|
La qualità emotiva delle esperienze L'io cosciente come soggetto sperimentatore sensibile L'evidenza ci mostra come l'io non sia un semplice registratore delle esperienze prodotte dagli eventi della vita, ma sia coinvolto più o meno intensamente in quella che, in mancanza di un'espressione più adegiata, possiamo definire come la qualità emotiva associata ad ogni esperienza: in un certo senso potremmo paragonare questa qualità al particolare sapore prodotto da un cocktail di reazioni psichiche che l'io percepisce, nel complesso, come gradevole o sgradevole in misura diversa. Per quanto riguarda le esperienze determinate dalla psiche umana, è possibile stabilire una graduatoria basata sul livello di attrazione, di interesse e di piacere con cui la qualità emotiva delle esperienze coinvolge l'io: le esperienze quotidiane neutre e noiose risultano preferibili rispetto alle condizioni dolorose che comportano sofferenza e riduzione dell'efficienza fisica, e le esperienze che comportano divertimento, entusiasmo e piacere hanno una valutazione più alta di quelle neutre. Tuttavia il coinvolgimento dell'io cosciente nella qualità emotiva delle esperienze della vita organica è determinato essenzialmente dalla sua immedesimazione con le dinamiche della psiche umana in cui viene irretito, come conseguenza del funzionamento del suo organismo nel corso del tempo. Infatti è proprio mediante il sistema nervoso di cui ogni organismo umano è dotato che si producono gli effetti emotivi di cui l'io fa esperienza, al punto che secondo l'interpretazione psichica di molte persone l'io stesso sarebbe un prodotto del funzionamento cerebrale. È evidente comunque che l'io cosciente sperimenta gli eventi della vita in relazione alle modalità di funzionamento del suo organismo ed alle condizioni ambientali e sociali in cui l'organismo si viene a trovare man mano che il tempo trascorre. Le dinamiche di questo gioco della vita, determinate dal frazionamento della coscienza, dalle risorse di cui ogni organismo dispone in misura diversa, e dalle condizioni socioculturali in cui l'organismo nasce e viene allevato, producono un numero enorme di variazioni, che rendono arduo e temerario ogni tentativo di inquadramento dell'esperienza umana in uno schema interpretativo che sia valido per ogni essere umano vivente, oggi come nel passato. Se abbiamo difficoltà a comprendere le cause per cui noi stessi funzioniamo in un certo modo, e non in un altro, a maggior ragione dovremmo usare molta cautela nel valutare le cause dei comportamenti degli altri. Possiamo comunque affermare con sufficiente convinzione che ogni essere umano è dotato di un io cosciente, il quale – essendo assoggettato alle esperienze psichiche che la vita organica comporta – si identifica più o meno completamente, ma in misura molto diversa da una persona all'altra, con le dinamiche psichiche che lo coinvolgono: quanto più l'io cosciente si identifica con le proprie dinamiche psichiche, tanto più le sue decisioni ed i comportamenti del suo organismo sono determinati da particolari sintonie della psiche umana, al punto che molte persone possono essere considerate come degli automi umani. Eppure va riconosciuto che anche nel caso in cui l'io si identifichi completamente con le dinamiche psichiche che lo coinvolgono, esso può pur sempre soffrire o gioire per quanto gli accade di sperimentare, nella misura in cui la sua sensibilità glielo consente. Tuttavia questa stessa sensibilità varia da una persona all'altra, soprattutto se viene considerata sotto il suo aspetto di empatia, cioè nella capacità di percepire e di condividere le gioie e le sofferenze altrui: infatti, a causa delle circostanze della vita e delle risorse dell'organismo, il nucleo sensibile dell'io può essere rivestito da una specie di corazza psichica che lo rende più o meno insensibile ed indifferente non solo alle emozioni altrui, ma anche alle proprie. L'io è prevalentemente una costruzione della psiche umana, che dovendo proteggere la sensibilità di un nucleo spirituale particolarmente vulnerabile, lo ricopre progressivamente di strati di materiale psichico che col tempo diventano sempre più rigidi, fino a creare una barriera impenetrabile che impedisce al nucleo spirituale di manifestarsi alla coscienza. In mancanza di una connessione con il proprio nucleo spirituale, l'io si identifica con ciò che la coscienza gli permette di percepire, cioè con le dinamiche psichiche del guscio esterno, non di rado particolarmente spesso e duro, che racchiude e nasconde il nucleo spirituale. Sebbene il nucleo spirituale eserciti dall'interno un'influenza sugli strati più profondi del guscio di materiale psichico che lo racchiude, trasformandone l'energia psichica in energia spirituale, la durata di questo processo dipende dalla potenza del nucleo, ma possono essere necessari alcuni decenni prima che l'io cosciente ne percepisca indirettamente gli effetti, dato che il processo resta inconscio finché tali effetti non raggiungono gli strati più superficiali del guscio di materiale psichico con cui l'io si identifica. Si deve anche tener conto del fatto che, via via che l'organismo procede nella sua vita, nuovi strati di materiale psichico si accumulano su quelli preesistenti, impedendo al nucleo spirituale di trasformare l'energia psichica con una velocità sufficiente a raggiungere gli strati esterni della psiche accessibili alla coscienza dell'io. Solo quando l'organismo muore, o sperimenta uno shock particolarmente intenso, il guscio psichico si sgretola o subisce delle lesioni e delle incrinature abbastanza profonde da consentire all'energia del nucleo spirituale di entrare in contatto diretto con l'io cosciente. Può così accadere che anche l'io di un criminale incallito, del tutto indifferente alle sofferenze che le sue azioni possono causare agli altri, ad un certo punto della sua vita sia coinvolto in un processo interiore di conversione, i cui effetti possono trasformare in breve tempo un malvagio in una persona del tutto diversa. La normale sensibilità dell'io ha una natura psichica, non spirituale, che deriva in gran parte dalle esigenze dell'organismo: la frammentazione della coscienza in una pluralità di organismi viventi fa sì che l'io cosciente associato ad ogni organismo provi sofferenza, soddisfazione o piacere indipendentemente da ciò che accade ad un altro organismo con il quale non sia collegato da particolari vincoli affettivi, e