Definizioni |
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Ritengo necessario chiarire ed approfondire il significato di alcuni dei termini utilizzati frequentemente in questo sito, dato che l'accezione con cui sono e sono stati impiegati dai vari autori non è uniforme, ma dipende dall'orientamento psichico degli autori stessi e dall'evoluzione storica dell'ambito culturale nel quale i relativi concetti si sono formati o si sono trasformati. I termini non sono elencati in ordine alfabetico, ma in base ad una correlazione del loro significato ed all'importanza che un termine può avere per la comprensione di quelli che seguono. I termini evidenziati in neretto sono definiti nelle voci seguenti. Coscienza L'unica funzione che io attribuisco alla coscienza è quella di stabilire un collegamento tra l'io ed i nuclei della psiche sintonizzati ed elaborati tramite l'attività mentale. La coscienza viene intesa come un fascio luminoso più o meno intenso che, quando è acceso, permette di percepire e di riconoscere gli eventi della psiche ben illuminati ed alcuni di quelli che sfumano verso la zona d'ombra, mentre quando è spento non lascia vedere niente. La stessa percezione che l'io ha della propria esistenza e della propria identità (autocoscienza) dipende dalla coscienza: in assenza di coscienza infatti l'io non esiste, anche se un osservatore esterno potrebbe registrare certe attività dell'organismo al quale l'io è collegato, e da alcune di queste manifestazioni potrebbe dedurre la presenza di un'attività mentale e perfino di elementi della psiche. Un tipico esempio di questa condizione è rappresentato dai bambini piccoli in età precosciente (in genere prima dei due anni), i quali reagiscono agli stimoli ambientali ed interagiscono con gli adulti, possono ridere o piangere e manifestare delle emozioni, tanto che dal loro comportamento un osservatore esterno sarebbe indotto ad ipotizzare la presenza di un io cosciente, laddove invece la coscienza è ancora assente. Questo non significa che attività, eventi e contenuti che hanno avuto luogo nello stato di incoscienza di un individuo non possano essere in seguito riportati nella coscienza dello stesso ed entrare a far parte del bagaglio di esperienze registrate dalla sua memoria, tuttavia ogni esperienza può acquistare significato e realtà per l'io solo dal momento in cui diventa almeno in parte cosciente, o comunque produce effetti di sollecitazione, di desiderio o di conflitto che vengono registrati dalla coscienza per essere trasmessi all'io, che con essi si confronta. Il termine coscienza non viene mai utilizzato in questo sito per indicare una funzione di valutazione di tipo etico o morale. Io L'io è il nucleo di identità individuale e personale col quale facciamo esperienza cosciente della vita umana. Presupposto indispensabile per l'autopercezione dell'esistenza dell'io è che la coscienza sia attiva. In mancanza di coscienza non vi è nemmeno un io, anche se l'io può ricomparire col ritorno della coscienza dopo un periodo di blackout. L'io e la coscienza sono dunque strettamente collegati, e l'io costituisce il soggetto di riferimento essenziale di tutta la vita interiore. Per quanto l'io sappia dell'esistenza di altri io, la sua esperienza diretta è legata alla propria interiorità, mentre le relazioni con gli altri esseri umani (e con i loro io) sono mediate dal comportamento, da forme di comunicazione di tipo prevalentemente verbale o da connessioni di tipo empatico. L'immedesimazione completa con un altro io è impossibile, anche se vi sono diversi gradi di empatia e di compartecipazione emotiva che permettono ad un io di intuire le esperienze di un altro io. L'io sperimenta costantemente, tramite la coscienza, gli effetti della psiche che lo coinvolgono. Di solito il coinvolgimento è talmente forte che l'io si identifica con le esperienze della propria psiche, restando come irretito nelle stesse. L'io dispone tuttavia di alcune risorse di cui si può servire, con maggiore o minore efficacia, per gestire le proprie esperienze ed ottenere determinati risultati che corrispondono a quelle che sente ed interpreta come proprie finalità. Anzitutto può dirigere intenzionalmente la propria attenzione, facendo in modo che la coscienza metta più a fuoco determinate esperienze a preferenza di altre. L'attività dell'intento si esplica inoltre nel ricordare, cioè nel richiamare alla coscienza, tramite la memoria, determinati