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Il progresso dell'umanità L'impegno umano e lo sviluppo tecnologico Nell'ultimo secolo le energie di gran parte dell'umanità sono state orientate ed impegnate verso il conseguimento di uno sviluppo tecnologico senza precedenti, che ha prodotto e continua a produrre macchine, impianti ed apparecchiature sempre più perfette, elaborate ed efficienti. Tutte le società tecnologicamente avanzate sono oggi organizzate – tanto sotto il profilo economico quanto sotto quello politico, ormai indissolubilmente legati – in modo da utilizzare le ingenti risorse umane e le limitate risorse naturali del pianeta (che la tecnologia ci permette di sfruttare sempre più intensamente) per incrementare questo tipo di sviluppo fondato sulla creazione e sulla produzione di beni materiali ed immateriali. Il progresso tecnologico provvede anzitutto a rendere meno precaria, più confortevole e più soddisfacente la vita dell'organismo, creando – mediante l'agevole disponibilità di beni e di servizi – le condizioni ambientali che rendono possibile una maggiore durata della vita umana, in condizioni di salute senza dubbio migliori rispetto al passato. Inoltre lo sviluppo della tecnologia consente oggi di soddisfare gran parte delle esigenze psichiche relative alla vita di relazione, all'intrattenimento ed allo svago, facilitando le comunicazioni interpersonali a distanza, i viaggi e le esperienze emotive virtuali. Anche sotto il profilo della creatività e della diffusione della conoscenza, strumenti come il computer e la trasmissione digitale dei dati attraverso le reti di interconnessione ci offrono oggi vantaggi senza precedenti rispetto ad un passato anche recente. Non si può dunque negare che il progresso tecnologico costituisca un evento di fondamentale importanza, che ha aperto una nuova era nella storia dell'umanità. Le attività ideative, organizzative, tecniche e manufatturiere che stanno alla base della produzione di beni tecnologici richiedono programmi culturali complessi ed evoluti che siano in grado di determinare un funzionamento degli individui – nell'ambito del sistema organizzato di cui fanno parte – sufficientemente integrato e collaborativo, che consenta di ottenere i risultati richiesti sfruttando al meglio (e non di rado al massimo) le energie umane disponibili: oggi, il sistema del lavoro organizzato rappresenta il fondamento su cui si reggono le società tecnologicamente più avanzate. Il collocamento di una persona nell'ambito del sistema del lavoro avviene con maggiore o minore difficoltà, a seconda delle richieste e delle offerte del sistema, del livello di preparazione e delle risorse di cui l'individuo dispone, e delle dinamiche psichiche a cui l'io di quella persona è soggetto come reazione a quanto gli viene richiesto. In linea di massima, il movente di fondo che spinge la maggior parte delle persone a cercare un lavoro, adattandosi per quanto possibile alla responsabilità, all'impegno ed all'eventuale stress che quel lavoro comporta, è costituito dall'esigenza di guadagnare di che vivere, per se stessi ed eventualmente per i propri figli. Chi dispone già di rendite sufficienti può evitare di lavorare, e se vuole può dedicarsi ad attività che stimolano il suo interesse senza che i risultati di tali attività debbano confrontarsi con le esigenze economiche imposte dal mondo del lavoro. Quello che si può empiricamente osservare è che alcune persone si appassionano al loro lavoro e vi dedicano volentieri le loro energie per ottenere i risultati che desiderano o che sono loro richiesti, mentre altre reagiscono all'impegno energetico ed alla dedizione che il loro ruolo richiede con un senso di sofferenza più o meno pronunciato, evidentemente determinato dalle loro dinamiche psichiche. Nel campo delle produzioni tecnologiche di qualità è necessario disporre di risorse umane particolarmente qualificate, motivate, attente ed interessate nello svolgimento delle proprie mansioni: il prodotto tecnologico deve infatti superare un test di verifica della propria validità, dimostrando di funzionare bene per un adeguato periodo di tempo, di essere utilizzabile ed adatto per le finaltà per le quali è stato realizzato, e di presentare quei requisiti di qualità estetica e funzionale che lo rendono più gradevole ed attraente rispetto ad altri prodotti simili. Sotto questo aspetto, chi svolge un'attività puramente intellettuale, come l'artista, il religioso, il filosofo o il politico, pur essendo soggetto al riscontro degli effetti della propria attività in relazione agli obiettivi che si pone, non deve affrontare le stesse difficoltà che comporta la realizzazione di prodotti tecnologici evoluti come un