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Imparare dalla vita L'identificazione dell'io con la propria psiche Il tema del mese scorso si concludeva con la constatazione che non vi sono testimonianze di esperienze che dimostrino un'attrazione dell'io spirituale verso il male: in questa vita l'io può certamente operare – sotto l'influenza della polarità negativa della psiche umana – in modo da causare pene e sofferenze agli altri, e non di rado anche a se stesso, ma questo avviene o per effetto dei limiti delle sue facoltà di discernimento, che lo costringono ad identificarsi con le dinamiche psichiche che lo controllano, oppure perché attribuisce erroneamente un valore positivo alle proprie azioni, anche in questo caso per mancanza di adeguate risorse conoscitive. Come abbiamo già osservato, la psiche induce l'io ad orientarsi istintivamente seguendo una bussola che gli indica come vantaggiosa una direzione che spesso non coincide con la polarità positiva della psiche. Ma in qualche caso l'io, pur essendo consapevole del fatto che le sue azioni e le sue scelte possono causare danni e sofferenze agli altri, è convinto di non avere alternative: in qualche modo si tratta di forme di autodifesa del benessere, dell'integrità e della stessa sopravvivenza del proprio organismo, esigenze delle quali l'io si sente responsabile durante tutta la vita. Questo dimostra come la conflittualità della psiche umana, determinata dal frazionamento della coscienza in una moltitudine di organismi, sia intrinsecamente collegata con la vita organica, al punto da poter far dimenticare del tutto all'io la sua componente spirituale, come spesso avviene ai nostri giorni anche nelle culture che consideriamo più progredite. In effetti, ci vuole un particolare coraggio ed una notevole forza d'animo per mettere a rischio la vita del proprio organismo, pur di non causare danno, offesa e dolore all'organismo degli altri. Si tratta pur sempre, tuttavia, di dinamiche che riguardano gli organismi umani, il loro modo di funzionare, ed il coinvolgimento dell'io cosciente in questo strano gioco in cui la sofferenza e la ricerca del piacere e della felicità umana hanno un ruolo così importante. Ovviamente la psiche stessa, mediante i programmi collettivi di condizionamento, induce l'io a considerare come normale e naturale l'identificazione con le proprie dinamiche psichiche. Gli strumenti di programmazione socioculturale cercano di attuare, in certi casi mediante forme di persuasione più o meno indulgenti, in altri casi mediante la coercizione, una serie di modelli standard ai quali le dinamiche psichiche di ogni membro di un certo gruppo sociale dovrebbero adeguarsi. La psiche stessa, nella sua frammentazione individuale, produce poi tutte quelle eccezioni contraddittorie e conflittuali che impediscono all'io di molte persone di adeguarsi a tali modelli, anche se esso continua pur sempre ad identificarsi con le dinamiche psichiche che lo coinvolgono direttamente. In modo piuttosto strano, è come se la psiche umana cercasse di stabilire e di difendere un certo grado di ordine, che viene continuamente messo in crisi dalle dinamiche caotiche e conflittuali originate dalla tensione bipolare che la caratterizza. Dato questo stato di cose, l'io dovrebbe anzitutto comprendere che la sua condizione di identificazione con le proprie dinamiche psichiche, che corrispondono ad una gamma molto ristretta di sintonie della psiche umana, va estese ad ogni altro io, anche nel caso in cui l'altro si identifichi con sintonie psichiche molto diverse. A causa del carattere intrinsecamente bipolare dell'energia della psiche, in molti casi questo problema non può essere risolto mediante la cosiddetta comprensione delle ragioni dell'altro, proprio perché in questo modo il caos determinato dalla frammentazione della psiche verrebbe incrementato: infatti la polarità negativa della psiche, per sua natura, non può riconoscere altro che se stessa e le proprie ragioni. Questo è particolarmente evidente nell'ambito del mondo animale, nel quale anche l'organismo umano ha le sue radici: in natura il carnivoro può considerare un animale diverso non come altro a lui simile, ma come preda e fonte di cibo di cui alimentarsi, dopo averlo ucciso e divorato. Sotto il dominio della psiche, tutto ciò che accade nelle vicende umane è inevitabile, nel bene e nel male: un attento osservatore delle dinamiche della psiche umana non può illudersi che la polarità positiva riesca ad eliminare una volta per tutte quella negativa – come non di rado credono di poter fare coloro il cui io si identifica con le sintonie legate alla polarità del bene – proprio a causa del carattere bipolare dell'energia psichica. Si