La conoscenza scientifica e il significato della vita umana

 

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Sviluppo tecnologico e cultura scientifica nel nostro tempo

La conoscenza scientifica rappresenta uno straordinario passo avanti per la comprensione del mondo nel quale viviamo, rispetto alle altre interpretazioni prevalentemente mitiche ed inadeguate partorite dalla psiche umana. Quest'affermazione sull'impronta culturale scientifica e tecnologica della nostra epoca va però chiarita. È vero che i prodotti della tecnologia si sono oggi diffusi quasi ovunque, con l'eccezione di quelle aree nelle quali l'estrema povertà o gli ostacoli naturali ne limitano la disponibilità: viviamo dunque in un mondo sempre più tecnologico. Ma per quanto riguarda la cultura scientifica non si può dire la stessa cosa: non solo vi sono intere aree del pianeta in cui gran parte della popolazione manca degli strumenti culturali di base per comprendere le conoscenze scientifiche ed il metodo per acquisirle, ma anche in aree come l'Europa o gli Stati Uniti larghe fasce sociali vivono, pensano ed agiscono senza essere interessate, se non in modo molto marginale, ai progressi della scienza, salvo utilizzarne i risultati nella vita quotidiana e nel momento del bisogno. Di fatto la maggior parte dell'umanità vive ancora secondo un funzionamento determinato dagli istinti di base, dalle reazioni emotive agli stimoli ambientali, dai condizionamenti acquisiti mediante l'educazione, le convenzioni sociali e le abitudini, e dalle risorse mentali di cui dispone, senza elaborare un adeguato approfondimento conoscitivo. Non ci si deve stupire di questo: la vita umana è quasi sempre difficile, e ciascuno l'affronta come meglio può. L'assimilazione della cultura scientifica richiede tempo, dedizione, capacità di approfondimento ed una particolare forma di intelligenza che non è data a tutti. Nello stesso tempo, questa cultura esercita un'influenza di tutto rispetto sugli orientamenti sociali delle società occidentali. Ci si attende una preparazione scientifica dai medici, si sa che dietro ad ognuno dei prodotti tecnologici che usiamo quotidianamente ci sono i risultati della ricerca scientifica, e che la stessa agricoltura ed i prodotti alimentari devono il loro sviluppo alle conquiste della scienza, conquiste che i media mettono in evidenza quasi quotidianamente, spesso in forma accattivante e talvolta non del tutto corretta.

Obiettivi della ricerca scientifica

La ricerca scientifica ha come oggetto tutte le manifestazioni, le trasformazioni e le leggi relative a quel grandioso fenomeno, di dimensioni estreme e forse infinite, che noi chiamiamo universo fisico, indagato tanto a livello cosmico (astronomia, cosmologia, fisica, astrofisica, chimica, ecc.) quanto a livello locale, limitatamente al nostro pianeta (chimica, biologia, scienze della vita, scienze umane, ecc.). Per ora ci manca infatti la possibilità di acquisire dati su eventuali fenomeni analoghi sviluppatisi in mondi situati al di là dei confini del nostro sistema solare. Come si è visto nella sezione sulla vita, i fenomeni indagati dalla scienza si manifestano e sono da noi percepiti nella dimensione temporale. Le trasformazioni avvenute all'interno di questa dimensione sono state ripercorse dall'indagine scientifica in senso inverso a quello in cui si sono manifestate, partendo dalla situazione attuale, che si presenta come straordinariamente complessa, differenziata e quanto mai ricca di informazione incorporata. La conoscenza scientifica ci dice che il mondo di oggi rappresenta l'evoluzione di un processo iniziato circa 13 miliardi di anni fa, in un'epoca così remota da non consentirci riferimenti significativi. Nella sua fase iniziale lo stato in cui si diffondeva l'energia dell'universo era in pratica del tutto indifferenziato, e la quantità di informazione incorporata risultava minima. Tuttavia quell'energia doveva già avere, allo stato potenziale, tutte le caratteristiche e tutte le leggi necessarie per consentire le successive trasformazioni e gli arricchimenti di informazione che avrebbero portato alla complessità attuale dei mondi localizzati. Ciò che noi comunemente definiamo come materia non è altro che un concetto legato al nostro modo di percepire il mondo mediante i sensi. In ambito scientifico il concetto che definisce meglio la materia è quello di massa, una forma di energia trasformata secondo la nota equazione di Einstein.