aeroplano o un computer. È vero che la produzione tecnologica si basa sul funzionamento di organizzazioni complesse – composte da centinaia o migliaia di persone – le quali si trasformano e si perfezionano nel tempo per adeguarsi alle esigenze dei prodotti da realizzare, ma è anche vero che spesso le fondamenta di queste organizzazioni sono state costruite grazie alle risorse, all'impegno ed all'intuizione di una o di poche persone, che hanno saputo attrarre altre persone dotate di qualità organizzative per formare i nuclei iniziali di quelle aziende che si sono poi sviluppate con successo. Se ne può concludere che ogni essere umano funziona in base alle risorse di cui dispone, e che quello che per una persona è difficile o impossibile – come conseguenza di ciò che le sintonie psichiche a cui è soggetta la inducono a sentire – è molto più facile e, per così dire, naturale per una persona soggetta a sintonie psichiche diverse. Va dunque riconosciuta all'impegno di coloro che si dedicano a queste attività di fare concreto, in particolare nel campo della produzione di beni tecnologici, la dignità e l'importanza che derivano dal corrispondere ad esigenze collettive derivanti dalla condizione della vita umana. Non si può tuttavia estendere acriticamente l'ammirazione nei confronti del progresso tecnologico a tutti i suoi aspetti: una parte di esso si dedica infatti alla produzione di armi, e nel complesso i processi produttivi consumano risorse e creano scorie, rifiuti e rottami da smaltire, in misura sempre più consistente ed a ritmi incompatibili con gli equilibri naturali del nostro pianeta. Il fatto che il progresso tecnologico soddisfi a molte esigenze derivanti dalla condizione umana, e dunque pur sempre di origine psichica, non significa che esso comporti di per sé anche un progresso spirituale dell'umanità. Se è vero che gli attuali sistemi tecnologici di comunicazione consentono uno scambio di informazioni e di conoscenze agevole, intenso ed immediato, è altresì vero che il carattere bipolare della psiche si manifesta comunque nel modo in cui queste risorse vengono utilizzate. Inoltre il sistema di produzione ha bisogno di ingenti risorse umane qualificate, cioè di persone le cui abilità e le cui energie siano dirette al conseguimento di risultati concreti: di conseguenza tende a scoraggiare il perseguimento di obiettivi diversi, soprattutto se tali obiettivi possono rallentare o ostacolare i risultati di cui esso ha bisogno. Va infatti ricordato che anche la produzione tecnologica si basa su un sistema in gran parte concorrenziale, fondato sul raggiungimeno di risultati ottimali in tempi quanto più brevi possibile, con un inevitabile uso intensivo delle risorse umane. Il progresso tecnico visto dalla dimensione dello Spirito Finché esaminiamo gli eventi della vita umana sotto il profilo delle esigenze prodotte dalla pluralità dei nostri organismi e dalle modalità con cui essi interagiscono, dobbiamo riconoscere il predominio della psiche umana nel determinare le dinamiche dell'evoluzione storica dell'umanità. L'io, vivendo, sperimenta le dinamiche psichiche nelle quali viene coinvolto e registra le reazioni con cui la sua sensibilità risponde agli eventi della vita. Ovviamente, queste reazioni sono determinate in gran parte dal funzionamento dell'organismo a cui l'io è vincolato, ma l'essenza della vita umana è costituita proprio da questo vincolo. Se si tiene poi conto dell'enorme quantità di esseri umani che oggi vivono sul nostro pianeta, delle loro diversità e della complessità delle loro interazioni, si comprende come la psiche umana resti un fenomeno misterioso, insondabile e difficilmente controllabile per le nostre limitate risorse intellettive. Se ci riteniamo soddisfatti nel considerare questa vita come una serie di eventi che si autogiustificano per il solo fatto che si verificano, senza che se ne possa dare alcuna interpretazione significativa, allora dobbiamo riconoscere il dominio assoluto della psiche umana nel determinare le nostre dinamiche mentali, ed i comportamenti, le azioni e le interazioni che ne conseguono. Poiché possiamo empiricamente constatare i mutamenti e le trasformazioni nelle dinamiche psichiche collettive che avvengono col trascorrere del tempo, ci affidiamo – non senza una certa dose di ingenuità – alla speranza di un processo evolutivo intrinseco alla stessa psiche umana, che determini per la pluralità degli esseri umani viventi un futuro migliore del presente. Si ritiene comunemente che lo sviluppo tecnologico, con l'ingente impegno di risorse umane e la quantità di energia e di materiali che esso richiede, giochi un ruolo fondamentale per il miglioramento delle condizioni di vita degli esseri