pertanto accade non di rado che un'azione che dà soddisfazione ad un io comporti un danno od una sofferenza per un altro io. Il rapinatore o lo stupratore provano una forma di soddisfazione per il successo delle proprie azioni, tanto più intensa quanto più possono restare indifferenti nei confronti delle reazioni psichiche negative che le loro vittime devono sopportare. Le dinamiche psichiche possono diventare a tal punto complesse e contorte da determinare forme di sadismo per cui perfino nei rapporti affettivi più stretti, come quelli tra genitori e figli, gli adulti riescono a provare soddisfazione o piacere nel compiere abusi di vario genere su giovani indifesi. Dunque la sensibilità dell'io cosciente vincolato al proprio organismo è diversa da quella del nucleo spirituale che gli è associato: quest'ultimo, pur esercitando una forma di influenza più o meno indiretta – a seconda di come riesce a raggiungere la coscienza superando le barriere del guscio psichico che lo racchiude – non è condizionato dalle stesse dinamiche psichiche che coinvolgono l'io, il quale riesce a sentire solo ciò che la sua coscienza gli permette di percepire e di sperimentare. Se il nucleo spirituale è dotato di una propria forma di coscienza, la barriera formata dal guscio psichico, più o meno consistente ed indurito, in genere impedisce alla coscienza dell'io di sintonizzarsi su quella del nucleo spirituale. Come si può notare, la condizione dell'io cosciente nell'ambito della vita organica è ben diversa da quella nella dimensione dello Spirito, al punto che ci potremmo perfino chiedere quanto lo stesso Spirito sia ben informato in merito ai rischi a cui l'io va incontro nel corso della vita umana: rischi dai quali, ovviamente, il nucleo spirituale resta indenne per la sua stessa natura. Ovviamente, in questo bilancio energetico, il prezzo da pagare affinché il nucleo spirituale possa trasformare una parte di energia psichica in energia spirituale è rappresentato dalle sofferenze che l'io cosciente deve sopportare: infatti quegli aspetti della vita organica che determinano reazioni psichiche positive e vantaggiose per l'io, rendendogli la vita piacevole e divertente, non presentano alcun problema, mentre il dolore e le sofferenze mentali derivanti dal funzionamento dell'organismo e dall'esigenza di doverlo mantenere in vita possono provocare nell'io una reazione psichica di ingiustizia subita, soprattutto quando vengono messi a confronto i diversi destini individuali degli organismi viventi ed il carico di sofferenze particolarmente gravoso che molti esseri umani devono sopportare. Quando la vita organica termina e l'io cosciente accede alla dimensione dello Spirito il problema della sofferenza umana viene automaticamente risolto mediante l'identificazione dell'io con il proprio nucleo spirituale e – come si può desumere dalle testimonianze di molte NDE – dalla liberazione dalla sofferenza e dalla cancellazione dei ricordi delle sofferenze patite nel corso di questa vita: dunque, nella condizione senza tempo in cui l'io spirituale viene a trovarsi una volta che l'esperienza temporale della vita organica si è esaurita, tutti i problemi, le pene e le sofferenze di questa vita svaniscono, per così dire, nel nulla, togliendo alla vita umana gran parte di quella realtà che noi le attribuiamo fintanto che siamo vincolati al nostro organismo. Invero noi possiamo sperimentare già nel corso di questa vita gli effetti di un processo simile, allorquando ad un periodo di sofferenze e di difficoltà ne subentra uno di relativo benessere e di buone condizioni di salute, che ci fa dimenticare ben presto i patimenti del passato e non solo ci rende di nuovo gradevole la vita, ma può indurci a guardare al futuro con fiducioso (e magari ingenuo) ottimismo. In fondo, quello che più ci avvilisce in questa vita è la continuità delle condizioni difficili in cui possiamo venirci a trovare e la cronicità di certe malattie da cui l'organismo non riesce a guarire, tra le quali si può anche includere l'invecchiamento. Le esigenze dell'organismo e l'io spirituale Le NDE, i resoconti delle quali sono diventati molte migliaia nell'ultimo mezzo secolo, inseriscono un elemento completamente nuovo nel quadro interpretativo della vita umana, in quanto l'io fa ritorno allo stato cosciente della vita organica dopo aver sperimentato una condizione completamente diversa, che chiamiamo spirituale in quanto svincolata dalle esigenze di un organismo, nei confronti del quale l'io perde di solito ogni interesse una volta che se ne sia separato. Privato dell'organismo, l'io non può più interagire con la dimensione della vita organica, ma non per questo perde la coscienza: anzi, le facoltà mentali percettive, sensitive, emotive e conoscitive risultano spesso notevolmente incrementate quando vengono stimolate dalle esperienze alle quali l'io va incontro in questa sua nuova condizione spirituale. Quando poi l'io spirituale sente di poter accedere alla dimensione dello Spirito prova quasi sempre l'intensa ed inequivocabile emozione di essere finalmente tornato a casa, cioè in quella sede a cui sente senza ombra di dubbio che la sua autentica essenza appartiene. La realtà di queste esperienze viene considerata indubitabile praticamente da tutti coloro che le hanno vissute, i quali spesso dichiarano che è la realtà a cui siamo abituati nel corso della nostra vita organica ad apparire evanescente e quasi onirica, se messa a confronto con quella che hanno sperimentata nella dimensione dello Spirito. Inoltre il numero dei reports di NDE che presentano testimonianze coerenti di tali esperienze è ormai talmente elevato da rendere insostenibile qualsiasi interpretazione allucinatoria in merito alla loro origine. Si tratta di esperienze dalle quali l'io cosciente risulta, nella maggior parte dei casi, sostanzialmente cambiato, quando fa ritorno alla condizione della vita umana dopo esser stato riconnesso al proprio organismo. Si riscontra quasi sempre una forte resistenza da parte dell'io cosciente – nella sua condizione spirituale – a far ritorno alla dimensione organica che caratterizza la vita umana: una volta riconnesso al proprio organismo, l'io prova spesso un intenso rimpianto ed una struggente nostalgia nei confronti di quella dimensione che ora viene realmente percepita come un paradiso perduto, al quale spera e confida di poter far ritorno prima possibile. Quello che prima era considerato, anche