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I poteri che influenzano le vicende umane Le vicende umane e le esperienze personali Chi studia la storia o si interessa delle vicende contemporanee può avere l'impressione che l'umanità sia, come si suol dire, lasciata cuocere nel suo brodo, anche perché il suo confinamento sulla superficie di questo pianeta – una minuscola goccia d'acqua nell'immenso oceano dell'universo – non incide più di tanto sugli equilibri cosmici. In effetti, per quanto riguarda le nostre vicende, tutto è determinato dal modo in cui gli umani reagiscono agli eventi naturali, ambientali ed organici, e dal modo in cui interagiscono tra loro, collaborando per organizzarsi in modo sempre più complesso e per realizzare prodotti sempre più ingegnosi, oppure danneggiandosi reciprocamente e combattendosi per prevalere su altri gruppi umani, o per difendersi dalle aggressioni. Ovviamente, un'umanità composta solo da persone buone, ben intenzionate a collaborare le une con le altre per perseguire di comune accordo obiettivi condivisi e ad aiutarsi reciprocamente di fronte ai pericoli ed alle avversità naturali, sarebbe molto più armoniosa e meno problematica di quanto non sia l'umanità reale, che comprende anche singoli individui e gruppi organizzati aggressivi, prevaricatori ed inclini al dominio: la presenza di queste persone non buone, e le loro attività, costringono anche le persone buone ad organizzare sistemi di difesa che, in caso di conflitto, devono confrontarsi con i sistemi aggressivi dei malvagi sul loro stesso piano, causando contaminazioni che compromettono gravemente la possibilità di vivere in serenità, in pace ed in concordia. D'altra parte, rifiutandosi di combattere il male con le sue stesse armi, le persone buone corrono il rischio di essere asservite ed obbligate a comportamenti ed azioni che possono danneggiare altre persone, oppure a rinunciare a questa vita, sopprimendo o lasciando sopprimere il proprio organismo. Inoltre le dinamiche naturali ed i processi storici hanno sempre rimescolato le carte, pertanto non è che tutte le persone buone stiano da una parte e quelle non buone stiano dall'altra, come non di rado cercano di farci credere (con sconcertante successo!) i programmi di propaganda nazionale o i partiti politici: nell'ambito di uno stesso sistema socioculturale interagiscono ed operano sia persone buone che persone non buone, e l'integrazione è tale che – nella maggior parte dei casi – in ognuno di noi sono presenti in percentuali diverse sia una parte altruista, solidale ed incline alla collaborazione, sia una parte egoista, pronta a trarre vantaggio dalle dinamiche collettive anche a spese degli altri. Anche i meccanismi di difesa di quei vantaggi che ci siamo conquistati, spesso faticosamente, si possono facilmente trasformare in strumenti di attacco preventivo a causa delle dinamiche competitive in base alle quali ogni struttura organizzativa cerca di avvantaggiarsi nei confronti dei concorrenti. Si riscontra dunque una gamma di comportamenti umani che vanno dalla dedizione e dal servizio più disinteressati in favore del prossimo ad attività ingannevoli, oppressive, violente e criminali, finalizzate a sfruttare gli altri o a sottometterli al proprio volere. Ovviamente, l'energia che determina questi comportamenti si manifesta attraverso le sintonie psichiche che coinvolgono l'io cosciente, conquistandone la collaborazione tanto più facilmente quanto più l'io si identifica con esse: probabilmente a causa dei meccanismi naturali finalizzati alla difesa del proprio organismo, l'io – per quanto critico, diffidente e reattivo possa dimostrarsi nei confronti delle dinamiche psichiche che determinano il comportamento e le forme di pensiero degli altri – è quasi sempre molto debole e sottomesso nei riguardi delle proprie dinamiche psichiche, per valutare le quali non dispone tuttavia di nessun criterio affidabile, a parte una generica ed arbitraria presunzione di valore, sulla quale, appunto, non dovrebbe fare eccessivo affidamento. Dunque le vicende umane sono determinate dai vari ruoli che il destino e la psiche assegnano ad ogni singolo organismo, e fintanto che l'io si identifica con le dinamiche psichiche legate alle esigenze ed ai condizionamenti della vita organica, il suo ruolo – sia esso quello di un leader, di un semplice operaio o di un criminale – resta quello di un esecutore di comandi provenienti dalla sua psiche. Ma, sotto il profilo dell'esperienza interiore, il modo in cui l'io sperimenta le conseguenze degli eventi può indurlo ad approfondire la propria conoscenza delle dinamiche psichiche umane, prendendo le distanze da quelle che considera come forze sconosciute che intervengono nei suoi confronti, sollecitandolo attraverso un sistema di ricompense o di punizioni, senza lasciargli le risorse necessarie per comprendere meglio la propria essenza ed il significato autentico della propria esistenza. L'io può anche attribuire un significato profondo al proprio ruolo sociale, ma questo non può che avvenire una volta che esso si sia liberato, almeno in parte, dai condizionamenti che lo portano a considerare quel ruolo come vantaggioso o come ineluttabile sulla base dei programmi culturali dominanti, soprattutto nel caso in cui fosse costretto a sacrificare a quel ruolo le possibilità di evoluzione conoscitiva della propria coscienza. Col fargli sperimentare il proprio destino personale, viene data all'io l'opportunità di scoprire e di comprendere il significato di un'avventura individuale – e pertanto unica – che non può essere valutata o giudicata sulla base di schemi mentali precostituiti (e meno che mai di