Victor G. Duncan e le ricerche sulla sopravvivenza |
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Indagini sulla sopravvivenza Come ho già messo più volte in evidenza, le reazioni nei confronti dei fenomeni medianici, ed in particolare della loro origine spiritica, coprono tutta la gamma che va dalla credulità incondizionata al rifiuto intransigente della possibilità che tali fenomeni possano anche solo verificarsi. Nella pagina dedicata alle ricerche sull'ipnotismo si evidenzia come la mente di una persona possa essere facilmente plasmabile ed influenzabile, e dunque raramente si può fare affidamento su basi conoscitive affidabili, stabili e sicure. Il nostro orientamento personale è più spesso influenzato da elementi della psiche che trascendono l'individuo e rispondono a dinamiche più o meno conflittuali, per le quali ciò che ha valore e significato oggi può non averlo più domani e viceversa. Dunque, per una migliore comprensione del significato della nostra vita terrena e dell'eventualità che vi sia una continuità dell'esistenza dell'io cosciente oltre la morte, va sempre tenuta presente l'importanza dell'evoluzione della psiche. Il bisogno di sapere se qualcosa di legato alla nostra personalità umana potrà sopravvivere alla morte non nasce tanto dal desiderio di voler continuare comunque ad esistere, e nemmeno dalla paura di cosa potrà accaderci dopo la morte: infatti qualsiasi persona intelligente si rende conto che l'assenza di coscienza non comporta alcuna forma di esistenza, e dunque non vi sarebbe più nulla e nessuno in grado di sapere se io esisto o meno. La morte come annullamento della coscienza può essere preferibile all'idea, per lungo tempo diffusa ed avallata dall'autoritarismo temporale o ecclesiastico, dell'esistenza di un inferno come luogo di sofferenza eterna. Per analoghe ragioni, già in questa vita coloro che soffrono intensamente per un male incurabile non di rado desiderano e preferiscono la morte immediata piuttosto che continuare a vivere in tali condizioni. Tra coloro che non credono alla sopravvivenza, alcuni usano la vita cercando di volgere ogni cosa a proprio vantaggio, incuranti delle conseguenze di ciò che fanno e degli effetti che il loro agire può avere sul prossimo, mentre altri hanno un comportamento esemplare sotto il profilo etico e nei confronti del prossimo. Non è un caso che tra le comunicazioni ottenute per via medianica ve ne siano diverse provenienti da entità che dichiarano di non aver mai creduto di poter sopravvivere alla morte quando erano in vita: se ne potrebbe dedurre che il credere o meno alla sopravvivenza non ha influenza su ciò che eventualmente ci può accadere dopo la morte. La storia dell'umanità dimostra poi che ci sono state persone capaci di compiere atrocità di ogni genere, giustificandole in nome della salvezza delle anime dei malcapitati che le subivano. Le indagini sulla sopravvivenza effettuate da persone di adeguata intelligenza e di buon livello culturale non nascono dunque da semplice curiosità o dalla paura di cessare di esistere, ma piuttosto dall'esigenza di trovare un significato più ampio al problema della vita umana e delle sconcertanti vicissitudini nelle quali siamo coinvolti in questo mondo. Inoltre alcune persone, il cui animo è più incline alla pietà ed al conforto delle pene altrui, trovano nella certezza della sopravvivenza un efficace strumento per alleviare le sofferenze di chi ha perso una persona cara. Manifestazioni in voce diretta: testimonianze di un pastore anglicano Il contatto personale con fenomeni medianici come la voce diretta è stato privilegio di pochi, ma la letteratura che riporta questo fenomeno e ne offre testimonianza è ampia e ben accessibile. Tra i ricercatori diligenti che si dedicarono alle indagini sulla sopravvivenza, un posto di rilievo merita Victor G. Duncan, pastore della chiesa anglicana, che rivolse la sua attenzione alle manifestazioni in voce diretta dovute alla medianità delle sorelle Moore, pubblicando in un conciso ma significativo libretto dal titolo Proof (La prova) i resoconti di varie sedute che ebbero luogo tra il 1926 ed il 1932. L'autore affermava di aver scritto il libro in completa sincerità, spinto dal desiderio di risolvere sperimentalmente il problema della sopravvivenza, riconoscendo che – alla luce delle esigenze della coscienza umana evoluta – la fede non è più sufficiente ad offrire garanzie al riguardo, essendo fondata su elementi della tradizione e su convenzioni che non reggono alla verifica della conoscenza scientifica. L'interesse delle manifestazioni descritte da Duncan è dovuto alla loro coerenza, alla naturalezza con la quale le entità comunicavano con i presenti ed alla chiarezza espressiva dello spirito guida, Andrew Wallace, il quale – pur esprimendosi sempre con uno spiccato accento scozzese – assolveva egregiamente al suo compito di presentare gli spiriti che desideravano comunicare e faceva del suo meglio per aiutarli a farsi udire in modo chiaro. Nel corso delle sedute si ebbero significativi esempi di identificazione, di chiaroveggenza e di premonizione, oltre ad alcuni casi di guarigione. Degno di nota anche il fatto che le medium non cadevano in trance durante le sedute, ma partecipavano attivamente alle conversazioni con le entità spirituali. Duncan e la medianità delle sorelle Moore In merito alla possibilità di verificare la realtà di quanto narrato dall'autore, Duncan dichiarava la propria buona fede, affermando di essersi ben esercitato in modo da poter prendere appunti anche nell'oscurità. Non potendo usare strumenti di registrazione che all'epoca non esistevano ancora, durante ogni seduta prendeva note scritte di quanto accadeva, ed in base alle stesse redigeva un resoconto completo quasi sempre subito dopo la seduta, o appena gli fosse stato possibile. I resoconti riportano data ed ora di ogni seduta, insieme con i nomi dei presenti, citati per intero quando Duncan era autorizzato a farlo (con l'indicazione della loro professione o del ruolo sociale), oppure con le sole iniziali o con nomi fittizi quando non lo era. Un'indagine relativa ai nomi dei personaggi di maggior rilievo citati da Duncan, ne ha confermato l'esistenza e la partecipazione alle sedute alle quali si fa riferimento nel libro. Si possono citare: Lord Robert Baden-Powell (1857-1941), militare e scrittore inglese, fondatore del movimento