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L'io cosciente tra il corpo e lo spirito

Il risveglio dell'io cosciente nell'organismo

Nel periodo iniziale della vita umana ha inizio quel processo di formazione e di sviluppo dell'io cosciente, che nel titolo di questo paragrafo ho preferito chiamare risveglio per tener conto anche di quei casi in cui l'io, fin dalla prima infanzia, conserva e manifesta ricordi collegati alla vita di un'altra persona, morta qualche tempo prima. Di norma, tuttavia, l'io non ha alcun ricordo di vite vissute da altri organismi, e la sua identità personale si forma progressivamente, in relazione alle esperienze determinate dalle interazioni tra il suo attuale organismo infantile e l'ambiente, e dall'attività autonoma della propria mente. Si tratta in ogni caso, come ho più volte osservato, di esperienze di natura psichica, nel senso che qualsiasi evento nel quale viene coinvolto l'organismo a cui l'io è connesso, determina – mediante l'attività cerebrale – una serie di reazioni mentali (sensoriali, emotive, di rappresentazione, di memorizzazione e di elaborazione) di cui l'io, tramite la coscienza, è il destinatario sensibile. È opportuno precisare che il fenomeno della formazione e dello sviluppo dell'io cosciente connesso alle vicende della vita dell'organismo umano ha una complessità che solo in parte può essere espressa in termini di linguaggio, soprattutto tenendo conto del numero enorme di organismi umani che vivono attualmente o che hanno vissuto in passato, e di tutte le variabili che contribuiscono a determinare gli eventi mentali che plasmano il processo formativo dell'io e ne condizionano lo sviluppo.

Pur essendo il soggetto sperimentatore di tutti gli eventi psichici determinati dall'attività mentale in cui viene coinvolto mediante la coscienza, l'io – nei primi anni dello sviluppo dell'organismo – non è consapevole della propria esistenza e non si pone domande sulla propria origine, ma quasi sempre si identifica completamente con gli effetti psichici di cui diviene cosciente, e con le informazioni ed i programmi che riceve dall'ambiente, tramite le interazioni mentali con gli altri. Le dinamiche psichiche stimolate dalle interazioni dell'organismo con l'ambiente e con gli altri organismi umani, oppure determinate dall'attività mentale spontanea, vengono registrate e ricordate via via che la funzione della memoria si consolida, e si comincia così a formare quella storia personale che offre una base di continuità per lo sviluppo successivo dell'io. Sebbene l'io abbia sempre a che fare con gli eventi psichici di cui diviene cosciente, la vera origine di questi eventi gli resta sconosciuta, mentre quello che impara a conoscere sono le rappresentazioni e le narrazioni che gli vengono trasmesse culturalmente, oppure che la sua mente elabora in modo autonomo. Si tratta di un processo molto complesso che inizia già nei primi anni di vita e poi va avanti, passando attraverso varie fasi, spesso fino al termine dell'avventura umana. Fin dall'inizio, dato che ogni nuovo organismo viene di norma allevato nell'ambito di una sistema sociale preesistente, gran parte dei processi psichici sono determinati dai programmi culturali che vengono trasmessi al nuovo membro di quel sistema sociale, o dalle reazioni mentali autonome nei confronti di tali programmi. Sebbene già nell'infanzia l'io possa prendere delle decisioni ed effettuare delle scelte in merito al comportamento ed alle azioni del proprio organismo, queste scelte vengono fatte – salvo rare eccezioni – sulla base delle dinamiche psichiche con cui l'io si identifica in quel momento, e non alla luce di una profonda conoscenza della propria vera essenza e della funzione della coscienza.

Nel suo ruolo di sperimentatore degli eventi psichici che lo coinvolgono, l'io cosciente svolge anche una funzione di sensore e di valutatore/elaboratore: le interazioni tra l'organismo e l'ambiente e lo stesso funzionamento dell'organismo si traducono infatti in segnali elaborati dai circuiti neurali che comportano per l'io una gamma di sensazioni ed emozioni positive o negative più o meno intense. La funzione dell'io sembra quella di valutare queste sensazioni, elaborando – in base alle proprie precedenti esperienze – quei programmi di azione e di comportamento che gli sembrano più adeguati ad ottenere sensazioni positive e ad evitare quelle negative. Di fatto però la complessità e la bipolarità della psiche umana, l'elevato numero di organismi umani viventi ed interagenti, e l'ampia gamma dei programmi culturali che vengono trasmessi nei circuiti mentali dell'organismo a cui l'io è connesso, fanno sì che le sensazioni sperimentate dall'io siano spesso sfumate ed ambigue, che le valutazioni dell'io non siano adeguate alla complessità della realtà e che l'elaborazione delle strategie necessarie per ottenere i risultati che l'io desidera non abbia il successo sperato. Si verifica così quella strana condizione per la quale il fatto stesso di riuscire ad evitare esperienze negative si trasforma di per sé in esperienza positiva, rendendo molto relativa la gradazione della gamma delle emozioni e delle sensazioni. In queste circostanze l'io può trovarsi ben presto a dover sopportare ogni sorta di effetti negativi determinati dalle dinamiche della psiche umana, oppure a ricorrere a strategie subdole o violente, basate sull'inganno e sulla prevaricazione, per ottenere quello che ritiene gli possa dare soddisfazione, non curandosi degli effetti negativi che le sue azioni possono avere per gli altri, o addirittura sentendosi gratificato dal successo di queste strategie ostili.