può tuttavia ragionevolmente operare in modo da mantenere la tensione tra i due poli della psiche entro margini accettabili, in modo da evitare i conflitti violenti, distruttivi, incontrollabili e caotici che si verificano quando la tensione supera tali limiti. In queste condizioni, l'identificazione dell'io con le proprie dinamiche psichiche crea le premesse per tutte le contrapposizioni e le discordie che possono verificarsi tra singoli individui o tra gruppi sociali organizzati. Dunque l'io può andare più o meno consapevolmente incontro al proprio destino restando fedele alle dinamiche psichiche con cui si identifica, positive o negative che siano, oppure può iniziare un percorso di differenziazione, non tanto nei confronti della psiche in generale – dato che è molto facile prendere le distanze dalle sintonie psichiche degli altri, in particolare quando non coincidono con le nostre – quanto nei confronti delle dinamiche psichiche che esso sperimenta direttamente mediante la propria coscienza. Poiché il controllo che la psiche esercita sull'io si manifesta mediante le varie esigenze – di sopravvivenza, di integrità e di benessere – dell'organismo, ed in particolare tramite il sistema nervoso ed il cervello, le reazioni della psiche a questi tentativi da parte dell'io di liberarsi in qualche misura dall'identificazione con le proprie dinamiche psichiche non devono sorprenderci: l'io deve addestrarsi e prepararsi ad affrontare qualche forma di ritorsione. Come sempre, la psiche può cercare di intimorire l'io, prospettandogli le sofferenze a cui andrà incontro se non si adeguerà alle sue richieste, oppure può irretirlo con le lusinghe dei piaceri che essa stessa gli può procurare mediante la soddisfazione dei desideri (generati, peraltro, dalla stessa psiche). Per riuscire a differenziarsi dalle proprie dinamiche psichiche l'io deve anzitutto riuscire a stabilire un canale di comunicazione con il suo alleato spirituale: si potrebbe anche dire che, se l'io sente l'esigenza di prendere le distanze dalle dinamiche psichiche che lo coinvolgono, questo accade per effetto dell'influenza della sua controparte spirituale. Questo processo dipende dunque dal livello di intensità con cui quest'entità spirituale associata all'io (che può essere chiamata la guida, l'alleato, lo spirito, il custode, ecc.) riesce ad inserirsi nel raggio d'azione della coscienza umana. Certi programmi di condizionamento culturale prevalenti nella nostra epoca o nel recente passato, pur sempre messi a punto dalla psiche umana, arrivano a negare l'esistenza stessa di un io spirituale, riuscendo a convincere l'io cosciente che la sua esistenza non solo è vincolata a quella del suo organismo durante questa vita (il che è indubitabile), ma verrà certamente annientata quando l'organismo andrà incontro alla disgregazione della morte: di fatto, possiamo senz'altro dire che la fine del nostro corpo segnerà anche la fine della sudditanza dell'io alla psiche umana. Allo stesso tempo, l'io cosciente dovrebbe anche diffidare della maggior parte delle interpretazioni religiose tradizionali dell'esistenza spirituale, determinate dall'una o dall'altra polarità della psiche umana: per la sua stessa natura, la religione è un fenomeno umano condizionato dall'esistenza organica dell'io, e dunque da tutte quelle esperienze di sofferenza, di desiderio di felicità, di incertezza per il futuro, di paura della morte, e di sottomissione alle istanze della psiche che ne derivano. Infatti, come vedremo tra poco, una volta che l'io si sia liberato dalla bipolarità della psiche umana e sia riuscito a raggiungere la dimensione dello Spirito, le sue esperienze cambiano radicalmente. Perché l'io deve sperimentare la psiche umana? Nei report sulle NDE dei mesi scorsi abbiamo visto come tali esperienze costituiscano una valida testimonianza della sperimentazione, da parte dell'io cosciente, di una dimensione che presenta caratteristiche molto diverse da quelle a cui ci siamo abituati nel corso di questa vita. Oggi disponiamo di molte migliaia di racconti di queste esperienze che, pur nella loro soggettività, spesso contengono alcuni elementi di coerenza che abbiamo già avuto modo di evidenziare nelle nostre citazioni. In particolare, il senso di realtà sperimentato dall'io è tale da non fargli in alcun modo dubitare dell'effettiva esistenza della dimensione dello Spirito, al punto che, in confronto, è la realtà stessa della vita umana, nella sua mutevole temporaneità, ad essere eventualmente considerata come illusoria. Un altro aspetto molto interessante è dato dal sentimento dell'io di essere finalmente ritornato a casa, cioè in quella dimensione che gli è più congeniale e con cui si sente senza dubbio