programmi culturali dominanti), ma solo alla luce dei risultati di evoluzione spirituale ai quali l'io cosciente riesce a pervenire, grazie non solo ai propri sforzi ed al proprio impegno, ma anche (e soprattutto) alla chiarezza ed all'efficacia degli insegnamenti che gli vengono impartiti, ed all'abilità degli insegnanti nel trasmettergli tali conoscenze e nell'aiutarlo a comprenderne il valore. Di fatto l'io non può fare altro che fondare la propria conoscenza sulle informazioni che gli vengono fornite, ma l'interpretazione di tali informazioni è determinata da risorse di sensibilità interiore e di capacità di elaborazione a cui l'io fa ricorso allorquando decide di impegnarsi per migliorare le facoltà conoscitive della propria coscienza. Per esempio, le testimonianze relative alle NDE costituiscono un'importante sorgente di informazioni in merito alle esperienze a cui l'io può andare incontro nella dimensione spirituale, una volta terminata la vita organica: senza queste informazioni, l'io potrebbe solo ipotizzare o immaginare un'eventuale forma di esistenza spirituale, di cui potrebbe anche ragionevolmente dubitare, dato che le esperienze che effettivamente conosce sono quelle determinate dalla vita organica. Dunque le NDE modificano sostanzialmente il quadro delle informazioni disponibili, ampliando la conoscenza dell'io: sotto quest'aspetto, possono essere considerate come degli insegnamenti, la cui interpretazione rimane però in larga misura soggettiva. Come sempre accade nelle questioni umane, per quanto riguarda l'interpretazione delle informazioni e la trasmissione degli insegnamenti, la maggior parte delle persone si affida ad altre persone, attribuendo in genere questo ruolo di insegnante e di guida a studiosi che si dedicano con particolare impegno ad approfondire le conoscenze nell'uno o nell'altro campo di interesse: ma, in ultima analisi, queste figure di insegnanti e divulgatori fanno ricorso alla propria sensibilità e capacità di elaborazione per mettere a punto e rendere pubblica un'interpretazione più o meno convincente delle informazioni disponibili. È così che, dalle profondità della mente umana o dallo stesso spirito, hanno origine quelle idee interpretative e quelle forme di pensiero che possono poi avere più o meno successo nella loro diffusione culturale, tenuto anche conto delle capacità comunicative e propagandistiche dei divulgatori, del loro carisma e della loro posizione sociale. Dunque gli stessi insegnanti ricevono un insegnamento da una sorgente interiore, che viene stimolata ed attivata mediante il loro impegno. Ma di quali strumenti dispone l'io cosciente per valutare l'origine, il significato e l'importanza di quelle elaborazioni mentali che, in forma di idee e di pensieri creativi, scaturiscono dalle profondità stesse della psiche e spesso affascinano per primo proprio quell'io dalla cui mente sono generate? Anzitutto possiamo osservare che tanto più l'io si identifica con la propria psiche, tanto meno sarà indotto a porsi questo problema ed a dubitare della validità di quanto partorito dalla psiche mediante quelle elaborazioni mentali che l'io stesso ha stimolato: in fondo, ognuno di noi è affascinato – in misura maggiore o minore – dalle esperienze e dalle elaborazioni psichiche derivanti dalla propria attività mentale. Il fatto che poi tali idee e forme di pensiero possano essere condivise con successo da un certo numero di altri esseri umani a cui vengono comunicate, ne rafforza il valore. Ma se l'io riesce ad allenare la propria coscienza fino a farle raggiungere un sufficiente livello di lucidità e di intelligenza critica, sarà portato a valutare con molta cautela quanto la sua stessa mente elabora e la sua psiche gli propone, ben consapevole del fatto che le dinamiche psichiche sono quasi sempre determinate da forze ignote e misteriose, il cui potere di coinvolgimento e di controllo nei confronti dell'io è di gran lunga superiore alla capacità dell'io di liberarsi da tale assoggettamento. Nell'accettare la condizione umana come una forma di insegnamento, l'io cosciente deve deve dunque tener conto anche della qualità dell'insegnamento che gli viene fornito da una sorgente interiore, e del valore dell'insegnante che può fargli ben comprendere il significato, l'importanza, la coerenza ed anche – perché no? – l'eleganza dell'insegnamento offerto: all'impegno dell'io nell'apprendere l'insegnamento deve anche corrispondere una funzione critica in relazione alle modalità con cui tale insegnamento viene presentato ed alla capacità dell'insegnante di svolgere il proprio compito nel modo più efficace. Ovviamente, questa funzione critica dell'io non può in alcun caso essere utilizzata come una scusa per sottrarsi al proprio ruolo di studente ed all'impegno che esso richiede: cercherò ora di chiarire meglio questo aspetto con un esempio tratto dalle NDE. L'esperienza della revisione della vita Una delle esperienze più interessanti ed importanti che avvengono nel corso di molte NDE è quella della revisione della propria vita, che – seppure con modalità diverse – offre all'io cosciente l'opportunità di riesaminare i suoi comportamenti fin dalla prima infanzia e di valutare le conseguenze delle proprie scelte, delle proprie azioni (comprese le comunicazioni verbali), e perfino dei propri pensieri. Un'esauriente esposizione dell'importanza della revisione della vita, quanto meno per coloro che ne hanno fatto esperienza, è contenuta nel libro di Kenneth Ring Insegnamenti dalla luce. Cosa possiamo imparare dalle esperienze in punto di morte (Lessons from the Light - What we can learn from the near-death experience - 1998): nei capitoli 6 e 7 l'autore – che si è intensamente impegnato, fin dal 1977, nella raccolta di testimonianze di NDE e nello studio di tali esperienze – presenta diversi esempi di revisione della vita e ne illustra quello che ne è a suo parere (e nell'interpretazione degli sperimentatori) il significato più profondo. Per un approfondimento di tali esperienze si può dunque consultare il libro di Ring e l'abbondante letteratura disponibile sull'argomento. Quello che mi sembra importante mettere qui in evidenza è la modalità di sperimentazione da parte dell'io cosciente, che spesso rivive episodi della propria vita umana sentendo di nuovo ed intensamente non solo le emozioni e gli stati d'animo dai quali era stato coinvolto quando quegli eventi accadevano, ma anche le reazioni emotive con le quali le altre persone coinvolte nella vicenda reagivano ai comportamenti, alle azioni ed alle parole manifestate tramite il suo organismo. L'io diventa così cosciente dell'interconnessione tra le cause ed i loro effetti, superando la barriera divisoria che, nella dimensione di questa vita organica, lo vincolava alle limitazioni della coscienza individuale: è come se alla coscienza personale, risultante dalla pluralità degli organismi viventi, si sostituisse un'unica supercoscienza onnicomprensiva, che può comprendere nello stesso istante tutte le esperienze delle coscienze individuali tra loro interconnesse. Questa forma di coscienza che, pur restando ancorata ad un io, si estende fino a comprendere le esperienze psichiche di altre persone che hanno interagito in questa vita con l'organismo collegato a quell'io, amplia la conoscenza sperimentale di quest'ultimo rendendolo molto più consapevole ed empatico nei confronti delle dinamiche emotive e degli stati d'animo degli altri, soprattutto se determinati dai suoi comportamenti e dalle sue espressioni verbali. Questo ampliamento della coscienza che ha luogo nella dimensione dello Spirito comporta quasi sempre un'autocritica – quando non un vero e proprio sentimento di pentimento e di pena – da parte dell'io, allorquando diventa consapevole, per esperienza diretta, delle reazioni psichiche negative che le sue azioni hanno determinato. Tale processo di revisione può estendersi anche alle conseguenze prodotte da quelle azioni e da quei comportamenti, impulsivi e non adeguatamente ponderati, determinati dalla giovane età, dalla mancanza di esperienza e da una coscienza ancora poco sviluppata. Queste fasi critiche di revisione della propria vita hanno luogo di solito alla presenza di una o più entità che svolgono una funzione non di giudizio – un ruolo che l'io stesso si assume – ma di sostegno e di comprensione nei confronti delle ineludibili debolezze umane, oltre che di amore incondizionato, talvolta associato ad un sentimento di gradevole umorismo ispirato dalla bizzarria di molte situazioni umane. L'io può dunque sentirsi a tal punto rigenerato da questo processo di ampliamento della propria coscienza, e soprattutto dall'immersione in quella sorgente energetica che irradia amore, rappresentata dalla Luce divina che – per così dire – gli ricarica le batterie, che quando si ritrova a vivere di nuovo nella dimensione organica – non di rado con suo rammarico – vorrebbe mettere a profitto quello che ha sperimentato nella dimensione dello Spirito, comportandosi nei confronti degli altri in modo da suscitare in loro reazioni positive, evitando quelle negative. Sotto quest'aspetto, possiamo dire che è stato impartito all'io un certo insegnamento, al quale esso sente il bisogno di conformarsi. Quest'insegnamento, tuttavia, per risultare più efficace andrebbe anche spiegato ed interpretato: può darsi che esso venga spiegato all'io nella dimensione dello Spirito, come affermano alcuni di coloro che hanno potuto accedere a tale dimensione, senza però riuscire a portare con sé il ricordo di quella spiegazione al rientro nella vita organica. L'interpretazione più plausibile per noi umani è che le informazioni ricevute mediante le NDE, e l'orientamento che ne deriva, favoriscano quel percorso di evoluzione spirituale che potrà condurre l'io a trasferirsi nella dimensione dello Spirito, una volta assolto il suo compito formativo. Più ingenua e meno convincente mi sembra invece l'interpretazione – condivisa, tra gli altri, anche da Kenneth Ring nel libro precedentemente citato – secondo la quale noi saremmo esseri spirituali inviati in missione su questo pianeta per migliorare, attraverso l'amore, le condizioni della vita umana, conquistandola alla causa dello Spirito divino: per quanto in noi possa certamente formarsi e svilupparsi un'essenza spirituale, le esigenze e le condizioni della vita organica pongono dei limiti e dei condizionamenti ai quali l'io non è soggetto nella dimensione spirituale, coinvolgendolo inoltre nelle insidiose dinamiche della psiche umana. Si tratta di energie dotate di un potere enorme da non sottovalutare, in relazioni alle quali il richiamo dello Spirito divino può svolgere un'azione liberatoria nei confronti dell'io cosciente, accogliendolo nella dimensione che gli è propria una volta che l'esperienza della vita organica sia terminata, ma molto difficilmente riuscirà a cambiare in meglio questo mondo, trasformandolo in una specie di utopico paradiso terrestre. Va ricordato inoltre che già duemila anni fa venne messo in atto, nell'ambito delle prime comunità cristiane, un analogo esperimento di trasformazione della vita umana alla luce di un orientamento delle relazioni interpersonali fondato sull'amore irradiato dallo Spirito divino, con i risultati che chiunque può riscontrare: se da un lato il bene è riuscito a temperare ed in qualche misura a controllare