L'io e le relazioni con gli altri

Le difficoltà della vita sono in buona parte influenzate dalla complessità delle relazioni con gli altri esseri umani, anche in relazione al ruolo che ci viene attribuito o che ci conquistiamo nell'ambito di un sistema sociale più o meno ampio. Ogni essere umano è un centro di coscienza, con una vita interiore più o meno intensa tramite la quale l'io sperimenta le dinamiche psichiche che lo coinvolgono e si confronta con esse. Per il nostro io cosciente, tuttavia, gli altri sono essenzialmente degli organismi di cui possiamo percepire, interpretare e conoscere le azioni ed i comportamenti. Le informazioni sulla loro vita interiore e sugli eventi psichici sperimentati dal loro io cosciente, ed in particolare sul loro stato emotivo di felicità o di infelicità, derivano da una nostra interpretazione di tali comportamenti e dalle comunicazioni che essi stessi o altri ci forniscono: non siamo infatti in grado di conoscere direttamente quello che sta sperimentando l'io cosciente di un altra persona, e questo è un limite preciso che ci viene imposto dalla condizione umana. La pluralità degli organismi umani – ciascuno distinto e separato dagli altri, e dotato di proprie caratteristiche peculiari – determina infatti una forma inevitabile di egocentrismo per cui l'io cosciente di ciascuno sperimenta la propria gamma di eventi psichici, ma può solo immaginare o cercare di intuire le dinamiche psichiche sperimentate dall'io cosciente dell'altro, o addirittura può attribuire arbitrariamente all'altro pensieri, desideri, emozioni ed intenzioni molto diversi da quelli reali. Tenuto conto delle difficoltà che l'io cosciente deve affrontare quando (e se) cerca di confrontarsi con le proprie dinamiche psichiche, è sconcertante la facilità con cui esso si lascia ingannare quando la sua mente elabora informazioni in merito agli eventi psichici che coinvolgono gli altri, oppure confeziona giudizi affrettati e superficiali sulle modalità in cui l'io dell'altro viene irretito ed ingannato dalle dinamiche psichiche che lo coinvolgono: tuttavia, è senz'altro vero che spesso riusciamo a valutare lucidamente la condizione di assoggettamento dell'io di un'altra persona alle dinamiche psichiche che lo coinvolgono, mentre ci riesce molto più difficile riconoscere che anche il nostro io cosciente si trova spesso nella stessa condizione.

Proprio la difficoltà di riuscire a sintonizzare correttamente ciò che l'io di un'altra persona sente, fa sì che l'inevitabile egocentrismo determinato dalla pluralità degli organismi si possa facilmente trasformare in egoismo, cioè in insensibilità ed indifferenza nei confronti di quello che l'altro può provare come conseguenza del nostro comportamento e delle nostre azioni nei suoi confronti. Procurarsi direttamente o indirettamente quello che viene percepito come un proprio vantaggio da circostanze ed azioni che causano danno e sofferenza a qualcun altro, è sempre stato ritenuto naturale nelle interazioni umane, sulla base di quelle che sono considerate le esigenze dell'organismo umano. La natura stessa, infatti, ci dimostra e ci insegna l'insensibilità nei confronti del destino di ogni singolo organismo, promuovendo come motore del processo evolutivo – almeno nell'interpretazione che noi ne diamo – la capacità di sopravvivenza ed il successo riproduttivo del più adatto. I programmi culturali che vengono trasmessi all'io fanno leva anche (e, spesso, soprattutto) sulle esigenze naturali dell'organismo umano, considerato sotto il suo aspetto individuale e come membro del gruppo sociale di cui fa parte. In linea di massima si possono dividere in due grandi gruppi: da una parte quelli di condizionamento coercitivo, che cercano di indurre l'io a resistere alle sollecitazioni psichiche allettanti e seducenti, in nome di una disciplina che renda l'individuo capace di affrontare le difficoltà della vita soprattutto a vantaggio del gruppo a cui appartiene; dall'altra quelli orientati verso l'indulgenza nei confronti delle dinamiche psichiche che determinano quello che – nelle varie forme in cui si presenta – può essere definito il piacere di vivere, rendendo in questo modo l'io particolarmente vulnerabile e sottomesso ai desideri ed ai capricci della psiche. Soprattutto in passato, ai programmi del primo tipo veniva attribuito un orientamento culturale ispirato allo spirito di sacrificio virile, mentre l'indulgenza di quelli del secondo tipo veniva considerata come tipicamente materna o femminile. Oggi le cose sono molto più complesse e le due tipologie di programmi culturali sono spesso subdolamente mescolate tra loro, nell'intento di ottenere degli operatori umani sufficientemente soddisfatti da poter essere gestiti dal sistema economico senza troppi problemi.

In entrambi i casi l'io può venirsi a trovare in una condizione difficile da sopportare: le coercizioni imposte dall'esterno, facendo leva sulle esigenze e sulla vulnerabilità dell'organismo, possono determinare reazioni psichiche negative di ribellione e di avvilimento, con cui l'io deve fare i conti se non vuole esserne tormentato; unl'eccessiva indulgenza nei confronti delle dinamiche psichiche gratificanti può portare a comportamenti egoistici di autoaffermazione anche mediante prevaricazione sugli altri, oppure a processi deleteri per l'organismo (come nel caso di chi diventa tossicodipendente) che causano sofferenze sia in coloro che devono essere curati, sia in chi prova affetto per loro. Un altro caso particolare, purtroppo non raro, è quello in cui l'io deve far fronte a reazioni psichiche negative – per se stesso, ma anche per gli altri – generate da abusi perpetrati da altre persone (spesso i propri genitori) durante l'infanzia. Queste dinamiche psichiche possono essere dotate di una carica energetica tale da travolgere le difese e le risorse gestionali di cui l'io dispone – che, soprattutto nell'infanzia e nell'adolescenza, non sono ancora sufficientemente consolidate – e possono trasformare in un pericoloso psicopatico una persona che, in circostanze diverse, avrebbe sviluppato una personalità molto più normale. Tutte queste variabili, generate dal carattere bipolare della psiche umana (oltre che dalle caratteristiche dell'organismo e dalle circostanze in cui esso si sviluppa), esercitano un effetto sul processo di formazione e di evoluzione dell'io cosciente, il quale, dovendo confrontarsi con quei particolari aspetti della psiche umana attivati dalla storia personale che il destino gli ha riservato, può sentirsi stimolato ad approfondire la propria autoconoscenza per meglio comprendere qual è il suo ruolo in relazione alla vita organica, e per mettere a punto le strategie più idonee a far fronte alle bizzarrie della psiche.