più in armonia, rispetto a quanto doveva sperimentare nella vita umana: ne fanno fede anche la riluttanza e la contrarietà con cui l'io accoglie la prospettiva – spesso sentita come un'imposizione – di dover riprendere quel percorso della vita organica che si era (così felicemente per esso) interrotto. Abbiamo anche messo in evidenza come, sulla base di queste testimonianze, la dimensione dello Spirito risulti del tutto libera da quella bipolarità che caratterizza la psiche umana, al punto che sembra esservi una netta separazione tra le due dimensioni: tutto, nella dimensione dello Spirito, è permeato da un'unica energia – percepita come una luce che irradia un amore creativo infinito, assoluto ed incondizionato – alla quale è estraneo ogni elemento anche minimamente conflittuale. Si tratta, pertanto, di un'energia che non può in alcun modo essere contaminata da elementi ad essa alieni: meno che mai dalla polarità negativa della psiche umana. Il fatto che le informazioni relative alle esperienze nella dimensione dello Spirito entrino a far parte del bagaglio di conoscenze di cui l'io può disporre già durante la vita umana, quando ancora si confronta con il potere di controllo della psiche, produce alcune interessanti conseguenze. Può accadere infatti che l'io di una persona, per tutta la vita, non sia nemmeno al corrente dell'esistenza di tali esperienze, oppure che – alla luce dell'interpretazione indotta da certi programmi mentali di condizionamento culturale già ben assimilati – tali esperienze siano frettolosamente liquidate dall'io come illusorie fantasie prodotte dal cervello di un organismo in condizioni critiche, che non possono alterare la visione del mondo determinata dalle sintonie della psiche con cui l'io continua ad identificarsi. Ma non di rado, quando l'io diventa cosciente della possibilità di sperimentare la dimensione dello Spirito, pur senza averne fatto esperienza diretta, il suo orientamento nei confronti della vita umana e delle dinamiche della psiche in cui viene coinvolto subisce alcuni cambiamenti. Infatti il potere che la psiche umana esercita sull'io è determinato in gran parte dalla convinzione che l'unica possibilità di esistenza come soggetto cosciente offerta all'io sia vincolata alla vita del suo organismo. La possibilità di una continuità dell'esistenza dell'io cosciente – senza che l'autopercezione della sua identità venga meno – in una dimensione diversa da quella della vita organica, mina alla base questa convinzione, al consolidamento della quale la psiche umana ha dedicato consistenti risorse ed energie. Di conseguenza tutte quelle dinamiche di origine psichica dalle quali l'io si sentiva attratto o lusingato, oppure verso le quali provava sentimenti di rifiuto e di repulsione (subendo comunque il controllo della propria psiche), perdono quel carattere di valori o non-valori assoluti che condizionavano le scelte dell'io, e si riducono a fenomeni relativi, occasionali, accidentali ed impermanenti, destinati a perdere di importanza, e forse perfino di significato, una volta che questa vita organica sia terminata. La prospettiva di poter accedere alla dimensione dello Spirito dovrebbe risultare attraente ed affascinante per qualsiasi io si trovi attualmente nella condizione di sperimentare la vita organica. Tuttavia, pur tenendo conto delle limitate risorse intellettive (cioè conoscitive ed interpretative) di cui l'io cosciente dispone anche nei casi in cui è dotato di un'intelligenza superiore alla norma, il fatto di dover sperimentare le dinamiche della psiche umana viene sentito dall'io come un enigma di cui gli sfugge una soddisfacente comprensione: nel merito, anche le informazioni che possiamo ottenere dai resoconti delle NDE incentrate sulla sperimentazione della dimensione dello Spirito non sono particolarmente illuminanti, perché – come si è visto nei report citati – in genere fanno riferimento ad una valutazione dell'importanza della vita organica fondata sui sentimenti soggettivi degli sperimentatori. Come abbiamo già evidenziato, quella conoscenza assoluta, indubitabile nella sua evidenza, sul significato e sull'importanza della vita umana che viene talvolta infusa nell'io mentre si trova nella dimensione dello Spirito, viene poi inesorabilmente perduta una volta che l'io sia tornato nella dimensione della vita organica, a dimostrazione della separazione esistente tra queste due dimensioni, tra le quali l'io cosciente sembra svolgere la funzione di ponte di collegamento. Le varie dinamiche psichiche connesse con la vita organica sono esperienza comune per ogni io cosciente che si trovi a vivere in questo mondo, senza che esso di solito abbia ricordi lucidi e ben definiti di una sua