per effetto degli attuali condizionamenti culturali, come il bene supremo, cioè la vita organica, viene ora – almeno in un certo numero di casi – percepito dall'io cosciente come un periodo di esilio e di faticoso impegno in un ambiente che gli risulta poco congeniale, dopo che ha sperimentato la dimensione dello Spirito. Va tuttavia riconosciuto che ci sono anche casi nei quali l'io sente di far ritorno alla vita organica rinvigorito e pieno di entusiasmo per questa esperienza particolare, che adesso è in grado di assaporare nei vari suoi aspetti, cogliendo al volo le opportunità che gli vengono offerte, senza preoccuparsi più di tanto delle esigenze dell'organismo e delle precauzioni da prendere per tutelarlo, dato che esso viene ormai considerato solo come un utile strumento di esperienza, anche se temporaneo, e dunque né unico né insostituibile. In ogni caso l'aver sperimentato direttamente la dimensione dello Spirito comporta una sostanziale differenza nell'importanza che l'io cosciente attribuisce alla vita organica: le NDE costituiscono quasi sempre una netta linea di demarcazione tra un prima, caratterizzato da una visione più o meno istintiva o culturalmente condizionata della vita umana come fonte unica ed assoluta di esperienza, ed un dopo, nel quale questa vita è notevolmente relativizzata alla luce delle possibili e molto più intense esperienze che fanno ormai parte non solo dei ricordi, ma anche del patrimonio di conoscenze dell'io. Possono essere particolarmente interessanti i resoconti delle NDE di bambini di età inferiore ai tre o quattro anni, ancora non assoggettati a programmi di condizionamento culturale in merito all'interpretazione della vita umana. Sia che venga rimandato indietro, contro il proprio desiderio e con profondo rammarico, da una forma di volontà superiore che sembra provenire dalla stessa energia dello Spirito, sia che venga richiamato alla vita umana dagli sforzi compiuti da tutti coloro che si prodigano per rianimare l'organismo, l'io cosciente si trova di nuovo nella condizione di dover far fronte alle difficoltà della vita, sebbene – come si è visto – con un orientamento molto diverso. Deve anche reinterpretare la propria esperienza nella dimensione spirituale, di cui conserva ora un ricordo quasi sempre molto nitido, non solo in relazione alle esigenze ed alle limitazioni – e dunque alle difficoltà – che la vita organica comporta, ma anche alla luce di quella che può essere considerata un'imposizione, da parte dello Spirito, di un compito o di una missione da portare a termine in questa dimensione. Al riguardo, è opportuno leggere con attenzione un buon numero di resoconti di NDE, molti dei quali sono disponibili in rete nei siti dedicati a tali esperienze, soprattutto quello dello IANDS e quello della NDERF, per redersi conto del sentimento di intenso rammarico, talvolta quasi di disperazione, con cui in molti casi viene accolta dall'io cosciente la decisione che deve far ritorno alla dimensione della vita organica: anche se in non pochi casi tale decisione è condivisa dall'io per le esigenze determinate dalla cura di altre persone, in particolare nel caso di madri o di padri che devono aiutare i propri figli a crescere, oppure per poter condurre a buon fine alcune delle attività intraprese nella vita, non di rado nemmeno queste motivazioni – per quanto intensamente sentite – riescono a compensare il doloroso sentimento che comporta la separazione dalla dimensione dello Spirito, alla quale l'io cosciente è ormai certo di appartenere nella sua più intima essenza. Per queste ragioni, il ritorno alla vita organica può essere particolarmente difficile per l'io, che può venirsi a trovare in uno stato di depressione per un periodo di diversi mesi, e talvolta di anni. Il numero di coloro che hanno sperimentato la dimensione dello Spirito e sono ritornati alla vita organica col nitido ricordo di tale esperienza, in modo da poterla comunicare – pur con tutti i limiti del linguaggio – agli altri esseri umani, pur essendo ormai abbastanza elevato in termini assoluti, resta percentualmente basso. Comunque l'attenzione offerta a tali esperienze dai media divulgativi, e l'interesse della maggior parte degli esseri umani verso la possibilità di una continuazione dell'esistenza dell'io cosciente anche dopo la morte dell'organismo, fanno sì che quella percentuale relativamente bassa di NDE eserciti un'influenza da non sottovalutare sulle dinamiche della psiche umana che ci coinvolgono in questa vita. Sotto il profilo della nostra conoscenza, non è chiaro se questo fenomeno corrisponda ad un progetto voluto dallo Spirito, né si comprende bene a cosa miri questo progetto: se esso fosse finalizzato ad un miglioramento della psiche umana in senso positivo, sembrerebbe più opportuno che l'esperienza diretta della dimensione dello Spirito fosse estesa quanto meno a tutti coloro il cui organismo è stato rianimato dopo un episodio di morte clinica, ed invero sarebbe tutto molto più chiaro ed efficace se l'io cosciente avesse fin dalla sua formazione umana il nitido ricordo della sua origine spirituale e dell'impegno assunto nell'esplorare la dimensione della vita organica. Invece si ha l'impressione che ciò che da una parte viene impedito, per cause a noi attualmente sconosciute ma che avranno certamente una loro ragion d'essere, sia poi concesso – anche se in misura limitata – per offrire un aiuto e per rincuorare l'io cosciente nel suo percorso tra le difficoltà della vita umana. Non sembra realistico, tuttavia, ritenere che il carattere bipolare dell'energia della psiche umana possa essere modificato sensibilmente e stabilmente da un fenomeno che attualmente è ancora marginale, i cui sviluppi potranno essere verificati solo col tempo: i precedenti esperimenti spirituali nella storia dell'umanità, compreso il cristianesimo, non sembrano aver prodotto risultati di rilievo, tanto che ancor oggi la nostra cultura è in gran parte pagana, cioè fondata sulle esigenze dell'organismo e sulle opportunità che esso può offrire in termini di piacere e di felicità umana. L'attrazione del polo negativo della psiche umana Sebbene non manchino i resoconti di NDE angoscianti – che talora implicano esperienze le cui caratteristiche ambientali, rappresentative ed emotive possono essere definite infernali – tali esperienze, come si è visto, presentano sempre elementi soggettivi di natura più psichica che non spirituale, e