Nell'interpretare i comportamenti e le comunicazioni degli altri, l'io cosciente deve fare ricorso a quanto la propria psiche gli suggerisce, e nella maggior parte dei casi questo processo vede l'io in un ruolo quasi del tutto passivo ed acritico, irretito ed affascinato com'è dal potere di persuasione e di convinzione della propria psiche. Quando due o più persone interagiscono tra loro mediante i loro organismi – cioè attraverso il comportamento, le azioni e le comunicazioni verbali – le dinamiche psichiche con le quali l'io di ciascuno di loro si identifica possono creare degli effetti sconvolgenti, le cui conseguenze a volte influenzano la loro vita per molto tempo. Queste reazioni psichiche somigliano in qualche modo a certe reazioni chimiche più o meno spontanee che sfuggono al controllo di coloro che le hanno accidentalmente o consapevolmente innescate, ma mentre oggi abbiamo culturalmente acquisito una buona conoscenza della chimica, le nostre conoscenze e capacità di controllo delle dinamiche dell'energia psichica sono ancora ad un livello primitivo. Possiamo osservare che i conflitti interpersonali, generati dalle interazioni organiche e psichiche tra due o più persone, esercitano i loro effetti a due livelli: il primo riguarda la salvaguardia dell'efficienza e del benessere dell'organismo, in relazione agli effetti ed alle conseguenze che le decisioni e le scelte dell'io possono avere al riguardo, mentre il secondo concerne gli effetti a breve ed a lungo termine che le dinamiche psichiche che si attivano in una persona, come reazione ai comportamenti ed alle comunicazioni di un altro organismo umano, hanno per l'io di quella persona. Tutto quello che consideriamo il bene ed il male della vita è determinato dalla condizione organica e dal coinvolgimento psichico. Se noi potessimo eliminare il legame che vincola l'esistenza dell'io cosciente a quella del suo organismo, la maggior parte dei problemi di questa vita svanirebbero all'istante.

La banalità della constatazione del forte vincolo tramite il quale l'io è normalmente condizionato dallo stato psicofisico del proprio organismo non deve farci dimenticare che in alcuni casi l'io cosciente può assecondare istanze psichiche che mettono in serio pericolo l'incolumità e la vita stessa dell'organismo: questo può accadere quando l'io decide di compiere imprese rischiose, oppure quando preferisce ribellarsi ed eventualmente morire piuttosto che soggiacere a condizioni di servitù impostegli da altri. In questi casi l'io sperimenta quasi sempre un conflitto interiore tra le dinamiche psichiche che lo coinvolgono: per esempio, gli affetti verso le persone amate lo spingono a non mettere a rischio la vita del suo organismo, mentre la lealtà verso un ideale lo può convincere a combattere, rischiando così di morire o di soffrire, per la libertà. Dunque non tutte le dinamiche psichiche che l'io sperimenta sono determinate dalle esigenze dell'organismo, anche se – dal punto di vista dell'io cosciente – gli eventi e le circostanze della vita organica si traducono comunque in esperienze psichiche gradevoli, neutre o penose, che nella loro bipolarità lo sollecitano in un senso o nell'altro. In ogni caso, l'io si trova prima o poi a dover fronteggiare anche le dinamiche psichiche derivanti dal declino delle condizioni del suo organismo e dalla prospettiva della morte che si avvicina: a quel punto deve scegliere se continuare ad identificarsi con le istanze psichiche di origine organica, oppure cercare di esplorarne altre di natura diversa. A questo scopo può essere opportuno limitare al minimo indispensabile quelle interazioni con gli altri, che comportano spesso una circolazione incontrollata ed automatica di programmi culturali, di forme di condizionamento e di consuetudini che possono determinare reazioni psichiche sgradevoli, inutili e controproducenti.

L'io e il sentimento dello spirito

Col termine spirito si può intendere la possibilità per l'io cosciente di sperimentare sintonie psichiche non dipendenti dalla sua connessione con l'organismo, e pertanto non più umane. Dunque, fintanto che l'io sperimenta le sintonie della psiche umana tramite il funzionamento del suo cervello, lo spirito resta qualcosa di alieno e di misterioso, la cui esistenza viene perfino negata da coloro che sono convinti che non esista alcuna possibilità di esistenza per l'io dopo la morte dell'organismo. Tuttavia non di rado l'io, pur condizionato dalle esigenze imposte dalla vita organica e dai programmi culturali prevalenti nel sistema sociale di cui il suo organismo fa parte, sente il richiamo più o meno confuso di qualcosa che lo stimola alla ricerca di un percorso di evoluzione che possa andar oltre le mere esigenze della vita organica. Come abbiamo già osservato, tutti gli aspetti creativi dell'intelligenza umana non solo trasformano l'ambiente naturale di questo mondo in un modo che oggi è diventato perfino allarmante, ma in alcuni casi vanno oltre le esigenze vitali dell'organismo per generare forme di godimento e di incantamento estetico di ordine puramente mentale, per non dire spirituale, come accade per la musica, per la danza, e in generale per tutte le manifestazioni artistiche. Lo stesso desiderio di conoscenza, pur stimolato dall'esigenza di far fronte alle difficoltà legate alla vita dell'organismo, scaturisce dal sentimento di alienità (e di ignoranza) che nasce dal modo in cui l'io cosciente sperimenta il funzionamento di quell'organismo, al quale scopre di essere così strettamente vincolato. Intuitivamente ed ingenuamente, l'io sarebbe portato a confrontarsi con gli eventi del mondo fisico e con il funzionamento stesso del proprio organismo, facendo affidamento sulla propria volontà mediante tecniche che potremmo definire di magia spirituale, ed è solo a causa dello scarso successo di queste tecniche – che, evidentemente, risultano poco efficaci in questa dimensione – che si trova costretto ad impegnarsi per acquisire forme di conoscenza più adeguate.