il male, dall'altro il carattere bipolare della psiche umana è rimasto più o meno inalterato, generando contrapposizioni e conflitti perfino tra coloro che volevano contribuire alla riuscita di quell'esperimento. Il fatto è che quando la dimensione dello Spirito viene considerata come il valore essenziale che dà significato alla vita organica – la quale, nel suo carattere temporale ed impermanente, non può essere messa a confronto con l'universalità eterna delle esistenze ultraterrene – la morte può apparire come un evento non solo ineludibile, ma addirittura desiderabile, in quanto libera l'io cosciente dai limiti e dai condizionamenti del proprio organismo. Invece, per poter concentrare le proprie energie col massimo impegno nelle attività richieste dalla vita organica, in particolare nella complessità delle attuali organizzazioni sociali, è necessario esorcizzare la morte, valorizzando la vita umana come opportunità fondamentale, se non unica, dell'esperienza cosciente, pur con tutte le contraddizioni imposte dalla nostra psiche. In queste condizioni, all'insegnamento offerto all'io cosciente viene a mancare un elemento fondamentale, al quale mi sembra che l'io stesso debba provvedere, in base alla propria evoluzione spirituale, oppure facendo ricorso ai suggerimenti che gli vengono offerti dal proprio spirito guida: come devono essere raccordate tra loro le esperienze nelle quali l'io viene coinvolto nelle varie dimensioni? In altre parole, l'io può determinare il proprio percorso di esperienze? E verso quale meta deve dirigersi? Nella continuità della vita umana, l'io fa affidamento sull'identità del proprio organismo e della propria mente, sui ricordi del proprio passato e sui desideri, le aspirazioni e le speranze per il proprio avvenire, alla luce delle direttive che gli vengono offerte dai programmi culturali e dalle sintonie della psiche nelle quali viene coinvolto. Al termine di questa vita, di solito, si affida agli stessi misteriosi poteri che hanno determinato la sua esistenza umana, o ad altre entità non meno misteriose che regolano le forme di esistenza ultraterrena, affinché lo guidino nel percorso che deve compiere, evitandogli sofferenze ed esperienze penose e consentendogli di accedere alla dimensione dello Spirito: tuttavia si può avere quanto meno l'intuizione – se non la certezza – che l'io riesca a trovare in se stesso le risorse per individuare e seguire il percorso esperienziale che gli è più congeniale, in base al livello di evoluzione raggiunto dalla propria coscienza intelligente. I poteri con cui l'io si deve confrontare durante la vita umana Quando si mette a confronto l'esperienza della dimensione dello Spirito, come descritta in molte NDE, con le varie dinamiche psichiche alle quali l'io è soggetto nel corso della vita umana, è immediatamente evidente come vi sia una sostanziale differenza tra le due condizioni: nella dimensione dello Spirito l'io si sente perfettamente a suo agio, amato, compreso e, per così dire, nutrito da un'energia superiore alla quale si sente intensamente affine, al punto di potersi fondere in essa. Ma anche in quei casi in cui continua a mantenere una propria forma individuale, l'io può sperimentare la presenza di paesaggi, colori, suoni e spiriti personalizzati che appagano completamente ogni sua intima esigenza di armonia e di bellezza: non c'è dunque minimamente da sorprendersi che l'io desideri rimanere in quella dimensione per l'eternità, dato che sente che la sua stessa autentica essenza vi appartiene. Pur se si verificano casi di NDE angoscianti, che comportano esperienze penose o perfino infernali, non credo che l'io di coloro che le hanno subite non desiderebbe comunque poter accedere alla dimensione dello Spirito: anzi, quasi sempre il problema di queste persone, una volta tornate alla dimensione della vita organica, è perché mai proprio ad esse è toccata un'esperienza così penosa anziché una paradisiaca. Possono esistere casi in cui l'essenza dell'io rifiuti coscientemente la dimensione dello Spirito, sentendosi più attratta da una dimensione alternativa, magari anche malvagia? Non sono in grado di rispondere a questa domanda: in base ai resoconti delle NDE di cui disponiamo, sarei incline a rispondere di no, perché sarebbe necessario trovarne almeno una nella quale alla descrizione delle esperienze in quella dimensione dovrebbe corrispondere il desiderio, da parte dell'io, di volervi restare per sempre, anche dopo aver sperimentato la dimensione dello Spirito. È chiaro che nella dimensione umana la malvagità esiste, almeno se intesa come sottomissione da parte dell'io alle dinamiche psichiche che causano sofferenze agli altri. Ma fino a che punto l'identificazione dell'io con questi aspetti della psiche umana può essere considerata come una contaminazione permanente? Certo, l'io di alcune persone resta fino alla fine coerente e stabile nel proprio coinvolgimento con le sintonie psichiche del male, convinto o del proprio annientamento alla morte dell'organismo, o del valore di una sfida che ha comunque affrontato (non di rado con coraggio), o dell'importanza di rivendicare una propria autonomia nei confronti dell'amore e del bene, conformandosi alle richieste ed ai comandi di un'entità dotata di potere dalla quale il male viene irradiato. Sarebbe necessario sapere se – dopo la morte – anche l'io cosciente di queste persone, liberato da tutte le scorie della psiche umana, viene accolto nella dimensione dello Spirito, magari dopo aver vagato a lungo attraverso altre esperienze psichiche non umane, oppure se, in conseguenza delle scelte compiute durante la sua vita umana, l'accesso alla dimensione dello