eventi accaduti o informazioni acquisite nel passato, oppure nel dimenticare, cioè nel cercare di inibire l'affioramento nella coscienza di effetti della psiche dolorosi o comunque non voluti, o ricordi indesiderati. Un'altra facoltà dell'intento dell'io è quella di dirigere il pensiero, nel senso più ampio del termine. L'attività mentale, infatti, può essere creativa, anche se le modalità con le quali la creatività opera sfuggono alla nostra comprensione. Una nuova idea, una nuova concezione, sono sempre il risultato di un processo mentale che si svolge con la collaborazione intenzionale dell'io, ma senza che l'io possa controllarlo a comando. Termini come invenzione o scoperta rendono bene l'idea di qualcosa che ad un certo punto trova una propria forma che diventa cosciente e di cui l'io può disporre, secondo le proprie intenzioni, senza sapere come l'idea creativa si sia formata. Tuttavia l'attenzione intenzionale, con la quale l'io rende operativi determinati processi mentali (e dunque cerebrali), ne favorisce i risultati creativi. La stessa cosa vale per i pensieri, che possono essere considerati come forme creative espresse verbalmente, quando siano finalizzati alla costruzione di un racconto o allo sviluppo di un ragionamento. Lo stato mentale perseguito dall'io mediante l'intento è tale da agevolare l'emergere dei pensieri come forme verbali già organizzate, pronte per essere esaminate e valutate dall'intelletto nella loro efficacia comunicativa. Altre forme di pensiero possono essere caratterizzate dalla prevalenza di elementi visionari, organizzati anche in scene dinamiche a sviluppo temporale: in questo caso si può attribuire alla mente una facoltà creativa (o mnemonica) che si manifesta tramite l'immaginario o la fantasia. L'intento si traduce in volontà quando è sostenuto dalla determinazione da parte dell'io di ottenere qualcosa, un risultato o uno scopo, con un certo impegno di energia mentale. Sebbene, come si vedrà meglio in seguito, l'attività dell'io sia stimolata soprattutto da comandi e da desideri, la cui origine psichica relega in genere l'io ad un ruolo subordinato di operatore inconsapevole, l'io stesso compie delle scelte coscienti e decide le attività, i comportamenti e le strategie da adottare. Per ottenere ciò che si propone sotto il profilo operativo e creativo, l'io utilizza le facoltà di elaborazione proprie dell'attività mentale. Psiche Per psiche intendo tutto ciò di cui l'io fa esperienza tramite la coscienza, e che costituisce l'essenza della vita interiore di ogni essere umano. La psiche si manifesta in nuclei che possono essere classificati, anche in base all'azione emotiva e condizionante esercitata sull'io, in varie categorie, come ad esempio sensazioni, pensieri, sentimenti, desideri, emozioni, sogni, fantasie, ecc. L'esperienza di ciascun io, ovviamente, si arricchisce e si trasforma nel tempo, ma resta sempre parziale rispetto alla totalità delle esperienze della psiche di tutti gli esseri umani. D'altra parte, poiché è proprio il collegamento con l'io cosciente che dà senso e vita alla psiche umana, la stessa, nella sua globalità, non può essere sperimentata da nessun essere umano. Come abbiamo già osservato, l'io è talmente coinvolto dalle dinamiche della psiche che sperimenta da identificarsi con esse, in particolare nelle interazione interpersonali, nel corso delle quali nuclei diversi provocano reazioni quasi immediate. Il processo di differenziazione dell'io dalla propria psiche viene invece favorito dall'isolamento e dalle attività mentali di tipo riflessivo o meditativo, che agevolano la concentrazione dell'attenzione sulle manifestazioni della psiche. Ovviamente, tutti quegli aspetti della psiche di cui un io non fa esperienza restano per lui ignoti, e di conseguenza si può parlare, sotto questo aspetto, di una psiche della quale non si ha coscienza. Tuttavia è preferibile riferirsi ad un'attività mentale inconscia presente in ogni individuo, per indicare quei processi che avvengono mediante l'attività neurale del nostro cervello, dei quali non siamo coscienti, ma che possono influenzare l'emergere nella coscienza di determinati nuclei della psiche. Diversi aspetti della psiche restano per l'io enigmatici, anche se si può presumere che la psiche, la cui essenza resta sconosciuta, abbia subito un percorso evolutivo i cui inizi possono essere ricondotti all'origine della vita sulla Terra. Se consideriamo