umani. Non è difficile osservare come anche il progresso tecnologico – in quanto manifestazione della psiche umana – presenti aspetti contraddittori, che stanno diventando ben evidenti nella nostra epoca: la vita diventa sempre più complessa, i suoi ritmi più frenetici e stressanti, gli apparati produttivi devono essere difesi ad ogni costo perché garantiscono la sopravvivenza ai milioni di persone che li fanno funzionare, mentre i loro prodotti devono essere acquistati, usati, consumati e smaltiti su larga scala, con inevitabili ripercussioni sugli equilibri ambientali. Dunque i programmi sociali devono condizionare le persone affinché adeguino acriticamente i loro comportamenti, i loro desideri ed il loro stesso modo di pensare alle esigenze del sistema produttivo: infatti se quest'ultimo andasse in crisi, la stessa sopravvivenza organica di molti milioni di individui sarebbe a rischio, dato che la crescita vertiginosa della popolazione umana che si è verificata dal 1900 ad oggi è stata resa possibile proprio dallo sviluppo tecnologico. Soprattutto, oggi cominciamo a percepire con maggior chiarezza i limiti dello sviluppo tecnologico ed i rischi che esso comporta, e questa percezione disorienta le stesse classi dirigenti dei nostri sistemi sociali: ancora una volta, l'energia della psiche umana dimostra il suo intrinseco carattere bipolare. Anche sotto il profilo della presunta maggiore felicità e dell'interesse per la vita che il progresso tecnologico dovrebbe offrire, si può riscontrare come molte persone, anche giovani, al cui organismo viene dato agevolmente tutto ciò di cui esso ha bisogno per vivere, trovino poi motivi di insoddisfazione, di incertezza e di crisi esistenziale a causa di quella che viene percepita come un'esistenza organica temporanea, inutile e priva di significato. Come tutti i cambiamenti che sono avvenuti nella storia dell'umanità, anche lo sviluppo tecnologico apre nuove prospettive e comporta nuovi problemi da risolvere: tuttavia si può riscontrare già adesso come fosse ingenua ed illusoria la speranza – nutrita soprattutto nel secolo scorso – che il progresso della scienza e della tecnica avrebbe portato ad un deciso incremento della felicità umana. Le dinamiche psichiche continuano, come sempre, ad influenzare la sensibilità dell'io, il quale – sotto certi aspetti – diventa anche più debole e vulnerabile nella sua dipendenza dalla psiche, nelle società di massa come quelle in cui viviamo, dominate da programmi di condizionamento inevitabilmente finalizzati al sostegno ed alla difesa del sistema produttivo. Un punto di vista alternativo in merito alla condizione umana – in relazione al significato ed all'importanza delle nostre attività, può essere empiricamente desunto dalle testimonianze sulle NDE: trattandosi di esperienze effettivamente vissute, che hanno avuto un profondo impatto sull'io cosciente degli sperimentatori, esse ci offrono l'opportunità di dare un'occhiata al nostro impegno nelle attività di questo mondo dalla dimensione separata dello Spirito. È evidente come la separazione tra la dimensione spirituale e quella della vita organica sia talmente netta, che tutte le preoccupazioni e l'impegno con cui affrontiamo la vita umana ed i problemi derivanti dalla sopravvivenza del nostro organismo e dal suo benessere perdono automaticamente di importanza e di significato nella dimensione dello Spirito. Tuttavia il fatto che l'io diventi consapevole della sua esistenza nell'ambito della vita umana, e soprattutto la determinazione con cui esso viene rimandato nella vita organica – anche contro la sua volontà – dopo aver sperimentato la dimensione spirituale, sembrano implicare una forma di interesse e di coinvolgimento da parte dello Spirito, quanto meno in relazione a come l'io reagirà una volta assoggettato alle dinamiche della psiche umana. Nella maggior parte delle NDE si fa riferimento allo Spirito come ad una forma di energia, spesso indicata come amore infinito, assoluto ed incondizionato che pervade ogni aspetto dell'universo: gli sperimentatori tuttavia chiariscono che il termine amore viene da essi utilizzato in mancanza di una parola migliore, dato che l'energia di cui essi hanno fatto esperienza diretta è qualcosa di ineffabile, di cui l'amore – nei vari aspetti in cui noi lo sperimentiamo nella nostra dimensione umana – rappresenta solo un pallido riflesso. Nella dimensione dello Spirito l'io dello sperimentatore si sente pervaso da una certa dose di quell'energia, che continua a manifestare i propri effetti anche quando l'io si ritrova di nuovo collegato al suo organismo ed è costretto a vivere nella dimensione umana. Questa sembra essere la causa principale della trasformazione dell'io, il