Spirito gli è precluso per sempre. In base ai resoconti di alcune NDE, sembrerebbe che anche l'io di coloro che sono stati in questo mondo tiranni crudeli e sanguinari venga poi accolto dallo Spirito, tuttavia gli insegnamenti che si possono ricavare dalle NDE sotto questo profilo sono tutt'altro che chiari, soprattutto per le testimonianze relative a dimensioni angoscianti o infernali, tra l'altro riportate da persone che, in questa vita, non erano in alcun modo inclini al male. Si corre sempre il rischio di essere fuorviati dagli elementi soggettivi di certe esperienze psichiche che, pur riguardando dimensioni aliene rispetto a quelle della vita umana, mancano di quella chiarezza che caratterizza l'incontro dell'io cosciente con la Luce divina. Quali informazioni possiamo trarre dalle NDE in merito alla relazione tra lo Spirito, come entità da cui irradia un amore assoluto, ed i poteri che dirigono la psiche umana, col suo carattere bipolare fatto di bene e di male, di piacere e di dolore, di vantaggi egoistici e di spirito di sacrificio altruistico? Al di là del fatto che l'io cosciente sperimenta la psiche umana mediante il suo organismo, e la dimensione dello Spirito nella sua forma spirituale, non disponiamo – nella nostra condizione di esseri umani – di un insegnamento coerente, chiaro e convincente. Qualcuno è portato ad attribuire allo Spirito, considerato come un'entità divina suprema, un controllo anche su questo mondo e sulla psiche umana, sostenendo che «tutto è amore», ma dovendo poi immediatamente correggersi affermando che proprio la psiche impedisce all'io cosciente di riconoscere questa verità (in fondo, è una nuova forma in cui si ripropone l'antico concetto induista della Maya). Poiché l'io cosciente sa per esperienza diretta che nell'ambito della psiche umana non tutto è amore, questo significherebbe che lo Spirito vuole che le cose restino in questi termini, altrimenti sarebbe già intervenuto da tempo sulla psiche per rendere la vita umana più ispirata all'amore reciproco, all'armonia ed alla concordia. Secondo questo punto di vista, un'entità spirituale verrebbe associata ad un organismo umano per esercitarsi – come io cosciente – nella palestra costituita dalla bipolarità della psiche, scegliendo tra il bene ed il male in base al libero arbitrio che gli è concesso. Si tratta di un insegnamento del tutto insoddisfacente, se si ritiene che l'io cosciente, nella sua forma spirituale, abbia già sperimentato la dimensione dello Spirito: che senso avrebbe, allora, scegliere coscientemente di agire secondo il male? Ma, soprattutto, quali conseguenze avrebbero le scelte compiute dall'io a seguito del suo coinvolgimento nelle dinamiche psichiche, se lo Spirito lo accoglie comunque di nuovo una volta che la vita organica sia terminata? In qualche modo l'io, optando coscientemente per il male, dimostrerebbe o la propria debolezza o la propria inclinazione malvagia. Alcune interpretazioni di orientamento spirituale propongono che l'io, in quanto spirito, venga temprato attraverso una serie di esperienze successive come quella della vita organica, in questo o in altri mondi, perfezionandosi progressivamente. Ma se alcune elaborazioni mentali di questo processo, come ad esempio quella proposta dalla Teosofia, offrono un quadro teorico complesso e più o meno arzigogolato – sotto il profilo psichico – di quello che è il percorso dell'io nella sua forma animica o spirituale, le NDE non confermano tali elaborazioni, e ci danno informazioni ben diverse, corroborate dalla coerenza di molti degli eventi percepiti come reali da coloro che ne hanno fatto esperienza. Se ci atteniamo dunque ai resoconti di quelle NDE che si riferiscono all'accoglimento dell'io nella dimensione dello Spirito, non possiamo che registrare come l'io si senta perfettamente a suo agio in quella dimensione, considerata come la propria perfetta dimora, e non mostri alcuna inclinazione a tornare alla vita organica, dato che sente l'attrazione della Luce come la sua unica meta. Dunque il fine ultimo dell'esistenza dell'io cosciente sembra essere quello di raggiungere la dimensione dello Spirito divino. Ma se – come sembra di comprendere dalle NDE e dall'elevata percentuale di coloro che vengono accolti in quella dimensione, indipendentemente dalle vicende della loro vita umana – l'io cosciente dopo la morte è destinato a riconnettersi comunque alla dimensione dello Spirito, magari dopo un percorso più o meno lungo e tortuoso di esperienze poco piacevoli, perché mai dovrebbe poi volere di nuovo sopportare le difficoltà, le limitazioni e le sofferenze derivanti dall'associazione ad un organismo come quello umano? Infatti, se si comprende molto bene quali siano per l'io cosciente i vantaggi rappresentati dal salto di qualità dalla condizione umana alla dimensione dello Spirito, i motivi che indurrebbero l'io spirituale a compiere il percorso inverso risultano alquanto oscuri. Sempre facendo riferimento alle NDE, per avere qualcosa di concreto su cui basarci ed evitare di affidarci a speculazioni più o meno bizzarre, in alcuni casi viene lasciata all'io la scelta tra il rimanere nella dimensione dello Spirito o il tornare a vivere nella condizione organica, con l'avvertimento che – se deciderà di restare – dovrà prima o poi ricominciare una nuova vita umana, perché non ha ancora portato a termine la missione che gli era stata affidata. Come si vede, non si tratta di una libera scelta, ma di una decisione condizionata, in virtù della quale – dato che le NDE ci sono sempre raccontate da persone che si sono riconnesse al loro organismo – l'io decide, magari a malincuore, di portare a termine la vita attuale