esistenza – precedente, parallela o al di fuori del tempo – nella dimensione dello Spirito. Tuttavia, nel caso di coloro (e sono pur sempre una minoranza) che, dopo aver avuto la ventura di sperimentare direttamente la dimensione dello Spirito, sono stati riconnessi con il loro organismo, i ricordi di quelle esperienze restano ben vivi, e rappresentano per l'io un patrimonio, un valore, e talvolta un onere, che ne condizionano le successive esperienze, gli orientamenti e le scelte nel corso della vita umana. Nel tentativo di trovare una risposta alla domanda su quali siano le ragioni per cui l'io deve sperimentare i vari effetti dell'energia della psiche, con tutte le contraddizioni ed i conflitti determinati dal bipolarismo e dal frazionamento della coscienza in una pluralità di organismi, ho già avanzato l'ipotesi che la vita organica sia indispensabile per la formazione, il consolidamento ed il progresso dell'io cosciente, come presupposto per il suo successivo eventuale trasferimento alla dimensione dello Spirito una volta liberato dal corpo. Ho anche paragonato l'organismo umano ad un uovo nel quale l'embrione – cioè l'io – si forma, si nutre e si sviluppa fino a trasformarsi nel pulcino che rompe il guscio dell'uovo, ormai diventato una prigione, per nascere ad una nuova vita autonoma (si veda questa pagina del blog 2019, al paragrafo La liberazione dell'io e la morte). Si tratta tuttavia di un'ipotesi che lascia irrisolte diverse questioni, anche a causa del suo carattere elitario: solo da alcune uova potrebbero nascere dei pulcini, mentre la maggior parte di esse sarebbero trasformate in frittata, cioè in nutrimento per l'energia della psiche. E che dire di tutti quei casi in cui una malattia o un trauma interrompono prematuramente una vita, impedendo all'io di proseguire nel suo percorso evolutivo? Inoltre, molte delle informazioni che possiamo trarre dalle NDE tendono a smentire quest'ipotesi, lasciando intendere che ogni io, per il fatto stesso di essere divenuto cosciente nel corso della propria vita umana, può essere accolto nella dimensione dello Spirito. Sembrerebbe dunque che ad ogni io vada riconosciuta una natura spirituale, indipendentemente dal fatto che se ne renda conto o meno nel corso della sua vita umana. Di conseguenza, anche l'orientamento dell'io nei confronti della bipolarità della psiche umana avrebbe un'importanza relativa, se è vero che lo Spirito non giudica ma comprende, non punisce ma accoglie con amore infinito, lasciando eventualmente all'io il compito di valutare le proprie azioni alla luce di quel processo di revisione della propria vita che spesso (ma non sempre) si verifica nel corso delle NDE. Queste sostanziali e profonde differenze tra la dimensione dello Spirito e quella della vita organica, dominata dalla psiche umana, ci inducono ad alcune importanti riflessioni, determinate proprio dal fatto che il nostro io sta attualmente sperimentando la dimensione della psiche, e non quella dello Spirito. Certamente lo Spirito ci appare, nella sua immutabile ed inalterabile perfezione, come una forma di energia che non può essere in alcun modo influenzata e contaminata dal bipolarismo della psiche umana. Ci sembra che il fatto stesso di pensare che un'energia come quella dello Spirito possa essere turbata o preoccupata dai problemi e dalle disgrazie inerenti alla vita organica, fino al punto da intervenire direttamente per liberare l'io dal dominio della psiche, possa essere attribuito ad un'ingenuità infantile da parte dell'io. Nello stesso tempo ci sorprende la decisione – con ogni evidenza attribuibile allo Spirito – di far ritornare l'io alla dimensione della vita organica, spesso contro la manifesta volontà dell'interessato, per portare a termine quello che viene piuttosto genericamente indicato come un compito o una missione, e comunque come qualcosa che deve avere una certa importanza per l'io, ma forse anche per lo stesso Spirito. Non possiamo dubitare che nella dimensione dello Spirito non sia presente un adeguato livello di conoscenza di ciò che le varie esperienze della vita organica rappresentano per l'io: non solo le revisioni della vita implicano che tutto ciò che l'io ha sperimentato mediante la propria coscienza sia trasmesso, registrato e conservato anche nella dimensione dello Spirito, ma le stesse intense, decise e vigorose rimostranze dell'io di fronte alla prospettiva di dover tornare alla vita organica dopo aver sperimentato la dimensione dello Spirito (dopo esser tornato a casa), sono chiare ed evidenti manifestazione delle difficoltà incontrate dall'io nel vivere sotto il dominio della psiche umana. Ci sembra che tutti questi elementi portino ad una conclusione: l'io è mandato