È evidente che le esperienze a cui l'io cosciente va incontro durante la vita del suo organismo sono determinate prevalentemente, se non esclusivamente, dalla psiche umana: lo spirito non riesce a manifestarsi in questa dimensione con sufficiente chiarezza, e l'io può diventare consapevole della propria origine spirituale solo con un notevole impegno, e se il destino glielo consente. È altrettanto chiaro che la vita dell'umanità è destinata a continuare nel tempo e nella dimensione fisica di questo mondo anche quando l'io cosciente si sarà definitivamente separato da un organismo ormai morto, per continuare eventualmente la propria avventura sperimentando le sintonie psichiche di un'altra dimensione. In questo senso possiamo concepire l'esistenza dell'io cosciente come un'entità spirituale, libera dai vincoli che lo legavano ad un organismo: tuttavia questa forma di esistenza spirituale è assai diversa da quella organica, e – stando alle molte testimonianze di coloro che hanno avuto una NDE – è senza dubbio molto più in armonia con l'autentica essenza dell'io cosciente, che si riconosce meglio come uno spirito dotato di una mente piuttosto che come un organismo con un cervello. Resta il fatto, tuttavia, che – sempre alla luce dei resoconti delle NDE – non vi è discontinuità nell'autopercezione dell'io cosciente nel transito dalla dimensione organica a quella dello spirito, se non per il fatto di sentirsi liberati dal disagio (e dalle sofferenze) di avere un corpo fisico, e dalle limitazioni conseguenti: sebbene le esperienze psichiche di questa nuova dimensione presentino aspetti molto diversi rispetto a quelle sperimentate come organismo, l'io conserva il sentimento della propria identità ed anche molti dei ricordi relativi alla sua vita umana, che non di rado viene rivisitata – perfino nei dettagli di esperienze dimenticate – durante il processo di revisione della vita.

Tutti i resoconti di NDE si interrompono, ovviamente, quando l'io cosciente si trova di nuovo connesso al proprio organismo e sperimenta la realtà fisica tramite il cervello: non abbiamo pertanto sufficienti informazioni sugli ulteriori sviluppi dell'avventura dell'io nella sua nuova condizione spirituale. Come abbiamo osservato, la transizione dalla condizione organica a quella spirituale avviene di norma senza un'interruzione del sentimento di identità dell'io. All'inizio dell'avventura umana, invece, l'io sperimenta uno stato di formazione piuttosto nebuloso, fondato quasi esclusivamente sulle sensazioni e sulle reazioni psichiche determinate dal funzionamento del cervello: non vi è alcuna continuità identitaria con una fase di esistenza spirituale che preceda, per così dire, l'inizio della vita legata ad un organismo umano, e di conseguenza l'io, nel periodo della sua formazione e del suo sviluppo, si identifica con le esperienze psichiche determinate dalla storia del suo organismo. Anche in quei rari casi di identificazione con vite precedentemente vissute da altri organismi umani, che vengono spesso interpretati come prove a sostegno della teoria della reincarnazione, l'io sembra aver intensamente assimilato i ricordi relativi alla vita di un'altra persona con cui si identifica – soprattutto nella prima fase della sua nuova vita – ma non dimostra di ricordare con altrettanta lucidità le esperienze della sua esistenza nella dimensione dello Spirito. Un'ipotesi comunemente proposta da coloro che sostengono una continuità dell'esistenza dell'io cosciente nella dimensione spirituale, intervallata da varie esperienze di vita organica in questo o in altri mondi dell'universo fisico, è quella della completa amnesia determinata dal fatto che il ricordo della propria esistenza spirituale impedirebbe all'io cosciente di sopportare i disagi e le sofferenze determinati dalla sua nuova condizione di dipendenza da un organismo. Tuttavia le NDE non convalidano quest'interpretazione: sebbene coloro che hanno sperimentato una NDE positiva non gradiscano di solito la prospettiva di dover tornare nel corpo, sono poi in grado di continuare a sperimentare la condizione umana pur conservando il ricordo delle loro esperienze nella dimensione dello Spirito.

Sebbene io possa fare riferimento diretto solo alla mia esperienza personale, sulla base di quello che posso dedurre dalle comunicazioni degli altri la maggior parte delle persone – per non dire la quasi totalità – non ha un ricordo intenso e preciso di un'esistenza spirituale dell'io cosciente precedente le esperienze derivanti dallo sviluppo dell'organismo a cui esso è collegato: nulla, in pratica, che possa essere paragonato alla chiarezza ed alla persistenza dei ricordi di chi ha sperimentato la dimensione dello Spirito nel corso di una NDE. Qualche forma di esistenza spirituale può essere immaginata o più o meno confusamente intuita nel caso in cui una persona si convinca della possiilità di quest'ipotesi, un po' come accade per le presunte vite precedenti, ma suggestioni psichiche di questo genere mancano completamente della certezza offerta dal ricordo nitido e permanente di un'esperienza vissuta come assolutamente reale, come accade per molte NDE. In conseguenza di queste esperienze, il ritorno dell'io cosciente alla sua consueta vita organica dopo aver sperimentato l'esistenza nella dimensione spirituale, si accompagna di solito alla certezza di poter far ritorno a quella dimensione una volta che la vita dell'organismo sia definitivamente terminata: questa certezza infonde nell'io cosciente una nuova energia che dà anche significato e valore alla vita umana, sentita come un impegno temporaneo che l'io si assume per poi far ritorno alla condizione alla quale aspira. Ma quale potrebbe essere il significato di un ritorno alla vita umana – o a qualche altra forma di vita organica – con un nuovo e diverso organismo, nel caso in cui l'io cosciente avesse già definitivamente raggiunto la dimensione dello Spirito? E perché mai in questa nuova vita organica l'io cosciente dovrebbe ricominciare da capo il processo della sua formazione, sviluppo ed evoluzione, essendo stato cancellato ogni ricordo della propria precedente esistenza spirituale?