Il metodo scientifico

Ma come possiamo essere sicuri che le cose siano andate proprio in questo modo? Quali garanzie può offrirci la scienza in merito alle conclusioni alle quali perviene? Per rispondere a queste domande dobbiamo avere presente l'essenza del metodo scientifico, che procede attraverso tre fasi. La prima consiste nell'osservazione e nella raccolta di dati inerenti ad ogni aspetto dei fenomeni studiati, dati che devono essere quanto più possibile precisi ed affidabili sotto il profilo quantitativo, quasi sempre ottenuti mediante indagini e misurazioni strumentali. Oggi si dà per scontata l'importanza e l'affidabilità degli strumenti come mezzo di registrazione ed anche di valutazione dei dati, ed è opportuno ricordare che l'alba della ricerca scientifica è coincisa con la fabbricazione dei primi microscopi, telescopi, orologi ed altri strumenti, sempre più precisi, di osservazione e di misurazione. La raccolta dei dati quantitativi e delle osservazioni permette di elaborare un quadro rappresentativo e descrittivo del fenomeno quanto più fedele possibile.

La seconda fase consiste nel mettere in relazione l'insieme delle osservazioni e dei dati raccolti con altri fenomeni o con altri aspetti dello stesso fenomeno di cui siano già note le leggi, e nell'uso dell'intelligenza per escogitare una o più ipotesi interpretative. Si devono utilizzare tutte le leggi note utili e gli strumenti logici e matematici più adatti per consentire l'elaborazione di un quadro interpretativo che dia ragione del fenomeno studiato: impresa non facile, dato che si tratta di scoprire la causa che porta necessariamente al prodursi di quel fenomeno alla luce di tutte le leggi esistenti. In diversi settori la necessità di dover procedere a ritroso ha comportato a volte la successiva revisione di leggi precedentemente acquisite e la loro integrazione in leggi più complesse, e la scienza afferma lealmente che qualsiasi formulazione teorica alla quale perviene deve essere considerata provvisoria, alla luce dell'eventuale disponibilità di nuovi dati sperimentali che possono condurre ad una formulazione teorica più completa e soddisfacente.

Infine vi è una terza fase, molto importante, che consiste nella messa a punto e nell'esecuzione di esperimenti che confermino e convalidino un'ipotesi e producano i risultati previsti. Un effetto deve cioè essere prima previsto, alla luce di un'ipotesi sviluppata, e poi confermato da uno o più esperimenti. Solo a questo punto un'ipotesi o una teoria diventano conoscenza scientifica convalidata, che si traduce in un effettivo potere per gli esseri umani, mettendoli in grado di agire in modo più efficace per il perseguimento dei loro scopi (positivi o negativi che siano). Come si vede, le prove a cui la conoscenza scientifica deve sottostare prima di divenire tale hanno un carattere vincolante, che non lascia più adito a dubbi qualora i risultati attesi vengano confermati. La migliore garanzia nei confronti della validità della ricerca scientifica è data dal carattere sperimentale della scienza, e gli scienziati dovrebbero essere sempre pronti a sospendere il giudizio su qualsiasi teoria non suffragata da convalide sperimentali. Sotto questo aspetto lo scienziato è molto meno libero del filosofo, il quale può esercitarsi nell'ambito della ragione, della logica e della creatività del pensiero senza dover sottostare all'onere della prova sperimentale.