temporaneamente a sperimentare la dimensione della vita organica perché, in qualche modo, ha bisogno di crescere e di sviluppare le risorse che lo aiutino a cavarsela per conto suo. Che l'io sia soggetto alle dinamiche della psiche umana, con il loro retaggio di conflitti e di sofferenze, o che sia al servizio di un piano di addestramento voluto da una forma superiore di autorità, esso è comunque costretto a confrontarsi con forme di energia nei confronti delle quali le risorse di cui dispone sono ben poca cosa. Sono dunque comprensibili il sollievo e la felicità che prova allorché sente di essere tornato nella diimensione protettiva ed accogliente dello Spirito, dove la sua essenza riesce a manifestarsi e ad espandersi, ormai libera da qualsiasi preoccupazione. Altrettanto comprensibile è la reazione negativa dell'io all'idea di doversi assoggettare di nuovo alla gravosa esperienza della vita organica: l'apparente giustificazione che gli viene data, quella di avere un compito o una missione da portare a termine, spesso non riesce a fargli accettare di buon grado quanto gli viene richiesto (e non di rado imposto). Ci sembra dunque abbastanza ragionevole, anche alla luce delle modalità con cui si forma la moltitudine degli organismi umani attualmente viventi (con tutte le loro esigenze), chiederci se l'esperienza della vita organica sul pianeta Terra sia in ogni caso una scelta libera e volontaria da parte dell'io nella sua forma spirituale, oppure se sia un'imposizione che l'io subisce suo malgrado e controvoglia, come accade per non pochi di coloro che devono far ritorno a questa vita dopo aver sperimentato la dimensione dello Spirito. La prima ipotesi è sostenuta da chi ritiene, anche alla luce delle proprie esperienze in quella dimensione, che l'io spirituale abbia volontariamente sottoscritto con lo Spirito una sorta di contratto che gli consente di sperimentare la vita organica a certe condizioni, che prevedono – tra l'altro – che l'io cosciente si formi e si sviluppi ex novo nella prima fase della vita, privo di ricordi di precedenti esperienze, sia in forma spirituale, sia in qualche altra forma organica. Sotto questo aspetto, la vita organica viene considerata addirittura come un dono, richiesto dall'io spirituale e concesso dallo Spirito. Si potrebbe ritenere che, una volta che l'io abbia raggiunto un certo livello di maturità spirituale, la sua volontà tenda ad identificarsi con quella dello Spirito, e dunque potrebbe accettare di buon grado di venire o di tornare nella dimensione della vita organica, per assolvere alla missione che gli è stata assegnata, quale che essa sia. Se invece l'io non ha ancora raggiunto quel livello, come spesso accade, la sua volontà individuale viene fortemente influenzata dallo stato di grazia in cui si trova nella dimensione dello Spirito, messo a confronto con la condizione di disagio che è stata o verrà sperimentata durante la vita organica, e di conseguenza la volontà dell'io tenderà a contrapporsi (in molti casi senza successo) a quella dello Spirito. Tuttavia, si tratta solo di congetture, dato che nessuno di noi, fin quando non sperimenterà direttamente la dimensione dello Spirito, può affermare al riguardo qualcosa di certo e di verificabile. Ma, finché siamo nella condizione di dover sperimentare le varie dinamiche della psiche umana, ci chiediamo se e quando l'io cosciente potrà raggiungere quel livello di maturità che gli può consentire di assumersi pienamente la responsabilità della propria esistenza sulla base di una ragionevole conoscenza del percorso che deve seguire. Come abbiamo visto, l'io non può porre la sua fiducia nella psiche stessa, che tende ad imprigionarlo nelle proprie dinamiche determinate dalla vita organica, usandolo per finalità sempre correlate ad un futuro dell'umanità che resta enigmatico, oscuro ed incerto. Molto più ragionevolmente l'io può contare sulla guida dello Spirito, confidando che quest'ultimo, oltre ad offririgli sostegno, aiuto ed incoraggiamento nell'affrontare le prove che l'io deve sostenere, lo illumini anche con la conoscenza necessaria per individuare il percorso da seguire, dotandolo delle risorse necessarie per percorrerlo. Ed è qui che sembrano intervenire alcune difficoltà di un certo rilievo, perché – una volta inviato o richiamato nella dimensione della vita organica, e quindi sotto il dominio della psiche umana – l'io in molti casi perde la capacità di orientamento determinata dalle conoscenze acquisite nella dimensione dello Spirito. Nel modo in cui normalmente si forma, mediante lo sviluppo dell'organismo, l'io cosciente sembra essere più un prodotto delle molteplici sfaccettature della psiche umana che non un emissario dello Spirito, con