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Le speranze in una forma di esistenza dopo la morte

La fine della vita umana

Per evitare fraintendimenti, uso il termine vita in relazione all'esistenza ed alle trasformazioni dell'organismo in cui l'io cosciente si sviluppa ed al quale è associato in questo mondo, mentre parlo più genericamente di esistenza in merito alle eventuali esperienze a cui lo stesso io potrà andare incontro in altre dimensioni. Capita a volte di sentir parlare di «vita oltre la vita» o di «vita dopo la vita», ma queste espressioni non mi sembrano del tutto appropriate dato che noi affrontiamo la questione sempre partendo dal fatto che stiamo ancora vivendo col nostro organismo in questa vita. Per essere ancora più chiari, è opportuno ribadire che la vita umana ha un termine, e che questo termine – per quanto ne so io inevitabile – è segnato da quell'evento che noi chiamiamo morte, che può essere fatto coincidere con lo stop definitivo del funzionamento del sistema nervoso, ed in particolare del cervello. Nel caso in cui una persona decida di farsi cremare dopo la morte, può essere certa che dopo la cremazione l'organismo mediante il quale aveva vissuto ha definitivamente cessato di funzionare. Sotto questo aspetto, mi sembra corretto affermare che la morte costituisce a tutti gli effetti la fine di questa vita. Si tratta dunque di un evento importante, che colpisce la nostra immaginazione, in merito al quale resta ancor oggi – per coloro che continuano a vivere – il mistero che avvolge il destino dell'io cosciente, dato che invece, per quanto riguarda l'organismo che viene inumato o cremato, possiamo esser certi che in esso la vita ha cessato per sempre di manifestarsi.

Dato che ogni umano vivente è destinato prima o poi a sperimentare la morte, all'io cosciente non resta che attendere che quell'evento si verifichi per sapere direttamente cosa il destino gli riserva. Sotto questo profilo possiamo ben riconoscere, ovviamente, che finchè una persona è viva continua ad affrontare la vita come può e con le risorse che ha, e dunque non conviene e non ha senso occuparsi o preoccuparsi della morte. Tuttavia la morte può presentarsi in modi diversi, e le dinamiche psichiche che vengono attivate nell'uno o nell'altro caso possono coinvolgere l'io cosciente ben al di là delle sue intenzioni ed aspettative, trovandolo spesso impreparato, soprattutto in una cultura come la nostra che fa il possibile per rimuovere l'esperienza della morte, considerata come l'annientamento della vita umana (alla quale viene implicitamente riconosciuto il valore di unica forma di esistenza possibile). Vediamo dunque quali sono le forme più comuni in cui la morte si verifica, ed il relativo coinvolgimento dell'io cosciente, per quanto ci è dato di sapere. Anzitutto, la morte dell'organismo può avvenire a qualsiasi età, e dunque anche prima che l'io cosciente si sia formato. In diversi casi, poi, la morte avviene all'improvviso, per un evento traumatico, ed è praticamente istantanea: in queste circostanze, pur non potendo dir nulla sul destino dell'io cosciente dopo la morte, possiamo ritenere che esso non si accorga nemmeno di essere sul punto di morire, e dunque non provi alcuna sofferenza. Analogamente, l'organismo può entrare in coma profondo senza che l'io cosciente se ne accorga, e restare in quella condizione per un periodo più o meno lungo, fino alla morte: poiché il coma profondo è caratterizzato proprio dalla completa perdita di coscienza e di autocoscienza, che per noi umani non sono più constatabili, nulla possiamo dire in merito allo stato dell'io cosciente in tale condizione.

Nel caso di incidenti e di eventi traumatici, l'io spesso ha il tempo di rendersi conto dell'elevato rischio di morte a cui sta andando incontro: per esempio, un passeggero o il pilota di un aereo che sta precipitando, o un alpinista che perde la presa e cade nel vuoto, possono avere il tempo di sperimentare le reazioni emotive che intercorrono tra il momento in cui si verifica l'evento a causa del quale, probabilmente, moriranno, ed il momento in cui effettivamente il loro organismo cessa di funzionare. Se la morte è pressoché istantanea, il tempo che intercorre varia da pochi secondi a qualche minuto al massimo, come nel caso di morte per annegamento. Possiamo avere un'idea delle reazioni psichiche che vengono percepite dall'io cosciente in questo periodo dalle testimonianze di coloro che hanno avuto la sorte di sopravvivere all'evento. Anche se spesso si tratta di reazioni di panico o di terrore, non sempre è così: alcuni alpinisti, per esempio, hanno riferito di aver provato sensazioni di euforia durante la caduta, ed è noto il caso dell'alpinista e geologo svizzero Albert Heim (1849-1937), che nel 1892 pubblicò alcune testimonianze di impressioni, emozioni e stati d'animo sperimentati da alpinisti durante cadute che avrebbero potuto avere un esito fatale, una delle quali sperimentata da lui stesso (per maggiori informazioni in merito si rimanda a questa pagina del blog Psi-Report). Altre testimonianze relative ad esperienze psichiche accadute a combattenti durante azioni particolarmente rischiose, per esempio nel breve periodo temporale tra la percezione di un evento probabilmente letale e la constatazione di non essere morti, si possono trovare nelle varie raccolte di NDE disponibili su internet.