le trasformazioni che si producono per effetto delle dinamiche che coinvolgono l'io, possiamo distinguere tre fasi. Nella prima l'io è sostanzialmente passivo nei confronti delle proprie esperienze, e riceve dall'esterno gli stimoli, le informazioni ed i condizionamenti socioculturali che determinano gran parte delle sue decisioni e dei comportamenti programmati del suo organismo. La seconda fase prevede invece l'elaborazione, mediante l'attività mentale stimolata intenzionalmente dall'io, di nuovi nuclei che possono rappresentare un'evoluzione rispetto a quelli precedentemente sperimentati. Infine, vi può essere una terza fase nella quale l'io trasmette ad altri individui – tramite forme di comunicazione o stimoli attivi – i nuovi nuclei della psiche elaborati dalla propria mente. Nella maggior parte degli individui la prima fase è prevalente. La complessità del fenomeno della psiche potrebbe dunque derivare, almeno in parte, dalle elaborazioni compiute dalle miriadi di organismi vissuti nel passato e viventi nel presente, e dalle interazioni tra questi organismi. Tuttavia la psiche presenta degli aspetti peculiari che, restando del tutto sconosciuti, non solo sfuggono ad ogni controllo da parte dell'io, ma ne determinano il funzionamento, lasciando aperta la porta al fondato sospetto che l'io stesso non sia altro che una funzione automatica al servizio della psiche. La psiche umana, nel suo insieme, non presenta le caratteristiche di un fenomeno omogeneo, ma appare divisa al suo interno in regioni complesse che presentano aspetti contrastanti e tra loro conflittuali. Quando due o più di questi nuclei in conflitto tra loro lo coinvolgono, l'io si sente diviso, ed in certi casi la conflittualità può essere così forte da provocare l'insorgere di personalità secondarie o multiple. L'esperienza umana cosciente di effetti della psiche conflittuali ha portato all'elaborazione di diverse rappresentazioni simboliche bipolari – sempre originate dalla psiche – che danno un'idea della tensione alla quale l'io è sottoposto in quanto soggetto al servizio della stessa: luce e tenebre, bene e male, angeli e demòni, bontà e cattiveria, santità e malvagità, amico e nemico, pace e guerra, progresso ed involuzione, e così via. Sebbene ciascuna di queste antinomie possa essere considerata solo per il suo valore simbolico, gli effetti reali nella vita umana della conflittualità esistente tra le regioni della psiche sono evidenti ed innegabili. Coloro che vogliono ricondurre ogni fenomeno conflittuale alla volontà degli esseri umani – cioè, in ultima analisi, all'io – dimenticano che l'io è fondamentalmente controllato dalla psiche e può avere una certa capacità di controllo solo su determinati effetti della stessa. Attività mentale - Mente - Cervello L'attività mentale può essere considerata come la percezione interiore dell'attività cerebrale: mentre quest'ultima viene osservata fisicamente dall'esterno, e viene descritta in termini di attività biochimica ed informatica dei neuroni e delle reti neurali, l'attività mentale viene percepita dall'io tramite la coscienza. Per esempio, se io penso, o sogno, all'attività cerebrale che rende possibile il pensare o il sognare corrisponde un'attività mentale che mi fa percepire i miei pensieri o i miei sogni. Quando ancora non si avevano sufficienti conoscenze sul funzionamento del cervello, l'interpretazione prevalente poteva attribuire l'attività mentale ad un'entità separata dal corpo, designata con termini come anima o spirito. Ai nostri giorni le informazioni derivanti dallo studio del cervello e delle sue funzioni inducono a ritenere che, almeno in condizioni normali, ad ogni attività mentale corrisponde sempre un'attività cerebrale. Per i riduzionisti, che vorrebbero risolvere il dualismo mente-cervello, l'unica attività reale è quella del cervello, e l'attività mentale non è altro che l'effetto percepito interiormente dell'attività del cervello. Non mi sembra tuttavia che in questo modo la dicotomia possa essere risolta (e su questo concordano anche diversi scienziati), quanto meno perché l'attività del cervello sembra assimilabile a quello che in termini informatici può essere considerato come il funzionamento fisico di un hardware, mentre l'attività mentale sembra dovuta piuttosto ai diversi aspetti del software che viene acquisito dal cervello e che viene eseguito in base ai sistemi programmati. Vi sono inoltre alcuni casi (per