Le indagini di Samuel G. Soal e l'identità degli spiriti

 

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Caratteri enigmatici dei fenomeni medianici

Come si è visto, lo studio dei fenomeni di origine medianica pone al nostro intelletto problemi – la cui soluzione è tutt'altro che semplice – che rimandano, per diversi aspetti, al fenomeno della psiche, alle modalità con cui essa si manifesta in questo mondo ed alle sue connessioni con la struttura organizzativa fisica e biologica degli esseri viventi, culminante nel cervello umano. Senza dubbio la capacità di approfondire il nostro sapere in merito alla psiche ed alla medianità è limitata dalle inadeguate risorse di cui disponiamo, dunque siamo ancora ben lontani dal poter chiarire la complessità dell'esistenza in tutti i suoi aspetti, pur potendo fare col tempo qualche passo avanti. Le nostre idee in merito alla sopravvivenza sono ancora mediate dal passato, che vedeva l'essere umano come un'integrazione di corpo ed anima, attribuendo all'anima molte delle caratteristiche di ciò che oggi viene meglio identificato come psiche, cioè il complesso di quei prodotti dell'attività mentale che diventano coscienti o che possono emergere dal subconscio. Si tratta dunque della pluralità dei pensieri, delle emozioni, dei sentimenti, delle sensazioni, dei sogni, delle fantasie, ecc., che determinano la nostra personalità umana ed entrano a far parte del nostro mondo interiore nel momento in cui ne diveniamo coscienti e ne conserviamo il ricordo. Come ho già più volte rilevato, quando non siamo coscienti il comportamento e le azioni del nostro corpo possono anche essere percepiti dagli altri, ma per quanto riguarda la nostra percezione interiore siamo come automi, privi di un io cosciente e del senso di identità che ne deriva.

Identità personale e sopravvivenza

L'idea che alla morte del corpo l'anima sopravviva è molto antica, ma oggi non può più essere accettata solo fideisticamente ed ingenuamente, dato che le nostre conoscenze attuali mostrano un legame molto più profondo di quanto non sospettassero gli antichi tra il corpo (con il suo cervello), la coscienza e la psiche. Inoltre il corpo – non solo quello umano ma anche quello degli animali – ha rivelato una complessità ed un'intelligenza organizzativa (presente fin dalle microscopiche strutture cellulari) che rappresentano una vera sfida alla capacità di comprensione delle nostre facoltà intellettive. Per queste ragioni ogni presunta superiorità dell'anima sul corpo andrebbe quanto meno verificata. D'altra parte, come è già stato osservato, allo stato attuale delle nostre conoscenze non si può affermare con certezza che i fenomeni psichici umani, nel loro complesso, siano un prodotto dell'attività del cervello, ma solo che essi si manifestano nella dimensione fisica e nella coscienza individuale tramite l'attività del cervello.

Dunque i termini della questione relativa alla nostra esistenza, alla luce di quanto è dato sapere, non sono più quelli di corpo ed anima, ma quelli di dimensione umana, coscienza e psiche, dato che l'esperienza da noi coscientemente acquisita mediante il corpo si svolge in questa dimensione fisica terrena, che stabilisce e determina alcune particolari sintonie della psiche. Quello che ci interessa sapere è se l'esperienza della coscienza ed alcune sintonie della psiche, che vanno a formare ciò che Myers definiva la personalità umana, si possano trasferire in altre dimensioni una volta che il corpo a cui erano vincolate nella dimensione fisica abbia smesso di funzionare. Come è noto, la risposta dello spiritista è: «Sì, certo, perché lo spirito sopravvive al corpo», mentre la risposta di chi nega l'esistenza dello spirito è: «No, perché viene a mancare il cervello senza il quale non può esservi coscienza individuale». Ognuno presenta poi, anche nell'ambito della fenomenologia paranormale, quei casi e quegli esempi che gli sembrano più appropriati a sostenere e confermare la propria tesi.