Quando la morte – indipendentemente dall'età della persona morente – è preceduta da un periodo più o meno lungo di crisi dell'organismo, a causa di malattie o di traumi riportati, quasi sempre l'io cosciente deve affrontare sofferenze talvolta intense dovute alla sua stretta dipendenza dal funzionamento del sistema nervoso dell'organismo. In casi di questo genere, solo lo stato d'incoscienza derivante dal coma, o il temporaneo sollievo prodotto dalla somministrazione di farmaci antidolorifici, possono liberare l'io da una condizione di patimento estremamente negativa. La nostra cultura infatti fa il possibile per vincolare la coscienza al funzionamento dell'organismo, e pratiche come l'ipnosi, l'autoipnosi, e forme di meditazione che possono avere come effetto un certo grado di separazione dell'io cosciente dal sistema nervoso – e che richiedono una lunga e costante pratica per essere efficaci – non vengono comunemente né valorizzate né impiegate. Per analoghe ragioni culturali, le norme di molte società non consentono al paziente infermo di decidere liberamente di morire senza soffrire, proprio perché quella parte della psiche umana che dirige la nostra cultura fa sì che la vita personale venga considerata per il suo valore di energia funzionale allo sviluppo collettivo, e non come proprietà dell'io cosciente. In pratica, il singolo io cosciente può essere sacrificato – cioè destinato a sopportare inutili, prolungati e da esso non voluti patimenti, fino alla morte – affinché serva come simbolo (e come monito) del valore collettivo della vita: una vera sciocchezza per chiunque sia dotato di una scintilla di intelligenza. In ogni caso, tutti gli aspetti traumatici e negativi collegati alla morte fanno ancora parte delle esperienze della vita umana, mentre la morte in sé è un evento praticamente istantaneo e del tutto indolore, che probabilmente ha un effetto liberatorio – non sappiamo con certezza se temporaneo o permanente – per l'io cosciente.

Le rappresentazioni immaginarie dell'aldilà

Una volta riconosciuto che la morte segna in ogni caso – e per ognuno di noi – la fine dell'esperienza della vita umana, l'io cosciente può sentire il desiderio di sapere in anticipo a che genere di esperienze andrà incontro una volta varcata quella soglia. Ovviamente, questo desiderio non riguarda coloro che sono convinti che la morte determini l'annientamento dell'io, ma per tutti gli altri la condizione in cui verrà a trovarsi l'io dopo la morte resta un enigma, dato che non disponiamo di nessuna conoscenza affidabile al riguardo, a meno di non volerci accontentare di uno di quei programmi preconfezionati che ci vengono offerti dall'una o dall'altra istituzione religiosa (certamente non coincidenti tra loro). Il carattere collettivo – oltre che individuale – della vita umana fa sì che, al di là dell'esperienza personale della nostra vita, possiamo disporre di informazioni e dati sufficienti a darci un'idea della vita e delle esperienze degli altri umani: sebbene queste esperienze possano essere molto diverse tra loro, ed ognuno sperimenti direttamente ed intensamente solo la propria vita, le informazioni sulla vita degli altri hanno un carattere abbastanza affidabile nel caso in cui siano ben documentate. Lo stesso non si può dire per quanto riguarda l'eventuale esistenza nell'aldilà, separata dalla nostra da una barriera che rende impossibile lo scambio di informazioni affidabili ed adeguatamente documentate su ciò che può accadere in quella dimensione. Infatti, anche il ricorso alle due fonti informative alle quali possiamo attingere, le NDE e le comunicazioni medianiche, lascia molto a desiderare quanto ad affidabilità: le NDE, pur essendo esperienze psichiche spesso di notevole interesse, possono essere considerate in alcuni casi come esperienze di soglia, ma non come comunicazioni certamente provenienti dall'aldilà, e le varie comunicazioni medianiche, nella loro diversità talvolta conflittuale, sono quasi sempre contaminate da elementi psichici umani. Evidentemente, la barriera che separa le due dimensioni rende impossibile la trasmissione di dati convalidabili relativi all'aldilà, ed il fatto stesso che le informazioni vengano recepite nella nostra dimensione fisica le rende contaminate dalle sintonie della psiche umana.