Limiti nell'applicazione completa del metodo a tutti gli ambiti della conoscenza

Si può allora affermare che tutto ciò che fa parte o che viene considerato come oggetto della ricerca scientifica sia stato sottoposto alla verifica delle tre fasi sopra descritte? No, e non per un limite della scienza né per mancanza di correttezza da parte degli scienziati, ma a causa dell'estrema complessità di molti dei fenomeni studiati. L'obiettivo è sempre quello di utilizzare il metodo scientifico in tutta la sua estensione, ma quanto più complesso è l'ambito della ricerca, tanto più tempo sarà necessario per fare progressi nella prima fase e per sviluppare la seconda fase. Sotto questo aspetto la scienza è ancora giovane e deve percorrere molta strada. La fisica e la chimica di base, avendo come oggetto di studio le sostanze e le forze dell'universo fisico nella loro manifestazione relativamente più semplice, hanno sviluppato le loro indagini ad un livello approfondito, riuscendo a dar conto non solo delle leggi che regolano i fenomeni, ma anche di alcuni dei rapporti di causa ed effetto che ne sono alla base, alla luce dei modelli interpretativi escogitati. Il fisico di oggi non si accontenta di aver scoperto le leggi che governano la gravità o che collegano la massa all'energia, ma si domanda perché in quest'universo debbano esistere la massa e la gravità. Il livello di rappresentazione teorico elaborato deve poter dar conto di ciascuno di questi aspetti, e deve essere in accordo con tutti i successivi sviluppi che portano alla complessità del mondo come noi lo conosciamo. Proprio queste esigenze hanno fatto sì che dal modello relativamente semplice, anche sotto il profilo intuitivo, dell'atomo di fine '800, si sia arrivati ai nostri giorni alla complessità, molto più spinta e per niente intuitiva, della fisica delle particelle subatomiche. Ma quando oggetto dell'indagine scientifica diventa la complessità della vita come noi la conosciamo, la fase descrittiva è tuttora in corso. Si tratta di una descrizione per molti aspetti approfondita, che dà conto del modo in cui i fenomeni si svolgono, ma offre un quadro ancora incerto sui rapporti di causa ed effetto che li legano. Per esempio, la descrizione della funzione clorofilliana nelle piante offre un quadro completo di ogni singola reazione chimica mediante la quale l'energia solare trasmessa dai fotoni viene immagazzinata all'interno delle sostanze prodotte. Oppure, la decifrazione del codice genetico ci permette di approfondire la conoscenza del modo in cui i singoli geni determinano la costituzione ed il funzionamento di parti del corpo. Tuttavia il motivo per cui le cose debbano funzionare così, e non in modo diverso, in gran parte ci sfugge.

Il film della storia della vita sulla Terra

Per quanto riguarda la storia della vita sulla Terra, possiamo rappresentarcela come un film composto di tanti singoli fotogrammi, al cui inizio è rappresentato un pianeta privo di vita, ed alla fine si vede la vita dei nostri giorni, umanità inclusa. Molti dei fotogrammi presenti nel film sono oscurati, mentre in alcune parti i fotogrammi interpretabili sono più frequenti. Quanto più ci avviciniamo alla fine, tanto più frequenti sono le serie di fotogrammi nitidi. Abbiamo l'impressione che il film racconti una storia che abbia, per così dire, una trama, ma l'interpretazione di questa trama è per ora insoddisfacente. Il contenuto dei singoli fotogrammi non è stato stabilito in modo arbitrario, ma è stato determinato dagli scienziati sulla base delle connessioni interdisciplinari e delle osservazioni disponibili nel mondo attuale. Un fotogramma che venga fatto risalire a tre miliardi di anni fa non corrisponde certo ad una fotografia della Terra scattata in quell'epoca, ma è una ricostruzione per quanto possibile coerente e convincente di un quadro di fenomeni ricavato sulla base delle evidenze e delle conoscenze attuali. Per essere coerente, il quadro deve essere in accordo tanto con tutti i fotogrammi precedenti quanto con quelli successivi: ognuno dei fotogrammi precedenti deve avere in sé le premesse che consentano il potenziale sviluppo di una condizione che porterà ad uno dei fotogrammi seguenti, ciascuno dei quali deve poter essere interpretato sulla base di quanto contenuto nei fotogrammi precedenti.