I poteri attribuiti all'inconscio

Come si è visto nelle pagine dedicate all'inconscio, il concetto di inconscio, come sostantivo, si riferisce ad un'elaborazione teoretica tutt'altro che chiara: possiamo sintetizzare la posizione della psicanalisi dicendo che l'inconscio comprende tutti gli eventi e tutti i contenuti psichici di cui abbiamo fatto esperienza nel corso della nostra vita, ma che non possono più essere richiamati volontariamente alla nostra memoria, pur continuando ad influenzare tanto il nostro comportamento quanto le nostre esperienze interiori. Con maggior precisione, utilizzando in modo più appropriato il termine come aggettivo e non come sostantivo, possono essere definiti inconsci tutti quegli effetti determinati dall'attività cerebrale di cui non siamo coscienti. È possibile che, occasionalmente ed in circostanze molto particolari, alcuni ricordi inconsci possano riemergere nella coscienza, comunque l'importanza degli effetti inconsci per la psicologia risiede nel fatto che essi possono influenzare il nostro comportamento, i nostri sentimenti, i nostri pensieri ed il nostro umore, non di rado contrapponendosi all'orientamento cosciente. Tuttavia, come si vedrà meglio nelle pagine sulla ricerca psichica, diversi studiosi si sono orientati verso un'identificazione dell'inconscio con la psiche, fino ad attribuirgli la facoltà di determinare i fenomeni paranormali.

Questa lunga premessa è utile per inquadrare meglio lo sviluppo delle indagini sui fenomeni medianici da parte di quei ricercatori propensi a rigettare l'ipotesi spiritica in favore di una spiegazione incentrata su presunti poteri straordinari attribuiti all'inconscio dei medium, col contributo mentale dei partecipanti alla seduta. Si può osservare fin d'ora che queste facoltà attribuite all'inconscio (allo scopo di poter negare l'ipotesi spiritica) finiscono col tradursi nell'esistenza di una personalità distinta e dissociata da quella cosciente, che si configura come uno spirito collegato al medium. Ma siccome le nostre conoscenze sulle modalità di esistenza di questo spirito e sui suoi collegamenti col corpo e col cervello del medium sono praticamente nulle, non possiamo escludere che la sua esistenza sia separabile da quella del corpo a cui è collegato: dunque quello che si voleva tener fuori dalla porta può rientrare poi dalla finestra.

Le indagini di Soal

Passiamo ora ad  esaminare una serie molto interessante di comunicazioni medianiche a voce diretta, che furono oggetto di un'accurata indagine effettuata nel corso degli anni 1921 e 1922 da parte di Samuel G. Soal (1889-1975), docente di matematica all'università di Londra. Lo studio fu pubblicato nel 1925 sul n. 35 dei Proceedings della SPR. Dal 1936 al 1941 Soal, personalità di intelligenza non comune, condusse una serie di esperimenti di precognizione e di telepatia – con metodi analoghi a quelli adottati da Joseph B. Rhine (1895-1980) – i cui risultati furono negativi, tanto che Rhine stesso era solito parlare di Soal (del quale in seguito divenne amico) come di «uno dei miei critici più severi e sgradevoli». In seguito Soal condusse altri esperimenti – stavolta con esiti decisamente positivi – la cui correttezza fu però messa in dubbio da altri ricercatori. Fu anche presidente della SPR dal 1950 al 1952.

L'interesse di Soal per la parapsicologia si sviluppò dopo la morte al fronte, nel 1918, di suo fratello Frank, di dieci anni più giovane di lui. Per quasi un anno consultò una medium a voce diretta, Blanche Cooper, nel corso di sedute che si tenevano, una o due volte la settimana, in una stanzetta messa a disposizione nella sede del College of Psychic Science. Un aspetto interessante di queste sedute è che, per la maggior parte di esse, le persone coinvolte erano solo due, la medium e Soal stesso, seduti su due sedie affiancate ad angolo nella stanza completamente oscurata. Soal teneva la mano sinistra della medium con la propria mano destra, mentre con l'altra mano ogni tanto ricaricava un carillon posto alla sua sinistra. Al centro, sul pavimento, era appoggiata una classica tromba di cartone. A causa di una ferita di guerra Soal era diventato ambidestro, e si era addestrato a scrivere perfettamente con la sinistra anche nella completa oscurità. Essendo un ricercatore metodico e molto preciso, aveva predisposto una tavoletta che teneva sulle gambe, nel corso della seduta, con un quaderno su cui scriveva parola per parola con la mano sinistra tutte le domande da lui poste, e le risposte ricevute dagli spiriti: compito non impossibile, come lui stesso notava, dato che le comunicazioni erano concise, intervallate da tempi vuoti, e di solito ben intellegibili. La medium non andava in trance, ma ogni tanto Soal aveva la sensazione che fosse come assorta in se stessa, quasi assente, anche se talvolta faceva delle osservazioni ad alta voce tra una comunicazione e l'altra. Il resoconto delle sedute, che occupa oltre cento pagine, è interessante in tutti i suoi aspetti: ne riporto qui una sintesi che riguarda solo gli elementi di rilievo in merito all'identità degli spiriti comunicanti.