Eppure sono proprio alcune sintonie psichiche ad alimentare, in molti esseri umani, il bisogno di immaginare una forma di esistenza dell'io cosciente che si protragga oltre la morte dell'organismo, mantenendo una continuità con la personalità di questa vita o, in qualche caso, perfino con la mera esistenza organica. Spesso sono le persone a cui viene improvvisamente a mancare un congiunto a cui sono affettivamente molto legate – soprattutto i genitori, ed in particolare le madri, a cui muore un figlio (o una figlia) ancor giovane – a sentire per questa mancanza una sofferenza alla quale nemmeno il tempo riesce a porre rimedio, che viene tuttavia mitigata dalle testimonianze – genuine o presunte che siano – relative alla continuazione dell'esistenza della personalità dei figli in un'altra dimensione, al loro stato di benessere e di felicità, ed alle affermazioni sulla permanenza del legame affettivo che ancora lega il trapassato a coloro che vivono in questo mondo. In questi casi l'aldilà viene immaginato come un luogo molto lontano – dal quale non si può far ritorno – nel quale il proprio congiunto è andato a continuare la propria vita, provando sentimenti ed emozioni molto più gratificanti e congeniali rispetto a quanto non gli accadesse in questo mondo, ma mantenendo la propria personalità, i sentimenti ed i ricordi. Che questa concezione della continuazione della vita umana non sia necessariamente collegata allo sviluppo di una personalità cosciente è dimostrato dal fatto che anche nel caso di morte di bambini molto piccoli, di età inferiore ai tre o quattro anni, si immagina che la loro vita possa continuare nell'aldilà mediante un processo di crescita e di sviluppo della personalità analogo a quello che si verifica in questa vita. In alcuni casi le comunicazioni medianiche – e talvolta anche le apparizioni materializzate – hanno dato conferme di questa singolare elaborazione della psiche umana.

Prima di liquidare tali esperienze psichiche come fantasie prive di fondamento, dovute esclusivamente al bisogno di lenire il dolore umano per la perdita di una persona cara, è bene ricordare come la psiche sia dotata di un innegabile potere nel definire e nel plasmare la realtà: mentre nel caso della dimensione fisica del nostro mondo il potere della psiche umana deve confrontarsi con eventi ambientali naturali dotati di una loro realtà oggettiva, che influenzano anche le nostre reazioni psichiche, in una dimensione diversa il potere della psiche nel determinare la realtà potrebbe essere molto più accentuato. Come abbiamo già osservato, la psiche umana – elaborata attraverso le sintonie collettive determinate dalle interazioni tra un elevato numero di cervelli – è stata in grado di intervenire anche sull'ambiente naturale del nostro pianeta, modificandolo sensibilmente, e si impegna alacremente  nella ricerca delle conoscenze necessarie per controllare il nostro organismo. Dunque anche la realtà di questo mondo è determinata in gran parte dalla psiche, e ciò che noi definiamo come oggettivamente reale è tale in quanto viene normalmente condiviso da un numero consistente e fortemente maggioritario di esseri umani. Ciò che viene percepito come soggettivamente reale, se non può essere confermato da altre persone resta confinato nell'ambito delle esperienze personali non oggettivamente verificabili, ma se viene negato dagli altri viene definito come allucinazione, con l'implicazione di un funzionamento anomalo del nostro sistema percettivo ed interpretativo. In un'altra dimensione, tuttavia, una realtà psichica di tipo diverso potrebbe essere meno esigente in termini di consenso collettivo, adeguandosi più agevolmente a quelle che l'io cosciente percepisce come le sue più autentiche e significative aspirazioni.

Una condizione nella quale una forma di realtà non dipendente dal consenso collettivo può essere sperimentata – anche se per un limitato periodo di tempo – da ognuno di noi, è rappresentata dai sogni, che hanno una durata limitata e si interrompono quando l'io cosciente fa ritorno alla realtà ordinaria dello stato di veglia. Sebbene nei sogni ordinari lo stato di percezione della realtà da parte dell'io onirico sia di qualità inferiore rispetto alla realtà percepita nello stato di veglia, abbiamo visto nella pagina dedicata ai sogni lucidi ed ai sogni coscienti come talvolta il livello di percezione della realtà onirica sia indistinguibile da quello della realtà ordinaria. Un aspetto interessante dei sogni è che in essi intervengono spesso diversi attori, oltre all'io, ognuno dei quali sembra dotato di una propria autonomia che può benissimo non conformarsi alle aspettative dell'io: come ognuno può constatare, i sogni non sono sempre piacevoli ed appaganti, ma possono comportare dinamiche ed interazioni assai complesse, nelle quali l'io onirico viene coinvolto, non di rado con un'intensa partecipazione emotiva. Altre esperienze che possono determinare nell'io la percezione di una realtà del tutto indistinguibile da quella ordinaria – seppure del tutto soggettiva, almeno se considerata dal punto di vista della nostra dimensione umana – sono le NDE, alcuni esempi della quali sono riportate in questo sito nella sezione ad esse dedicata. In vari casi gli eventi sperimentati dall'io e le personificazioni con cui esso interagiva sono stati descritti come più reali rispetto alla stessa realtà ordinaria del nostro stato di veglia. Dunque la possibilità di sperimentare una realtà soggettiva del tutto indistinguibile dalla realtà oggettiva alla quale ci siamo abituati nel corso della nostra vita umana è confermata da molte esperienze già accertate nella dimensione psichica in cui viviamo adesso. Il problema che resta da prendere in considerazione è quello relativo allo strumento mediante il quale l'una o l'altra forma di realtà psichica viene sperimentata dall'io cosciente.