Il lavoro compiuto fino ad oggi dagli scienziati che investigano il passato per ricostruire questo film è eccellente. L'indagine è arrivata ad uno stato di accuratezza in certi casi straordinario, reso possibile non solo dal fatto che molte tracce ed indizi del passato sono giunti sino a noi sotto forma di reperti fossili databili con buona approssimazione, ma anche dalla compresenza, nel mondo attuale, di un certo numero di forme viventi (dai batteri alle alghe, dai protozoi alle spugne) che rappresentano, nei fotogrammi del passato, il maggior livello di organizzazione raggiunto dalla vita in quell'epoca. Tuttavia, quanto più procediamo a ritroso nel tempo, tanto più i fotogrammi diventano rari o sfocati. Come già descritto nella pagina sull'origine della vita, c'è soprattutto un periodo in cui l'assenza di fotogrammi ci lascia insoddisfatti, ed è quello relativo al passaggio dalla fase delle sostanze non viventi a quella degli organismi viventi unicellulari. Proprio la mancanza di tracce affidabili, e la presenza di un quadro ambientale molto diverso da quello attuale, fanno sì che al presente i diversi gradi del passaggio dalle sostanze organiche più semplici a quelle già dotate di un elevato grado di organizzazione (contenuta all'interno di un involucro di protezione e di interazione con l'ambiente esterno) e della capacità di accrescersi e di autoreplicarsi mediante un codice informatico, siano oggetto di ipotesi ancora da verificare sul piano sperimentale.

Mutamenti ambientali

Quello che più sorprende nella percezione di queste fasi iniziali del film è il fatto che ogni grado della trasformazione diventa elemento indispensabile per i livelli successivi: una serie di trasformazioni chimiche che si producono all'interno di un ambiente, proprio a causa delle condizioni ambientali presenti (in termini di sostanze e di cicli energetici), trasforma l'ambiente stesso, rendendolo idoneo ad una serie di nuove trasformazioni, che non avrebbero potuto aver luogo nell'ambiente primitivo. Come si è visto, questo significa che le sostanze sono in grado di immagazzinare informazione: in base a questo requisito, i risultati di determinate reazioni chimiche prodotte da eventi energetici temporanei non si annullano col venir meno della cause che li hanno provocati, ma diventano stabili modificando le condizioni ambientali iniziali in modo permanente. L'universo fisico doveva dunque essere predisposto fin dalle origini affinché questi fenomeni di trasformazione sempre più complessi potessero svolgersi nel momento e nel luogo in cui si presentavano le condizioni ambientali adatte. Il tempo infatti è un fattore fondamentale della trasformazione dell'universo: è l'elemento essenziale grazie al quale il film della storia della vita sulla Terra ci mostra fotogrammi diversi via via che i secoli passano.

Strutture individuali

Ma c'è un altro fenomeno presente sin dalle fasi iniziali dell'espansione dell'universo che colpisce l'osservatore e che crea non pochi problemi agli scienziati: potremmo definirlo individuazione. Gli esseri viventi si presentano come individui, ciascuno distinto e separato dagli altri, sia che si tratti di organismi unicellulari che di organismi pluricellulari. Ma anche i corpi celesti, stelle e pianeti, si presentano come individui, separati gli uni dagli altri da enormi spazi semivuoti, e le loro caratteristiche, comprese le reciproche distanze, diventano elementi necessari affinché su alcuni di essi possano esistere le condizioni ambientali che portano allo sviluppo della vita. Allora, nell'ipotesi che nella fase iniziale tutto l'universo fosse caratterizzato da una condizione energetica indifferenziata, si è resa necessaria qualche forma di discontinuità che ha rappresentato una sorta di informazione iniziale fondamentale. A questo punto vengono spontanee due domande. La prima è: da cosa ha origine l'informazione necessaria perché si produca un processo così complesso come la vita? E la seconda: perché noi esseri umani ci possiamo porre la prima domanda? (Non so se, a modo suo, anche un cavallo si ponga questa domanda, ma ne dubito). Queste domande sono del tutto legittime nell'ambito della conoscenza, ma allo stato attuale la scienza non è in grado di dare loro risposte soddisfacenti. Forse le risposte a molte domande saranno date in un futuro ancora remoto, ben al di là della nostra avventura terrena, ma se la scienza dovesse rimuovere certe domande, dichiarandole non di sua pertinenza, dimostrerebbe di non avere le risorse per conseguire una conoscenza completa.