Analisi delle comunicazioni ricevute

Soal riferisce anzitutto di non aver condotto alcuna indagine sul fenomeno della voce diretta, poiché l'oggetto della sua ricerca riguardava esclusivamente i contenuti psicologici delle comunicazioni. La voce di ciascuno spirito comunicante mostrava caratteristiche peculiari nel timbro, nel tono e nell'accento, che consentivano l'immediata identificazione di quello spirito come entità individuale. Però la voce di Frank, lo spirito che si identificava come quello del defunto fratello di Soal, non era riconoscibile come quella che Frank aveva da vivo. L'orientamento di Soal nei confronti delle comunicazioni consisteva nell'evidenziare tutte le risposte e le affermazioni che dimostravano una conoscenza dei fatti non acquisibile in modo ordinario. Dato che non era incline allo spiritismo, ma piuttosto allo psichismo, cercava sempre un possibile riscontro alle comunicazioni degli spiriti in termini di telepatia. La sua prudenza di ricercatore e la diligenza delle sue verifiche erano esemplari. In sintesi, Soal classificava gli eventi e le circostanze riportati nelle comunicazioni spiritiche nelle seguenti quattro categorie:

  1. Fatti di cui la medium avrebbe potuto essere al corrente o sui quali avrebbe potuto informarsi con mezzi ordinari.
  2. Fatti di cui la medium non poteva essere al corrente ma di cui Soal era a conoscenza e dei quali aveva un ricordo cosciente.
  3. Fatti di cui Soal non era al corrente, almeno per quanto potesse coscientemente ricordare, e che venivano confermati da successive verifiche.
  4. Fatti di cui nessuno poteva essere a conoscenza, perché dovevano ancora verificarsi.

Le comunicazioni rientranti nella prima categoria avrebbero potuto implicare, se non inganno vero e proprio, una personificazione da parte della psiche della medium che avrebbe, in un certo senso, prodotto lo spirito comunicante. Quelle della seconda categoria potevano essere causate da una personificazione della psiche dello stesso Soal tramite la comunicazione telepatica tra la sua psiche e quella della medium. All'epoca (negli anni '20 ed in quelli seguenti) simili ipotesi interpretative erano molto in voga, alla luce delle recenti scoperte sulla possibilità di trasmettere informazioni a distanza mediante le onde elettromagnetiche. Per esempio il Bozzano, nel suo libro Animismo o Spiritismo? del 1938, così scrive testualmente: «le onde hertziane della telegrafia senza fili, mediante le quali le due personalità spirituali conversavano insieme, furono soverchiate da altre onde hertziane più potenti...». Questo tentativo di spiegazione fisica oggi non sta più in piedi.