Ritorneremo in un futuro post sulla questione dello strumento mediante il quale l'io cosciente sperimenta la realtà psichica. Passiamo adesso ad esaminare alcune delle rappresentazioni mediante le quali viene immaginata la continuazione dell'esistenza dopo la morte, partendo da quella che per molti secoli è stata culturamente affermata dalla religione cristiana istituzionalizzata, ed accettata come vera da un buon numero di fedeli. Come ben sappiamo, questa rappresentazione ipotizza stati graduali di felicità e di beatitudine, oppure di sofferenze temporanee o di tormenti più o meno eterni, conseguenti alle azioni compiute ed alle decisioni intenzionalmente prese dall'io cosciente – come reazione alle proprie esperienze psichiche – nel corso della vita umana. L'aspetto più interessante di questa rappresentazione è dato dall'attribuzione ad un'entità superiore tutto sommato aliena – che, per quanto ne sappiamo, potrebbe anche essere dotata di una propria organizzazione aziendale – tanto del ruolo di giudice di organismi prodotti dalla sua azienda quanto di quello di creatore ed organizzatore del grande teatro della vita umana. La cosa più strana è che gli organismi testati nella vita e trovati difettosi non verrebbero semplicemente eliminati, ma dovrebbero essere straziati sine die. Dato che indubbiamente molti esseri umani hanno creduto nella verità di questa rappresentazione – e non pochi ci credono anche ai nostri giorni – viene da chiedersi se, nel loro caso, la realtà soggettiva dell'aldilà potrebbe conformarsi alle loro aspettative: in effetti inferno e paradiso non sono altro che proiezioni estreme delle dinamiche psichiche di cui già possiamo fare esperienza, temporaneamente, durante questa vita.

Altre varianti religiose si basano su elaborazioni psichiche più o meno diverse tra loro, ma sempre fondate sulla continuazione delle esperienze dell'io cosciente al termine della vita, e sulla permanenza di alcuni aspetti della personalità umana, compresi i ricordi e certi requisiti caratteriali, anche dopo che il cervello ha cessato di funzionare. Una di queste varianti, che ha avuto in passato – ed ha tuttora – un notevole seguito, prevede un ciclo di rinascite in forma umana (o in altra forma), mediante le quali un'entità spirituale accumula esperienze di vario genere che contribuiscono alla sua evoluzione. In linea di massima, per quanto riguarda l'io cosciente non si riscontra una continuità di memoria tra la vita attuale e quelle precedenti, tuttavia sono stati accertati casi ben documentati di bambini che ricordavano con notevole precisione eventi, persone e luoghi connessi con la vita di una persona morta qualche tempo prima che loro nascessero: per questi casi, molto rari ma convalidati da testimonianze ed indagini condotte con scupolo, bisognerà comunque cercare una spiegazione, che rimando ad un prossimo post. In ogni caso la successione delle vite sembra seguire un iter temporale, cioè ogni rinascita segue nel tempo – da qualche mese a qualche decennio – la fine della vita precedente. Il fatto che l'io cosciente non conservi di norma il ricordo delle precedenti vite umane – alcuni aspetti delle quali possono tuttavia essere in qualche modo percepite mediante l'immaginazione – esclude che esso possa identificarsi con l'entità spirituale interessata all'esperienza dell'incarnazione, anche se, una volta conclusa una vita, le esperienze e la personalità dell'io verrebbero assimilate, per così dire, dall'entità spirituale. Per completare il quadro, c'è chi ritiene che prima di nascere l'entità spirituale accetti di dimenticare la propria identità e le proprie precedenti esperienze, iniziando la nuova vita di io cosciente come tabula rasa.

Altre forme di esperienze psichiche riferite all'aldilà

Esaminando varie testimonianze di NDE, per le quali oggi disponiamo di un'abbondante documentazione, possiamo evidenziare almeno due aspetti che mi sembrano particolarmente importanti, in quanto indicativi della ricezione cosciente di sintonie psichiche sostanzialmente diverse rispetto a quelle che sperimentiamo di norma nella nostra vita. Sotto alcuni aspetti, si potrebbe ritenere che tali esperienze psichiche rappresentino un'evoluzione di quelle che possonno essere sperimentate nello stato di sogno lucido e cosciente, oppure di alcune esperienze indotte dall'assunzione di sostanze psicoattive (alcuni esempi delle quali sono riportati nella pagina ad esse dedicata). Il primo aspetto a cui mi riferisco è quello relativo al forte senso di realtà percepito dall'io cosciente dello sperimentatore, una realtà che – quando viene ricordata dalla persona coinvolta nell'esperienza – ci viene descritta come più reale della stessa realtà oggettiva a cui siamo abituati nello stato di veglia. Dal nostro punto di vista collettivo si tratta, ovviamente, di un'esperienza meramente soggettiva, tuttavia – a meno di non voler mettere in dubbio la veridicità della testimonianza – il fatto che una realtà soggettiva possa superare per intensità la realtà oggettiva collettivamente riconosciuta e sostenuta è particolarmente interessante, anche perché mette in crisi certe banalità meccanicistiche in merito al funzionamento del nostro cervello, il quale è evidentemente in grado di sintonizzare e di elaborare ciò che viene intepretato e sentito come «reale». In alcune NDE l'io cosciente dello sperimentatore viene coinvolto intensamente in una dimensione che presenta tutti i requisiti della realtà: il fatto che alcuni aspetti di questa dimensione siano diversi da quelli a cui siamo abituati nello stato di veglia non implica che essi siano automaticamente percepiti dall'io come non veri, ireali ed illusori.