i quali si rimanda alla sezione sulle NDE) nei quali si può avere qualche dubbio se, in corrispondenza di un'indubbia attività mentale, sia presente anche un'attività cerebrale, dato che alcune funzioni dell'organo potrebbero essere compromesse dalle condizioni critiche in cui viene a trovarsi. L'attività mentale può essere anche inconscia, così come inconsci sono praticamente tutti quei processi dell'attività cerebrale che possono essere osservati, in particolari condizioni di laboratorio, dall'esterno, ma dei quali non abbiamo alcuna conoscenza interiore diretta. Inconscio Come si è visto nelle pagine dedicate all'inconscio, questo termine – utilizzato come sostantivo – ha un significato ambiguo ed incerto, mentre più chiaro e comprensibile è il suo uso come aggettivo. Anziché definire il termine, ritengo che sia meglio approfondire i seguenti tre aspetti che, nella letteratura specialistica, vengono a volte ricompresi – in una forma o nell'altra – nel concetto di inconscio: subconscio, attività mentale inconscia, Sé subliminale. Subconscio È un aggettivo che definisce tutti i ricordi di eventi accaduti, informazioni acquisite, o esperienze originate dalla psiche, di cui abbiamo avuto coscienza in passato, e che possono essere richiamati alla memoria mediante uno sforzo intenzionale da parte dell'io. Quello che è stato sperimentato tramite la coscienza, ma che non può più essere richiamato alla memoria, diventa materiale inconscio. In certi casi, particolari stimoli provenienti dall'ambiente (anche sotto forma di tecniche ipnotiche o di sollecitazioni attuate con finalità terapeutiche) fanno emergere nella coscienza materiale della psiche che precedentemente veniva considerato come inconscio. In questi casi tuttavia è opportuno eseguire delle indagini di convalida della corrispondenza tra i ricordi emersi e fatti realmente occorsi (o eventi della psiche realmente sperimentati) nel passato, perché talvolta ciò che viene registrato dalla coscienza sono falsi ricordi relativi a fantasie ritenute vere. Attività mentale inconscia Il funzionamento del cervello non viene registrato direttamente dalla coscienza dell'io, dunque l'attività cerebrale è in gran parte inconscia per sua natura. L'attività mentale associata all'attività del cervello viene considerata inconscia quando produce degli effetti (emotivi, di comportamento, ecc.) che, osservati dall'esterno, possono dare l'impressione di essere registrati e coordinati da un io cosciente, mentre invece non rientrano nel campo di coscienza del soggetto di riferimento. Un caso tipico di attività mentale inconscia è quello (già citato) dei bambini piccoli, di età inferiore alla comparsa delle prime forme di coscienza, i quali possono presentare reazioni agli stimoli e comportamenti ben coordinati, tanto da far pensare che il bambino sia dotato di un io cosciente. Un altro esempio è dato dalle azioni, anche complesse, compiute da soggetti in stato di sonnambulismo o di ipnosi, i quali, al risveglio, non hanno ricordi coscienti di ciò che è accaduto, né del modo in cui il loro corpo ha potuto compiere determinate azioni. Infine, esempi di attività mentale inconscia si hanno nel campo della medianità, in particolare nei casi di incorporazione (quando un'entità parla tramite il corpo del medium, che si trova in stato di trance inconscia) o di scrittura automatica (soprattutto se il medium riesce a scrivere testi diversi con le due mani, mentre il suo io cosciente è impegnato in una conversazione con qualcuno dei presenti). Sé subliminale - Sé inconscio - Inconscio collettivo Il fatto che, tramite il corpo di un essere umano dotato di un io cosciente, si possano compiere azioni e produrre effetti che esulano dal controllo di quell'io e non sono registrati dalla coscienza, ha portato alcuni studiosi ad ipotizzare la presenza di una seconda individualità associata al funzionamento dello strumento psicofisico mediante il quale l'io cosciente vive la propria vita. Questa seconda individualità potrebbe avere un proprio sviluppo, un proprio intento e finalità proprie, ma di norma nessuno di questi aspetti viene registrato dalla coscienza dell'io. In casi particolari, tuttavia, gli effetti della presenza, dell'attività e degli inconsueti poteri di cui questa seconda personalità sarebbe dotata possono affiorare nella coscienza. Alcuni studiosi attribuiscono a questa seconda personalità una propria coscienza autonoma, che ne