Le comunicazioni della terza categoria, che non sono spiegabili alla luce dei contenuti della coscienza, tirano in ballo l'inconscio: gli psichisti sostengono che anche i ricordi inconsci, per quanto non accessibili alla coscienza, possono essere trasmessi telepaticamente. In questo modo ogni comunicazione spiritica può essere giustificata mediante l'ipotesi della cosiddetta super-PSI, senza che sia stato chiarito alcunché sulle modalità e sugli strumenti che rendono possibile tale trasmissione telepatica. D'altra parte anche molti spiritisti tendono a far coincidere lo spirito con l'inconscio, quando gli attribuiscono – nel corso della vita terrena – poteri e facoltà che esulano dalla coscienza umana sfuggendo al controllo dell'io, pur potendo manifestare i loro effetti sulla dimensione fisica e sul nostro stesso corpo. Bozzano, per esempio, sosteneva che l'identità dello spirito si mantiene tanto quando siamo vivi quanto quando siamo morti, e che gli spiriti dei vivi interagiscono tra loro così come gli spiriti dei defunti: si tratta di una spiegazione suggestiva e per alcuni aspetti interessante (a parte le modalità fisiche con le quali Bozzano fa comunicare gli spiriti), che però non dà sufficiente conto del fatto che, se lo spirito fosse cosciente, allora nel corso della vita umana la coscienza risulterebbe sdoppiata: da una parte la coscienza dello spirito, dall'altra quella dell'io. In pratica lo spirito dimostrerebbe una propria completa autonomia aliena rispetto alla coscienza dell'io, con una natura assimilabile a quella del dèmone di Socrate nella descrizione che ce ne ha dato Plutarco, in merito alla quale si vedano le interessanti ricerche del Baudi di Vesme nella sua Storia dello Spiritismo. Per gli eventi del quarto tipo siamo invece nel campo della precognizione, qualsiasi tentativo di spiegazione della quale richiede una rielaborazione del concetto di tempo unidirezionale così come noi siamo abituati ad intenderlo ed a percepirlo.

L'orientamento psichico di Soal: domande e risposte

L'atteggiamento di Soal nel corso delle sedute era tutt'altro che indulgente o incline al sentimentalismo: poneva al sedicente spirito del fratello domande dirette e chiare, cercando di ottenere risposte precise, e Frank dava prova di collaborare volentieri a quest'attività sperimentale. Soal cercava di fare riferimento ad episodi dell'infanzia e dell'adolescenza di suo fratello noti esclusivamente a loro, e sui quali la medium non avrebbe potuto ottenere nessun ragguaglio da terze parti. Per esempio, alla domanda di Soal: «Frank, ricordi il giorno in cui tu ed io andammo a Chelmsford?» Frank rispose «Sì, sì, il babbo era molto arrabbiato». Soal osserva che effettivamente i due fratelli avevano fatto una gita a Chelmsford nell'estate del 1911 (Soal aveva allora 21 anni e Frank 12) ed il giorno dopo il padre di Soal era andato in collera con lui, anche se per motivi che non avevano niente a che fare con la gita, cosicché anche nella memoria di Soal la gita a Chelmsford e l'arrabbiatura del padre erano rimaste associate.

Un'altra volta Soal chiese: «Ricordi la nostra capanna? Cosa facevamo quando ci andavamo?» E Frank: «Accendevamo il fuoco e ci sedevamo a raccontare delle storie», il che era esatto. Poi Soal chiese ancora: «Puoi ricordare qualcosa all'interno della capanna?» «Dodici mattoni» fu la risposta corretta di Frank, che si riferiva ai mattoni che delimitavano l'area del focolare. Per verificare se era possibile tirare a indovinare nelle risposte, e con quale successo, Soal fece un semplice esperimento, ponendo ad una dozzina di conoscenti questa domanda: «Immagina di essere un medium fraudolento che cerca di impersonare il mio defunto fratello. Cosa risponderesti in poche parole alla domanda: cosa facevamo quando andavamo nella nostra capanna?» Tutte le risposte ottenute, che andavano da «Giocavamo agli indiani» a «Mangiavamo cose buone» non rispondevano al vero. In questi casi la risposta alla domanda era sempre presente nella mente di chi la poneva, cioè lo stesso Soal (categoria 2). Ma in diverse occasioni, soprattutto alla richiesta di ricordare un nome, la risposta di Frank giungeva correttamente dopo qualche tempo, oppure nella seduta successiva. Frank si giustificava dicendo che faceva fatica a ricordare i nomi quando si sentiva sotto pressione, mentre poi, quando era più rilassato, gli tornavano spontaneamente alla memoria. Soal osservava che se si fosse trattato di semplice trasmissione del pensiero da lui stesso alla medium, non ci sarebbe stato bisogno di un così lungo intervallo di tempo, dato che conosceva già la risposta nel momento stesso in cui poneva la domanda.