Un altro aspetto che caratterizza alcune NDE è la separazione dal corpo fisico e la progressione attraverso due fasi: nella prima l'io cosciente osserva dall'esterno e con distacco il corpo da cui si è separato, le persone che interagiscono con quel corpo e gli eventi che accadono in relazione alle condizioni del corpo, mentre nella seconda fase si allontana da quelle circostanze ancora legate alla propria vita umana, per andare ad esplorare una dimensione diversa e sconosciuta. Per quanto riguarda la prima fase, si è molto discusso sulle corrispondenze riscontrate in alcuni casi tra gli eventi accaduti nella realtà oggettiva e le descrizioni riportate dagli sperimentatori su quanto osservato dal loro punto di vista esterno. Nel caso in cui lo sperimentatore si fosse trovato in uno stato accertato di incoscienza, sono state avanzate varie ipotesi per spiegare in che modo il suo cervello avrebbe potuto acquisire informazioni su quanto accadeva intorno al suo corpo nella realtà oggettiva. Secondo me, l'aspetto più interessante di questa fase riguarda proprio il distacco dal corpo, e la conseguente scomparsa di qualsiasi forma di dolore e di sofferenza a cui l'io cosciente è normalmente soggetto in simili circostanze: se vogliamo imputare tutto questo esclusivamente al funzionamento cerebrale, dobbiamo ipotizzare un'autonoma capacità da parte di alcuni circuiti cerebrali di modificare le stesse facoltà percettive su cui si fonda la connessione cosciente col nostro corpo e con l'ambiente fisico. Dato che certamente questo processo non avviene mediante programmi culturalmente acquisiti, dovrebbe trattarsi di una facoltà congenita: in tal caso, l'aspetto più sorprendente del fenomeno consiste proprio nella rappresentazione della separazione dell'io cosciente – che mantiene inalterata la propria autopercezione, in qualche caso sentendosi più vivo che mai – da un corpo sentito come estraneo e poco interessante, nei confronti del cui destino l'io cosciente prova spesso una completa indifferenza.

Nella seconda fase l'io cosciente può sperimentare una realtà alternativa, caratterizzata da sintonie del tutto diverse da quelle della psiche umana: spesso si sente amato di un amore incondizionato, caldo, accogliente e confortante, un amore che lo accetta per quello che è o che è stato in questa vita, senza criticarlo né giudicarlo. Possono seguire convincenti spiegazioni, da parte dell'entità o delle entità da cui questo amore irradia – spesso descritte come «esseri di luce» – in merito ai vari aspetti dell'universo e del nostro mondo, ed al significato e al valore della vita umana: quasi tutte queste spiegazioni vengono di norma dimenticate al rientro nel corpo, ma non va perduto il ricordo del senso di appagamento e di perfetta comprensione della loro verità provato nel corso dell'esperienza. Ora, io penso che almeno una domanda sia lecito porsela: perchè mai il nostro cervello dovrebbe mettere in scena rappresentazioni così complesse, coerenti e ricche di elementi percettivi ed emotivi (caratterizzate da un'intensa energia e da un forte sentimento di realtà), anziché limitarsi a spegnere semplicemente la luce della coscienza, come avviene di norma nelle condizioni critiche in cui il corpo si può venire a trovare a causa di traumi, di malattie o di interventi chirurgici? Ogni risposta che si può dare attualmente a questa domanda rappresenta un'interpretazione personale dei fatti, cioè delle esperienze raccontate: infatti, nessuno è in grado di sapere con certezza in che modo e per quale scopo il funzionamento del cervello possa superare, per così dire, i suoi stessi limiti. Nell'attribuire queste esperienze esclusivamente al funzionamento del cervello, si deve riconoscere implicitamente che il cervello è molto più di un organo (più o meno simile ad un computer) in grado di percepire, interpretare ed elaborare i diversi aspetti della realtà oggettiva del mondo fisico: esso può anche diventare lo strumento sintonizzatore di realtà e dimensioni alternative.