Origine ed organizzazione dell'informazione

In risposta alla prima domanda, abbiamo ipotizzato che tutta l'informazione dovesse essere già contenuta a livello potenziale nell'energia che costituiva la fase iniziale dell'universo. In alternativa dovremmo credere che l'informazione sia stata immessa gradualmente e progressivamente nella struttura fisica presente in una certa epoca, una volta che fossero presenti le condizioni adatte alla sua codifica ed alla sua conservazione. Senza voler qui affrontare la questione di quale nome (cioè di quale etichetta) dare alla sorgente dell'informazione, è importante riconoscere che nell'informazione stessa risiede la qualità creativa dell'universo. Da qui nasce l'esigenza, avanzata da alcuni scienziati, di elaborare teorie che considerino l'universo come un unico immenso sistema interconnesso, o come un ologramma, ed in ogni caso come qualcosa in cui ogni fase, spazio e tempo inclusi, sia collegata a tutte le altre fasi.

La seconda domanda deriva dal fatto che ad un certo punto, nell'evoluzione del processo della vita, fa la sua comparsa la coscienza (e l'autocoscienza) di certi organismi viventi. Chi si pone la domanda? Se la pone l'io cosciente, mediante il mio cervello, oppure mediantebil cervello di qualcun altro degli esseri umani viventi. Come si è visto nella pagina sull'origine dell'umanità e della coscienza, ogni persona è un organismo dotato di coscienza e può essere in grado di elaborare l'informazione in modo creativo. È vero che nella nostra epoca l'evoluzione della conoscenza può procedere solo attraverso lo scambio di informazioni tra gli esseri umani, ed un singolo individuo, per quanto intelligente e dotato, potrebbe fare poca strada se lasciato in un'isola deserta e privo di mezzi di comunicazione. Il suo cervello ed il suo intuito gli consentirebbero senz'altro un certo progresso individuale nell'elaborazione delle informazioni già in suo possesso, ma l'impossibilità di essere informato sui nuovi dati acquisiti da altri ricercatori e la mancanza di strumenti di ricerca tecnologicamente avanzati gli impedirebbero di tenere il passo con l'evoluzione della conoscenza scientifica. Potrebbe comunque impegnarsi con successo in alcune attività tipicamente mentali, come lo sviluppo di qualche teoria filosofica o di una branca della matematica. Il contributo individuale all'elaborazione dell'informazione è sempre indispensabile, ed è il genio di pochi che fa compiere alla conoscenza decisivi passi avanti, ma il continuo incremento della complessità e della quantità di informazioni da gestire fa sì che il progresso della scienza sia sempre più affidato alle interconnessioni, ai network di cervelli (e ai nostri giorni anche di computer), oltre che ai singoli individui.

L'elaborazione dell'informazione ed il supporto fisico del cervello

A questo punto la nostra seconda domanda prende una nuova forma: questa facoltà umana che determina la coscienza e la capacità di elaborare l'informazione in modo creativo risiede esclusivamente nel cervello o richiede anche la presenza di qualcosa di distinto da esso? Il fatto che il cervello sia determinante ed indispensabile per l'elaborazione delle informazioni e per l'attivazione dei programmi mentali è indiscutibile ma, come si è già visto, l'informazione è qualcosa di diverso dal supporto fisico che la contiene o che la trasmette, ed anche un programma di elaborazione dell'informazione è qualcosa di distinto dal supporto mediante il quale opera. Si tratta di due aspetti, l'uno fisico e l'altro non fisico, intimamente connessi, nessuno dei quali può funzionare senza l'altro. Ed infatti non è certo l'esistenza del nostro cervello, in sé e per sé, a darci la conoscenza: se così fosse, gli esseri umani disporrebbero di conoscenze straordinarie già da migliaia di anni. Quello che conta sono le informazioni, i dati, le nuove elaborazioni, le intuizioni ed anche le scelte. Ma a tutt'oggi, data la complessità del cervello e la difficoltà di studiarne il funzionamento, non abbiamo ancora elementi sufficienti per offrire risposte a queste domande. Inoltre, per quanto riguarda il senso della vita, se nel caso degli esseri viventi meno evoluti l'assenza di una funzione cosciente ed autocosciente non pone problemi nel valutare ogni singola esistenza individuale come tassello o ingranaggio necessario al prodursi del quadro complessivo del fenomeno, una volta che la coscienza fa la sua comparsa nella vita degli animali superiori le cose cambiano. Quando poi si arriva all'io degli esseri umani intervengono elementi di valutazione e di giudizio che non possono essere eliminati o ridotti al silenzio: anche di questo la scienza, prima o poi, dovrà farsi carico.