L'episodio degli storni

Di maggior interesse sono i fatti da includere nella terza categoria, quelli per i quali Soal non conosceva la risposta o non conservava il ricordo a livello cosciente. Per esempio, durante una seduta ebbe luogo questo dialogo:
Frank: «Nel fienile. Accendemmo il fuoco. Gli storni volarono via. Sam, è importante. Gli storni».
Soal: «Di che genere di fuoco stai parlando?»
F: «Con i mattoni».
S: «Era dentro o fuori dal fienile?»
F: «Fuori, vicino al... (parola non comprensibile)».
S: «Gli storni si bruciarono?»
F: «No. Nessuno fu ferito».
S: «C'ero anch'io?»
F: «No. Non eri potuto venire».
S: «Chi c'era con te quel giorno?»
F: «Percy».
S: «Gli storni erano giovani o vecchi?»
F: « Alcuni giovani ed alcuni vecchi».

Sebbene Soal non ricordasse coscientemente quell'episodio, fu in grado di ricondurlo al 1909, quando vivevano in campagna vicino ad un vecchio edificio fatiscente – che in famiglia veniva chiamato il fienile – nel sottotetto del quale nidificavano centinaia di storni che alla sera riempivano l'aria con i loro gridi. Per indicare gli storni Frank non usò il corretto vocabolo inglese (starlings), ma un termine (starbobs) utilizzato solo localmente dai ragazzi dell'Essex, la regione in cui vivevano. Percy era stato, da ragazzo, un assiduo compagno di giochi di Frank, e quando Soal andò a trovarlo per verificare l'episodio disse di non ricordarsi. Ma un altro compagno di giochi di Frank, Walter, e la sorella di Soal, Lottie, rammentavano bene che Frank accendeva per gioco il fuoco davanti al fienile, all'interno di un focolare di mattoni, per vedere gli storni scappar via. Soal aggiunge che probabilmente lui stesso aveva assistito all'episodio, anche se non ne conservava più la memoria, tuttavia quello che lo colpì di più fu l'uso da parte di Frank del termine starbobs, che lui stesso aveva completamente dimenticato.

Il grande albero

Più di una volta fu Frank stesso a proporre dei test. Per esempio:
Frank: «Sono lieto che tu sia tornato, Sam. Ho pensato ad un buon test».
Soal: «Allora avanti, Frank».
F: «Si tratta del grande albero, Sam. Capisci?»
S: «Mi ricordo di quello che chiamavi il grande albero».
F: «Avevo costruito un rifugio proprio in cima. Capisci a cosa mi riferisco?»
S: «Lo so benissimo, Frank. Puoi dirmi dov'era il grande albero?»
F: «Vicino al grove gate, Sam. Proprio dove una volta c'era il gallo di legno».
S: «Eccellente. Ma il gallo di legno non c'è più, vero?»
F: «È sparito molto tempo fa».
S: «Dimmi cosa riuscivi a vedere dalla cima del grande albero».
F: «Il fiume Crouch».
S: «Sei sicuro che potevi vedere il Crouch da lassù?»
F: «Sicurissimo, Sam. Lo vedevamo spesso».

Soal annota che il grande albero era un olmo molto alto che si trovava vicino ad un boschetto (grove) al quale si accedeva attraverso un cancello di legno (gate). Nel 1914 Frank ed il suo amico Walter avevano costruito sui rami più alti una specie di rifugio in cui restavano seduti per ore, tanto che la madre di Soal era seriamente preoccupata che potessero cadere e rompersi il collo. Il riferimento al gallo di legno è degno di nota: il tronco dell'albero era cavo ed in parte marcito alla base, e da un lato si staccava un pezzo di legno che aveva la forma di un grosso uccello o di un gallo, tanto che Charley (il fratello maggiore di Soal) l'aveva appunto battezzato il gallo di legno (wood-cock). Nel 1908 il pezzo di legno a forma di gallo era sparito, ma Frank doveva averne sentito parlare dai fratelli, oppure l'aveva visto lui stesso da bambino. L'affermazione più interessante di Frank è il riferimento al fiume Crouch: Soal infatti non era mai salito in cima all'albero e non pensava che il fiume (che scorreva lontano) potesse essere visibile da un'altezza relativamente limitata. Dopo la seduta, tornò per una verifica nel posto dove si trovava l'olmo e, dopo essersi arrampicato con precauzione fino ai rami più alti, vide effettivamente in lontananza la striscia argentata del fiume. Il giorno dopo, incontrando Walter (l'amico d'infanzia di Frank), gli chiese a bruciapelo: «Ricordi il rifugio in cima al grande albero?» «Certamente», disse Walter. «Cosa potevate vedere da lassù?» Walter rispose senza esitare: «Le bianche vele degli yachts sul fiume Crouch».