che, secondo una contabilità di cui non siamo al corrente, non è ancora pervenuta al termine previsto per la sua conclusione. Secondo altre testimonianze di NDE, l'io-spirito, prima di iniziare la sua avventura umana, avrebbe sottoscritto un contratto – che prevederebbe tra l'altro l'oblio della propria esistenza in forma spirituale – che lo impegna a sperimentare la vita come io cosciente connesso ad un organismo tramite il quale acquisisce informazioni e programmi, e si confronta con varie esperienze psichiche. Sarebbe come se una persona, privata della memoria, venisse chiusa in una camera buia in cui è presente solo un computer – collegato in rete con altri computer – e potesse acquisire informazioni e programmi operativi solo tramite quel computer, dal quale tuttavia riceve anche scariche energetiche positive o negative alle quali non può sottrarsi. Resterebbe da capire se un contratto che preveda una condizione esistenziale di questo tipo è richiesto e sottoscritto da quest'ipotetico io spirituale per sua libera scelta, o se gli è imposto da qualche autorità, o se l'io viene convinto ad accettarlo perché è, per così dire, nel suo interesse. Forse l'io-spirito è spinto a sperimentare la condizione umana dalla curiosità, dallo spirito di avventura, o dal desiderio di conoscere altre dimensioni per esperienza diretta, e dunque – dopo essere rimasto nella dimensione dello Spirito per un periodo equivalente al tempo necessario a ricaricare le proprie batterie – sentirebbe di essere pronto a tuffarsi in un nuovo organismo: potrebbe anche darsi che, nella dimensione spirituale, l'io si immedesimi a tal punto con la volontà dello Spirito divino da sentirsi pronto a tutto, pur di assecondare tale volontà. Ma, appunto, questo accadrebbe solo dopo un adeguato periodo di riposo e di ristoro, ed in una dimensione in cui la percezione del tempo sembra molto diversa da quella umana. Resta il fatto che, una volta risvegliatosi nella condizione umana privo di qualsiasi memoria del contratto e delle sue clausole, l'io sperimenta progressivamente le sintonie psichiche che tale condizione comporta, e pur disponendo di una certa dotazione di energia vitale, che si manifesta più o meno intensamente nel periodo della gioventù e della prima maturità, coinvolgendolo nell'uno o nell'altro aspetto delle dinamiche vitali umane anche mediante una vera e propria «brama di vivere», viene progressivamente avvolto e come incrostato da scorie psichiche di ogni genere. Dovendosi confrontare con le esigenze che il proprio organismo e la psiche umana gli impongono, di solito l'io non riesce a far progredire la propria coscienza intelligente fino a renderla uno strumento efficace per liberarlo dalle incrostazioni psichiche, e così termina l'esperienza della sua vita umana rimirando le tracce ed il retaggio che vi ha lasciato, in relazione alle opere compiute ed anche agli organismi che ha eventualmente generato. Quest'inevitabile contaminazione dell'io cosciente da parte della psiche umana obbliga comunque l'io a confrontarsi più o meno drammaticamente con qualche aspetto del male presente nel mondo, dato che il male costituisce una dei poli della psiche, e si può facilmente constatare come l'io non di rado esca da questo confronto con le ossa rotte, quando non finisce addirittura al servizio del male. Le forze – di qualsiasi natura esse siano – che controllano la psiche umana e ne determinano le dinamiche, nel bene e nel male, sono quasi sempre ben superiori alle risorse di cui l'io dispone: spesso, tutto quello che l'io riesce a fare individualmente o in collaborazione con gli altri, è cercare di mettere a punto delle strategie di difesa nei confronti delle manifestazioni negative della psiche. In queste condizioni, se vogliamo considerare la vita umana come una scuola che l'io spirituale dovrebbe frequentare per apprendere certi insegnamenti, o come una palestra nella quale può esercitarsi, io devo riconoscere che se lo schema evolutivo di questo processo di insegnamento è chiaro allo Spirito divino, esso resta oscuro per noi creature umane. Ritengo invece che sia molto più comprensibile il processo per cui l'io, formatosi nel grembo della dimensione organica e coinvolto nelle dinamiche bipolari della psiche umana, riesce a far progredire la propria coscienza fino a condurre a buon fine la transizione nella dimensione dello Spirito. Mi sembra importante che l'io cosciente, nello sperimentare le sintonie psichiche determinate dalla condizione organica, possa contare sull'aiuto e sul sostegno di uno o più spiriti guida che, dalla dimensione dello Spirito, seguano il suo percorso umano e siano in grado di orientarne le scelte. Evidentemente la ricezione dei segnali trasmessi dallo spirito guida è spesso ostacolata dal rumore di fondo prodotto dalla psiche umana: si tratta pur sempre di superare una barriera tra due dimensioni separate. Aprire un canale che agevoli questa forma di comunicazione richiede impegno tanto da parte dell'io cosciente quanto da parte dello spirito guida. Quest'ultimo, probabilmente, fa quello che può, ma non è detto che abbia le risorse per illuminare l'io cosciente, a causa della distanza della dimensione dello Spirito, e degli effetti di distorsione e di confusione indotti dalla psiche umana. Quando coloro che hanno sperimentato una NDE sentono che il loro io spirituale viene rimandato indietro e deve riconnettersi con il proprio organismo, spesso con la motivazione che non è ancora venuto il loro tempo, che hanno una missione da compiere in questo mondo, o che devono prendersi cura di altre persone, si ha quasi l'impressione che lo Spirito abbia un proprio progetto nei confronti