cui orientamento nei confronti della vita risulta spesso mutato, in modo anche sostanziale, in conseguenza dell'esperienza vissuta nella dimensione dello Spirito. Nella maggior parte dei casi l'io sente il bisogno di assecondare il proprio processo di evoluzione spirituale, offrendo agli altri esseri umani la testimonianza sincera della propria esperienza nella dimensione dello Spirito, e manifestando una forte empatia e partecipazione nei confronti delle esperienze di vita altrui, soprattutto quando tali esperienze comportano per l'io dell'altro sofferenza o angoscia esistenziale. A volte l'io sente anche l'inclinazione ad impegnarsi nella via della conoscenza, attribuendo a questo termine la finalità filosofica di ricerca del significato, della correlazione e dell'importanza dei vari aspetti dell'esistenza universale, senza limitarla ai soli ambiti – pure molto importanti – riconosciuti e percorsi dalla scienza organizzata, resa a tutti gli effetti istituzionale. Nella dimensione dello Spirito non si fa mai riferimento al progresso tecnologico – ed all'impegno umano che esso richiede – come a qualcosa di fondamentale per l'evoluzione umana: anzi, è come se questo processo che si svolge nel tempo, ed al quale noi attribuiamo tanta importanza, perdesse di significato di fronte all'atemporalità universale, pervasa da un sentimento di eternità, di cui molti di coloro che hanno avuto una NDE hanno fatto esperienza nella dimensione spirituale. Come si è visto, sembra che l'energia dello Spirito si manifesti in termini di amore assoluto e di conoscenza, quest'ultima intesa come una sorta di sapienza cosmica grazie alla quale ogni aspetto dell'universo risulta certamente chiaro e comprensibile. Quando l'io cosciente fa ritorno alla dimensione della vita organica, pur portando con sé il ricordo di quanto ha potuto sperimentare nella dimensione dello Spirito ed almeno una piccola dose dell'energia di cui si è sentito pervadere, non di rado trova difficoltà ad adattarsi di nuovo alle dinamiche imposte dalla psiche umana: troppo netta è la differenza tra le due dimensioni, e troppo esigue sono le risorse di cui dispone l'io per potersi confrontare – diciamo su un livello di parità – con il predominio dell'energia psichica. Non sembra dunque molto convincente l'ipotesi che lo Spirito voglia utilizzare le deboli risorse affidate all'io cosciente di una percentuale – pur sempre esigua – di esseri umani, per modificare sostanzialmente le condizioni della vita organica in favore di un'esistenza meno condizionata dall'energia bipolare della psiche. Affinché questo processo andasse a buon fine sarebbe necessaria una dose di energia spirituale ben più consistente. Non dimentichiamo che un processo di questo genere si è gia verificato in varie forma nella storia dell'umanità, anche nella nostra cultura, per esempio con il diffondersi e l'affermarsi della fede spirituale di matrice cristiana, con il conseguente disinteresse nei confronti di gran parte delle esigenze della vita organica e l'interpretazione di questa esistenza come veicolo per il trasferimento dell'io cosciente (l'anima) nella dimensione dello Spirito. Quando la psiche umana assimila esperienze che appartengono ad una dimensione così diversa da quella della vita organica, l'interpretazione che ne risulta produce risultati scadenti o ambivalenti: in passato, quando la fede nei confronti di ciò che veniva interpretato come potere divino era molto più intensa e partecipata di quanto non avvenga oggi nella nostra cultura, di fronte alle varie disgrazie che affliggevano l'umanità ci si appellava all'intervento di entità spirituali con rituali più o meno elaborati e con genuino fervore, con risultati a volte irrisori, a volte ambigui e spesso sopravvalutati. Se è vero che l'io cosciente ha una matrice spirituale, alla quale viene assegnato l'impegnativo compito di sperimentare la dimensione della vita organica fungendo da tramite tra due dimensioni, è anche vero che lo Spirito non intende intervenire per confrontarsi direttamente con l'energia della psiche umana: anche se, come si è visto, vi sono esempi di intervento diretto da parte di entità e di energie spirituali, questi eventi restano circoscritti ad ambiti limitati e marginali, e si prestano ad essere interpretati più come eccezione che come regola. La conoscenza scientifica ed il conseguente progresso tecnologico hanno avuto origine dalla constatazione che l'essere umano poteva fare affidamento, almeno in parte, sulle proprie risorse intellettive, intuitive e razionali, allo scopo di meglio comprendere e controllare ciò che accade nella dimensione della vita organica, anziché confidare sull'intervento diretto di entità divine e