La medaglia di piombo sepolta

Un test di particolare interesse fu quello relativo ad un medaglione sepolto, dato che – come rileva Soal – in questo caso la probabilità che i fatti fossero noti solo all'entità comunicante era molto elevata. Nel corso di una seduta Frank raccontò di aver seppellito nella capanna una pesante medaglia che gli aveva dato un suo compagno di scuola. Precisò anche di averla interrata vicino ai mattoni del focolare, sul lato sinistro, e di non aver mai rivelato a nessuno questo suo segreto. Soal mostrò il resoconto della seduta a suo fratello Charley, il quale non ricordava di aver mai sentito dire nulla al riguardo. Un paio di giorni dopo Soal e Charley andarono sul luogo in cui era stata costruita la capanna, piuttosto scettici sul fatto di potervi trovare qualcosa. Col tempo la capanna era crollata, ed il terreno era ora ingombro di detriti e di erbacce. I due fratelli chiesero in prestito una vanga ed un piccone al residente della casa in cui da giovani avevano abitato con la loro famiglia, e cominciarono a ripulire il terreno.

I mattoni del vecchio focolare erano ancora al loro posto, così si misero a lavorare di piccone nel luogo indicato da Frank. Con gli anni il terreno era diventato molto duro e certamente nessuno vi aveva scavato di recente. Ad un certo punto Soal vide, incastrato in un blocco di argilla indurita, qualcosa dall'aspetto metallico che sembrava esser lì da molto tempo. Era stato sepolto ad una ventina di centimetri di profondità (Frank aveva detto di non essersi servito di una vanga, ma di aver usato un bastone per fare una buca nel terreno). Una volta ripulito, l'oggetto si rivelò come un disco di piombo del diametro di cinque centimetri e dello spessore di sei millimetri, con un foro in prossimità della circonferenza: secondo Frank la medaglia era stata attaccata ad una catenella o ad una cordicella, che però non venne ritrovata. La faccia del disco era ossidata, e priva di incisioni o di iscrizioni, tuttavia l'oggetto – che a buon diritto si poteva definire pesante – aveva effettivamente l'aspetto di un medaglione, probabilmente realizzato per gioco da un ragazzo. Quando Soal li interpellò al riguardo, Walter e Pat, i compagni di gioventù che andavano spesso a giocare con Frank nella capanna, dissero di non averlo mai visto prima.

Test relativi a ricordi sui fatti sconosciuti a Soal

Soal fece anche un test per ottenere da Frank risposte a domande relative a circostanze di cui lui stesso non era certamente al corrente. Chiese pertanto a Walter, l'amico di Frank, di scrivere tre domande da sottoporre all'entità Frank durante le sedute, riguardanti eventi di cui solo Walter e Frank potessero essere al corrente, e di scrivere separatamente le risposte alle domande. Soal avrebbe trascritto le risposte di Frank, in modo da poterle mettere a confronto con quelle scritte da Walter senza che quest'ultimo venisse influenzato dalle risposte date dall'entità. Soal lamentò poi di essersi fatto dettare le domande direttamente da Walter, anziché farsele consegnare in busta chiusa da aprire solo al momento della seduta: il suo timore era che la dettatura delle domande da parte di chi già conosceva le risposte avrebbe potuto produrre qualche effetto telepatico inconscio in merito alle risposte stesse. Le domande di Walter erano le seguenti:

  1. Cosa fummo costretti a mangiare il giorno in cui tu, io e Pat andammo a piedi da Fambridge a Creeksea?
  2. Cosa successe ai nostri stivali quanto tu ed io andammo a fare il bagno al mulino?
  3. Un giorno, quando tu, io e Pat stavamo seduti nella capanna, io combinai qualcosa che fece infuriare Pat? Che cosa?