mondiale dello scoutismo; Mary L. Cadell, ricercatrice e membro della SPR; il rev. A. F. Webling, interessato alla ricerca psichica ed autore di alcuni libri come Something Beyond (Qualcosa nell'aldilà), che ebbero un discreto successo tra il 1920 ed il 1940; il colonnello H. C. Osborne, segretario della Commissione imperiale per le tombe di guerra. Nel libro sono riportate anche testimonianze scritte e firmate da queste e da altre persone che parteciparono alle sedute. Cito questi particolari perché Victor Duncan non è particolarmente noto nell'ambito della ricerca psichica, né lo sono le due medium con le quali sperimentò, le sorelle Moore di Glasgow (sempre indicate come the Misses Moore). Nonostante ciò, tutte le sedute riportate si distinguono per la qualità e la coerenza delle comunicazioni in voce diretta, per le numerose e precise predizioni di eventi verificatisi, per le ottime indicazioni di chiaroveggenza in relazione alle persone presenti ed agli oggetti portati, e per alcune interessanti spiegazioni sullo svolgimento dei fenomeni. Sotto questi aspetti il ciclo dei fenomeni medianici descritti nel libro Proof può essere considerato uno dei più convincenti e coerenti, anche in relazione all'ipotesi della sopravvivenza. Tuttavia, pur essendo personalmente convinto della veridicità di quanto riportato da Duncan, non posso offrire in merito altre prove se non quelle che ho precedentemente indicato: darò dunque per scontata (pur non essendo indiscutibilmente provata) l'affidabilità di quanto scritto nel libro. Quanto alla medianità delle sorelle Moore, essa era molto simile sotto vari aspetti a quella della medium americana Etta Wriedt di cui ho parlato nella pagina a lei dedicata: anche le Moore non andavano in trance, ma partecipavano attivamente alle sedute. Gli spiriti comunicavano in voce diretta, spesso con l'aiuto della tromba e talora anche senza. A differenza della Wriedt, le sorelle Moore – pur dimostrandosi sempre affabili, gentili e disponibili – insistevano per dare un'impronta di carattere religioso ad ogni seduta, nel senso che si doveva iniziare con la recita del Padre Nostro e con il canto di un inno sacro. Le sedute terminavano poi quasi sempre con una benedizione impartita da uno spirito che in vita aveva svolto funzioni legate alla chiesa. Tuttavia, a parte queste premesse che le Moore giudicavano importanti per la buona riuscita delle sedute, esse accettavano la presenza di chiunque, anche senza conoscerne il nome. Le sedute erano di solito limitate a tre o quattro partecipanti, oltre le medium, mentre – come si è visto – a quelle della Wriedt potevano assistere anche più di venti persone. Il libro contiene una breve prefazione di sir Oliver Lodge (1851-1940), professore di matematica e fisica a Liverpool fino al 1900 e poi rettore dell'università di Birmingham fino al 1919, che fu presidente della SPR dal 1901 al 1903 e presidente onorario nel 1932, e scrisse alcuni interessanti articoli sulla possibilità della sopravvivenza dal punto di vista scientifico e sulle dinamiche della sopravvivenza, oltre ai noti libri Survival of Man, Raymond or Life and Death e Why I Believe in Personal Immortality. Lodge trovò molto interessante il librò di Duncan, tanto che accettò di scriverne la prefazione (cosa che non era solito fare per autori sconosciuti) dopo averlo letto senza interrompersi dall'inizio alla fine. L'incontro con le sorelle Moore Al primo incontro, che ebbe luogo a Edimburgo nel 1926, Duncan descrisse le sorelle Moore come due normali giovani scozzesi, semplici e dignitose nell'espressione e nel comportamento, senza alcuna delle peculiarità e delle pretese tipiche delle personalità pseudo-mistiche. Entrambe erano comunque entusiaste di poter dedicare la propria vita al servizio della causa dello spiritualismo, che consideravano di grande importanza per il genere umano: si consideravano un semplice strumento utilizzato dal popolo degli spiriti per comunicare con gli esseri umani. Dopo la preghiera iniziale, veniva utilizzata la musica di un grammofono ed i presenti dovevano conversare tra loro del più e del meno in modo naturale e fluido, perché le vibrazioni sonore favorivano l'estrinsecarsi dei fenomeni. Le sedute dovevano tenersi in completa oscurità dato che la luce inibiva la manifestazione delle voci. Tuttavia furono fatti anche alcuni esperimenti con la luce proveniente dal fuoco del camino, o all'aperto di notte con la luce della luna piena. Nel corso di queste sedute le voci furono chiaramente udite, benché a volume ridotto rispetto all'usuale. In mezzo al circolo degli spettatori, le medium sistemavano sul pavimento una tromba, consistente in un tubo conico di alluminio di circa 45 centimetri avente un diametro di 10 cm alla base e di 3 cm all'altra estremità, utilizzato da alcuni spiriti per essere uditi più distintamente. Durante le sedute la tromba fluttuava per la stanza, accostandosi all'orecchio di qualcuno dei presenti oppure toccandoli con dei colpetti. I partecipanti alle sedute erano invitati dalle medium a non toccare la tromba mentre si muoveva o era sospesa per non interrompere la voce comunicante. In più di una circostanza comunque lo stesso Duncan o qualche altro dei presenti riuscì a mettere le braccia intorno alla tromba accostata al suo orecchio, tastando con le mani nel buio per sentire se qualcuno o qualcosa sorreggesse lo strumento, senza mai rilevare alcunché. Come nel caso delle sedute con la Wriedt, la tromba non veniva utilizzata dagli spiriti come un megafono (nel quale si parla all'estremità di diametro inferiore per amplificare la voce all'interno del fascio conico) ma in senso opposto, come può essere utilizzato il padiglione auricolare di un animale o un cornetto acustico rudimentale, nel quale l'estremità di diametro ridotto viene accostata all'orecchio di chi ascolta. Questo espediente strumentale si ricollega alla fisica acustica della voce diretta, come venne spiegato in una seduta dalla guida Andrew Wallace. La guida Andrew Wallace e le entità Koha e Dodo L'inizio dei fenomeni era quasi sempre indicato dalla netta percezione da parte dei presenti di correnti di aria gelida soprattutto intorno alle gambe. Si manifestava poi la voce di Koha, un indiano americano che aveva il compito di preparare l'ambiente armonizzando le condizioni in modo che gli spiriti potessero parlare più agevolmente. Koha