soprannaturali, come la stessa psiche gli aveva suggerito in precedenza. Ed effettivamente le condizioni di vita della parte più progredita dell'umanità sono nettamente migliorate, quanto meno per quanto riguarda le esigenze dell'organismo. Se poi queste condizioni di vita riescono a lasciare all'io sufficiente tempo libero ed energie da dedicare alla propria evoluzione spirituale, dipende solo dall'io decidere se e quanto vuole impegnarsi in questo processo. Il fatto è che ai nostri giorni le richieste di energie umane da parte del sistema produttivo sono spesso esose, mentre il tempo e le energie di cui l'io cosciente può disporre per le finalità che gli interessano sono sempre più ridotti. Inevitabilmente, poi, la mancanza di risorse impedisce all'io di intraprendere un percorso di evoluzione spirituale, e di conseguenza anche il poco tempo libero e le residue energie vengono quasi sempre dedicati a quelle attività ricreative – presentate dalla psiche umana e dai programmi che essa promuove come occasioni di svago e di divertimento – che impediscono un maggiore impegno nei confronti delle esigenze spirituali dell'io. Ovviamente, vi sono sempre persone che fanno eccezione, perché – nonostante tutto – il loro io non può sottrarsi ad un'intensa attrazione interiore proveniente dal richiamo (o dal confuso ricordo) della dimensione dello Spirito. Sembra comunque – sempre sulla base di quanto ci viene rivelato da molti di coloro che hanno fatto esperienza della dimensione dello Spirito – che ogni vita umana abbia un significato intrinseco, indipendente da quelle valutazioni in termini di bene e di male che sono da attribuire al carattere bipolare della psiche umana, e che pertanto svaniscono nella luce dell'energia assoluta dello Spirito. Resta da comprendere, almeno per noi che siamo ancora coinvolti nell'esperienza della vita organica, quale sia la relazione tra il livello di evoluzione raggiunto dalla controparte spirituale del nostro io ed il modo in cui l'io si orienta tra le dinamiche psichiche in cui viene coinvolto nel corso della vita umana: si ha l'impressione che lo Spirito lasci all'io il compito di cercare in piena autonomia una risposta soddisfacente a questa questione, proprio perché è l'io che deve affrontare l'impresa di confrontarsi con la psiche umana mediante la gestione del suo organismo. Il futuro dell'umanità Nel limitato tempo della nostra vita umana, cioè in quel periodo relativamente breve che va dalla nascita alla morte del nostro organismo, l'io cosciente sente quasi sempre un intenso coinvolgimento nelle complesse vicende della storia dell'umanità, un fenomeno al quale va riconosciuta una propria realtà ed una propria evoluzione. Al di là delle informazioni più o meno precise che ognuno di noi può ottenere su quanto accade nel mondo umano durante la propria vita, possiamo conoscere il passato dell'umanità, cioè gli eventi accaduti prima della nostra nascita, nelle forme in cui la psiche umana – mediante i programmi culturali che essa determina, più o meno adeguati alla ricerca ed all'accertamento della realtà degli eventi – ci consente di farlo. Attualmente, le basi metodologiche su cui si fonda la ricerca storica nella nostra cultura ci danno una sufficiente affidabilità quanto meno in merito alla realtà degli eventi accertati, mentre molte incertezze rimangono sulla loro interpretazione (ma questo vale anche per gli eventi contemporanei). Tuttavia per quanto riguarda il futuro dell'umanità possiamo solo affidarci alle nostre congetture o alla nostra immaginazione intuitiva, anche alla luce delle nostre speranze in relazione ad un fenomeno al quale siamo stati più o meno intensamente associati per il tempo della nostra vita. Quando il nostro organismo smette definitivamente di funzionare, l'io cosciente si separa dalla realtà di questo mondo (almeno stando a quanto ci viene riportato da molte NDE), eppure non possiamo ragionevolmente pensare che questa realtà non continui ad esistere nella dimensione che le è propria: l'idea che la realtà di ciò che esiste dipenda esclusivamente dalla propria coscienza è arbitraria e priva di fondamento, in quanto attribuisce ad un singolo frammento individuale di coscienza il potere di conoscere tutto ciò che esiste. Già in questa dimensione, la coscienza di noi umani non ha la minima idea di ciò che accade in altri mondi, appartenenti a sistemi stellari diversi dal nostro. Sebbene l'umanità sia costituita da tante vite individuali, ciascuna con una durata limitata che al massimo può raggiungere il secolo (o poco più), le interazioni e le connessioni tra queste vite formano un flusso continuo, che si sviluppa e si orienta sulla base delle tensioni create dalla psiche umana. Il