Alla prima domanda Frank rispose: «Me lo ricordo molto bene, Sam. Eravamo stanchi morti». E poi aggiunse: «Salicornia (samphire)». La salicornia è una pianta alofita, dal sapore acidulo ma commestibile, che cresce lungo le coste. Inoltre Frank aggiunse: «Penso che questa sia la risposta giusta, Sam. Ma mangiammo anche qualcos'altro. Qualcosa che cresce nei campi: ru... rut... rutabaga (swedes)». La rutabaga (Brassica napus) è una specie di rapa commestibile. Alla seconda domanda Frank non riuscì a dare alcuna risposta. In merito alla terza domanda, dopo alcune incertezze e lamentandosi di non riuscire a ricordare l'episodio, Frank disse: «Forse fu quando Pat stava seduto accanto al fuoco e Walter gettò un catino d'acqua sul fuoco. Potrebbe essere questo».

La risposta scritta data da Walter alla prima domanda era: «Mangiammo rutabaga». Quanto alla salicornia, Walter disse di essere abbastanza sicuro che nessuno di loro ne aveva mangiato quel giorno. La gita infatti, come Soal poté accertare anche da altre fonti, aveva avuto luogo il venerdì di Pasqua, ed in quella stagione in Inghilterra i germogli della salicornia non erano ancora cresciuti. Tuttavia, osserva Soal, la salicornia era piuttosto diffusa nella zona di Creeksea ed il suo sporadico uso alimentare era noto solo a pochi, dato che in genere la pianta non è ritenuta commestibile. Inoltre solo in quella zona veniva chiamata samphire, mentre nel resto del paese era conosciuta come glasswort. Dunque era molto improbabile che la risposta fosse scaturita dalla mente della medium. La terza domanda, secondo Walter, riguardava un episodio in cui lui aveva lanciato un bastoncino dalla punta acuminata verso Pat, colpendolo sulla guancia e facendolo sanguinare. Tuttavia Walter ammise di aver gettato varie volte dell'acqua sul fuoco, per divertimento, e poteva averlo fatto anche quando Pat era seduto accanto al fuoco: dunque l'episodio ricordato da Frank avrebbe potuto essere realmente accaduto, pur non essendo quello al quale Walter si riferiva.

Da questi e dai molti altri episodi analoghi, riportati nel lungo articolo di Soal, si ha l'impressione che Frank fosse realmente un'entità la cui memoria coincideva con quella del defunto fratello di Soal. Solo in un paio di casi Frank dette risposte errate a domande alle quali, secondo Soal, il fratello avrebbe senza dubbio risposto correttamente. Per esempio, quando Soal gli chiese: «Dove nascondeva i suoi soldi Pat?», attendendosi come risposta: «Nel cavo di un salice, dove un giorno scoprimmo il suo gruzzoletto» (un episodio che era rimasto sempre ben impresso nella memoria di Frank), Frank invece se ne uscì con un banale «Nel cassetto», restando poi in silenzio quando Soal gli disse che la sua risposta era sbagliata.

Fu in una specifica circostanza che Soal ebbe la sensazione di essere realmente in contatto con la personalità di suo fratello, cioè quando Frank gli raccontò di come era stato colpito sul campo di battaglia. «Un bagliore così grande, Sam, così grande... mi trovarono riverso per terra. Vedevo una piacevole nebbia tutt'intorno a me. La prima cosa che pensai fu: madre...». Sebbene non ci fosse modo di verificare se le affermazioni di Frank corrispondessero alla realtà di fatti, Soal ricordava che in quella seduta l'atmosfera era davvero carica di emozione. Tuttavia, a fronte di questi elementi di identificazione spiritica della personalità di un defunto, ve ne furono altri – provenienti dallo stesso ciclo di sedute – che inducono a riflettere con cautela e ad ipotizzare un quadro certamente più complesso in merito all'identità degli spiriti, come si vedrà nella pagina seguente su Gordon Davis.


 

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