aveva una voce maschile, gutturale ed amichevole, ma pronunciava sempre poche frasi, usando i verbi all'infinito ed alcune parole smozzicate (tipiche del broken English di chi parla la lingua senza padroneggiarne la grammatica). La sua voce si muoveva qua e là nell'ambiente, come se appartenesse ad una persona intenta a svolgere una precisa attività. In una certa occasione, mentre la voce di Koha si muoveva rapidamente da un angolo all'altro della stanza dicendo: "Me make room ready for visitors (io preparare stanza per i visitatori)", Duncan ebbe l'immagine mentale di una persona indaffarata a spazzolare le poltrone ed a scopare il pavimento per fare pulizia, ma Koha, come se leggesse i pensieri di Duncan, esclamò: "No fratello, io non usare scopa, io foderare pareti". Un modo di esprimersi più appropriato, che fece venire in mente a Duncan lo svolgimento di un'attività tendente a creare un isolamento acustico dell'ambiente, all'interno del quale potessero concentrarsi tanto le energie provenienti dagli spiriti quanto quelle liberate dalle medium e dagli altri partecipanti. Il fatto che le sedute si svolgessero in un ambiente utilizzato esclusivamente per questo scopo (si trattava di un ciclo di sedute che si tennero a casa di Duncan nel 1927) aiutava, come disse Koha, a rendere più agevole l'opera di preparazione. È da notare l'assoluta regolarità delle manifestazioni delle guide nelle sedute delle sorelle Moore: Koha si manifestava sempre all'inizio per predisporre l'ambiente, dando informazioni sulle condizioni nelle quali la seduta si sarebbe svolta (favorevoli, molto o eccezionalmente propizie, non molto buone, ecc.), oppure suggerendo di fare un po' di musica quando l'energia diminuiva, ma occupando sempre un ruolo che potremmo definire esclusivamente tecnico. Quando Koha aveva finito il suo compito di preparazione salutava congedandosi, e subentrava la guida vera e propria, Andrew Wallace, che parlava con voce forte e chiara e con spiccato accento scozzese. Non utilizzava mai la tromba perché, come lui stesso sosteneva, era ben allenato e non ne aveva bisogno. La sua voce era profonda, vibrante e gioviale, e di solito sembrava provenire dall'alto, vicino al soffitto, muovendosi qua e là a seconda delle circostanze, e spesso appartandosi in un angolo per parlare privatamente con qualcuno degli spiriti che poi si manifestavano direttamente, o dei quali manifestava il pensiero e i desideri all'uditorio. Si presentava come Adra Wallace o' Dufermline (Andrew Wallace di Dufermline, antica città della Scozia), vissuto sulla Terra diversi anni prima. In vita era stato gestore di un bar, e manifestava qualche rimpianto connesso a quel lavoro. Qualche volta la sua voce diventava triste in relazione a certi eventi della sua vita, ma le sorelle Moore lo confortavano dicendo: «Non preoccuparti, Andrew, ora tu stai riscattandoti, portando conforto e felicità a tante persone che stanno soffrendo». Al che Andrew tornava di buon umore e cominciava a svolgere brillantemente, sempre con uno spiccato accento scozzese, il suo compito di presentatore delle numerose entità che volevano comunicare. Il modo di parlare di Andrew era fluente e conversativo, sempre ben intelligibile. A volte parlava ai presenti in modo personale, a proposito dei parenti o amici trapassati che desideravano comunicare, mentre altre volte commentava con frasi come: «Noi desideriamo che voi siate felici. La gente è dannatamente sciocca ad avere paura della morte. Sarebbe meglio per loro se avessero paura della vita. La morte non può fare alcun danno, mentre la vita sì. È il modo in cui viene vissuta la vita nel mondo della materia che conta da questa parte». Infine, nel corso delle sedute si manifestava spesso Dodo, una bambina di colore dalla voce squillante, sempre allegra e birichina, che si divertiva a stupire gli assistenti con le sue doti di chiaroveggente. Identificazione delle voci degli spiriti Fin dalla prima seduta Duncan portò con sé un'altra persona, la cui identità era del tutto sconosciuta alle sorelle Moore, presentandola genericamente come un amico o un conoscente, non solo come precauzione per evitare tentativi di frode da parte delle medium, ma anche per avere una controparte con la quale confrontarsi in relazione agli esiti della seduta. La prima volta vi andò con un uomo d'affari, un ex-militare molto scettico nei confronti dello spiritismo. Dopo essersi manifestato, Andrew Wallace augurò loro la buona sera, chiamandoli correttamente per nome, e poi disse che avrebbe reso qualcuno felice, perché c'era una signora, trapassata da non molto tempo, che desiderava parlare con l'amico di Duncan. Si udì poi una voce femminile chiamare dolcemente: «Oh Jan! Jan!» (il nome di battesimo dell'amico), e Jan, muovendosi bruscamente sulla sedia e con la voce rotta per l'emozione, rispose: «Mamma! Oh cara madre! Sei realmente tu?» «Sì Jan, sono davvero e sinceramente io». Seguì un'intensa e tenera conversazione tra madre e figlio, che tutti i presenti furono in grado di udire perfettamente, con precisi riferimenti a persone e circostanze note solo a Jan ed a sua madre. Al termine della conversazione Jan fece una domanda allo spirito della madre non tanto – come disse in seguito a Duncan – perché dubitasse della sua identità, quanto piuttosto per avere una prova inoppugnabile di un evento del quale egli stesso in seguito avrebbe potuto dubitare. «Ti ricordi, mamma – chiese – qual era il secondo nome di papà?» Il padre di Jan proveniva da una famiglia scandinava e nessuno, tranne lo stesso Jan, era al corrente di questo fatto. «Ma certo, Sewald, naturalmente», fu la pronta e precisa risposta. Jan disse in seguito a Duncan di non avere alcun dubbio sul fatto che quella che aveva udito era proprio la voce di sua madre. L'amico di Duncan era un uomo concreto, pragmatico ed abituato a prendere rapide decisioni. Sua madre era morta da poco, lui le era stato vicino e ne ricordava molto bene la voce ed il modo di esprimersi, e per quanto incredibile la cosa potesse sembrare a lui stesso, era assolutamente certo che la voce udita fosse quella della madre. Andrew Wallace si rivolse poi a Duncan: «Qualcuno vuol parlare con te, fratello: è un uomo molto alto, di buona costituzione, sembra un ministro (del culto) ed indossa un lungo mantello nero». È interessante osservare come le entità introdotte da Andrew fossero spesso