una missione da compiere in questa dimensione. Sotto questo aspetto, si riscontra una sostanziale differenza tra l'io, così come nasce e si sviluppa durante la vita umana, e l'io che viene riconnesso al suo organismo dopo aver sperimentato la dimensione dello Spirito, portando con sé – sotto forma di ricordi particolarmente ben registrati – le informazioni relative alle esperienze vissute in quella dimensione. Va ricordato che disponiamo di testimonianze di NDE relative ad ogni età, anche da parte di bambini di tre o quattro anni, quando l'io cosciente è ancora in una fase molto precoce della sua formazione: dunque non si può sostenere che per sperimentare la dimensione dello Spirito sia necessario un io già ben formato e dotato di una coscienza evoluta. D'altra parte è anche vero che la casualità, almeno apparente, con cui si verificano le NDE che implicano una sperimentazione più o meno profonda della dimensione dello Spirito non aiuta la comprensione del ruolo assegnato a ciascun io nel corso della vita organica: come abbiamo visto, questo ruolo, nella maggior parte dei casi, viene determinato dalle sintonie della psiche con cui l'io si identifica, che possono mantenere l'io stesso all'oscuro della sua natura spirituale, o addirittura ispirargli una reazione avversa all'idea stessa di poter esistere in una forma diversa da quella organica. Di conseguenza, è come se l'io, una volta associato ad un'organismo ed essendo in una condizione di sviluppo potenziale, venisse lasciato dallo Spirito in balìa della psiche umana, così che ne possa sperimentare gli effetti nel modo più intenso possibile: solo in seguito, e per ragioni che non ci sono ben chiare, lo Spirito decide che l'io possa essere informato, già durante la sua vita organica, dell'esistenza della dimensione spirituale e della possibilità di sperimentarla una volta che questa vita si sia conclusa. Quello che dunque si ritiene che debba essere dimenticato dall'io per potergli consentire di vivere pienamente sotto il controllo della psiche ed al servizio della stessa, gli viene poi riproposto affinché si ricordi dell'esistenza della dimensione dello Spirito alla quale anela di poter far ritorno. L'io impara a conoscere se stesso In queste condizioni, ci troviamo di fronte ad un quadro complesso: partito da una situazione nella quale si riconosceva come soggetto cosciente, coinvolto nelle dinamiche psichiche sperimentate tramite la coscienza, l'io poteva sentire il bisogno di affrancarsi dallo stato di identificazione con la propria psiche a cui lo obbligava il funzionamento stesso dell'organismo da cui aveva avuto origine la sua avventura umana. L'impegno in questo percorso di presa di distanza dalle sintonie della psiche che il destino gli aveva riservato portava l'io a considerare la morte del proprio organismo come l'occasione per una definitiva liberazione dalle dinamiche bipolari della psiche: sotto quest'aspetto, le testimonianze relative al ritorno a casa nella dimensione dello Spirito possono essere considerate una conferma del fatto che l'essenza più vera dell'io cosciente ha un'origine spirituale, e dunque non può sentirsi in armonia con gli effetti di un'energia bipolare come quella della psiche. Ma queste stesse testimonianze non chiariscono le ragioni per cui l'io, una volta pervenuto alla dimensione spirituale, debba essere sollecitato – e talvolta costretto – a ripetere più volte l'esperienza di doversi confrontare con le dinamiche della psiche umana, ogni volta mediante la formazione e lo sviluppo di un nuovo io cosciente. Ovviamente, è possibile che queste ragioni, che restano per noi enigmatiche durante la vita umana, diventino chiare e palesi una volta che l'io sia stato accolto nella dimensione dello Spirito. Inoltre, è comprensibile come l'io possa ritenere che la stessa sproporzione esistente tra il potere numinoso e divino dell'energia dello Spirito e le proprie limitate risorse, giustifichi la sua sottomissione acritica al volere superiore dello Spirito, con cui l'io si identifica, a maggior ragione se si considera che l'io non riesce a sottrarsi al proprio destino umano: quello stesso destino che lo porta a confrontarsi con un altro potere superiore, quello della psiche umana, alla quale non di rado l'io è disposto ad attribuire qualità divine. Come abbiamo già osservato, l'attribuzione all'io della missione di ridurre il potere della polarità negativa della psiche a vantaggio di quella positiva fa parte di un'interpretazione culturale fondata sul processo di civilizzazione e di evoluzione dell'umanità. Tuttavia, dal punto di vista dell'origine spirituale dell'io cosciente, se ne potrebbe dedurre che ogni io si impegnerebbe in una certa misura in