mancano di quella coerenza che accomuna il gran numero di NDE che comportano la sperimentazione della dimensione dello Spirito da parte dell'io cosciente. Non vi sono dunque elementi affidabili, fondati sull'esperienza, per sostenere che esista una controparte negativa dello Spirito, dalla quale l'io di alcune persone particolarmente malvage (almeno secondo il giudizio psichico che noi, in quanto esseri umani, attribuiamo al loro comportamento) possa sentirsi attratto. Non vi è dubbio, tuttavia, che uno dei poli della psiche umana abbia caratteristiche negative, e che sia in grado di esercitare un notevole potere di attrazione sull'io cosciente di molte persone. Abbiamo già esaminato i motivi che possono indurre l'io cosciente ad orientarsi secondo le dinamiche psichiche determinate dal funzionamento del proprio organismo, in accordo con la ricerca delle emozioni piacevoli e l'esigenza di evitare o di rimuovere tutto ciò che può essere causa di dolore fisico e di sofferenza mentale. Abbiamo anche visto come la causa primaria del dolore vada ricercata proprio nel funzionamento del sistema nervoso dell'organismo, in relazione tanto alle condizioni ambientali quanto agli errori di programma ai quali la formazione, lo sviluppo e la conservazione dell'organismo sono soggetti. Infine, abbiamo riscontrato come alcune caratteristiche derivanti dal funzionamento degli organismi secondo le leggi della natura facciano sì che il danno – e dunque il dolore o il male – causato dalle azioni del nostro organismo ad un altro organismo (umano o animale), possa essere percepito, interpretato e sentito dal nostro io come un vantaggio, e dunque un bene. Di fronte a quelle che vengono considerate le cause naturali delle sofferenze (come terremoti, inondazioni, incendi e malattie di ogni genere), la polarità positiva della psiche induce gli umani ad organizzarsi ed a collaborare per ridurre e prevenire per quanto possibile gli effetti negativi determinati da tali eventi: ciò che non può essere evitato viene comunque accettato con quella rassegnazione che storicamente è stata associata al sentimento di impotenza umana nei confronti di forze naturali preponderanti. Nella complessità delle interazioni tra gli organismi umani una parte delle sofferenze può essere attribuita ai comportamenti ed alle azioni di alcune persone, o di alcuni gruppi umani organizzati, nei confronti di altre persone o di altri gruppi umani. In questo caso la polarità positiva della psiche induce le vittime (cioè coloro che subiscono i danni e le sofferenze che ne derivano) a ritenere che le azioni ingannevoli, malvage e violente siano dovute all'influenza del polo negativo (il male), ed induce i gruppi sociali organizzati a prendere misure più o meno adeguate ed efficaci per prevenire tali azioni o per punire chi le ha commesse. Ma nell'ingenuità primitiva che ancor oggi caratterizza le ralazioni e le interazioni tra i gruppi sociali organizzati, anche a livello di nazioni che si ritengono sovrane, accade non di rado che quello che un gruppo ritiene essere vantaggioso, e dunque positivo, provochi un danno e sia giudicato negativamente da un altro gruppo umano. In questo caso le dinamiche psichiche ed i comportamenti che ne derivano risultano intrinsecamente conflittuali, come accade nelle competizioni di ogni genere, sportive, politiche o economiche che siano, le quali accanto ai vincitori vedono quasi sempre degli sconfitti, ed a volte possono trasformarsi in conflitti armati senza esclusione di colpi. Il tornaconto individuale o di gruppo può dunque diventare il movente che giustifica l'oppressione, l'asservimento o l'eliminazione di una persona o di un altro gruppo umano, nei confronti dei quali viene meno ogni sentimento di identificazione e di empatia. Inoltre la reciprocità delle dinamiche psichiche può far sì che l'ostilità da parte di una persona o di un gruppo umano sia temuta preventivamente, provocando un senso di sfiducia e di apprensione, e di conseguenza un'esigenza di difesa, nei confronti dei potenziali nemici. La conflittualità determinata dal carattere bipolare della nostra psiche è stata coscientemente sperimentata fin dagli inizi della storia umana, e molti filosofi ne sono stati ben consapevoli: tuttavia il potere della psiche risulta ancor oggi determinante, legato com'è alle esigenze della vita organica. È ingenuo pensare che le informazioni sulle esperienze nella dimensione dello Spirito possano risolvere i problemi di questo mondo, nel quale attualmente vivono alcuni miliardi di organismi umani, la cui sopravvivenza dipende dallo sfruttamento delle risorse del pianeta mediante l'organizzazione tecnologica. Come già è accaduto in passato, l'esperienza della realtà della dimensione spirituale contribuisce a relativizzare l'importanza della vita umana e dunque ad alleviare le preoccupazioni per la stessa sopravvivenza dell'organismo, dato che quest'ultimo viene considerato come uno strumento impegnativo, gravoso ed alquanto difficile da gestire, soprattutto se si considera la qualità delle esperienze a cui l'io cosciente può accedere nella sua forma spirituale, una volta liberatosi da esso. Ma lo Spirito non è ancora in grado di influenzare in modo sostanziale le dinamiche della psiche umana, probabilmente perché non può o non vuole intervenire direttamente nella dimensione della vita organica. Si giunge ad un punto nel quale le stesse facoltà mentali di cui dispone la nostra coscienza sono del tutto insufficienti, non dico a comprendere, ma anche solo ad immaginare la complessità del disegno creativo di cui fanno parte lo Spirito, la psiche umana, la vita organica ed il frazionamento della coscienza in una pluralità di entità individuali soggette ad esperienze transitorie ed evanescenti. Forse le esperienze nella dimensione dello Spirito e le conoscenze che ci verranno offerte ci potranno illuminare in merito alle relazioni tra i vari elementi di tale disegno creativo, ma fintanto che il nostro io resta confinato nella ridicola e pressoché insignificante dimensione di questa vita organica non possiamo che anelare ad una comprensione alla quale non abbiamo la possibilità di accedere. Ma per tornare ai motivi per cui non di rado l'io può essere attratto dalla polarità negativa della psiche umana (ovviamente nel caso in cui si identifichi con le dinamiche psichiche che lo coinvolgono), si deve osservare che, oltre alle esigenze determinate dalla vita organica