farebbe un individuo ben distinto rispetto all'io cosciente ma in grado di influenzarne comportamenti e sintonie della psiche. Il principale teorico di questa teoria della seconda personalità inconscia fu Frederic Myers (si vedano nel merito le pagine a lui dedicate nella sezione sulla ricerca psichica), che la chiamò Sé subliminale (Subliminal Self), usando il termine «sé» anziché «io» per non rendere questa entità troppo simile all'io cosciente. Va poi ricordato che Myers si riferiva spesso alla parte più evoluta del Sé subliminale chiamandola spirito. In seguito anche altri psicologi, come Carl Gustav Jung, introdussero un concetto analogo – da Jung chiamato das Selbst, il sé – per poter offrire una spiegazione sull'orientamento verso uno scopo di determinati effetti dei processi inconsci, così come vengono registrati dalla coscienza. Se però Myers ipotizzava per il Sè subliminale una dimensione personale, in qualche modo collegata con l'individualità dell'io cosciente, altri studiosi ritenevano che l'inconscio (sostantivato) andasse considerato come un dimensione impersonale nella quale tutte le esperienze della psiche fossero contenute, registrate e, in casi particolari, accessibili da parte dei sensitivi. Nelle pagine dedicate all'inconscio sono state esaminate le radici culturali di questa concezione, di origine essenzialmente romantica, elaborata e sostenuta da filosofi come Schopenhauer, Carus e von Hartmann. Ancora una volta va ribadito l'uso improprio del sostantivo inconscio per indicare la psiche nel suo complesso. In pratica, la scoperta (non particolarmente esaltante) di questi pensatori, consisteva nel riconoscimento del fatto che – una volta eliminato culturalmente il concetto di Dio – l'io cosciente dipende dalla psiche ed è al servizio della medesima, e che – elaborando materiale della psiche nel corso della vita – esso partecipa all'evoluzione di tale energia, un processo le cui finalità non gli vengono però rivelate. Quest'idea di una dimensione della psiche indipendente dal tempo e dallo spazio, nella quale sono archiviate tutte le esperienze mentali dell'umanità, fu poi ripresa da alcuni ricercatori per spiegare fenomeni paranormali come la telepatia o la chiaroveggenza di eventi passati e futuri (ipotesi della super-ESP o super-PSI). Resta il fatto che si tratta di ipotesi che sfuggono ad ogni effettiva possibilità di verifica conoscitiva, ferma restando la realtà della psiche e del potere da essa esercitato sull'io cosciente. Nuclei della psiche - Dinamiche della psiche - Effetti della psiche L'io cosciente sperimenta la psiche in forme aggregate (nuclei della psiche) che possono essere scomposte in elementi più semplici (elementi della psiche): per esempio, l'elaborazione di un pensiero può essere associata a dei ricordi, a emozioni ed a sentimenti che si presentano tutti insieme. Anche le motivazioni associate ad un desiderio sono di natura complessa, e possono essere scomposte negli elementi relativi alla speranza di ottenere vantaggi o ricompense di tipo emotivo ed alla valutazione delle strategie mentali e di comportamento da adottare. I sogni, soprattutto quelli complessi, si presentano come nuclei della psiche comprendenti rappresentazioni sceniche dinamiche, dialoghi, ragionamenti, emozioni, sentimenti, impressioni sensoriali, ecc. L'impatto di questi nuclei della psiche sull'io, ed il grado di coinvolgimento con cui l'io si identifica con essi, viene definito come effetto della psiche. Quanto maggiore è tale effetto, tanto più si riduce la capacità dell'io di mantenere un'autonoma capacità di controllo sul proprio organismo psicofisico, come si osserva con ogni evidenza nel caso di nuclei della psiche di elevata energia come la collera, l'ira, la passione, la gelosia, ecc. Sintonie della psiche L'espressione «sintonia della psiche» viene utilizzata in questo sito per indicare l'esperienza cosciente di nuclei provenienti da regioni della psiche distanti e separate tra loro. Il termine sintonia è stato scelto per analogia con quanto avviene negli apparecchi riceventi come la radio o il televisore, nei quali lo strumento sintonizzatore determina la frequenza selezionata e di conseguenza la stazione trasmittente ed il programma ricevuto. Nel caso della psiche, una persona, via via che procede nel corso della propria vita, finisce di norma col sintonizzare un'unica gamma di frequenze della psiche, determinata prevalentemente dai