Un altro aspetto interessante di diverse NDE è dato dal fatto che gli sperimentatori dichiarano di non aver più alcun timore della morte, ma anzi di attendere la morte definitiva con un sentimento non solo di fiducia e di speranza, ma spesso di certezza che il trapasso segnerà l'inizio di una nuova esistenza in quella dimensione alternativa di cui hanno già fatto esperienza. Coloro che vogliono ricondurre il  funzionamento del cervello ad esigenze esclusivamente collegate alla vita umana, dovrebbero riflettere sul fatto che il timore della morte spesso non è collegato all'evento della morte in sé – un evento che talvolta può essere auspicato come termine delle sofferenze che non di rado precedono la morte naturale – ma piuttosto alla previsione dell'annientamento dell'esistenza dell'io cosciente: alcuni di coloro che hanno sperimentato una NDE, trovandosi proprio in questa condizione, non avevano alcuna fede in una possibile continuazione della loro esistenza dopo la morte, dunque la conversione del loro timore di morire in un sentimento positivo di attesa e di speranza non è dovuta ad un atto di fede, ma ad un'esperienza psichica percepita come reale, i cui effetti sono duraturi. Considerare ogni esperienza psichica esclusivamente come il prodotto del funzionamento computerizzato, o addirittura meccanicistico, del cervello, senza tener conto della natura e dell'evoluzione dell'io cosciente e delle sue esigenze, è quanto meno riduttivo e semplicistico, se non addirittura ingenuamente infantile. Il cervello può essere certamente un sistema dotato di funzioni e di capacità straordinarie, ma appunto per questo il suo ruolo va considerato sulla base di tutte le facoltà di cui è dotato, compresa quella di sintonizzare realtà e dimensioni alternative.

L'io, i desideri e la volontà

Di solito le NDE semplicemente accadono, anche perché le condizioni critiche in cui si verificano sono spesso conseguenza di eventi inattesi che si succedono a ritmo incalzante. Solo in questi ultimi decenni la letteratura e le informazioni sulle NDE hanno stimolato un interesse di massa nei loro confronti, per cui è plausibile ipotizzare che, in condizioni critiche, una persona possa desiderare o sperare di avere una NDE. Anche in tali circostanze, tuttavia, nella maggior parte dei casi queste esperienze non avvengono, oppure si manifestano talvolta in modo non conforme alle aspettative, per esempio come NDE angoscianti. Gli eventi della vita umana, com'è ben noto, non sempre si accordano ai desideri dell'io (quale che ne sia l'origine), e spesso anche la più forte volontà deve fare i conti con aspetti della realtà che non si lasciano controllare. Di conseguenza, alcuni immaginano l'aldilà come una dimensione nella quale la realtà si modifica assecondando i desideri e la volontà dell'io cosciente: si tratterebbe, com'è ovvio, di una realtà soggettiva molto simile ad un sogno intensamente cosciente nel quale accade ciò che l'io desidera e vuole che accada. Nella sua forma più ingenua, questa realtà immaginaria servirebbe ad appagare desideri tipicamente umani, spesso tanto più intensi quanto meno soddisfatti nella realtà ordinaria della nostra vita. I nostri desideri, ovviamente, sono di origine psichica, e derivano in parte dalle esigenze naturali del nostro organismo, ed in parte dai programmi culturali che ci vengono trasmessi mediante l'interazione tra i cervelli umani. Dunque gran parte dei desideri sono specificamente connessi con la nostra condizione umana.

Le NDE, o almeno una parte di esse, mostrano invece un radicale cambiamento di prospettiva: mediante un processo di transizione più o meno rapido, spesso percepito come atemporale, l'io cosciente viene a trovarsi in una condizione estatica nella quale si sente in perfetta armonia con ogni cosa (molti sperimentatori la descrivono come un ritorno a casa), tanto che l'unico vero desiderio che prova è quello di restare in quella condizione e di non dover far ritorno alla vita umana. Il distacco dal proprio corpo, l'insensibilità nei confronti dell'organismo del quale ci si sente come prigionieri – con tutte le esperienze psichiche tipicamente umane che per suo tramite l'io cosciente è costretto a sopportare – ed il doloroso ritorno all'interno di quell'organismo, con la prospettiva di dover sperimentare di nuovo la condizione umana – stavolta con il vivido e persistente ricordo di una dimensione completamente diversa – conferiscono all'io cosciente un valore autonomo ed una nuova dignità: i desideri legati alla condizione umana perdono immediatamente di importanza, anzi, l'unico autentico desiderio che rimane è quello di morire per poter tornare in quello stato di beatitudine che l'io cosciente sente come perfettamente conforme alla propria vera essenza. Certamente, solo una minoranza di umani ha sperimentato una NDE nel corso della vita, e non tutte le NDE corrispondono a questo quadro celestiale, ma un buon numero di esse ne presentano i requisiti essenziali: è come se queste esperienze contenessero un messaggio destinato all'io cosciente di ogni umano, non solo di coloro che le hanno sperimentate in prima persona. Questo messaggio conferma il carattere transitorio della vita umana, ma soprattutto mette in risalto l'essenza autonoma dell'io cosciente e la sua appartenenza ad una dimensione diversa, alla quale prima o poi farà ritorno.