Alcuni di coloro che hanno sperimentato la dimensione dello Spirito riferiscono di aver ricevuto risposte chiare ed esaurienti ad ogni loro domanda: in quella dimensione tutto può essere immediatamente e perfettamente comprensibile, ma purtroppo le spiegazioni ricevute, intuite o comunque conosciute, vengono inevitabilmente dimenticate al ritorno nella vita organica. Ci sono dunque delle leggi che limitano la nostra capacità umana di conoscere e di comprendere, leggi che sono – per così dire – imposte dall'alto (non diversamente dalle leggi fisiche come la forza gravitazionale), e sebbene per noi esseri umani la capacità di ragionare correttamente e di porci delle domande lecite – in quanto determinate dalle esperienze umane in cui l'io cosciente viene coinvolto – vada considerata come una risorsa preziosa, evidentemente non ci è concesso di conoscere o di ricordare in questa vita tutto ciò che vorremmo. A questo punto non possiamo far altro che attendere ragionevolmente e pazientemente la fine della nostra vita umana, affinché l'io cosciente possa sperimentare quanto gli accadrà, ma solo per puro esercizio speculativo proviamo a chiederci cosa possa indurre l'io cosciente ad abbandonare la dimensione dello Spirito per sperimentare una forma di vita organica, con tutti i limiti che tale vita comporta ed i rischi e le sofferenze a cui dovrà far fronte, sapendo che ogni ricordo relativo alla sua esistenza spirituale verrà cancellato. Anzitutto possiamo chiederci se questa decisione derivi da una libera scelta dell'io, oppure gli venga imposta come necessità che esso accetta o subisce. Alcuni aspetti concreti relativi a tale questione si riscontrano in quelle testimonianze di NDE in cui l'io, avendo avuto la sorte di poter sperimentare la dimensione dello Spirito, viene invitato a ritornare alla vita organica nonostante il suo intenso desiderio di restare in quella dimensione: se in alcuni casi viene persuaso ad accettare tale destino, con argomentazioni fondate su un impegno da assolvere e sull'aiuto da offrire ad altri esseri umani, in altri casi viene rimandato istantaneamente nel corpo senza tanti complimenti e contro la sua volontà (si sarebbe tentati di dire, a calci nel sedere!).

Può darsi dunque che l'io, nella sua condizione spirituale, decida volontariamente – per spirito di avventura, per ampliare le proprie conoscenze, o per adesione consapevole ad un misterioso programma gestito da entità superiori – di sperimentare di nuovo una forma di esistenza organica su questo pianeta o in qualche altro mondo di questo universo fisico, pur sapendo che dovrà partire praticamente da zero nel processo di acquisizione della propria identità e di sviluppo evolutivo della propria coscienza e delle proprie risorse intellettive: è plausibile infatti che la fase di esistenza spirituale abbia un effetto energetico rigenerante e ristoratore, come quando – dopo una notte di buon sonno – ci si sente ben riposati e pronti ad affrontare le difficoltà di una nuova giornata, anche se la sera prima ci sentivamo molto stanchi ed affaticati. Così come può darsi che l'io sia in qualche modo obbligato – da quello che potrebbe essere definito come l'ordine delle cose nella dimensione dello Spirito – mediante forme di persuasione o per senso del dovere e spirito di servizio, ad accettare l'impegno di sperimentare di nuovo una forma di vita organica, con tutti le limitazioni e le difficoltà precedentemente esposte, perché questo è quanto gli viene richiesto dal sistema spirituale di cui fa parte, così come il sistema sociale di cui facciamo parte come esseri umani ci richiede di istruirci e di partecipare al mantenimento ed al progresso della nostra società mediante il nostro lavoro ed il nostro impegno. Se in quest'ultimo caso l'io potrebbe essere obbligato a trasferirsi in un organismo anche contro la sua volontà, nel caso in cui sia libero di farlo volontariamente potrebbe anche decidere di restare nella dimensione dello Spirito a lungo o per un tempo indefinito. Come si riscontra facilmente dal carattere speculativo e quasi fantasioso delle considerazioni precedenti – basate pur sempre sui raccondi delle NDE e sulle teorie relative alla cosiddetta reincarnazione – l'io cosciente è comunque inserito ad un certo livello di un'organizzazione per così dire gerarchica, al di là del quale non può assolutamente andare, sia come possibilità di conoscenza, sia – meno che mai – come imposizione della propria volontà.

Secondo quanto riferito da alcuni di coloro che hanno sperimentato la dimensione dello Spirito, l'attrazione che l'io cosciente sente nei confronti di quest'ultimo è talmente intensa che i desideri dell'io coincidono con quelli dello Spirito, in misura tanto maggiore quanto più l'io percepisce come amore assoluto ed incondizionato l'energia che lo Spirito irradia: l'io stesso sente dunque di essere parte dello Spirito, riconoscendo così la propria autentica essenza. Un aspetto che mi sembra importante, per noi che ancora viviamo nella condizione umana, connessi ad un organismo e coinvolti nelle dinamiche psichiche che caratterizzano questo nostro stato, è il riconoscimento della presenza di una guida spirituale interiore che cerca di aiutare l'io nella ricerca di un percorso di evoluzione che lo porti a sentire coscientemente il richiamo dello Spirito. I segnali che il nostro spirito guida ci manda dalla dimensione spirituale, mentre segue le vicende umane della nostra vita, giungono spesso all'io cosciente in modo confuso ed incerto, disturbati come sono dai segnali molto più potenti e diretti trasmessi dalle varie sintonie della psiche umana determinate dalla vita organica, nelle quali l'io viene coinvolto e con le quali è portato naturalmente ad identificarsi. Sotto questo aspetto, le NDE rappresentano un notevole amplificatore per il richiamo dello Spirito, dato che i racconti di tali esperienze provengono direttamente dalla nostra dimensione e dunque aiutano a rendere più chiaro il canale di comunicazione che consente all'io di ricevere i segnali del suo spirito guida. Questo è particolarmente vero per coloro che hanno potuto sperimentare direttamente una NDE, ma accade anche a molti di noi che delle NDE hanno solo sentito parlare, come ha giustamente evidenziato Kenneth Ring – uno dei più attenti studiosi del fenomeno – nel suo libro Lessons from the Light (2006).