di questo mondo e della psiche umana: come se volesse conquistare l'umanità (e dunque la psiche umana) all'amore, con il potere dell'amore. Quello che sembra strano è che nel mondo muoiono in continuazione, per le cause più diverse, persone di ogni età, che non vengono rimandate indietro, e dunque si può ritenere che vengano accolte nella dimensione dello Spirito: perché dunque l'io cosciente di chi desidera intensamente di poter rimanere nella dimensione dello Spirito dovrebbe essere rimandato indietro suo malgrado, se non per comunicare e diffondere la testimonianza della propria esperienza spirituale? In tal caso, se ogni io cosciente potesse trarre vantaggio dal ricordo di una propria precedente esperienza nella dimensione spirituale, non si comprende perché mai tale memoria dovrebbe essere completamente cancellata alla nascita. La dimensione fisica in cui ci troviamo durante la vita umana presenta aspetti ineludibili: viviamo su un pianeta il cui asse è inclinato di poco più di 23° rispetto al piano dell'eclittica, con zone molto calde, alcune delle quali aride, ed altre estremamente fredde ed inabitabili; il retaggio naturale del nostro organismo lo espone ai danni derivanti dalla sua vulnerabilità e dall'aggressione da parte di altri organismi – in particolare microorganismi come batteri e virus – nell'ambito di quel complesso sistema di equilibri generativi e disgregativi che comunemente chiamiamo Natura. In questo quadro, già di per sé difficile, si inseriscono le vicende storiche derivanti dalle interazioni tra gli organismi umani, tanto individuali quanto organizzati in gruppi, che nel loro insieme costituiscono un retaggio che condiziona ogni eventuale progresso, e del quale è tutt'altro che semplice liberarsi. Le dinamiche che influenzano il modo in cui gli esseri umani funzionano, determinandone i comportamenti e le azioni, sono sotto il controllo di forze per noi enigmatiche – alle quali facciamo riferimento sotto la generica denominazione di psiche umana – che si innestano sugli equilibri naturali e sugli eventi che ne derivano. Come si vede si tratta di un quadro dinamico e drammatico, ben lontano dalla radiosa serenità e dall'intensa e completa beatitudine che l'io cosciente sperimenta nella dimensione dello Spirito. Possiamo dunque ritenere che l'insegnamento che ci viene trasmesso dalle NDE, che testimoniano l'esistenza di quella dimensione, sia – per noi che viviamo nella dimensione organica – un messaggio di conforto, di speranza e di amore, che ha lo scopo di sostenere e di aiutare l'io cosciente nel suo percorso evolutivo di transito attraverso la vita umana, fino alla liberazione rappresentata dalla morte del suo organismo, tramite la quale si attiva la fase spirituale. In questo modo l'io si risveglia, scoprendo la propria autentica essenza e l'attrazione esercitata dallo Spirito, alla quale non può sottrarsi proprio in virtù del suo nucleo spirituale. I limiti del potere di intervento dello Spirito nelle vicende umane Se è vero che nella dimensione dello Spirito – così come ci viene descritta in molte NDE – l'amore assoluto ed incondizionato irradiato dalla Luce divina viene percepito come un'energia universale che permea ogni aspetto della creazione, nella dimensione della vita umana si riscontrano dei limiti precisi al potere di intervento diretto dello Spirito. Gli effetti più evidenti delle interferenze dello Spirito nella vita organica sono rappresentati dalle cosiddette guarigioni miracolose, e da altri eventi – compresi i fenomeni medianici – che ci risultano incomprensibili alla luce delle leggi fisiche e biologiche da noi conosciute. In alcuni di questi casi tuttavia potrebbero essera all'opera forze di origine non fisica – distinte dallo Spirito divino sperimentato nelle NDE – che si avvalgono delle energie psicofisiche dei medium e dei partecipanti alle sedute per interagire col mondo fisico. Dei limiti dei fenomeni paranormali ho già trattato nella pagina dedicata a tale argomento: ma per quanto riguarda lo Spirito divino è difficile per noi umani comprendere i motivi per cui un'entità dotata di un potere universale non dovrebbe intervenire, se ne ha la facoltà, anche nelle vicende di questo mondo, facendo scomparire una volta per tutte almeno gli aspetti più negativi e malvagi della psiche umana. Coloro che hanno fiducia nel progresso dell'umanità nel suo complesso ritengono che questo processo – che potremmo definire di conquista della dimensione umana da parte dello Spirito divino – si svolga nel tempo: in questo caso possiamo esser certi che esso richiederà tempi molto lunghi se confrontati con la durata della vita umana, dato che perfino nel ventesimo secolo – ed in varie parti del mondo anche ai nostri giorni – si sono verificati eventi che per crudeltà e malvagità hanno poco da invidiare ai peggiori crimini del passato. Dunque, se il bene cerca di intervenire, il male non se ne sta con le mani in mano! Ma, come abbiamo più volte sottolineato, sotto questo aspetto il bene ed il male rappresentano i due poli della psiche umana, mentre lo Spirito è certamente un'energia di natura diversa. Vi è un sostanziale disinteresse da parte dell'io spirituale in merito al suo coinvolgimento nelle vicende determinate dalla vita organica e dalla psiche umana: infatti, il progredire della coscienza fino al riconoscimento dell'essenza spirituale dell'io comporta una perdita di interesse in gran parte delle attività di questa vita, fatta eccezione per quelle che consentono una manifestazione dello spirito, come le attività artistiche creative e contemplative, o la ricerca della conoscenza, o il bisogno di manifestare compassione verso le sofferenze