questo processo, che dunque dovrebbe svolgersi in modo progressivo e costante. Ma nel momento stesso in cui l'io viene assoggettato alle dinamiche della psiche umana, la polarità negativa della psiche può esercitare su di esso un'attrazione altrettanto forte di quella della polarità positiva, al punto che la tensione tra i due poli non può mai essere del tutto eliminata, e di quando in quando supera il livello di guardia. Questo stato di cose fa sì che la psiche stessa abbia creato una personificazione del male come antagonista di quel bene che, sempre nell'ambito delle dinamiche psichiche, viene spesso identificato con la divinità, costringendo in questo modo l'io ad attribuire una sorta di realtà divina anche al male, dato che quest'ultimo dispone di un potere effettivo di coinvolgimento e di dominio sull'io di non poche persone. È evidente come lo Spirito sia del tutto alieno da queste dinamiche proprie della psiche bipolare: tutto, nella dimensione dello Spirito, è permeato da un'unica forma di energia che viene sperimentata come perfezione, armonia ed amore, e dunque qualsiasi tensione generata dalla bipolarità della psiche viene abbandonata quando l'io può far ritorno alla dimensione spirituale. Si comprende immediatamente come non possa esistere una funzione punitiva dello Spirito, dato che quest'ultimo non può essere in disaccordo né con se stesso, né con le proprie emanazioni, verso le quali manifesta un amore assoluto ed incondizionato. Tutt'al più ci si può domandare se l'io cosciente, una volta conclusa la sua avventura umana, sia sempre in grado di raggiungere la dimensione dello Spirito, o se rischi di restare intrappolato nel labirinto delle esperienze originate dalla psiche. Una volta coinvolto nelle dinamiche della psiche umana determinate dalla vita organica, l'io sembra poter contare solo sulle proprie risorse e sulla connessione con gli altri esseri umani, sempre nell'ambito delle modalità di interazione consentite dalla stessa psiche. Eppure, come abbiamo visto, non solo esistono notevoli differenze nel modo in cui i diversi io si orientano quando si confrontano con la psiche umana, ma anche l'orientamento del singolo io, connesso con il suo organismo, può cambiare radicalmente nelle varie fasi della vita. Queste differenze e questi mutamenti vengono talvolta interpretati e spiegati come effetti dell'influenza di una controparte spirituale associata all'io cosciente, che interferirebbe con le consuete sintonie psichiche riuscendo a convincere l'io ad orientarsi per un verso o per l'altro. Tuttavia, in mancanza di conoscenze più approfondite e soddisfacenti sul modo in cui la psiche viene sintonizzata mediante l'attività mentale di una persona, non siamo di solito in grado di poter distinguere tra le ispirazioni di origine autenticamente spirituale e le normali dinamiche psichiche: per questo motivo, un atteggiamento critico e distaccato da parte dell'io nei confronti di tutto ciò che viene elaborato dalla sua mente, tanto sotto forma di pensiero quanto – e soprattutto – come coinvolgimento emotivo e sentimentale, è sempre consigliabile, anche quando non è di facile attuazione. Questo distacco non implica assolutamente un rifiuto dei prodotti della propria attività mentale, ma piuttosto una cauta vigilanza sugli effetti che essi determinano nel tempo sugli orientamenti e sullo stesso percorso evolutivo dell'io cosciente, che deve sentirsi sostenuto, aiutato, valorizzato e confermato nella conoscenza della propria essenza dalle conseguenze delle scelte determinate dai propri cambiamenti di orientamento, se questi sono realmente dovuti all'influenza ispiratrice di una sua guida spirituale. Quello di cui l'io sente l'esigenza durante questa vita è un alleato stabile, determinato, affidabile e coerente, che sia in grado di sostenerlo validamente mentre affronta le bizzare tensioni ed i mutamenti indotti dalla natura bipolare della psiche umana. Quando l'io si accorge di avere a disposizione le risorse per cercare di affrancarsi dalla condizione di automa umano, costretto ad identificarsi con le dinamiche della propria psiche dalle esigenze del proprio organismo, si rende anche conto che l'allenamento che gli viene richiesto in questa palestra della vita ha lo scopo di farlo crescere come entità spirituale dotata di una propria autonomia. La vera libertà che viene offerta all'io non consiste infatti nel cercare di ottenere ciò che più gli conviene nel gioco del bastone e della carota in cui viene coinvolto dalla psiche umana: un gioco che può anche essere interessante, talvolta piacevole, non di rado doloroso, ma che comunque presenta diversi aspetti grotteschi ed avvilenti, soprattutto nei confronti della natura spirituale