condizionamenti socioculturali dell'ambiente in cui vive, dalle proprie esigenze primarie e dalle abitudini contratte. Particolari eventi critici, l'uso di sostanze psicoattive, o la prossimità della morte, possono provocare nell'individuo un cambiamento di sintonia che comporta l'attivazione di nuclei della psiche qualitativamente molto diversi, anche nei loro effetti, da quelli sperimentati abitualmente. Un esempio eclatante di cambiamento di sintonia è dato dalle NDE (si veda la sezione ad esse dedicata). Altri esempi sono presentati nella sezione sugli stati di coscienza non ordinari. Intento - Determinazione - Volontà - Attenzione L'intento è un orientamento assunto dall'io per destreggiarsi tra le diverse e spesso conflittuali esperienze della psiche nelle quali è coinvolto nel corso della vita. In genere quest'orientamento non è costante, ma cambia nel tempo, talvolta in modo brusco, via via che una persona avanza nel suo percorso della vita umana. L'intento in sé – inteso come risorsa a disposizione dell'io per mantenere l'orientamento stabilito – non cambia, ma può diventare più o meno efficace: se si rafforza, può diventare ferma o inflessibile determinazione. La volontà può essere considerata come sinonimo dell'intento, ma ritengo che sia più esatto definirla come intento applicato al perseguimento di un obiettivo concreto. Mentre l'intento può tradursi in uno stile di vita, proprio perché si tratta di un orientamento, la volontà si traduce in comportamenti finalizzati ad ottenere qualcosa, anche nei rapporti interpersonali. Comunque, nell'uso comune, il termine volontà è usato molto più frequentemente rispetto al termine intento. Si usa anche il termine intenzione per indicare un atteggiamento orientato ad ottenere o a fare qualcosa, ma con un'energia ed un impegno inferiori rispetto a quelli attribuiti alla volontà. L'attenzione può essere considerata come un controllo esercitato dall'io sulla coscienza, affinché metta a fuoco alcuni nuclei della psiche o si concentri su alcune attività mentali, in modo che i loro effetti nei confronti dell'io siano intensificati e, di conseguenza, anche la loro registrazione nella memoria risulti più incisiva ed efficace. Uno stato di intensa attenzione viene definito come concentrazione: in questo caso la coscienza si mette a fuoco su un numero ristretto di elementi, lasciandone in ombra molti altri che pure potrebbero attirare l'attenzione. Un tipico esempio è costituito dalle persone che, concentrandosi sulla soluzione di un problema, possono non accorgersi di situazioni anche pericolose. Comandi - Desideri Per comandi intendo quegli effetti della psiche che determinano attività mentali, azioni e comportamenti ai quali l'io non riesce a sottrarsi. Non si tratta dunque di automatismi esclusivamente inconsci, che – in quanto tali – sfuggono al controllo dell'io, ma di scelte obbligate che l'io cosciente compie senza un'adeguata conoscenza dei motivi e delle finalità che sono all'origine del comando stesso. Comandi sono i cosiddetti istinti di base determinati dal funzionamento del nostro organismo, o le pulsioni, o quelle attività mentali e quei comportamenti determinati da condizionamenti socioculturali che funzionano come programmi acquisiti ed inderogabili. Mentre nel caso della scelta consapevole l'io è in grado di eseguire una propria valutazione e di operare una scelta orientata dall'intento, nel caso di un comando si sente obbligato a decidere unilateralmente, anche quando l'esecuzione dell'ordine comporta una forma di sofferenza: per esempio, l'esecuzione di un dovere può risultare sgradevole per l'io cosciente, che tuttavia si assoggetta ugualmente al relativo comando, o per una valutazione fondata sul timore di conseguenze più penose nel caso in cui decidesse di non eseguirlo, o per un vantaggio futuro derivante dall'esecuzione, o anche per l'intento associato all'esecuzione di un programma basato su principi etici come il senso del dovere. In ogni caso, tramite i comandi l'io è assoggettato a determinati nuclei della psiche ed ai loro effetti. Affini ai comandi possono essere considerati i desideri, che differiscono dai comandi più che altro per l'intensità con la quale coinvolgono l'io. Normalmente i desideri si presentano come inviti rivolti all'io a fare qualcosa per ottenere qualcosa, e sono privi del senso di costrizione che si associa ai comandi: l'io mantiene la propria libertà di rinunciare al desiderio