Tornando alle considerazioni sull'elaborazione e sulla trasmissione dell'informazione, noi esseri umani, attraverso la nostra coscienza, abbiamo la possibilità di decodificare il messaggio relativo all'evoluzione della vita del quale siamo destinatari. Che questo avvenga mediante l'attività del nostro cervello non deve meravigliarci, né può essere considerato in conflitto con altre ipotesi. Il cervello, infatti, è lo strumento indispensabile affinché questo tipo di informazione, insieme a molte altre, possa pervenire in questa dimensione. Come si vedrà meglio a proposito della psiche umana, i programmi di cui possiamo essere destinatari e portatori sono i più diversi e dipendono, oltre che dal funzionamento del nostro cervello, anche dalle storie delle nostre vite: dunque da tutti i segnali, le informazioni ed i condizionamenti che abbiamo ricevuto e che sono stati elaborati dal nostro cervello dall'inizio della nostra vita in poi. Accade, in certi casi, che la mente umana sia assoggettata anche a programmi di odio, di rabbia, di violenza, di insensatezza e di follia, ma proprio in relazione a questo stato di cose è necessario separare la coscienza dell'essere umano dall'assurdità di un'esperienza in cui si può venire a trovare per cause che non conosce e che non riesce a controllare.

Esperienze coscienti e loro significato

Apriamo una parentesi: se esaminiamo esperienze particolari, come le NDE (si veda la sezione ad esse dedicata), si evidenzia un insieme di informazioni relative ad una condizione che per molti aspetti risulta quasi antitetica rispetto a quella umana. In queste esperienze compare non di rado un essere luminoso che irradia un amore di una potenza che va oltre qualsiasi esperienza umana, un amore incondizionato che infonde sicurezza, immensa felicità e senso di appartenenza, un amore che fa sentire finalmente a casa. Un altro aspetto che a volte si verifica è la revisione della propria vita in compagnia di questo essere di luce. Non vi è mai la sensazione di essere giudicati, e meno che mai condannati. Vi prevale invece un senso di comprensione e di conforto, non disgiunto in qualche caso da un benevolo umorismo. Semmai è il soggetto stesso che, nel percepire quanto vi è stato di disarmonico nella propria vita, soprattutto in relazione alle sofferenze causate agli altri dai nostri atti, sente con rammarico l'inadeguatezza della propria capacità di controllare in modo positivo una condizione così difficile quale è quella della vita umana.

Nella loro maggioranza, le esperienze narrate da chi è passato attraverso una NDE non vengono percepite come fantasie o avventure oniriche, ma hanno lo spessore e l'impatto di un vissuto reale, che talvolta presenta una qualità di realtà percepita come superiore a quella del nostro normale stato di veglia. Anche la registrazione nella memoria di tali eventi risulta profonda e duratura, pari o talvolta superiore a quella degli episodi della nostra vita che hanno determinato il maggior coinvolgimento emotivo e sentimentale. Pertanto, sempre alla luce dell'importanza dell'elaborazione e della trasmissione dell'informazione, possiamo affermare che tramite le NDE ci perviene un messaggio informativo da non sottovalutare, un messaggio diverso rispetto a quelli provenienti dall'osservazione scientifica dell'evoluzione della vita sulla Terra e che spesso viene sentito come rappresentazione di una nostra fondamentale e profonda essenza.