modo in cui l'io cosciente sperimenta tale flusso può presentare delle notevoli differenze tra un individuo e l'altro, determinate non solo dal destino personale, ma anche dal tempo e dalla localizzazione geografica in cui la vita individuale si svolge. Nella nostra epoca siamo tuttavia pervenuti ad un livello di sviluppo e di trasmissione delle informazioni che ci consente quanto meno di immaginare un futuro dell'umanità intesa nella sua globalità, anche perché i consistenti flussi migratori attuali obbligano culture diverse ad interagire ed a trasformarsi, con risultati ancora molto incerti, da sperimentare e da valutare. Eppure l'io cosciente, dopo essere stato più o meno intensamente coinvolto nella storia dell'umanità, ed aver provato un interesse anche appassionato nei confronti dei suoi possibili orientamenti e delle sue opportunità di sviluppo (come ben sa chiunque si sia impegnato in politica o in un'attività sociale spinto da un ideale), se ne separa, per fare eventualmente ritorno alla dimensione dello Spirito. È comprensibile come nella dimensione spirituale le vicende umane, caratterizzate dalla bipolarità dell'energia psichica, perdano di significato e di interesse: se così non fosse, l'io continuerebbe a sentire il turbamento ed il dispiacere derivanti dalla partecipazione empatica alle tribolazioni ed alle sofferenze causate agli esseri umani dalla polarità negativa della psiche. Tuttavia un residuo interesse nelle vicende dell'umanità potrebbe essere uno dei motivi che spingono l'io spirituale ad accettare di sperimentare direttamente una nuova vita umana, dopo essersi sufficientemente riposato ed aver ristorato le proprie energie nella dimensione dello Spirito. La differenza tra due dimensioni così diverse tra loro, come quella dello Spirito e quella della nostra vita organica, può dare origine ad un'ingenua interpretazione psichica che ci induce a considerare le esperienze di questa vita come mera illusione: in effetti il loro carattere temporaneo ed impermanente ce le può fare apparire tali una volta che l'io cosciente si sia trasferito definitivamente nella dimensione dello Spirito, ma fintanto che siamo collegati alla vita di un organismo – e di conseguenza soggetti al fluire del tempo – mi sembra poco sensato rinunciare a trarre un significato dalle esperienze di questa vita, a meno che esse non siano così sgradevoli ed intollerabili per l'io, da fargli preferire che abbiano termine al più presto. Se la vita umana non avesse una sua realtà ed un suo significato, anche in relazione all'evoluzione della nostra componente spirituale, è difficile comprendere per quale ragione l'io dovrebbe abbandonare la confortevole dimensione dello Spirito, nella quale si sente a casa propria, per confrontarsi con la psiche umana (assai spesso finendo con l'identificarsi con essa): forse per spirito di avventura, o per il desiderio di esplorare e di conoscere? In ogni caso, penso che sia più ragionevole riconoscere all'umanità una sua esistenza autonoma, ed una continuazione della sua storia nella dimensione che le è propria, anche quando l'io cosciente esce dal flusso dell'esistenza umana per fare ritorno alla dimensione dello Spirito, nella quale il tempo ha caratteristiche molto diverse da quelle che noi sperimentiamo in questa vita. Nello stesso tempo – proprio considerando la condizione di assoggettamento dell'io da parte della psiche umana – non possiamo riconoscere come significativo per l'io il fatto di funzionare come un automa per un limitato periodo di tempo, al servizio di un processo esclusivamente umano, sul progetto e sullo scopo del quale la psiche offre solo informazioni confuse e contraddittorie. Una vita di questo genere può avere un senso solo se riteniamo che lo Spirito le attribuisca comunque un valore, come sembra si possa dedurre in base ai resoconti di molte NDE. Questo significherebbe che ogni io, per il semplice fatto di vivere, cerca sempre di fare del suo meglio, date le circostanze ed in base alle proprie capacità. L'umanità resta in ogni caso costituita da una pluralità di io coscienti, vincolati ad organismi individuali, che interagiscono tra loro nell'ambito di gruppi organizzati in cui la vita di ogni organismo è fortemente dipendente da quella degli altri: ciascuno funziona in modo da assolvere al compito che gli viene assegnato, oppure cerca di avvantaggiarsi usando illegalmente le energie ed i beni altrui, o ancora cerca di sopravvivere come può, contando sulla benevolenza del prossimo. Resta tuttavia una separazione di fondo tra le esperienze di vita di ciascun io cosciente, determinata dal fatto che gli organismi individuali sono tra loro nettamente divisi, senza che l'uno possa veramente