descritte fisicamente (tanto nell'aspetto quanto nell'abbigliamento), come dovevano apparire quando vivevano in questo mondo. Una voce maschile cominciò a parlare a pochi centimetri dal viso di Duncan: «Sono Moss – disse – Gerald Moss. Tu non mi conosci ma hai sentito parlare di me. Reggevo prima di te la tua attuale parrocchia». Gerald Moss rispose poi correttamente a tutte le domande che Duncan gli rivolse, e non cadde in una domanda tranello: «Vuoi che porti – chiese Duncan – un messaggio alla tua vedova?» (I ministri della chiesa anglicana possono infatti sposarsi). «Non sono mai stato sposato – rispose seccamente Moss – e tu lo sai bene!» Duncan chiese scusa e disse a Moss di esser certo che l'entità poteva capire il motivo per cui aveva posto quella domanda. «Sofismi!», fu l'immediata replica di Moss, seguita da una risata. Duncan chiese poi all'entità di dargli un'informazione di cui lui stesso non fosse a conoscenza e che potesse verificare in seguito, in modo da poter escludere la tesi, all'epoca già accreditata, che gli spiriti fossero manifestazioni del subconscio dei presenti. Gerald Moss gli disse che prima di diventare ministro della chiesa anglicana aveva insegnato in una scuola di Edimburgo di cui diede il nome, informazione della quale Duncan ebbe poi modo di verificare la correttezza. Moss disse infine a Duncan che l'avrebbe aiutato nel suo ministero, che sarebbe stato al suo fianco in chiesa e nel pulpito, e che Duncan avrebbe dovuto difendere questa verità: che la vita continua e che la morte non distrugge l'anima. Alcune settimane dopo questa seduta diverse persone della congregazione di Duncan lo contattarono, separatamente ed in varie circostanze, per dirgli che avevano visto accanto a lui, sul pulpito, la figura di un uomo alto e forte che indossava una lunga tonaca nera. Qualcuno aveva anche riconosciuto in quella figura l'antico rettore della chiesa, Gerald Moss. Andrew Wallace disse poi che era entrata nel circolo una signora ansiosa di parlare con Duncan: «Il suo nome era R., era bassa e robusta, aveva il viso rotondo, gli occhi grigi ed i capelli tirati indietro dalla fronte. In vita abitava da qualche parte vicino al mare ed è morta improvvisamente dopo un'operazione. È in qualche modo connessa con te da vincoli di parentela, ed è ansiosa di poter appianare alcune incomprensioni che vi furono tra voi prima del suo trapasso». Come si vede si tratta di una descrizione piuttosto precisa tanto dell'aspetto fisico dell'entità quanto delle circostanze che la mettevano in relazione con Duncan, il quale infatti rispose prontamente: «Ho capito bene, Andrew, dille che è acqua passata e che adesso è tutto a posto. Lei capirà cosa intendo, è una piccola questione personale». «Oh, certo, è personale. Vedete bene, sorelle, – disse Andrew rivolgendosi alle medium – che il ministro è molto contento che tutto sia stato risolto». Si aveva spesso l'impressione, durante le sedute, che Andrew Wallace si comportasse come una persona realmente presente sulla scena, nonostante l'oscurità, perché la sua voce si muoveva ora qua e ora là, spesso rapidamente, rivolgendosi all'uno o all'altro dei presenti. Su richiesta di Duncan, Andrew invitò l'entità a provare a parlare nella tromba. Duncan sentì la tromba che si muoveva lentamente sfiorandogli prima la testa e poi il viso, e poi una voce femminile cominciò a parlare concitatamente, come se volesse dire tante cose in poco tempo: «Sono io, R., piena di gioia per il fatto che tu sei qui e che posso parlarti. Voglio dirti di quanto mi dispiace per quello che è accaduto. Sono dolente per la parte che ho avuto e per il mio atteggiamento. Spero che mi perdonerai: sarebbe per me un vero sollievo». Dopo che Duncan ebbe detto, tramite Andrew, che la perdonava di tutto cuore, anche se riteneva che non vi fosse bisogno di alcun perdono dato che era si trattato di un semplice malinteso, Andrew osservò come lo spirito di R. fosse più felice, perché l'amore ed i gentili pensieri fanno tutta la differenza nel mondo dello spirito. Ecco perché, nota Duncan, i buoni pensieri e le preghiere possono essere di aiuto ai trapassati. Una serie di sedute in casa di Duncan a Edimburgo Nella primavera del 1927 Duncan invitò le sorelle Moore a soggiornare presso di lui, nella sua casa di Edimburgo, per un periodo di tre settimane. Due sedute al giorno avevano luogo nello studio di Duncan, che veniva utilizzato solo per quello scopo, restando chiuso per il resto della giornata. Duncan annotava per quanto possibile tutto ciò che accadeva in ogni seduta: per far ciò tanto lui quanto sua moglie si erano esercitati a scrivere al buio durante l'inverno precedente. Aveva inoltre raccolto un gruppo di una settantina di persone, interessate ai fenomeni medianici, che settimanalmente si riunivano per conferenze e dibattiti sul tema. A turno, alcuni componenti del gruppo venivano invitati ad assistere alle sedute, che tuttavia non prevedevano mai più di quattro o cinque spettatori, oltre le medium, date anche le ridotte dimensioni dell'ambiente in cui avevano luogo. Le trombe utilizzate erano due, e spesso si sentivano più spiriti parlare contemporaneamente. Ad una delle sedute (il 23 marzo 1927) presero parte Duncan, sua moglie, e Mary L. Cadell, membro della SPR che aveva scritto alcuni articoli per il Journal della Società. I nomi e le attività dei partecipanti non venivano comunque mai comunicati alle sorelle Moore né da Duncan né dalla moglie. La Cadell scrisse e firmò un proprio resoconto della seduta, pubblicato nel libro di Duncan, nel quale osservava anzitutto di aver avuto l'impressione che all'inizio una delle trombe schizzasse verso il soffitto piuttosto alto della stanza, per mettersi poi a volteggiare qua e là come un pipistrello (si tratta ovviamente di una percezione auditiva nel buio). Quando la tromba cominciò a toccarla gentilmente sulle ginocchia, sulle braccia, sulle guance, in fronte e vicino all'orecchio, sentì un freddo intenso. Andrew descrisse un giovane ufficiale piuttosto alto che stava in piedi dietro di lei, e sembrava ancora un ragazzo. Subito dopo senti una voce fioca ed emozionata che le diceva: «Mamma, mamma, ti amo. Sono sempre con te. La morte non esiste. Ho desiderio di te. Sono Cadell». La Cadell, che aveva perso qualche anno prima un giovane figlio (Richard) il cui aspetto corrispondeva alla descrizione di Andrew, restò