Tuttavia si può anche comprendere il motivo per cui all'io cosciente non viene facilmente concesso di sperimentare quella dimensione: non sono rari i casi di persone che hanno tentato di suicidarsi, anche più di una volta, dopo aver avuto una NDE intensamente positiva, e comunque sono frequenti le testimonianze del disagio, della delusione, della contrarietà e della rassegnazione con cui l'io cosciente reagisce quando si sente costretto a rientrare nel proprio organismo ed a sperimentare di nuovo la dimensione umana: la comune affermazione che questa vita sia il bene supremo dimostra, in questi casi, tutta la sua illusoria inconsistenza (per non dire falsità). Per l'io cosciente che ha sperimentato una NDE positiva, tutt'al più la vita umana può essere considerata come un impegno temporaneo ed un compito da assolvere, in attesa di poter tornare alla forma di esistenza più congeniale alla sua autentica natura. I nostri desideri umani e la volontà mediante la quale ci impegnamo per esaudirli, facendo fronte così anche al compito di vivere, rappresentano dunque degli espedienti per vincolare l'io cosciente a questa vita, in modo che riesca a sopportare – per quanto gli è possibile – anche le difficoltà e le pene che il destino gli riserva. Si potrebbe descrivere la normale condizione dell'io cosciente durante la vita umana come uno stato di narcosi, nel quale l'io non può riconoscere la propria autentica essenza, e rimane in balìa delle esperienze psichiche nelle quali viene coinvolto, alla ricerca di qualcosa che continuamente gli sfugge: sin tanto che la psiche umana produce l'unica forma di esperienza alla quale l'io cosciente può accedere, questa viene considerata la condizione normale della vita, ma quando esso riesce a sperimentare sintonie psichiche alternative, allora le cose cambiano.

La formazione dell'io cosciente

È evidente che la vita umana è poco adatta alle aspirazioni spirituali dell'io cosciente: noi interagiamo con l'ambiente fisico tramite il nostro organismo, il quale, con le sue esigenze, condiziona pesantemente il funzionamento del cervello. Le complesse alchimie – non di rado conflittuali – create dall'interazione tra i cervelli umani (ognuno con le proprie dinamiche psichiche) e dallo sviluppo storico dei programmi culturali derivanti da tali interazioni, rendono tutt'altro che agevole il processo evolutivo dell'io cosciente, che resta quasi sempre invischiato nelle dinamiche della psiche umana. I desideri, le intenzioni, i condizionamenti sociali, rappresentano le manifestazioni più evidenti di queste dinamiche, mentre la dimensione alternativa svelata da molte NDE, nella quale una benevola comprensione, un amore immenso ed incondizionato ed un senso di beatitudine e di armonia completa accolgono un io cosciente completamente liberato dal suo organismo, ci appare quasi come una condizione utopica ed aliena. Trattandosi di due mondi così diversi, viene naturale chiedersi in quale relazione stiano l'uno nei confronti dell'altro, ed ovviamente – dato che noi consideriamo la questione dal nostro punto di vista umano – per quale motivo dobbiamo affrontare e sopportare la condizione umana se il nostro destino finale è quello di uscirne per trasferirci in quell'altra dimensione. Spesso gli sperimentatori delle NDE riferiscono di aver posto domande di questo genere a qualcuna delle entità luminose incontrate nell'altra dimensione, e di aver ricevuto risposte chiare, esaurienti e convincenti, che però erano state completamente dimenticate nella fase di rientro nel corpo. Una prima risposta potrebbe essere data dal fatto che, per qualche ragione, la vita umana è necessaria – anzi indispensabile – per la formazione stessa dell'io cosciente: solo mediante l'esperienza nella vita, infatti, la coscienza potrebbe dare origine ad un soggetto cosciente della propria esistenza e delle proprie facoltà di sperimentazione, conoscenza, amore ed azione, che gli possono poi consentire il passaggio nel mondo dello spirito.

Ricordiamo che durante la vita umana l'io cosciente sperimenta il proprio sviluppo, la propria maturazione e la propria evoluzione in funzione del trascorrere del tempo, mediante il quale il continuo fluire del presente si fonda non solo sulla memoria del passato ma anche sulle prospettive, sulle aspettative e sulle speranze per il futuro. Molte NDE sono invece caratterizzate da una percezione del tempo del tutto diversa, una specie di eterno presente nel quale tutti gli eventi sono già compresi, e l'ordine nel quale vengono percepiti dipende, in un certo senso, dal modo in cui l'attenzione viene rivolta all'uno o all'altro evento, anche se la sensazione è spesso quella di navigare in un'eternità in cui il concetto stesso del tempo, come noi lo intendiamo in questa vita, perde di significato. In quella dimensione, dunque, anche la vita umana – con la sua durata limitata ed il trascorrere del tempo che la caratterizza – potrebbe essere percepita in tutta la sua relativa stranezza, forse come un contenitore localizzato, una specie di baule che può essere aperto all'occorrenza per esaminare tutte le cose più o meno interessanti contenute al suo interno, prive tuttavia del carattere di realtà che attribuiamo loro in questa vita. Proprio il tempo costituisce il fattore fondamentale su cui si fonda la percezione umana della realtà: reale al massimo grado è ciò che accade nel presente, mentre diversi gradi di realtà sono attribuiti agli eventi del passato di cui resta traccia nella memoria della gente, anche sulla base dei documenti e dei reperti che – pervenuti nel nostro presente – ne testimoniano l'esistenza. Ma ciò di cui è andata persa ogni memoria umana, diventa per noi irreale.