Resta il fatto che – una volta sperimentata la dimensione dello Spirito o comunque riconosciuta la possibilità di accedere a quella dimensione – l'io cosciente può provare un certo disagio nel doversi quotidianamente confrontare con le esigenze e con le limitazioni imposte dalla vita organica, ma soprattutto nell'adeguarsi al dogmatismo dei programmi culturali dominanti nei nostri sistemi sociali, prevalentemente incentrato sulla sottomissione dell'io ai bisogni dell'organismo ed alle dinamiche collettive della psiche umana, propagandate come valori – spesso in conflitto tra loro – dall'uno o dall'altro gruppo sociale. In particolare l'io cosciente, una volta libero da questi condizionamenti, non può più riconoscere la vita del proprio organismo come valore assoluto o, come si usa dire, bene supremo, ma solo come strumento da proteggere, da curare e da utilizzare al meglio in relazione a quanto potrà sperimentare nella dimensione spirituale: infatti, molte NDE dimostrano in modo sorprendente come i valori di coloro che le hanno sperimentate siano sostanzialmente cambiati – una volta tornati alla vita organica – rispetto a quelli assimilati tramite i programmi culturali in base ai quali avevano impostato ed organizzato la loro vita precedente. Ovviamente, sarebbe ingenuo credere che i complessi problemi organizzativi e logistici presentati dai miliardi di organismi umani attualmente viventi sul nostro pianeta – nell'ambito di culture e di organizzazioni sociali molto diverse tra loro e non di rado contrapposte – possano essere magicamente risolti ricorrendo ad un approccio di tipo spirituale, anche perché non si comprende con quali strumenti lo Spirito, inteso come amore universale, possa sostituirsi alle dinamiche naturali della psiche umana nella dimensione organica: ma coloro che ritengono che l'io cosciente possa continuare ad esistere in una condizione spirituale, libero dai vincoli e dalle sofferenze che la vita organica gli impone, accettano la morte con serenità, e perfino la possono desiderare, ben disposti a liberare il pianeta dall'ingombrante presenza del proprio organismo e dalle esigenze del medesimo. Il che è quasi il contrario di ciò su cui si basano i programmi culturali dominanti.

Lo sviluppo dell'io spirituale ed il futuro prossimo dell'umanità

L'esperienza dell'amore e della beatitudine che irradia nella dimensione dello Spirito è talmente intensa e coinvolgente, che coloro che hanno avuto la sorte di poterla provare per poi tornare a vivere in questa dimensione sentono l'esigenza di trasmettere agli altri almeno quel sentimento d'amore incondizionato da cui sono stati pervasi, nella speranza di poter portare una scintilla di quella luce anche in questo mondo. In questa nostra epoca si riscontrano – almeno in certi ambienti culturali – i sintomi di un risveglio spirituale che probabilmente è destinato a diffondersi nel prossimo futuro: sarebbe tuttavia ingenuo pensare che questa rinascita dello spirito possa di per sé trasformare il nostro pianeta in un mondo migliore – per non dire in un Eden – superando le resistenze imposte dal campo energetico bipolare della psiche umana. Anche se la storia non si ripete mai nello stesso modo, è già accaduto in passato che il diffondersi di miti religiosi fondati sull'amore abbia prodotto notevoli cambiamenti nelle strutture organizzative collettive, senza tuttavia riuscire a portare in questo mondo la concordia, l'armonia e la coesione necessarie per un'evoluzione positiva della vita sociale degli esseri umani. D'altra parte, non è un caso che l'io cosciente possa sperimentare la dimensione dello Spirito solo una volta che si sia separato – per qualche tempo o in via definitiva – dal proprio organismo: si tratta di un vero e proprio cambiamento di dimensione, che determina la percezione di una realtà molto diversa da quella a cui l'io aveva fatto l'abitudine per tutta la durata della vita umana, e pertanto aliena rispetto alla vita organica, anche se l'io la può sentire ed interpretare come un ritorno a casa.

Per qualche misteriosa ragione che non conosciamo, ma sulla quale possiamo solo speculare, l'io prende coscienza della propria esistenza nell'ambito della realtà fisica, sperimentando le dinamiche psichiche determinate dalla vita organica, con tutte le distorsioni, le bizzarie, le gioie e le pene che questa condizione – complessa e non di rado caotica a causa delle condizioni ambientali e delle differenze psichiche tra la moltitudine degli organismi umani viventi – comporta. È banale sottolineare la differenza sostanziale tra la condizione umana media tramite la quale l'io sperimenta le dinamiche della propria psiche, con le loro luci ma anche le loro molte ombre, e lo stato di beatitudine e di amore incondizionato e definitivamente ultraterreno da cui l'io si sente pervaso una volta accolto nella dimensione dello Spirito, così come ci viene raccontato – con parole inadeguate ad esprimere l'intensità dell'esperienza – da molti di coloro che hanno avuto una NDE. Eppure le stesse testimonianze di coloro che sono tornati alla vita organica per raccontarci le loro esperienze nella dimensione dello Spirito fanno riferimento ad una missione o ad un compito al quale l'io si impegna (o viene costretto) a far fronte, rinunciando temporaneamente ai vantaggi dell'esistenza spirituale per far ritorno alla dimensione fisica, dopo esser stato riconnesso al proprio organismo. In cosa consista esattamente questa missione, spesso se lo domandano per primi proprio coloro che hanno avuto le NDE: in generale essi sentono l'esigenza di comunicare per quanto possibile agli altri ciò che hanno sperimentato, e di vivere coerentemente con lo stato di grazia e di amore da cui sono stati pervasi, le relazioni con gli altri esseri umani ai quali non è stata concessa un'esperienza diretta dello Spirito. La missione potrebbe dunque consistere nel diffondere in questa vita piuttosto travagliata una testimonianza di speranza e di conforto, derivante dall'aver sperimentato la realtà della Luce divina.