in silenzio, finché non intervenne Koha dicendo che stava cercando di creare condizioni più favorevoli alla comunicazione. Andrew parlò di nuovo invitando Richard ad usare la tromba, ma questi non lo fece. La voce di Richard era piena di sentimento e parlava con un tono dolce, tuttavia aveva un timbro artificiale che la Cadell non riusciva a ricollegare alla voce del figlio. Fu allora fatto suonare un disco sul grammofono, il che aiutò le vibrazioni: tutti i presenti cominciarono a cantare un inno ed improvvisamente una nuova voce si unì a loro, una voce maschile dolce e profonda che la Cadell riconobbe inequivocabilmente come quella del figlio. Dopo un poco tutti i presenti smisero di cantare, per ascoltare la voce di Richard che continuava da sola. Un caso di corrispondenza incrociata Il 12 marzo 1928 la Cadell ebbe una seduta privata con la celebre medium Gladys Osborne Leonard, durante la quale Feda, il controllo della Leonard, disse: «La voce di Richard si sente come nella seduta con la tromba: lui canta, ed anche molto bene. Qualcosa, non molto tempo fa, te lo ha fatto ricordare. Lui ha cercato di farsi sentire mentre cantava. Ha cantato qualcosa che conteneva parole di promessa». In effetti questo era vero per l'inno cantato durante la seduta con le sorelle Moore. La Cadell, che come ricercatrice metteva sempre alla prova i medium che indagava, si era ben guardata dal dire alla Leonard di aver partecipato a sedute con altre medium. Il 3 ottobre 1929, nello Hampshire, nel corso di una seduta con le sorelle Moore alla quale era presente il solo Duncan, il giovane ufficiale si manifestò di nuovo dicendo di chiamarsi Dick (diminutivo di Richard). Dato che Duncan non riusciva a ricordarsi di lui sotto questo nome, l'entità disse: «Oh, ci siamo già incontrati ad Edimburgo», e quando gli fu chiesto di dare il suo nome per intero rispose: «Richard Cadell». Continuò dicendo di esser stato militare di carriera, essendosi arruolato nel 1916, e di aver frequentato in Inghilterra un istituto in un luogo chiamato Charterhouse. Alcuni giorni dopo, avendo Duncan scritto a Mary Cadell per avere conferma di tali dettagli, lei gli rispose: «Tutto ciò che le ha detto mio figlio è corretto. È andato alla scuola militare a 15 anni, nell'agosto 1916. Per cinque anni, un quarto della sua breve vita, ha frequentato la Charterhouse School. Il 10 ottobre scorso, durante una seduta con la Leonard, ho ottenuto da Feda la seguente comunicazione: "Richard è andato ad una seduta con le trombe perché sperava di manifestarsi. Dice che c'erano persone che tu conosci, tra cui un parroco. È quello che hai conosciuto ad Edimburgo. Lui e la moglie creano un'ottima atmosfera psichica. Richard dice che vorrebbe continuare a partecipare a quelle sedute, per migliorare le proprie manifestazioni in voce diretta. Richard vuole che diciate al parroco che lui (Richard) sta lavorando con Rachel. Il parroco (Duncan) capirà"». Durante una seduta del 26 ottobre 1929 alla quale assistevano, oltre ai Duncan, un altro reverendo di nome Corbett e sua moglie, si manifestò con una piacevole voce femminile un'entità di nome Rachel, nella quale Corbett e la moglie riconobbero la propria figlia morta anni addietro. Dopo di lei si manifestò Richard Cadell, che conversò liberamente con Duncan e con sua moglie, chiedendo poi loro di inviare un messaggio a sua madre. La voce degli spiriti Alla seduta del 24 maggio (1927) l'unica assistente (in incognito), oltre a Duncan, fu la moglie di un facoltoso banchiere, Mrs. X. Andrew disse che c'era un anziano signore che desiderava parlare con Mrs. X. Richiesto del nome, disse che si chiamava Griffith. Mrs. X si ricordò subito di aver avuto uno zio Griffith al quale era stata molto affezionata da giovane. L'entità Griffith, dopo aver ricordato (sempre tramite Andrew) alcuni episodi vissuti insieme, che Mrs. X riconobbe come veri, fece un tentativo di comunicazione diretta, che però si risolse in un confuso mormorio proveniente dal luogo in cui sedeva Mrs. X. Le medium allora cominciarono ad incoraggiare l'entità, pregandolo di fare qualche ulteriore sforzo per dare maggior energia alla propria voce. Allo scopo di aiutarlo, Andrew Wallace suggerì di suonare un disco e cantare un inno. Mentre la musica pervadeva l'ambiente si sentì la voce di Andrew che, rivolgendosi allo spirito di zio Griffith, diceva: «Devi metterti nel posto che ti ho mostrato e poi collegati con la tromba. Appena la signora ti parla, devi essere pronto ad afferrare le sue vibrazioni. Non ti agitare, ed agisci con calma». Andrew parlava proprio come un esperto che spiegasse ad un apprendista l'uso di un nuovo strumento. Mentre tutti i presenti cantavano in coro, si sentì una voce maschile molto chiara parlare accanto a Mrs. X, con un accento ed un'intonazione del tutto differenti da quelli di Andrew: «È lo zio Griffith, il tuo vecchio zio. Oh, sono così felice di incontrarti qui questo pomeriggio. Riesci a sentirmi?» Dopo che Mrs. X ebbe confermato di sentirlo distintamente, Griffith continuò: «Sono proprio contento. Non vedevo l'ora che arrivasse questo giorno». «Come potevi saperlo?» chiese sorpresa Mrs. X. Lo spirito fece una risata e poi rispose: «Bene, tu sapevi che saresti venuta qui oggi e pensavi intensamente a questo evento, così intensamente che i tuoi pensieri si sono impressi anche in questa dimensione della vita. La mia attenzione è stata attratta da quei pensieri ed io ho risposto venendo qui questo pomeriggio». «È stato difficile per te riuscire a parlarmi?» chiese ancora Mrs. X. «All'inizio non ne venivo a capo: ho dovuto imparare a rallentare le mie vibrazioni. Inoltre, riuscire ad usare la tromba ha richiesto uno sforzo terribile. Posso solo riuscire a spiegarmi con un esempio. È come quando vai dal dentista per un'estrazione e ti viene somministrato un anestetico mediante una maschera che ti viene premuta sul viso e sulla bocca affinché tu possa aspirare il gas nei polmoni. Io devo usare un marchingegno del genere per riuscire a parlarti. Il marchingegno è composto di materiale eterico, in parte prodotto dalle medium e dai partecipanti ed in parte fornito da noi. È una specie di trasformatore ed ha un doppio scopo: aiuta a rallentare le mie vibrazioni in modo che la mia voce possa essere udita da voi e mi dà provvisoriamente un apparato di organi vocali». «E immagino che anche la musica ti sia in