fondersi con l'altro. Questa separazione è amplificata dal carattere bipolare della psiche umana, e dall'identificazione dell'io con le dinamiche psichiche derivanti dalle esigenze del proprio organismo, la cui vita dipende da altri organismi e nello stesso tempo cerca di trarre qualche vantaggio dalla competizione con essi. Di conseguenza le vicende umane sono tuttora caratterizzate dalla divisione, dalla competizione e dalla conflittualità tra i grandi gruppi sociali, oltre che dalla territorialità, intesa come possesso dei territori e sfruttamento delle loro risorse da parte dell'uno o dell'altro gruppo sociale, e dall'ampia disponibilità di risorse umane facilmente condizionabili ed utilizzabili da parte di coloro che dispongono dei requisiti psichici necessari a conquistare ed a gestire il potere, in una forma o nell'altra. È dunque probabile che, ancora per molti secoli, il futuro dell'umanità continuerà ad essere caratterizzato dalle stesse contraddizioni, ingiustizie, conflitti ed altri eventi drammatici, che possiamo riscontrare tanto nel recente passato quanto nell'epoca attuale, nella quale peraltro – almeno noi occidentali – abbiamo goduto di un periodo di pace e di sviluppo economico insolitamente lungo. Come ho già detto, c'è sempre un momento nel quale l'io cosciente – dopo aver utilizzato al meglio delle proprie capacità le risorse intellettive di cui dispone – deve riconoscere l'esistenza di un campo di realtà del quale, almeno per ora, non può ulteriormente approfondire la conoscenza. Tanto questo mondo, con tutte le forme di vita che vi si sono evolute, quanto la storia dell'umanità, in tutti i suoi complessi aspetti socioculturali, fanno parte di questa realtà, appartenente a quella dimensione che l'io sperimenta vivendo mediante il proprio organismo. Possiamo tuttavia affermare con sufficiente certezza che l'io cosciente può sperimentare forme di esistenza appartenenti a dimensioni diverse, nelle quali si sente completamente libero dai vincoli del proprio organismo e sulla cui realtà non nutre il minimo dubbio, al punto da percepire quella realtà alternativa come più reale di quella della dimensione in cui viviamo di norma come umani. Certamente, il frazionamento della coscienza in un'ampia pluralità di soggetti individuali e separati, ciascuno associato ad un diverso organismo le cui vicende influenzano notevolmente il destino personale, fa sì che il singolo io cosciente – vincolato al proprio organismo – faccia affidamento solo sulla gamma di esperienze alle quali può accedere direttamente: si tratta tuttavia di una condizione che può cambiare radicalmente, soprattutto quando la vita dell'organismo è a rischio. Nella dimensione dello Spirito, infatti, l'io – pur continuando a mantenere la propria individualità cosciente – sente di far parte di un flusso di coscienza cosmica che lo mette in comunicazione diretta con le altre coscienze, nell'ambito di un fenomeno essenzialmente unitario in cui non sono più presenti quelle barriere e quegli ostacoli che caratterizzano e limitano le nostre esperienze durante la vita organica. Si tratta evidentemente di una condizione – difficile, e forse impossibile, da spiegare in modo comprensibile se non la si è sperimentata direttamente – radicalmente diversa da quella, in cui ci troviamo nel corso di questa vita, sulla quale si fonda il potere della psiche umana. Nella dimensione della vita umana ogni forma di esperienza da parte dell'io cosciente si manifesta come espressione della psiche – tanto negli aspetti positivi quanto in quelli negativi della sua bipolarità – e dunque lo stesso Spirito viene interpretato (e trasformato) alla luce delle esigenze che la psiche impone all'io. Solo una volta che l'io cosciente si riuscito a far ritorno alla dimensione dello Spirito potrà comprendere pienamente le implicazioni ed il significato di questo suo transito nella dimensione della vita organica: chiederselo durante questa vita significa rivolgersi ingenuamente alla psiche – magari facendo appello alla sua polarità positiva – per ottenere una spiegazione che va, evidentemente, ben oltre la psiche stessa. Non è un caso che le conoscenze chiare, indubitabili ed esaurienti, ottenute nella dimensione dello Spirito da molti di coloro che hanno sperimentato una NDE, vengano più o meno completamente dimenticate una volta che l'io sia di nuovo connesso al proprio organismo, e sia dunque costretto a confrontarsi di nuovo con l'attività della psiche. L'effetto più importante determinato dalle NDE nei confronti della vita umana è proprio quello di relativizzare l'importanza che l'io attribuisce a questa vita, e dunque ridurre il potere esercitato dalla psiche sull'io cosciente. D'altra parte, nel