senza gravi conseguenze. Ma in certi casi i desideri più intensi si trasformano in comandi che l'io fa propri, senza ben sapere da cosa siano determinati e quali conseguenze avranno per la sua vita una volta che si sia deciso per la loro soddisfazione (come nel caso delle ambizioni o delle passioni). Comandi e desideri costituiscono l'esempio più significativo del potere che la psiche esercita sull'io e del livello di coinvolgimento derivante dagli effetti della stessa: l'io, infatti, soggiace al comando o è coinvolto da un intenso desiderio prima ancora di poter conoscere e valutare le cause che hanno determinato l'insorgere di quel comando o di quel desiderio, nonostante le conseguenze, talora disastrose, che l'esecuzione del comando o i tentativi di soddisfazione del desiderio possono comportare. In molti casi queste cause non diventano mai coscienti, ed una persona può trovarsi nella condizione di rivolgere a se stessa, per tutto il resto della sua vita, la domanda: «Ma perché l'ho fatto?». Memoria La memoria è la capacità di riportare alla coscienza eventi vissuti nel passato o informazioni acquisite e temporaneamente archiviate. Gli eventi vissuti nel passato, anche in forma di nuclei della psiche, quando sono rievocati nella coscienza sotto forma di ricordi perdono in genere, col trascorrere del tempo, buona parte dell'intensità e della ricchezza di dettagli con cui erano stati vissuti. Il processo interiore con cui i ricordi sono richiamati da parte dell'io implica normalmente la volontà di ricordare e la concentrazione dell'attenzione su ciò che deve essere ricordato: dopo un periodo di tempo che può andare da frazioni di secondo a diversi minuti, il ricordo cercato affiora nella coscienza. In alcuni casi, tuttavia, il ricordo si presenta dopo un tempo molto più lungo, anche quando l'io ha perso ogni interesse per esso, oppure non si presenta per niente. Nel tempo impiegato per la ricerca del ricordo ha luogo un'attività mentale inconscia, ma – per quanto siano noti alcuni aspetti dei processi cerebrali impegnati nella ricerca dei ricordi – non abbiamo ancora un quadro di conoscenze esauriente per spiegare il funzionamento della memoria. Va inoltre considerato che vi sono persone dotate di eccezionali capacità mnemoniche intenzionali, ed altre che non dimenticano alcun particolare della propria vita vissuta per anni o per decenni. Per tutte queste ragioni, la memoria – pur essendo così importante per la storia della nostra vita e per la nostra identità individuale – resta ancora un fenomeno in gran parte enigmatico. Spesso certi ricordi affiorano spontaneamente alla coscienza, quasi sempre a seguito di stimoli che hanno un'evidente valenza evocativa: si possono anche innescare concatenazioni di ricordi che talvolta sorprendono perché riportano alla memoria eventi la cui traccia sembrava perduta per sempre, elementi di un vissuto che veniva considerato come definitivamente dimenticato. In certi casi vengono inoltre attivati nuclei della psiche che – pur presentandosi nella coscienza con le caratteristiche del ricordo ed esercitando sull'io un effetto analogo – ad una successiva verifica si rivelano come creazioni mentali alle quali non corrisponde nessun evento realmente verificatosi nel passato: è il caso dei falsi ricordi o del cosiddetto deja-vu. Si tratta di fenomeni la cui scoperta ed il cui accertamento risalgono a qualche decennio fa, e che possono porre problemi interpretativi non solo nell'ambito della psicoterapia (soprattutto se il paziente è sollecitato dal terapeuta a riconoscere supposte rimozioni di ricordi nell'inconscio), ma anche nelle aule dei tribunali, dato che un falso ricordo può portare ad attribuire ad una persona azioni illecite. Si è molto discusso sul fatto che la regressione ipnotica, mediante la quale una persona può ricordare eventi della primissima infanzia, della vita intrauterina o perfino di ipotizzate vite precedenti, attivi in realtà falsi ricordi. Pensiero - Ragionamento Il pensiero è un'interessante attività mentale di elaborazione di elementi della psiche sulla quale l'io può esercitare un certo grado di controllo intenzionale. In questa sede consideriamo il pensiero sotto il profilo di elaborazione di idee e di concetti formalmente esprimibili in termini comunicativi linguistici, cioè mediante parole concatenate in frasi di significato compiuto. Ovviamente, l'attività mentale si può svolgere anche in altre