qualche modo di aiuto» disse Mrs. X. «Oh certo, un aiuto straordinario. La musica è una sorgente di energia, e quanta più energia c'è tanto più la maschera, per così dire, aderisce con forza al mio viso, e non solo voi potete udirmi più chiaramente, ma anche per me diventa più facile esprimere in parole ciò che voglio dire. Il nostro contatto diventa più stretto, la maschera mi avvolge la bocca, la gola e la lingua e le corde vocali si muovono con più agilità. Io devo preoccuparmi meno della parte meccanica e posso concentrami meglio sui miei pensieri, perciò riesco ad esprimerli più facilmente, Non è semplice da spiegare». Lo zio Griffith riuscì poi a ricordare, su richiesta di Mrs. X, il nome con cui lui solo la chiamava da piccola. La cosa gli costò un certo sforzo perché, come lui stesso riconobbe: «I nomi sono sempre la cosa più difficile». Forse questo dipende dal fatto che i nomi delle persone corrispondono a delle memorie, non a delle idee. Inoltre gli spiriti, sebbene fossero sempre pronti a collaborare, potevano trovarsi in difficoltà di fronte a domande poste come trabocchetto o con atteggiamento ostile, perché in questo modo si veniva ad incrinare l'armonia della comunicazione. Andrew mise sempre in evidenza come gli spiriti fossero particolarmente sensibili a quella che potremmo definire simpatia. Comunque fu da tutti riconosciuto che le intenzioni con cui era stata posta la richiesta di Mrs. X erano più che comprensibili, e la risposta fu alla fine data correttamente e con entusiasmo da zio Griffith: «Ci sono! Judy, Judy, Judy, mia cara!» Mrs. X fu molto soddisfatta per questa risposta, perché a suo avviso nessun altro poteva essere a conoscenza di quel nome, che non aveva niente in comune col suo vero nome. A sua volta, Andrew disse che anche loro erano ben lieti quando riuscivano ad offrire qualche prova convincente della propria esistenza. Vorrei mettere in rilievo l'interesse della spiegazione fornita dall'entità Griffith sulle modalità di formazione della voce diretta. In effetti questa si presenta nella nostra dimensione come una voce vera e propria (anche se dotata di uno spettro di frequenze atipico rispetto a quello delle voci umane) con caratteristiche acustiche che la rendono fisicamente captabile anche da strumenti come i registratori: si tratta dunque di un fenomeno oggettivo per eccellenza che adempie a tutti i criteri di realtà da noi utilizzati. In nessun caso è lecito parlare di allucinazioni collettive per il fenomeno della voce diretta, sempre che sia genuino. Avendo a che fare con un indubbio ed accertato fenomeno fisico, sorge il problema relativo alle cause del fenomeno stesso. Se si volesse escludere qualsiasi causa estranea alla dimensione in cui viviamo (origine spiritica o comunque da parte di entità aliene) si dovrebbe riconoscere alla mente umana, o almeno a quella dei medium più dotati, il potere magico di agire direttamente ed inconsciamente sulla materia. Non si può infatti pensare che il fenomeno sia riconducibile ad un effetto di suggestione da mente a mente, proprio per le sue qualità fisiche oggettive. La spiegazione offerta dall'entità Griffith, pur non essendo molto chiara e comprensibile alla luce delle nostre conoscenze, ha il pregio di fare riferimento ad un ambiente nel quale vigono determinate leggi in relazione alla natura energetica dei fenomeni, leggi alle quali gli spiriti stessi sono assoggettati. In parole povere, anche gli spiriti dovrebbero compiere azioni precise di natura che potremmo definire tecnica, per ottenere i risultati desiderati. Ed anche tra gli spiriti la conoscenza, la pratica e l'esperienza sarebbero necessarie per migliorare il proprio livello di efficienza operativa. Identificazioni, predizioni e guarigioni Durante una seduta una voce si indirizzò ad un membro della Royal Academy, dapprima parlando in tono sommesso, e poi mutando improvvisamente nella voce virile di un giovane: «Sono George, tuo figlio» disse, e poi, come rivolgendosi a tutti gli astanti: «Sono stato spazzato via dalla guerra». «Qual è il mio nome di battesimo?», chiese il membro dell'Accademia. «Robert – rispose prontamente l'entità – ma io ti ho sempre chiamato Talleyrand». Fu questa una convincente prova di identificazione, sia per il soprannome poco usuale sia per la spontaneità del riferimento. «Verissimo, – ammise il padre – ed ora prova a dirmi che lavoro facevi prima di entrare nell'esercito». «Lo stesso che fai tu», fu l'immediata replica. Ed in effetti il padre era un celebre artista, ed anche il figlio ne aveva seguito le orme prima della guerra. «Sto portando avanti il lavoro che avevo interrotto sulla Terra – continuò George –. Anche da questa parte ci sono artisti, anzi è una professione più popolare da noi che non da voi. C'è un fine più elevato per l'espressione della bellezza». «Allora continui a dipingere? – chiese il padre. – Usate anche voi i pennelli come facciamo noi?». «Possiamo farlo se lo desideriamo – fu la risposta – ma la parte più importante del nostro lavoro, almeno per coloro che padroneggiano la tecnica, è fatta mediante il potere dell'immaginazione, mescolando la mente e la volontà. Possiamo ottenere gli effetti più straordinari usando tonalità di colore di cui sulla Terra non avete alcuna conoscenza». Di quando in quando alle sedute si manifestava Dodo, lo spirito di una negretta che scherzava volentieri e chiedeva a tutti, in un inglese approssimato, se le volevano bene (Does o' love Dodo?). Dodo era in grado di fare predizioni, che poi si rivelavano corrette, su viaggi futuri, su inattesi arrivi di posta, o su altri eventi che riguardavano i presenti, ma più spesso si divertiva ad indovinare la forma o la provenienza di oggetti che gli spettatori portavano sulla propria persona, nascosti alla vista (sotto il cappotto, nella borsetta o in tasca) e comunque sempre nell'oscurità. Spesso l'identificazione dell'oggetto si presentava come un gioco nel quale Dodo forniva le indicazioni un po' alla volta ma con precisione, come fanno sovente i bambini per sentirsi approvati. Per esempio, una volta un amico di Duncan portò con sé un oggetto che non mostrò a nessuno dei presenti, proprio per mettere alla prova Dodo, che gli disse: «C'è qui una signora che è venuta per te, ma non riesce manifestarsi perché oggi il potere si è quasi esaurito». «Oh, mi dispiace molto», disse l'amico di Duncan. «Però tu