suo complesso, l'umanità resta comunque soggetta alla psiche umana, se non altro perché deve tener conto delle esigenze della vita organica mediante le quali può continuare il suo percorso storico. Non abbiamo elementi di conoscenza sufficienti per sapere se questo percorso continuerà nella scia del passato, come è avvenuto fino ad oggi, oppure se ad un certo punto del futuro – percepito nell'accezione umana legata al flusso unidirezionale di tempo – si verificherà un cambiamento sostanziale. Il carattere bipolare della psiche, così come si è manifestato fino ad oggi nel corso della storia dell'umanità, non ci offre nessuna garanzia di un'evoluzione autonoma che sia in grado di superare definitivamente la tensione che si crea tra i due poli: la nostra speranza che tutta l'umanità possa accordarsi per vivere armoniosamente ed in concordia, come la polarità positiva della psiche ci induce ad immaginare il futuro, viene continuamente contraddetta ed ostacolata dalle divisioni tra i gruppi umani, dalle loro competizioni e dalle situazioni conflittuali che ne derivano. Inoltre la polarità negativa della psiche trae sempre energia dai rischi derivanti dalla vulnerabilità dei singoli organismi umani, strumenti complessi e meravigliosi, ma allo stesso tempo imperfetti, il cui funzionamento ha un ruolo fondamentale nel determinare le dinamiche psichiche che coinvolgono ed irretiscono l'io cosciente. Sulla base dei resoconti di molte NDE, sembra che all'io spirituale venga assegnato un compito che – una volta che l'io è ritornato alla dimensione della vita organica – viene interpretato, non senza qualche difficoltà, in termini psichici, quasi sempre nella forma di amore verso il prossimo e di orientamento verso un modo di vivere che tenga conto delle esigenze dello spirito. Questo nuovo orientamento viene sentito dall'io cosciente come determinato da una fonte di energia che lo sostiene, alla quale non aveva accesso prima dell'esperienza nella dimensione dello Spirito. Dunque è come se, per effetto delle NDE, alcune gocce di energia spirituale venissero immesse all'interno dell'energia della psiche umana, diluendosi in essa ed esercitando un effetto di rafforzamento nei confronti della sua polarità positiva. Tuttavia queste gocce di energia spirituale, per quanto numerose, limitano il loro effetto all'ambito personale di coloro che hanno direttamente sperimentato la dimensione dello Spirito e che, di conseguenza, sentono un interesse molto relativo nei confronti della vita umana, anzi, spesso non vedono l'ora che essa termini, per poter far ritorno a quella dimensione di cui sentono un'intensa nostalgia: non mancano i casi di tentativi di suicidio determinati proprio dal desiderio dell'io cosciente di tornare quanto prima a quella che sente essere la sua vera dimora. Se lo Spirito ha davvero assegnato all'io il compito di confrontarsi con la psiche umana, allo scopo di ottenere che essa si evolva in senso spirituale, si ha l'impressione che si tratti di un'impresa molto difficile, che può essere sopportata solo con la certezza che questa vita ha un termine, e che la morte libererà l'io dal peso del sacrificio che gli viene imposto. Non bisogna dimenticare, infatti, che la polarità negativa della psiche reagisce con le risorse di cui dispone – da non sottovalutare – allo squilibrio che si viene a creare nella tensione tra i due poli. Un esempio degli effetti di questa reazione è dato proprio dalla facilità con cui si è affermata ed è tuttora difesa culturalmente l'idea che l'io cosciente cesserà di esistere definitivamente con la morte cerebrale e, di conseguenza, ogni ricerca del significato (o della mancanza di significato) della vita umana vada ricondotta nell'ambito della stessa. È probabile che il diffondersi delle informazioni sulle NDE rappresenti una reazione della polarità positiva della psiche al senso di annientamento e di mancanza di valore dell'io, ridotto al ruolo di automa umano dai programmi culturali determinati dalla polarità negativa. Noi umani non siamo in grado di comprendere, tuttavia, quale sia la relazione tra due energie così diverse come quella unipolare dello Spirito e quella bipolare della psiche: attribuire allo Spirito un pieno controllo sulla psiche umana significherebbe, per l'io cosciente, riconoscere ed accettare che la bipolarità dell'energia psichica è voluta proprio dallo Spirito per consentire all'io di esercitarsi e di mettersi alla prova nella palestra della vita umana, che dunque resterebbe conformata a misura delle esigenze di sviluppo dell'io e rispecchierebbe il livello di evoluzione spirituale raggiunto dalla media di tutti gli individui viventi.
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