La questione se tali messaggi debbano essere considerati in tutti i casi un'elaborazione dovuta all'attività del cervello, come ritengono vari ricercatori, oppure possano essere trasmessi talvolta in assenza di attività cerebrale, come sostiene qualcuno, è senza dubbio importante, ma non è l'aspetto essenziale. Anche se allo stato attuale le conoscenze scientifiche sul modo in cui il cervello elabora l'informazione, e soprattutto un tipo di informazione come quella presente in diverse NDE, sono insufficienti per poter trattare l'argomento con adeguata sicurezza, quand'anche fosse dimostrato che le NDE siano in ogni caso riconducibili all'attività cerebrale, questa specie di canto del cigno del cervello costituirebbe un'esperienza della massima importanza, che potrebbe comportare fenomeni come l'uscita dal tempo e dallo spazio, la ricezione di informazioni appaganti e confortanti sul significato della vita, il coinvolgimento emotivamente intenso ed estatico in un'onda d'amore infinito ed onnicomprensivo: fenomeni che possono essere considerati fondamentali anche in relazione ad un possibile stato di transizione della coscienza, in modo da tener conto del significato della vita dell'io cosciente.

Decodifica dell'informazione

Ancora una volta va tenuta presente l'impostazione della teoria dell'informazione, in base alla quale l'informazione stessa, comunque elaborata, ha sempre un destinatario che deve essere in grado di decodificarla. Tutti gli sforzi della scienza sono orientati in questa direzione. Se così non fosse, l'universo sarebbe un sistema assurdo ed illusorio, e tali sarebbero i nostri sforzi verso la sua conoscenza (tesi peraltro coerentemente sostenuta da qualche filosofo). Se noi non avessimo la facoltà di decodificare l'informazione presente nell'universo, la nostra condizione umana sarebbe quella di vittime – prive di difesa – di un'illusione, di un inganno colossale senza vie di uscita: una condizione che potrebbe portare alla disperazione più completa. Ma proprio l'esistenza della possibilità di decodificare l'informazione ha come premessa inevitabile il fatto che essa sia stata codificata e trasmessa, anche tramite l'elaborazione compiuta dal cervello generazione dopo generazione. Dobbiamo comunque ipotizzare, per coerenza logica, una sorgente, un sistema di trasmissione e di elaborazione, ed un destinatario: in caso contrario, non vi potrebbe essere alcun significato nella sua decodifica. Accertato che il cervello è lo strumento di trasmissione e di elaborazione dell'informazione di cui disponiamo in questa dimensione fisica, non vi sono elementi nelle attuali conoscenze scientifiche che consentano di escludere la possibilità dell'esistenza di altri sistemi di trasmissione ed elaborazione dell'informazione in dimensioni diverse. La stessa fisica non solo non esclude ma anzi ipotizza l'esistenza di altri universi paralleli diversi da quello nel quale viviamo, ma con esso coesistenti. Si può anche immaginare che la morte implichi una transizione dall'uno all'altro di questi universi, e l'evoluzione futura delle conoscenze scientifiche potrebbe riservare qualche sorpresa anche sotto questo aspetto.

Cultura scientifica ed ipotesi di sopravvivenza della coscienza individuale

Detto questo, la difesa ragionevole di eventuali ipotesi relative alla sopravvivenza della coscienza dopo la morte va intesa nel senso di poter prendere in considerazione, in modo non conflittuale con quanto la scienza ha fino ad oggi dimostrato, la possibilità che la coscienza individuale possa essere sintonizzata su altre dimensioni senza perdere dal tutto la continuità con la vita trascorsa dall'io cosciente sul piano umano. Questo non implica nessuna pretesa di poter dimostrare scientificamente la sopravvivenza dell'io cosciente alla morte cerebrale, ma solo la possibilità di verificare se tale ipotesi sia in conflitto con le attuali conoscenze scientifiche. Se decidessimo di evitare tale confronto, pur restando liberi di credere in qualsiasi cosa, compiremmo un atto di fede consistente in un'assoggettazione acritica ad un particolare nucleo della psiche. La fede può permettersi di ignorare la scienza e perfino di contrastarla, ma nel far questo va contro le ragioni dell'intelletto, dato che la conoscenza scientifica consiste nell'esercizio dell'intelligenza al suo più elevato livello, alla ricerca delle leggi che regolano la dimensione fisica e la vita.


 

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