hai portato qualcosa che appartiene alla signora, me lo dice lei, qualcosa di speciale per mettermi alla prova. No, non è una sua fotografia». «Hai ragione, Dodo – replicò l'amico – è una cosa che ora tiro fuori dalla tasca e tengo in mano, e voglio vedere se riesci a dirmi che cos'è». «Beh, ci provo». «Forza, Dodo, sarei davvero contento se tu mi dicessi cos'è che ho in mano». Ovviamente, osserva Duncan, nel buio pesto nessuno dei presenti poteva vedere niente, ed il suo amico era l'unico a sapere di che oggetto si trattasse. «È nero!» disse Dodo. «Brava, Dodo, brava! E adesso dimmi cos'é». «È qualcosa che la signora portava spesso». «Oh, Dodo, sei sorprendente. Sì, è qualcosa che portava spesso ed è nero». «È qualcosa che si infila», aggiunse Dodo, come se volesse tirare il gioco per le lunghe. «Perfetto, Dodo, solo un'ultima parola e poi non ti scoccio più. Cos'è?». «Guanto!» esclamò trionfante Dodo. «Giusto, assolutamente giusto. Sei una ragazza in gamba, Dodo!» «Dodo ama aiutare gente sulla Terra», concluse la bimba. Ma a proposito di predizioni, fu la guida Andrew Wallace a sorprendere Duncan con la descrizione di eventi, luoghi e circostanze dei quali lo stesso Duncan non aveva la più pallida idea. Duncan aveva avuto qualche problema con le autorità ecclesiastiche da cui dipendeva (il vescovo anglicano di Edimburgo, città in cui aveva sede la sua parrocchia), proprio a causa dell'atteggiamento aperto che teneva con i propri parrocchiani in relazione alle sedute alle quali partecipava, alle manifestazioni degli spiriti ed alle comunicazioni sull'esistenza dopo la morte. Pur di conservare la propria libertà, fedele alle proprie idee, ed in qualche misura anche dopo essersi consultato con Andrew, rassegnò le dimissioni dalla sua parrocchia di Edimburgo. Questo gesto, data l'organizzazione della chiesa anglicana, equivaleva a restare senza mezzi di sostentamento finché non avesse trovato qualcuno disposto ad affidargli una nuova parrocchia con relativa prebenda. Ma al momento non era in vista nessuna soluzione definitiva al problema, a parte una supplenza di tre mesi in un vicariato di campagna non lontano da Londra. A metà marzo 1928, saputo che le sorelle Moore si erano stabilite a Londra, Duncan le invitò al vicariato per un week-end, durante il quale si tenne una seduta la domenica sera. Le sorelle Moore chiesero ad Andrew Wallace se gli spiriti avrebbero potuto aiutare Duncan. «Certo, vi aiuteremo», disse Wallace. «Grazie – disse la moglie di Duncan – abbiamo proprio bisogno del vostro aiuto». «Sorella, dateci la vostra simpatia e noi non mancheremo di fare la nostra parte». A questo punto le sorelle Moore chiesero ad Andrew di abbassare il tono della voce, perché c'erano altre persone nella casa e non volevano arrecare disturbo. Andrew disse che lo sapeva bene, e subito cominciò a parlare in tono più sommesso, tanto che Duncan fu meravigliato dall'eccezionale facilità con la quale l'entità poteva controllare il volume della propria voce. «Andrew – disse una delle sorelle Moore – vogliamo che stasera tu ci aiuti in merito al futuro del rev. Duncan. Siamo tutti un po' preoccupati per come vanno le cose». «Non preoccuparti, sorella. Tutto andrà per il meglio». «Lo spero, Andrew, ma noi siamo umani, e non possiamo fare a meno di preoccuparci». Dopo aver fatto notare come, fino a quel momento, Duncan fosse riuscito in un modo o nell'altro a cavarsela, Andrew, sollecitato da una delle sorelle Moore a dare una prova di aiuto più tangibile, sembrò allontanarsi come per andarsi a consultarsi con qualcuno, e dopo un po' si sentì di nuovo la sua voce: «Entro tre settimane Duncan riceverà un'offerta di lavoro». «Davvero?» disse Duncan. «Certo: vedo una busta allungata indirizzata a te contenente un'offerta. Al suo interno c'è un foglio scritto a macchina e con un sigillo in alto». «Sembrerebbe un documento ufficiale, – intervenne Duncan – qualcosa di non proprio piacevole come un modulo dell'ufficio delle tasse». «No, no, fratello, non è un documento del governo, è un'offerta per te». «Sembra davvero interessante, allora. Ma puoi dirmi dov'è il posto che mi viene offerto, e che aspetto ha?». «È una piccola chiesa, in cima ad una collina in campagna». «Riusciresti a dirmi anche il nome?». «Ci provo, fratello. È... Maria... Santa Maria Maddalena». «Ne prendo nota, Andrew. È una chiesetta graziosa?». «Oh, certo! Voglio che tu faccia attenzione al pulpito: ha dei decori dorati e verdi, ed altri che sembrano come dei piatti colorati e decorati». «Questo è davvero insolito, Andrew. Non me ne scorderò». «Sicuro! E poi devi osservare la finestra, che ha i vetri dipinti con un'immagine, e quando scenderai dal pulpito vedrai alcuni bei gigli davanti a quella finestra. Non dimenticarlo». «Certamente, Andrew». A questo punto intervenne la moglie di Duncan che chiese: «Andrew, cosa puoi dirmi della casa?». «Ah, so bene come sono le signore – rispose Andrew –, vogliono sempre sapere tutto sulla casa! Beh, è una graziosa casetta costruita in pietra e mattoni rossi. Ci sono molte piccole croci incise nei mattoni». «Cercheremo di osservarle, Andrew, e c'è anche un bel giardino?». «Certo, entrando dal cancello principale vedrete un albero dalla forma bizzarra con alcuni tappeti fioriti intorno». «C'è qualcos'altro che potremo osservare, quando saremo là?». «Sì, incontrerete un uomo alla porta, l'attuale ministro del culto: è alto, molto magro con un lungo viso ben rasato ed i capelli bianchi. Noterete le sue lunghe mani dalle dita affusolate». «Questo posto di trova a nord di dove siamo ora, Andrew?» chiese Duncan (il quale, essendo scozzese, si sentiva già abbastanza a sud nello Hampshire). «No di certo, fratello, è ancora un bel po' a sud». Dopo qualche ulteriore scambio di frasi Andrew si congedò. Dopo poco meno di tre settimane Duncan ricevette una lunga busta contenente un'offerta scritta a macchina – che aveva il sigillo di un'importante istituto – per la chiesa di S. Maria Maddalena che, come risultò, era in cima ad una collina. Il pulpito della chiesa era dipinto di verde con decorazioni dorate, e su tre lati presentava insegne d'armi dipinte su scudi rotondi (i piatti colorati di cui aveva parlato Andrew). L'annessa canonica era in pietra grigia e mattoni rossi, con alcune croci vecchio stile incise sui muri esterni. Ma quello che più sorprese Duncan fu la finestra laterale della