro pianeta diviene un atomo minuscolo e quasi insignificante, tanto nello spazio quanto nel tempo: su quali basi e con quali argomenti si può credere che il Dio di questo mondo sia anche il Dio dell'universo? È la psiche stessa che, nel momento in cui comprende la sconfinata vastità dell'universo, trasferisce questo dubbio nell'esperienza umana, mettendo in discussione il significato stesso della relazione tra creatore e creatura. In questo stesso mondo, come si è visto, il fenomeno della psiche nella sua globalità si presenta come estremamente contraddittorio, comprendendo l'amore e l'odio, la gioia e la sofferenza, l'altruismo e l'invidia, la cultura e l'ignoranza, la gentilezza e la violenza, l'educazione e la volgarità, insomma tutta la gamma di sfumature che si trovano tra i due poli che comunemente vengono definiti come bene e male, o luce e tenebre, o positivo e negativo. Ma dato che l'esperienza individuale della vita non rispecchia tutta la complessità della psiche, vi possono essere vite felici ed altre segnate dalla sofferenza, vite ricche e piene ed altre misere e vuote, vite confortate dalla salute fisica ed altre travagliate dalle sofferenze della malattia, vite illuminate dall'amore ed altre aride e cupe, vite coltivate nella cultura e nell'aspirazione alla conoscenza ed altre avvilite dalla cupidigia, dalla violenza, dall'odio. E, come ognuno ben sa, nell'ambito della vita di una persona vi possono essere esperienze di gioia e di felicità alternate ad altre di fatica o di pena. Ipotesi originate dalla psiche sul destino e sullo scopo della vita individuale La ragione umana ha sempre dovuto confrontarsi con il mistero apparentemente insolubile rappresentato dal destino della vita individuale. Finora tutte le soluzioni avanzate, prodotte dal pensiero intuitivo elaborato sulla base delle esperienze della psiche, si sono dimostrate carenti o insufficienti sotto il profilo di una vera conoscenza, la quale non può mai essere disgiunta da un adeguato potere operativo che consenta di dare una soluzione, anche parziale, ai problemi che vengono affrontati. Cito qui brevemente solo due di queste pseudo-soluzioni, ed i motivi per cui non possono essere considerate soddisfacenti. La prima addossa interamente all'essere umano la responsabilità delle scelte tra bene e male nell'ambito della vita terrena, dimenticando il potere condizionante della psiche. Ma quand'anche si volesse ipotizzare, al di là del fenomeno, la realtà di un io cosciente in grado di scegliere tra il bene ed il male in modo libero, autonomo e consapevole, non si comprende perché un'entità derivante da un'emanazione identificata col bene dovrebbe coscientemente scegliere il male. La seconda pseudo-soluzione è quella legata al ciclo di rinascite ed alla teoria del karma, secondo la quale in una vita ciascun essere umano valorizza i meriti o è condizionato dai peccati accumulati in esistenze precedenti. Anche in questo caso, la ragione che ispira il senso di giustizia vorrebbe che ciascuna anima, passando attraverso un ciclo completo di reincarnazioni, sperimentasse tutta la gamma di sfumature presenti nel percorso evolutivo verso il bene. Dunque, considerando l'emanazione delle anime (o degli spiriti) come un processo che si svolge nel tempo, durante il quale ciascuno spirito deve passare da uno stato che potremmo definire incosciente, infantile ed inesperto ad un livello sempre più evoluto (raggiunto attraverso una serie di esperienze di incarnazione), in ogni epoca si troverebbero a convivere spiriti che si trovano a diversi livelli di evoluzione, ed anche gli spiriti che in un certo periodo si trovano al livello più basso raggiungerebbero successivamente i livelli superiori. È un po' come quando si va a scuola: nello stesso anno c'è sia chi frequenta la seconda elementare sia chi si trova già alla terza liceo, ma anche chi oggi frequenta la seconda elementare potrà essere al liceo tra qualche anno. Anche questa teoria – originata dalla psiche – attribuisce all'incoscienza degli stati iniziali dell'evoluzione una maggiore inclinazione ad essere contaminati dalle sintonie negative della psiche, mentre l'evoluzione porterebbe lo spirito ad una progressiva purificazione che avrebbe l'effetto di indirizzarlo verso le sintonie positive, umanitarie e spirituali. Se questa teoria cerca di soddisfare il senso di giustizia umano, promettendo a qualsiasi spirito emanato lo stesso traguardo evolutivo, e lasciandogli la libertà della scelta del percorso da compiere per raggiungerlo, essa presenta comunque dei limiti: anzitutto è necessario che il concetto di tempo, come lo conosciamo in questo mondo, sia esteso all'emanazione degli spiriti, affinché si possa giustificare la coesistenza di spiriti di diverso livello evolutivo. In secondo luogo si dovrebbe comprendere il motivo del dualismo tra l'esistenza dello spirito nella propria dimensione e l'esperienza personale dell'io nella dimensione terrena, dato che l'esistenza dello spirito – già segnata dalle diverse precedenti esperienze compiute – verrebbe poi dimenticata nell'ambito della vita terrena. Infine, l'attrazione dello spirito verso l'esperienza terrena (vissuta tramite un io cosciente) dovrebbe derivare dalla consapevolezza di un possibile vantaggio, anche sotto forma di una legge evolutiva ineludibile, altrimenti non si comprenderebbe il motivo per cui dalla dimensione dello spirito si dovrebbe passare alle tribolazioni ed alle sofferenze di un buon numero di esistenze umane. Polarità conflittuale tra natura e spirito In qualunque modo si vogliano considerare le cose, il dissidio interno alla psiche umana non viene risolto, e l'essere umano si trova nella condizione non proprio simpatica di dover mediare tra due istanze conflittuali, l'una derivante dall'evoluzione naturale della vita sul pianeta Terra, l'altra di origine diversa (che viene di solito definita come spirituale o divina, a seconda della sintonia da cui l'io è più attratto). È comunque opportuno evitare l'uso del termine Dio, estremamente contaminato da tutte le sintonie della psiche che fanno riferimento a poteri e leggi che vanno al di là di quelli umani: come è noto, Dio è stato anche considerato come creatore e signore della natura, oltre che come sorgente delle entità spirituali. E quand'anche natura e spirito fossero considerati come emanazioni di un'unica entità creatrice, continuerebbero a presentarsi nell'ambito della psiche come una polarità caratterizzata da elementi conflittuali. Verrebbe anche da chiedersi per quali ragioni sia stata messa in atto quella che andrebbe considerata come un'intrusione da parte dei contenuti umanitari originati dalla psiche (e dei relativi poteri), nei confronti di un mondo fisico dominato esclusivamente dalla natura fino ad un'epoca molto recente. Non manca infatti di sorprenderci il carattere spesso coercitivo di certi nuclei umanitari della psiche, che obbligano tanti esseri umani ad agire con determinazione in funzione di un presunto bene che, alterando gli equilibri naturali (ed anche quelli sociali), finisce poi col produrre conseguenze negative più o meno prevedibili con un po' di intelligenza. Un tipico esempio di questa eventualità è rappresentato dal forte incremento della popolazione che nell'ultimo secolo ha interessato il nostro pianeta nel suo complesso, ma soprattutto alcune aree geografiche, creando masse umane destinate a vivere comunque in condizioni precarie anche a causa della forte competizione per il controllo delle limitate risorse del pianeta.
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