forme di elaborazione interiore, fondate più sulle immagini o anche sui suoni (la creazione di una frase musicale può essere considerata anch'essa una forma di pensiero elaborata tramite i suoni), tuttavia ritengo preferibile utilizzare altre espressioni, come immaginazione creativa o fantasia, per definire forme di attività mentale non verbali. Tramite il pensiero l'io, prima ancora che con gli altri, comunica con se stesso, secondo le modalità con cui la psiche si svela, prende forma e si manifesta. Tramite il pensiero l'io cosciente può esplorare le regioni della psiche, percorrendo sentieri noti o piste non ancora battute. In questo modo, attraverso le elaborazioni del pensiero, probabilmente la psiche si rivela anche a se stessa. Il processo più interessante è quello mediante il quale attraverso l'elaborazione e la rielaborazione dei pensieri, anche in forma scritta, si riesce ad attivare una diversa sintonia della psiche, tramite la quale la visione del mondo può cambiare radicalmente. Mentre il pensiero mantiene comunque una libertà di espressione legata alla personalità ed all'intento del soggetto pensante, il ragionamento è una forma di pensiero soggetta a certe regole, derivanti dall'esigenza di diversi individui di poter concordare su quanto comunicato e sulle conseguenze che ne derivano. Ovviamente, gli individui stessi devono esser provvisti della facoltà che consenta loro di ragionare in modo corretto, con le necessarie argomentazioni, altrimenti ciascuno sarà indotto dalle distorsioni della propria psiche a chiamare ragionamento il proprio pensiero individuale (cioè la propria opinione), cercando di imporlo agli altri in modo improprio (come avviene oggi in tanti dibattiti televisivi e parlamentari, nei quali prevalgono espressioni linguistiche che non si possono nemmeno definire pensieri, ma solo manifestazioni ostili di prevaricazione verbale). Immaginario - Fantasie - Sogni L'immaginazione creativa, intesa in senso stretto, dovrebbe elaborare i nuclei della psiche in forma di storie sceniche nelle quali l'aspetto visivo è prevalente, in associazione con l'aspetto verbale, come se si trattasse di un film. Il fatto poi che la storia immaginata sia tradotta in termini esclusivamente verbali, come accade ad esempio in un romanzo, è dovuto anche all'economicità del mezzo comunicativo rispetto alla complessità ed ai costi della rappresentazione scenica. Anche prima che fosse inventato il cinema, la rappresentazione teatrale è stata lo strumento preferito per tradurre in realtà – nel modo più efficace possibile – l'immaginazione creativa. L'immaginario comunque si attiva molto più spesso nella sfera privata interiore, elaborando scene più o meno sfumate che si svolgono sotto il controllo intenzionale dell'io. Quando questo controllo viene meno, chiamiamo fantasie o fantasticherie le scene che si presentano nello stato di veglia, e sogni quelle che hanno luogo mentre il corpo è addormentato. Tanto le fantasie quanto i sogni possono avere diversi gradi di intensità e di dettaglio: per quanto riguarda i sogni, si rimanda alle pagine dedicate all'argomento. Si può considerare come un caso particolare di fantasia la cosiddetta allucinazione, che si presenta quando una scena dinamica viene percepita dalla mente del soggetto coinvolto come esterna, reale ed oggettiva, laddove nessun altro individuo presente è in grado di percepirla. Creatività La creatività è una delle funzioni umane più evolute di cui l'io può disporre, e si esplica mediante il pensiero e l'immaginazione attraverso un processo intuitivo nella fase ideativa e progettuale, e di azione organizzativa nella fase di realizzazione. Mediante la creatività gli esseri umani realizzano le loro opere e trasformano il mondo, dunque si può a ragione sostenere che con l'uso di questa funzione l'umanità diventa parte attiva del processo creativo. Nello stesso tempo, non si può né si deve dimenticare che le istanze che attivano il processo creativo (che vengono recepite dall'io come desideri o come orientamenti dell'intento) sono originate dalla psiche, e che il processo creativo richiede un'intensa attività mentale, in parte cosciente ed in parte inconscia. Per questi motivi il livello della creatività è molto variabile da individuo ad individuo, e solo una minoranza di esseri umani dispone di un tipo di creatività che può essere definito come geniale.
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