chiesa, che aveva dipinta sui vetri l'immagine della Madonna col Bambino, davanti alla quale c'era un vaso con diversi gigli bianchi: la cosa strana era che – essendo Quaresima ed in accordo con le usanze – tutti gli altri ornamenti floreali erano stati rimossi dalla chiesa, ma per quell'unico vaso (venne poi spiegato a Duncan) era stata fatta un'eccezione. Il predecessore di Duncan, che li accolse sulla porta, corrispondeva perfettamente alla descrizione che ne aveva dato Andrew, ed un albero dalla forma molto insolita, circondato di aiuole fiorite, si trovava presso l'entrata. Un altro fenomeno degno di nota che si verificò tre o quattro volte durante le sedute fu la guarigione di alcuni casi non gravi di infermità temporanea. Per esempio, un amico di Duncan, che preferì mantenere l'anonimato, partecipò ad una seduta pomeridiana con le sorelle Moore. Quando si presentò all'appuntamento in casa di Duncan, dalla quale si sarebbero poi diretti insieme verso l'appartamento in cui si teneva la seduta, questi si accorse che l'amico zoppicava vistosamente, e gliene chiese la ragione. L'amico rispose che il giorno prima, giocando a golf, aveva avuto una brutta distorsione che gli aveva danneggiato la cartilagine del ginocchio. Forti dolori gli avevano fatto passare una notte insonne, e solo con un notevole sforzo era riuscito a venire quel pomeriggio. Se non fosse stato per l'importanza che attribuiva alla seduta, se ne sarebbe rimasto a casa. Chiese comunque a Duncan di non parlare a nessuno dell'incidente, perché avrebbe voluto utilizzarlo come un test, facendo il possibile per nascondere la sua temporanea menomazione. L'appartamento della seduta era al secondo piano, e le due rampe di scale costarono un grande sforzo all'amico di Duncan. Ma quest'ultimo andò avanti per incontrare la padrona di casa, cominciando a conversare con lei e con gli altri ospiti, in modo da distogliere l'attenzione dall'amico e dargli il tempo di salire e di entrare restando in disparte, senza che nessuno si accorgesse del suo problema. Durante la seduta accadde che Andrew Wallace si rivolgesse all'amico di Duncan, che già aveva partecipato ad altre sedute, dicendogli: «Oggi non ti trovo molto in forma, eh, fratello? So che sei andato a giocare con le palline (da golf)». «Proprio vero – rispose ridendo l'amico – e stavolta le palline hanno giocato un brutto scherzo a me!». «Lo so, è il ginocchio che ti fa soffrire». «Proprio così – disse l'amico – e mi fa tribolare un bel po'. Mi chiedo cosa potrei fare per calmare il dolore». «Ci penso io. Aspetta un minuto che vado a vedere se riesco a trovare uno spirito dottore». Subito dopo fu possibile udire una sorprendente conversazione tra due voci indipendenti, tra le quali di quando in quando si inseriva anche quella di Andrew Wallace. Sembrava che il soggetto della conversazione riguardasse la vita futura, considerata dal punto di vista di due persone che si trovavano in un'altra dimensione. Alla fine Andrew tornò e spiegò lo strano fenomeno: disse di aver chiesto a due spiriti dottori di partecipare alla seduta per esaminare lo stato del ginocchio dell'amico di Duncan. Uno di loro era stato un ateo durante la vita terrena e non si era ancora reso conto di essere passato ad un altro livello di esistenza. L'altro dottore stava facendo del suo meglio per illuminarlo sul suo stato in modo da poter contare sul suo aiuto per esaminare il ginocchio dell'amico. I presenti avevano captato brani della discussione tra i due. «Il dottore è in grado di aiutarti, fratello» disse poi Andrew. «Grazie, Andrew, spero che ci riesca», disse l'amico di Duncan, e subito dopo emise un forte grido di dolore. «Cos'è successo?», gli chiesero allarmate le altre persone presenti. «Dio santo, – gemette l'amico – ho sentito come se una sonda chirurgica fosse stata cacciata tra le giunture del ginocchio: sembrava il colpo di una lama affilata. Penso di averne avuto abbastanza, Andrew». «Non preoccuparti, fratello. Vedo che il dottore sta sorridendo, e mi sta dicendo che adesso è tutto a posto». «Ne sono lieto – disse l'amico – e vi sono molto grato per l'aiuto». Da quel momento non sentì più alcun dolore: fu in grado di camminare perfettamente e di scendere le scale senza zoppicare, ed il ginocchio non gli diede più alcun fastidio. Al termine di quest'azione guaritrice tutti i presenti sentirono una folata di aria gelida che passava attraverso la stanza, raffreddando istantaneamente di alcuni gradi l'aria al suo interno. Conclusioni Il libro di Duncan riporta diversi altri interessanti episodi e fenomeni (tra cui la manifestazione di animali di compagnia defunti la cui tipica voce veniva riconosciuta dai proprietari) e meriterebbe di essere tradotto per intero. Quello che mi preme mettere in evidenza è l'assoluta naturalezza delle conversazioni tra i partecipanti alle sedute e gli spiriti, i quali si manifestavano con una personalità praticamente identica a quella umana, anche in quello che viene descritto come il loro aspetto fisico. Il modo in cui le entità parlavano e si rivolgevano ai loro parenti e conoscenti era immediato, affettuoso e diretto, e sicuramente conforme a quello con cui una personalità umana comunicherebbe con un proprio simile. Peraltro gli spiriti dimostravano capacità e conoscenze che andavano ben oltre le normali facoltà umane. Spesso sapevano quello che l'uno o l'altro dei presenti aveva fatto o detto, perché l'avevano visto, gli erano stati accanto o avevano captato i suoi pensieri: è come se gli spiriti potessero in qualche modo percepire la nostra dimensione, mentre gli umani non erano in grado di percepire la loro. E che le loro percezioni fossero precise e pertinenti, e non vaghe ed astratte come le descrizioni che il nostro intuito o la nostra fantasia ci portano a fare in relazione ai mondi ultraterreni, era dimostrato dalle descrizioni di oggetti, di eventi e perfino di pensieri che, celati alla percezione in questa dimensione, diventavano accessibili alla loro conoscenza. Mi sembra che questi aspetti, pur nella loro semplicità, siano più interessanti – anche sotto un eventuale profilo probatorio – delle dissertazioni teoriche sulla natura e l'evoluzione dello spirito tipiche di altre comunicazioni a carattere dottrinario, considerate da alcuni studiosi come dotate di un elevato contenuto intellettuale.
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