ed alle reazioni psichiche stimolate dall'esser stato oggetto di soprusi e di abusi di vario genere, in alcuni casi l'io viene sollecitato dal desiderio di acquisire potere, ricchezza, fama o gloria, fino al punto di non fermarsi di fronte a niente pur di ottenere i risultati che si prefigge. Di fronte a casi di questo genere l'ambiguità della psiche si manifesta apertamente in tutti quei programmi culturali che esaltano il coraggio, l'audacia ed il valore di condottieri e conquistatori, anche se le loro imprese hanno causato dolore e sofferenze a molti altri esseri umani. Il movente psichico che affascina l'io, fino a renderlo insensibile nei confronti del male che le sue scelte possono causare, viene chiamato ambizione, e costituisce una delle risorse più raffinate di cui la psiche dispone per irretire l'io cosciente. Quando l'io è disposto a danneggiare ed a far soffrire gli altri in nome delle proprie ambizioni, non si assoggetta al richiamo della polarità negativa della psiche perché costrettovi dai bisogni impellenti del proprio organismo, né perché le dinamiche psichiche in cui viene coinvolto sono state pesantemente distorte da particolari atrocità subite e sperimentate (anche se a volte l'ambizioso può avere una storia personale complessa), ma perché viene affascinato dalla brama di successo e di potere che la psiche gli rappresenta e gli propone, nell'una o nell'altra forma. Vi è un sottile ed atavico richiamo psichico nell'essere un leader carismatico riconosciuto, apprezzato e perfino temuto, un richiamo al quale l'io di alcune persone è particolarmente sensibile, non solo in quei pochi che hanno le risorse per affermarsi direttamente come persone di successo, nell'uno o nell'altro campo di azione umana, ma anche in quei molti che sono disposti a riconoscere, a seguire ed a valorizzare il ruolo di leader di qualcun altro, assoggettandosi alla sua volontà, alla sua determinazione ed al suo arbitrio. Come al solito, non è l'aspetto positivo della psiche – che si può manifestare ragionevolmente anche tramite l'ambizione – a creare dei problemi, ma quello negativo, a causa del quale alcune persone o gruppi umani, per ottenere i propri obiettivi, non esitano a calpestare i diritti degli altri, o addirittura a costringere con ogni mezzo altre persone a sottomettersi al loro volere. Tuttavia il carattere bipolare intrinseco all'energia della psiche fa sì che non di rado gli ambiziosi, sentendosi motivati da intenzioni positive, siano poi disposti a ricorrere anche a strategie contaminate dagli aspetti negativi della psiche pur di ottenere quanto si prefiggono: una dinamica che viene sintetizzata dal noto aforisma attribuito a Machiavelli (il quale non si espresse mai in questi termini) «il fine giustifica i mezzi». La maggior parte degli esseri umani sono attratti, in misura variabile anche in relazione alla fase della vita in cui si trovano, da alcuni aspetti connessi alla polarità negativa della psiche, che possono manifestarsi attraverso tensioni determinate non solo da sofferenze patite, spesso ingiustamente, a causa dei comportamenti altrui, oppure a causa dei bisogni basilari dell'organismo che essi non sono in grado di soddisfare, ma anche da desideri impellenti che, quando si manifestano, coinvolgono ed irretiscono l'io costringendolo ad agire prima ancora che esso sia in grado di valutare le possibili conseguenze che le proprie azioni possono avere per se stesso e per gli altri. A volte la difficoltà stessa che l'adattamento alle complesse dinamiche socioculturali della vita comporta, anziché essere percepita ed interpretata positivamente come una sfida interessante nella quale impegnare le proprie risorse, induce l'io cosciente ad abbandonarsi a forme di autocommiserazione e perfino di autodistruzione del proprio organismo – o quanto meno di indifferenza nei confronti della deriva a cui esso va incontro – che possono essere associate ad un'intensa influenza della polarità negativa della psiche. Anche in questo caso, tuttavia, si riscontra una più o meno completa identificazione dell'io cosciente con le dinamiche psichiche che lo coinvolgono, dalle quali esso si lascia passivamente sommergere, incapace di reagire autonomamente. Infine vi sono casi di sadismo o di crudeltà fine a se stessa, nei quali l'io cosciente viene completamente dominato dalla polarità negativa della psiche, o perché ne trae qualche forma di piacere, o perché non riesce a resistere all'impulso che lo spinge a compiere determinate azioni proprio a causa della sua identificazione con la psiche. È sempre difficile, ed a volte impossibile, riuscire a sbrogliare l'intricata matassa delle dinamiche psichiche che determinano comportamenti malvagi e crudeli, soprattutto quando tali comportamenti non sono dovuti ad occasionali perdite di controllo dell'io cosciente in circostanze particolari ed estreme, ma diventano una costante caratteriale della personalità umana. Non si vuole qui assolvere a priori l'io dal fatto di lasciarsi irretire dalla polarità negativa della psiche, ma di comprendere se, nella condizione organica che il destino gli ha assegnato, l'io dispone delle risorse necessarie per prendere le distanze dalle dinamiche psichiche con le quali tende naturalmente ad identificarsi. Prima di poter valutare le conseguenze delle proprie decisioni, l'io deve poter disporre di una conoscenza che la psiche umana non gli offre, soprattutto nell'ambito di una cultura come quella attuale, tutta incentrata su ciò che conviene fare, individualmente o socialmente, in funzione delle esigenze esclusive della vita organica. Solo dopo che fosse stata resa disponibile all'io una conoscenza adeguata (come quella esposta nelle pagine di questo sito), esso potrebbe essere ritenuto pienamente responsabile delle scelte determinate dal suo coinvolgimento nelle dinamiche negative della psiche. Anche in questo caso, tuttavia, l'io potrebbe sostenere a buon diritto che la sua volontà non è quella di fare il male, ma che non riesce ad evitare di essere guidato dagli impulsi psichici negativi che lo dominano: questo è quanto dichiarano alcuni dei condannati per certi reati, sempre presupponendo che siano in buona fede. La valutazione dei risultati della propria vita Già nel corso di questa vita, soprattutto se raggiunge la fase finale del corso naturale della stessa, l'io può procedere ad una rievocazione e ad una valutazione dei suoi comportamenti, delle sue decisioni