È tuttavia evidente che se la luce dello Spirito fosse sufficiente a trasformare in modo positivo le dinamiche in base alle quali funziona nel suo complesso l'umanità, questo mondo sarebbe già da tempo un luogo molto migliore di quanto non sia: in ogni epoca, compresa quella attuale, sono vissute persone che manifestano concretamente, con il loro pensiero e con il loro comportamento, l'amore e la compassione per gli altri, e che si impegnano attivamente – in un campo o nell'altro – per migliorare le condizioni di vita degli esseri umani, e soprattutto di coloro che soffrono di più. Ma a fronte di questi comportamenti, che nell'ambito delle dinamiche della psiche umana vengono genericamente interpretate come il bene, si riscontrano altri orientamenti e comportamenti – basati sulla competizione, sulla violenza e sull'inganno, ed in definitiva sulla ricerca di un vantaggio individuale o di gruppo a spese degli altri – anch'essi ben radicati nella psiche umana, e con i quali il bene deve comunque fare i conti, quand'anche li si voglia etichettare ed interpretare come manifestazioni del male. Sebbene questa bipolarità venga meno una volta che l'io sia riuscito ad accedere alla dimensione dello Spirito, non siamo in grado di sapere se l'intento dello Spirito sia davvero quello di trasformare le condizioni di questo mondo, e se ne abbia le necessarie risorse: non di rado coloro che hanno sperimentato una NDE vanno incontro a difficoltà di riadattamento alle condizioni imposte dalla vita umana una volta riconnessi al proprio organismo, perché ciò che funziona così bene nella dimensione dello Spirito non funziona altrettanto bene nella vita organica, tenendo conto delle dinamiche della psiche umana. L'io cosciente dispone attualmente di un certo livello di intelligenza – o almeno, questo vale per coloro nei quali la coscienza intelligente sia abbastanza sviluppata – che, alla luce di quanto la storia umana dimostra, non gli consente di poter credere ingenuamente ed acriticamente che uno spirito si incarni individualmente per poter colonizzare o conquistare questo o altri mondi, assolvendo così ad una missione che gli è stata assegnata dallo Spirito divino.

Vi è certamente nell'io cosciente, per quanto impegnato e coinvolto nella vita organica, un riflesso dello spirito, o quanto meno la percezione dei segnali – a volte intensi, a volte estremamente deboli – trasmessi dagli spiriti guida. Tuttavia il motivo più plausibile per cui l'io si forma, si sviluppa e si evolve per effetto della vita dell'organismo e delle esperienze determinate dalla psiche sembra essere quello di esplorare e di conoscere alcuni aspetti della vita umana mediante l'esperienza diretta, per poi trasferirsi nella dimensione dello Spirito portando con sé il retaggio di quanto ha potuto sperimentare durante la sua avventura umana. La valutazione di questo retaggio avviene nella dimensione dello Spirito, probabilmente nel corso di quel processo di revisione della vita di cui ci viene riferito in un buon numero di NDE (circa un terzo del totale). Ovviamente, secondo quest'interpretazione, la vita umana acquista un significato ed uno scopo in quanto veicolo che consente all'io di accedere alla dimensione dello Spirito, o di tornarvi se già aveva sperimentato una forma di esistenza spirituale cosciente: il significato che viene attribuito a questo processo dallo stesso Spirito divino resta comunque al di là delle capacità di comprensione del nostro intelletto, dato che si tratta di un fenomeno della cui esistenza possiamo solo diventare coscienti, così come siamo coscienti dell'esistenza degli astri e degli altri fenomeni dell'universo, senza poter sapere – almeno in questa vita – quale ne sia lo scopo ed il significato. Non possiamo dunque sapere se il processo che porta alla formazione ed alla crescita dell'io cosciente, ed all'eventuale sperimentazione da parte di quest'ultimo della dimensione dello Spirito alla morte dell'organismo, sia sotto il controllo e la guida dello Spirito stesso, oppure se debba sottostare ad altre leggi cosmiche, che pongono limiti precisi alle interferenze delle entità spirituali nella dimensione della vita organica.

Poiché il trasferimento nella dimensione dello Spirito segna anche, per l'io cosciente, la fine della possibilità di intervenire direttamente nella vita umana (ad eccezione di quei casi in cui l'io può decidere di riconnettersi al proprio organismo, oppure è costretto a farlo), la durata temporanea della vita fa sì che l'io – venuto a conoscenza dell'esistenza della dimensione spirituale – si domandi quale connessione vi possa essere tra le sue attuali esperienze di vita organica – fondate sulle dinamiche della psiche umana – e l'esistenza spirituale da cui si sente attratto, nella quale la percezione del tempo è molto diversa da quella umana. La prima e più ovvia risposta che si può dare a tale domanda è che la vita umana rappresenti, per così dire, l'utero nel quale l'io si forma, si sviluppa e si perfeziona, in modo da poter pervenire ad un grado di evoluzione che gli consenta di abbandonare consapevolmente la forma organica, per continuare le proprie esperienze nella dimensione dello Spirito (o eventualmente in altre dimensioni). Ma dato che, evidentemente, questo processo di crescita e di evoluzione spirituale dell'io nel corso della vita umana non sempre va a buon fine – a causa di eventi aleatori che possono interrompere la vita dell'organismo, o perché lo sviluppo dell'io è inibito dalle imperfezioni, dalle malattie, dalle menomazioni e dai traumi ai quali il suo organismo è soggetto, oppure perché l'io non riesce a liberarsi dai programmi di condizionamento ricevuti, restando invischiato nelle dinamiche della psiche umana che lo coinvolgono, e con le quali continua ad identificarsi – è possibile che quello che potremmo definire come il seme spirituale dell'io venga in qualche modo recuperato e rigenerato nella dimensione dello Spirito, per essere connesso con un nuovo organismo. Se invece l'io ha raggiunto un livello sufficiente, anche se non perfetto, di crescita, può accedere alla dimensione spirituale mantenendo la propria identità di entità cosciente e, almeno in parte, le memorie relative alla propria vita organica.