degli altri. Ma quando si tratta di confrontarsi con il male, lo spirito è alieno dal combatterlo con le sue stesse armi: non si può fare a meno, a questo proposito, di ricordare l'esortazione evangelica «porgi l'altra guancia a chi ti ha dato uno schiaffo», con tutto quello che ne consegue. È evidente che la psiche umana non funziona così: il successo del male sta nella sua determinazione nel conseguire con ogni mezzo gli obiettivi che esso si pone, mentre il bene spesso non si dimostra altrettanto determinato, proprio perché per combattere il male è costretto ad utilizzare le stesse armi di quest'ultimo, restandone in qualche misura contaminato. L'alternativa, tuttavia, permetterebbe al male di avere campo libero, cosa che il polo positivo della psiche umana non può consentire. Questo conflitto interno alla psiche è ben rappresentato dal modo in cui le conquiste della scienza e della tecnologia si riflettono nell'evoluzione delle armi, che sono in ogni caso strumenti di danneggiamento e di distruzione, non solo delle risorse naturali e delle opere umane, ma degli stessi nostri organismi, anche nel caso in cui si pensi di poterle utilizzare solo in funzione deterrente o di difesa. Il frazionamento determinato dalla condizione organica, che si riflette nel modo in cui le organizzazioni sociali umane si comportano, fa sì che ogni gruppo sociale percepisca il proprio bene come capacità di resistere e di contrapporsi all'eventuale male rappresentato da un gruppo sociale diverso, nel completo scambio dei ruoli in relazione al gruppo sociale di appartenenza. Se dunque i miei potenziali avversari possiedono un'arma, anch'io devo averne una – se possibile ancor più efficiente della loro – altrimenti essi potrebbero essere tentati di usarla contro di me. Dunque, se effettivamente lo Spirito divino volesse trasformare una volta per sempre questo mondo, sostituendo con l'amore, la concordia e la fiducia reciproca le dinamiche psichiche che attualmente influenzano e condizionano le nostre relazioni interpersonali, dovrebbere mettere in campo ben altre risorse che non quelle determinate dai racconti delle NDE. È più plausibile che la dimensione dello Spirito resti separata da quella della nostra vita organica, nella quale la psiche umana continua ad esercitare un ruolo dominante, fermo restando che le informazioni in merito alle esperienze dell'io cosciente in quella dimensione rappresentano pur sempre una specie di bussola che aiuta l'io ad orientarsi anche durante la vita umana, in modo da poter poi accedere alla dimensione dello Spirito, se questo è ciò a cui aspira. In fin dei conti, per quanto l'io cosciente – tanto nella sua forma individuale quanto come persona appartenente ad un gruppo umano organizzato – sia indotto dalle sintonie psichiche che lo influenzano ad ostentare una certa dose di fiducia nelle proprie risorse e nella capacità di confrontarsi con i poteri che – spesso in conflitto tra loro – condizionano le vicende della vita umana, nella maggior parte dei casi quello che riesce a fare è costruire una casa bella e confortevole, ma priva di solide fondamenta e pertanto destinata a crollare alla prima scossa di terremoto. Per questo è importante poter fare affidamento sull'aiuto che ci può venire dalla dimensione dello Spirito, soprattutto se riusciamo a comprendere che quella è la dimensione a cui l'io spirituale sente di appartenere e nella quale, per così dire, può respirare a pieni polmoni, mentre nella condizione organica si trova spesso a dover agire con una riserva d'aria limitata, se non addirittura in apnea. È consigliabile che l'io cosciente costruisca solide fondamenta già nel corso di questa vita, con l'aiuto del suo spirito guida, in modo che qualsiasi casa vi costruisca sopra, per quanto modesta, sia in grado di resistere ai colpi del destino. Possiamo constatare che coloro che hanno sperimentato una NDE nella quale hanno avuto accesso alla dimensione dello Spirito, mostrano poi una fiducia assoluta nel fatto che quella sarà la destinazione definitiva dell'io cosciente alla morte dell'organismo. Abituati come siamo a diffidare delle illusioni e degli inganni della psiche, per effetto delle esperienze a cui siamo andati incontro nel corso della nostra vita umana, possiamo sentirci confortati dal fatto che – quanto meno – abbiamo le testimonianze di una dimensione nella quale l'io cosciente non viene ingannato, ma anzi viene accolto, aiutato e rigenerato in virtù della sua stessa essenza e non per i suoi particolari meriti. Coloro che ritengono che anche queste particolari e significative esperienze vadano ascritte a determinate non meglio identificate alchimie del cervello, restano in qualche modo intrappolati nella diffidenza generata dalle stesse dinamiche della psiche umana, dimenticando tuttavia che alla morte dell'organismo il controllo della psiche sull'io cosciente viene comunque meno. Voler interpretare la realtà della dimensione dello Spirito, così come sperimentata da molti di coloro che hanno avuto una NDE, in base alle dinamiche della psiche che l'io cosciente sperimenta nel corso della vita organica, non ha alcun senso: ognuno di noi dovrà attendere pazientemente la morte definitiva del proprio organismo per sapere a quali esperienze andrà incontro il suo io cosciente una volta liberato dal veicolo dell'organismo umano. I resoconti delle NDE possono aiutare l'io cosciente a ricostruire, già nel corso di questa vita, quella fiducia nella propria essenza e nel proprio destino spirituale che le dinamiche della psiche umana hanno gravemente compromesso: questo sarà l'argomento del prossimo post.
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