In questa vita l'io cosciente, una volta che si sia sufficentemente sviluppato, va incontro al proprio destino e si confronta con esso con le risorse di cui dispone: abbiamo spesso evidenziato come tanto il destino quanto le risorse siano diversi da persona a persona, e questa è una delle ragioni per cui la stessa vita umana resta un enigma. Ogni forma di esperienza psichica, nel corso di questa vita, diventa reale per l'io cosciente quando lascia una traccia almeno temporanea nella sua memoria. Per esempio, se io faccio un sogno e me ne ricordo al risveglio, quel sogno entra a far parte delle mie esperienze psichiche, ma talvolta può accadere che io sappia di aver fatto un sogno, sebbene non riesca a ricordarmelo: in questo caso la traccia mnemonica dell'aver sognato qualcosa resta, anche se il ricordo del sogno è andato perduto. Ma se io faccio un sogno e poi mi risveglio convinto di non aver sognato, quell'esperienza psichica per me è come se non fosse mai esistita. Le NDE sono dunque esperienze psichiche importanti anche perché si imprimono nella memoria dello sperimentatore in modo direi quasi indelebile, eppure molti dettagli di esse non vengono ricordati: per esempio, a volte lo sperimentatore è certo di aver ricevuto risposte esaurienti alle proprie domande esistenziali, ma non è più in grado di ricordarle. Potremmo anche chiederci, a questo punto, se vi possano essere esperienze psichiche di cui l'io cosciente si dimentica completamente, e quale sia – in questi casi – il soggetto cosciente. In campo psicologico sono stati osservati e riportati vari casi di personalità multiple, nei quali una delle personalità, cioè un io cosciente, non ricordava nulla di quanto accaduto quando un altro soggetto cosciente prendeva il sopravvento. Anche nel caso di persone poste in stato di ipnosi sembra che l'io cosciente non ricordi, una volta risvegliato, quanto accaduto mentre era in quello stato.

Ovviamente, l'interpretazione di questi stati mentali anomali si basa sull'osservazione dei comportamenti delle persone studiate e sulle testimonianze da queste riferite in merito ai loro ricordi ed alle loro esperienze coscienti, così come vengono soggettivamente percepiti: come per tutte le esperienze psichiche soggettive, se non si vuol fare affidamento solo sulla buona fede del soggetto che le riferisce è necessario escogitare qualche metodo di verifica indiretta, i cui risultati lasceranno comunque dei dubbi su quanto effettivamente accade nella mente del soggetto. Questi fenomeni mentali possono essere anche imputati genericamente al funzionamento del cervello, senza che tuttavia si riescano ad individuare le cause che producono alterazioni come la sospensione dei ricordi o la loro riattivazione. Dobbiamo ancora una volta rassegnarci al fatto che le conoscenze oggettive di cui disponiamo sono troppo limitate per consentirci di poter interpretare in modo affidabile la pluralità delle esperienze psichiche soggettive, la maggior parte delle quali restano per noi enigmatiche. La stessa formazione dell'io cosciente risulta pertanto un processo complesso, che può essere messo a rischio dalle dinamiche psichiche nelle quali l'io viene coinvolto. Sappiamo inoltre che un organismo può morire prima ancora che l'io cosciente abbia avuto il tempo di svilupparsi. La complessità di tutte le tematiche che riguardano il destino individuale di ogni organismo umano, e le modalità con cui tale destino influenza la formazione, lo sviluppo e l'evoluzione dell'io cosciente, è tale per cui, in assenza di risposte ragionevoli e soddisfacenti, si preferisce spesso limitare l'esistenza dell'io alla vita dell'organismo umano al quale è associato.

Resta il fatto che, una volta riconosciuto l'effetto che le componenti aleatorie esercitano sul destino individuale di ogni organismo umano e sulla formazione dell'io cosciente, quest'ultimo, nella maggior parte dei casi, si sviluppa e si confronta con gli impegni e con le difficoltà della vita – via via che si manifestano col trascorrere del tempo – facendo affidamento sulle risorse mentali del cervello e sulle interazioni rese possibili dal network dei cervelli umani, soprattutto prendendo delle decisioni e ponendole in atto mediante il ricorso alla volontà. Questo processo corale, che coinvolge l'umanità intera, comporta effetti diversi per la storia personale e per l'evoluzione dell'io cosciente legato ad ogni persona: la vita umana presenta dunque questo duplice aspetto, in virtù del quale ogni essere umano partecipa – per un limitato periodo di tempo – al flusso continuo della storia dell'umanità, con tutte le dinamiche di bene e di male che lo caratterizzano e che lo rendono trascendente ed enigmatico nei confronti delle risorse intellettive individuali, e nello stesso tempo l'io cosciente legato all'organismo umano subisce un processo evolutivo che può portarlo ad una dignità esistenziale autentica. Le NDE aprono una finestra che permette di dare uno sguardo al possibile destino dell'io cosciente una volta che la sua avventura della vita umana sia terminata. Come ho già osservato, in molte NDE alla percezione del distacco dal proprio corpo organico si associa il trasferimento dell'io cosciente in un ambiente nel quale esso si sente finalmente a casa, come se vi fosse ritornato da un lungo, faticoso e spesso travagliato viaggio.


 

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