e delle sue azioni, a partire dai primi ricordi dell'infanzia, connessi alla fase di formazione e di sviluppo della coscienza. Durante questa rievocazione, si accorge abbastanza spesso che ciò che gli sembrava appropriato o comunque giustificabile nel momento in cui prendeva una decisione o si comportava in una certo modo, viene adesso valutato in modo molto diverso. Questa differenza è determinata non solo dal fatto che l'esperienza di quanto è accaduto in conseguenza delle proprie decisioni e delle proprie azioni dimostra che i risultati sono stati diversi dalle aspettative (cosa che non poteva essere conosciuta nel momento in cui l'azione veniva eseguita), ma anche da una diversa e molto più complessa conoscenza delle dinamiche della vita e dal significato che attribuiamo alle nostre decisioni ed alle conseguenze che ne derivano. Questa forma di conoscenza può andare ben oltre il mero accumulo di esperienze, come dimostrano i notevoli cambiamenti di orientamento che si verificano in coloro che fanno ritorno alla dimensione della vita organica dopo aver sperimentato la dimensione dello Spirito nel corso di una NDE. In quei casi in cui queste esperienze comportano un processo di revisione della vita, spesso l'io cosciente sperimenta direttamente non solo le proprie emozioni, ma anche – con la stessa intensità – i sentimenti e le emozioni di coloro con cui interagiva: dunque la frammentazione determinata dalla vita organica viene sostituita da una forma di supercoscienza derivante dall'interconnessione tra tutte le diverse coscienze individuali coinvolte nelle dinamiche causate dalla psiche umana. Ovviamente la conoscenza determinata dalla sola esperienza umana non comporta una percezione così diretta delle emozioni e dei sentimenti degli altri: tutt'al più, persone particolarmente sensibili pervengono ad una partecipazione empatica a ciò che l'io cosciente dell'altro sperimenta direttamente. Ma alla luce di quanto si apprende nella dimensione dello Spirito, ciò che è fatto agli altri è fatto a se stessi. Questa differenza di conoscenza tra quanto appreso nella dimensione dello Spirito e quanto normalmente sperimentato nella dimensione della vita organica rappresenta per l'io cosciente un problema di non poco conto, almeno fintanto che la sua esistenza è collegata a quella del suo organismo: la conoscenza della sostanziale unità della coscienza, così come viene sperimentata nella dimensione dello Spirito, è in contrasto con quanto l'io sperimenta di norma durante la vita umana a causa della pluralità degli organismi individuali e delle tensioni psichiche che derivano dalle loro interazioni, soprattutto se si tiene conto del fatto che le informazioni relative a questa forma di unità cosmica ci vengono date, per così dire, col contagocce. Infatti, come tutti coloro che hanno sperimentato una NDE particolarmente intensa e profonda non mancano di sottolineare, vi è una sostanziale ed incolmabile differenza tra ciò che l'io cosciente ha sperimentato direttamente nella dimensione dello Spirito e ciò che può essere comunicato mediante il linguaggio: dunque quello che noi possiamo apprendere ed interpretare attraverso le narrazioni di coloro che hanno avuto una NDE rappresenta solo un surrogato, piuttosto povero di sostanza, dell'esperienza diretta. Come si è già detto, anche se il numero delle persone che hanno avuto un'esperienza diretta della dimensione dello Spirito è in crescita e comincia ad essere significativo, esso rimane pur sempre nettamente minoritario in termini percentuali, e l'efficacia della comunicazione di tali esperienze consiste essenzialmente nel creare una risonanza che porta alla luce della coscienza qualcosa che fa già parte dell'essenza stessa dell'io. Si ha comunque l'impressione che nel passaggio dalla dimensione dello Spirito a quella della vita organica, caratterizzata da una percezione lineare a senso unico dell'energia del tempo, avvengano dei cambiamenti sostanziali che – così come sono percepiti dalla nostra coscienza vincolata alle caratteristiche dell'organismo – sembrano essere oggetto di esperimenti organizzati dallo Spirito, che coinvolgono lo Spirito stesso, la psiche, la natura e la coscienza: tali esperimenti vengono interpretati e compresi in modo diverso dall'io cosciente, a seconda che esso si trovi nell'una o nell'altra dimensione. Se si ritiene che l'io cosciente sia in ogni caso un'emanazione dello Spirito, tutte le differenze che si riscontrano nei vari gradi in cui l'io è coinvolto dalle dinamiche della psiche umana, compreso il suo orientamento più o meno spirituale o il suo assoggettamento alla polarità negativa della psiche, andrebbero attribuite alla frammentazione della coscienza in una pluralità di organismi, ciascuno con il destino che la vita gli assegna. In questo quadro la cancellazione di ogni conoscenza diretta dell'io della propria origine spirituale sarebbe determinata proprio dall'esigenza di lasciare che l'io venga intensamente coinvolto nelle dinamiche della psiche umana, in modo da indurlo ad impegnarsi nella vita organica al meglio delle proprie possibilità, quasi come se essa fosse l'unica modalità di esistenza cosciente possibile. La comprensione dell'origine spirituale dell'io sarebbe così riservata a quei pochi che, con un notevole impegno mentale nelle tecniche di ascesi meditativa, potrebbero conquistare una conoscenza intuitiva diretta della vera essenza dell'io. Ma i resoconti delle NDE modificano sostanzialmente questo quadro, rendendo disponibili per moltissime persone – mediante la capacità divulgativa offerta dalle attuali risorse tecnologiche – le informazioni relative alle esperienze dell'io cosciente nella dimensione dello Spirito. Questo mutamento – che qualcuno attribuisce ingenuamente ad una prevalenza dello Spirito sulla psiche – influenza gli assetti della psiche umana, fondati su un rapporto dialettico e non di rado conflittuale tra le sue polarità. Per noi che viviamo in una dimensione caratterizzata dalla percezione lineare ed unidirezionale del trascorrere del tempo, è difficile comprendere il significato profondo di queste esperienze che coinvolgono tanto lo Spirito quanto la psiche umana, e nelle quali l'io cosciente sembra avere un ruolo quasi di subordinazione, o meglio, di strumento sensibile che consente di verificare gli effetti dell'esperimento. Eppure, proprio questa sua condizione rende l'io particolarmente prezioso ed