Il rinnovato interesse dell'io per la dimensione spirituale, che si manifesta già durante vita organica, rende relativa l'importanza di quest'ultima, che può essere considerata come un preludio (o un interludio) all'esistenza dell'io come spirito. È infatti evidente che l'impegno di energie e di risorse intellettive che ha caratterizzato il progresso industriale e tecnologico di buona parte dell'umanità negli ultimi due secoli è stato reso possibile da una programmazione culturale incentrata sull'importanza quasi assoluta della vita organica come sorgente di esperienza privilegiata (se non addirittura unica) per l'io cosciente. Secondo quest'ottica l'organismo umano va protetto e mantenuto in condizioni di efficienza, e gli devono essere offerte opportunità di movimento, di esplorazione e di sperimentazione, per poter consentire all'io cosciente di trarre il massimo vantaggio dalle esperienze determinate dalla psiche umana in conformità al funzionamento cerebrale, dando quasi per scontato che la conclusione della vita organica segni anche, per l'io, la fine di ogni avventura esperenziale. Ma è chiaro che nel momento in cui l'io può rivalutare la possibilità di sperimentare altre sintonie psichiche – sentite come particolarmente congeniali alla propria essenza – una volta che la vita organica abbia avuto termine, il fattore tempo gioca a favore della vita spirituale, soprattutto via via che il tempo residuo della vita organica si riduce, facendo sì che l'attenzione e le risorse dell'io siano rivolte più all'esigenza di vivere in accordo con lo spirito che non a cercare di ottenere quanto propagandato dai programmi culturali dominanti, come emozioni temporanee date dalla soddisfazione di desideri, o posizioni di potere o di popolarità. Questo, almeno, è l'orientamento di molti di coloro che hanno sperimentato una NDE, traendone la certezza della continuità dell'esistenza dell'io cosciente al termine della vita organica.

In questo periodo storico il futuro dell'umanità è quanto mai incerto, ed anche a questo si può attribuire l'attuale risveglio dell'interesse nei confronti dello spirito. Dalla fine della seconda guerra mondiale la popolazione del pianeta si è più che triplicata, e si sono create enormi differenze nel modo in cui la vita viene vissuta, in relazione all'area geografica ed alla cultura di appartenenza. La rapida circolazione delle informazioni e l'interpretazione spesso superficiale, e non di rado ingannevole, che ne viene data, fanno sì che ampie fasce della popolazione mondiale – che tuttora vivono in condizioni precarie – aspirino a migliorare in tempi brevi la qualità della vita, ricorrendo sempre più frequentemente allo spostamento migratorio nelle aree economicamente più avanzate e già intensamente popolate. D'altra parte, proprio lo sviluppo economico determinato dalla cultura industriale e tecnologica richiede uno sfruttamento intensivo delle risorse naturali del pianeta e delle fonti di energia, e l'estensione di tale sviluppo a quella consistente parte della popolazione mondiale che attualmente non ne fruisce, ma che lo desidera e – almeno in una certa misura – lo pretende, crea le premesse per un sovvertimento dei processi di formazione e di rinnovamento delle risorse naturali, che certamente modificherà gli equilibri del pianeta in senso sfavorevole alla prosperità umana. Poiché l'umanità è ancora distribuita all'interno di stati nazionali sovrani numericamente molto diversi, alcuni dei quali dotati di un potere militare ed economico particolarmente forte, non è escluso che nel prossimo futuro la competizione per le risorse non si intensifichi fino a sfociare in veri e propri conflitti armati. Sebbene si possa coltivare la speranza che l'evoluzione spirituale di una parte di quest'umanità, alquanto confusa e sofferente, possa portare ad una maggiore concordia, ad uno spirito di collaborazione e ad una rinuncia alla competizione, almeno nei suoi aspetti conflittuali, sarebbe ingenuo aspettarsi da tale orientamento una miracolosa soluzione dei problemi della nostra vita organica e psichica. In ogni epoca, compresa la nostra, persone di buona volontà e di elevato livello spirituale hanno impegnato tutte le loro energie per ottenere qualche miglioramento nelle condizioni di vita, nella comprensione reciproca e nella collaborazione tra le nazioni, e nella promozione di una civiltà umana fondata sulla difesa dei diritti, con i risultati che sono sotto gli occhi di tutti: molto probabilmente senza il loro impegno questo sarebbe un mondo peggiore, ma non si può certo affermare che sia diventato un mondo perfetto.

È più plausibile che la prospettiva di una futura esistenza spirituale, convalidata dalle testimonianze delle NDE, sostenga l'io cosciente nel suo confronto con le difficoltà ed i disagi della vita, offrendogli anche le risorse per affrontare la morte del proprio organismo come un evento significativo ma anche normale, o quanto meno naturale, quando non addirittura desiderabile, come accade per alcuni di coloro che – avendo sperimentato una NDE particolarmente gradevole – non vedono l'ora di poter far ritorno nella dimensione dello Spirito. Per certi aspetti sembra che ci troviamo in una condizione simile a quella delle comunità cristiane di quasi due millenni fa, quando anche la prospettiva della morte sembrava preferibile a quella di una vita da vivere in disaccordo con la propria autentica essenza spirituale: fortunatamente, almeno allo stato attuale, la nostra cultura non comporta persecuzioni nei confronti di chi desidera vivere in sintonia con le proprie aspirazioni di evoluzione spirituale, ma già adesso altre culture non si dimostrano altrettanto tolleranti, anteponendo un presunto ideale di progresso sociale collettivo, essenzialmente basato sulle esigenze dell'organismo, a qualsiasi libertà di ricerca spirituale. Non resta che sperare che nel prossimo futuro il confronto tra le culture non si trasformi in aperto conflitto, come non di rado è avvenuto in passato, costringendo anche chi vuole vivere in armonia con il proprio spirito, o a combattere – in una forma o nell'altra – per difendere la propria libertà, o a dover rinunciare a portare al termine naturale la propria vita organica, preferendo una morte dignitosa al soggiacere ad uno stato di coercizione.


 

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