insostituibile, anche per lo stesso Spirito, dato che evidentemente il compito affidato all'io nello sperimentare la vita organica è quello di fare da ponte tra le due dimensioni. L'io, mediante il proprio funzionamento come strumento sensibile, in grado di sopportare e di registrare coscientemente il dolore e la sofferenza, oltre che di sperimentare le forme di piacere e di felicità offerte dalla psiche umana, assolve un compito ben preciso e compie un vero e proprio lavoro, anche nel senso energetico del termine, verificando la compatibilità della trasformazione dell'energia psichica – una trasformazione che presenta qualche somiglianza con processi organici come l'assimilazione e la digestione degli alimenti – in relazione alle esigenze dello Spirito. Per qualche ragione che per ora non ci è nota, lo Spirito non può o non vuole intervenire direttamente nel processo di trasformazione dell'energia psichica, e per questo invia nella dimensione della vita organica quelle particelle che si manifestano sotto forma di io cosciente, destinate a tornare alla loro casa-madre una volta che le funzioni vitali dell'organismo a cui sono associate di esauriscono. L'interpretazione secondo la quale la vita umana sarebbe una scuola o una palestra nella quale lo Spirito invierebbe queste particelle – da esso stesso emanate, e dunque composte della sua stessa sostanza – affinché imparino, come degli scolaretti, migliorando le proprie conoscenze e praticando quelle virtù che la buona educazione richiesta dallo Spirito-genitore impone loro, pur contenendo un nucleo di verità, è piuttosto ingenua: anzitutto non si comprende perché tale scuola non possa aver sede nella stessa dimensione dello Spirito, con una forma di insegnamento che si dimostri efficace per ogni io cosciente, alla luce delle notevoli risorse di cui lo Spirito dispone; inoltre, come è evidente, le circostanze stesse della vita organica producono esperienze molto diverse sull'io cosciente, che può sentirsi abbandonato nel mare tempestoso della psiche umana, senza avere le risorse per apprendere, o per verificare, quello che non gli è stato adeguatamente insegnato. In effetti, se la vita umana dovesse essere considerata come un'organizzazione scolastica, sarebbe da valutare come un istituto di basso livello, con programmi ed insegnanti piuttosto scadenti, in grado di attirare solo studenti poco dotati ed alquanto svogliati, fatte salve alcune rare eccezioni! Il lavoro svolto dall'io nella dimensione della vita organica è importante, non solo per l'io stesso in quanto entità spirituale, ma anche per lo Spirito, il quale attraverso la sensibilità e la coscienza frammentata di cui l'io dispone riesce a recuperare una parte dell'energia psichica per trasformarla in energia spirituale. Quello che noi talvolta percepiamo o interpretiamo come un merito acquisito dall'io nel vivere correttamente la vita non è altro che, per così dire, la giusta retribuzione per un lavoro ben svolto o – meglio ancora – il valore attribuito dallo Spirito ad un apporto energetico di qualità superiore. Ognuno di noi, per il solo fatto di sperimentare la vita organica, mette in atto un programma di assimilazione e di trasformazione dell'energia psichica, che tuttavia non sempre produce risultati di rilievo sotto il profilo della qualità: come si è detto, l'io cosciente della maggior parte degli umani si identifica spesso con le dinamiche psichiche nelle quali viene coinvolto, nel bene e nel male, e dunque il raccolto energetico che porta con sé al termine della vita organica è costituito dalle proprie esperienze coscienti, che non di rado si configurano come energia psichica di qualità non raffinata, ma non per questo priva di utilità e di valore. Resta però da chiedersi se queste scintille emanate dallo Spirito, che si risvegliano associate ad un organismo, nel processo di formazione e di sviluppo di un io cosciente privo di ogni ricordo della sua origine spirituale, siano poi in ogni caso capaci di trovare la via per tornare nella dimensione dello Spirito al termine della vita organica. In base ai racconti di alcune NDE si ha l'impressione che questo viaggio di ritorno sia in qualche caso difficile e non privo di rischi, come un'odissea che espone l'io cosciente ad esperienze anche tormentose fin quando esso non riesce a scorgere quella luce lontana che, come un faro, lo orienta e lo guida nel percorso verso la dimensione dello Spirito. Se ogni io cosciente è una scintilla emanata dallo Spirito, la sua stessa essenza dovrebbe essere in grado di guidarlo di nuovo alla dimensione dello Spirito, dalla quale si sente attratto, una volta conclusa la vicenda della vita organica. Come ho già osservato, non ritengo che attualmente vi siano informazioni sufficienti per sostenere che l'io di alcune persone possa essere emanato da un'entità diversa dallo Spirito, per esempio da un'entità intrinsecamente malvagia, perché anche in quei casi in cui le testimonianze delle NDE ci riferiscono di esperienze angoscianti o contaminate da elementi infernali, l'io – nella sua condizione spirituale – non ne è assolutamente attratto, ma anzi sente un'intensa esigenza di sottrarsi con ogni mezzo alle sofferenze che tali esperienze gli causano. Probabilmente quelle NDE sono causate da una difficile e tribolata transizione tra la dimensione della psiche e quella dello Spirito, durante la quale l'io, privo di orientamento e di esperienza, resta irretito in alcune manifestazioni della polarità negative della psiche umana, dalle quali non riesce a districarsi pur desiderando di farlo con tutte le proprie risorse. Un io intrinsecamente malvagio, invece, si sentirebbe irresistibilmente attratto verso un'eventuale dimensione del Male, che riconoscerebbe come connaturata alla sua stessa essenza spirituale, qualora fosse stato emanato da essa. È sempre opportuno ricordare che il bene ed il male, come noi li sperimentiamo e li interpretiamo nel corso della nostra vita organica, sono manifestazioni dell'energia bipolare della psiche umana, rispetto alla quale lo Spirito dimostra di essere un'energia dalle caratteristiche completamente diverse: in ogni caso lo Spirito non coincide con ciò che noi comunemente consideriamo come il bene, cioè la polarità positiva della psiche umana, anche se l'origine spirituale dell'io cosciente può influenzare la stessa psiche, rendendo l'io più incline ad orientarsi verso la polarità positiva di essa. La sensibilità emotiva dell'io resta sempre collegata a quelle dinamiche della psiche umana che l'io interpreta e valuta – non di rado in modo erroneo – come benefiche e vantaggiose per se stesso. Le caratteristiche della polarità negativa della psiche fanno sì che questa valutazione spesso non tenga conto delle reazioni emotive che le nostre azioni possono causare negli altri, soprattutto in coloro che ne diventano vittime: così l'io del ladro o del rapinatore sente di trarre un vantaggio dal furto, l'io dello stupratore prova appagamento nello stupro, l'io di chi truffa o di chi inganna si compiace della sua ingegnosità quando i suoi piani vanno a buon fine, e l'io del conquistatore sente l'ebbrezza della vittoria e del dominio, sempre senza che nessuno di questi io si senta preoccupato e turbato per le reazioni emotive negative provate dalle loro vittime. Come si è detto, questo stato di cose è determinato dalla frammentazione della coscienza in una pluralità di organismi individuali che si sentono molto spesso estranei l'uno all'altro – al contrario di quanto l'io sperimenta nella dimensione dello Spirito – e nella sua forma estrema era stato ben sintetizzato, in un passato non tanto remoto, dall'antico detto latino mors tua, vita mea. È comunque importante comprendere che l'io cosciente è intrinsecamente orientato verso la ricerca di qualcosa che sente come un bene o un vantaggio, in relazione alle condizioni in cui si trova a causa delle necessità imposte dalla vita organica e delle dinamiche spesso distorte della psiche umana. Le condizioni imposte dal destino sono tali per cui non di rado il vantaggio ricercato dall'io consiste semplicemente nell'eliminazione, o quanto meno nella riduzione, delle sofferenze che esso è costretto a sopportare per le cause più diverse. In definitiva, nel corso della vita organica l'io va (più o meno intuitivamente) alla ricerca di un bene che gli manca, e – non riuscendo a trovarlo – tenta ingenuamente di ottenere alcuni di quei surrogati che la vita gli può offrire, e che gli fanno sentire una forma più o meno intensa, ma sempre temporanea, di soddisfazione e di felicità. Alla luce di quanto testimoniato da un numero sempre più rilevante di NDE, è evidente che l'io cosciente, una volta liberatosi dalle esigenze costrittive della vita organica e dai condizionamenti della psiche umana, trova nella dimensione dello Spirito quel bene supremo di cui sentiva la mancanza e che ricercava come poteva, vivendo in questo mondo nello stato più o meno confusionario generato dalle dinamiche psichiche con le quali era indotto ad identificarsi dalla sua ingenua debolezza e dalla mancanza di conoscenza. Ma proprio questa sorprendente mancanza di risorse nel dover affrontare una condizione ed una dimensione così difficile come quella della vita umana, così aliena dalla sua essenza spirituale, induce l'io, nella maggior parte dei casi, a desiderare intensamente di poter rimanere nella dimensione dello Spirito senza dover tornare di nuovo allo stato organico. E quasi sempre, nei resoconti delle NDE di cui siamo a conoscenza proprio grazie al fatto che coloro che hanno potuto sperimentare la dimensione dello Spirito sono poi stati costretti da una volontà superiore a far ritorno alla vita organica, l'impegno dell'io nell'affrontare questa condizione è sostenuto non solo da un surplus di energia di origine spirituale, ma anche – soprattutto – dalla certezza che il tempo della vita organica è limitato, ed al termine di questa esperienza potranno tornare definitivamente alla dimensione dello Spirito. Si tratta, come è evidente, di una condizione ben diversa da quella in cui l'io, condizionato dai programmi dominanti determinati dalla psiche umana, si aggrappa con tutte le proprie risorse alla vita organica cercando di farla durare il più a lungo possibile, incurante anche del declino psicofisico che la vecchiaia gli impone. Si riscontra ancora una volta questa sconcertante debolezza dell'io che, relegato nel suo ruolo di automa umano, spesso non riesce a far progredire la propria coscienza in modo da poter utilizzare le risorse spirituali per riconoscere la sua autentica essenza: una condizione che, purtroppo, per l'io associato a molti organismi umani perdura fino alla morte. Se ammettiamo l'ipotesi che ciò che accade in questo mondo sia ben noto nella dimensione dello Spirito, nella quale vengono registrate tutte le informazioni sulle esperienze vissute da ogni io cosciente, siamo indotti a riconoscere che il diverso modo con cui ogni io interpreta la propria vita sia dovuto all'interazione tra le scintille emanate dallo Spirito, dotate di una certa quantità di energia che si manifesta anche sotto forma di sensibilità, e l'energia della psiche che si manifesta tramite il funzionamento del sistema psicofisico di ogni organismo umano, in relazione all'ambiente con cui esso si trova ad interagire. Nelle dinamiche di quest'alchimia non solo è possibile, ma anzi è probabile, che l'energia della psiche abbia il sopravvento su quella di cui può essere dotata una singola scintilla spirituale, tenuto conto del fatto che il processo si svolge nell'ambito della dimensione organica di questo mondo, e pertanto è soggetto a quelle variabili socioculturali, condizionate dalla psiche umana, che noi percepiamo nel loro sviluppo storico (e dunque temporale) e geografico (correlato alle condizioni ambientali). In questo quadro, è ragionevole pensare che al termine della propria vita organica ogni scintilla spirituale possa essere di nuovo richiamata ed accolta nella dimensione dello Spirito, verso la quale essa si sente attratta da una forza cosmica analoga a quella gravitazionale, per essere purificata dalle scorie di energia psichica che essa ha portato con sé, perché – potremmo aggiungere – questo era il compito che le era stato assegnato ed il motivo stesso per cui era stata emanata dallo Spirito ed inviata nella dimensione della vita organica di questo pianeta. Nello stesso processo, anche l'energia psichica viene influenzata, seppure con fasi alterne, da quelle scintille di energia spirituale con cui interagisce: tale influenza si manifesta nel tempo in quelle trasformazioni – più o meno lente, e non sempre positive a causa del carattere intrinsecamente bipolare dell'energia psichica – che avvengono nei programmi di condizionamento socioculturale mediante i quali la psiche esercita ed afferma il proprio controllo sugli organismi umani.
|
|