dell'io che corre spesso il rischio di essere sacrificata alle esigenze dell'organismo. Se l'io riesce a svilupparsi fino a creare dall'interno una fessura nel guscio delle dinamiche psichiche che lo imprigionano, sente l'ebbrezza della vera liberazione: è come se la fitta nebbia che lo avvolgeva si diradasse, rivelandogli un nuovo ed affascinante paesaggio, tutto da esplorare, che rappresenta allo stresso tempo qualcosa da sperimentare e qualcosa che esso stesso ha creato. La soggettività dell'io, ormai divenuto un libero spirito, può trasformarsi in oggettività, in quanto manifestazione ed espressione dello stesso Spirito, non più frammentato in una pluralità di identità, ognuna racchiusa in una bolla che la imprigiona e la isola dalle altre. Ovviamente, questa forma di libertà spirituale non solo implica che l'io si sia affrancato dalla vita organica, ma anche che abbia raggiunto una maturità evolutiva sufficiente a consentirgli di avere una completa fiducia nella propria esistenza e nella propria genialità creatrice. Una volta che questa libertà spirituale sia stata effettivamente raggiunta dall'io, non vi sarà più alcuna divergenza tra la volontà dello Spirito e quella dell'io spirituale: quest'ultimo si sentirà infatti in perfetta sintonia con le proprie esperienze, determinate dalla sua stessa creatività, come manifestazione dell'infinita creatività dello Spirito. Dunque la vita umana potrebbe essere considerata come un processo mediante il quale all'io cosciente viene offerta l'opportunità di trasformarsi da io psichico – controllato dalle dinamiche della psiche umana – ad io spirituale, ormai liberato dai condizionamenti della psiche e pronto a separarsi da quell'organismo da cui ha avuto origine, e mediante il quale ha potuto sperimentare una particolare gamma di sintonie della vita umana. Per molti di coloro che hanno avuto una NDE, questo processo di trasformazione è stato notevolmente accelerato dal surplus di energia ricevuto nella dimensione dello Spirito: tuttavia questo impulso di energia spirituale può anche generare o accentuare un'incompatibilità tra l'io e la dimensione psichica con cui deve pur sempre fare i conti una volta tornato alla vita organica, soprattutto nel caso in cui l'organismo sia ancora giovane. Nella sua forma più armoniosa, questo processo di trasformazione dell'io va avanti lentamente ma costantemente, soprattutto nella seconda metà della vita, quando l'io, pur ricercando la propria identità spirituale liberata dal controllo della psiche, può continuare ad occuparsi delle esigenze vitali e del buon funzionamento del proprio organismo. Infine, anche la separazione dell'io dall'organismo nel quale si è formato e si è sviluppato, e tramite il quale ha sperimentato la dimensione della vita umana, dovrebbe avvenire in modo armonioso e consapevole, sotto la guida di un io ormai ben cosciente della sua essenza spirituale. Ovviamente, questo processo di maturazione spirituale dell'io può essere considerato tanto più completo quanto più l'io riesce anche ad affrancarsi da quella condizione di infantilismo spirituale (e di sudditanza alla psiche) in virtù della quale invoca spesso – e con scarsi risultati – l'intervento diretto dello Spirito affinché lo protegga nelle difficoltà della vita: un sostegno da parte dello Spirito può essere sempre richiesto, ma in modo che possa svolgere il ruolo di guida interiore, aiutando l'io nel suo percorso di evoluzione spirituale. Come si è detto, quando l'io raggiunge un certo livello di evoluzione spirituale, la nebbia costituita dalle dinamiche psichiche nelle quali esso era precedentemente intrappolato svanisce, rivelandogli, già nel corso della vita umana, il fascino incredibile e fantasmagorico di un universo mentale nel quale tutto è interconnesso, in una magica complessità nella quale esso – in quanto soggetto cosciente – gioca un ruolo di primo piano. Sebbene nulla sia cambiato negli eventi del mondo e nel modo in cui essi si manifestano, la luce dello Spirito che comincia a riflettersi nell'io non solo fa sì che la sua visione del mondo si trasformi radicalmente, ma rivela anche all'io un nuovo modo di sentire il significato della sua esistenza, allo stesso tempo nell'ambito ed al di là della vita organica. Alla luce di questa trasformazione, che si può presentare sotto la forma di una rivelazione pressoché istantanea nella sua completezza, la stessa vita organica viene percepita come un aspetto particolare e frammentario – ma non per questo meno interessante – di un'esistenza creatrice che può manifestarsi come realtà sotto qualsiasi aspetto. L'io, in quanto soggetto cosciente, è parte attiva di questa esistenza creatrice, in misura tanto maggiore quanto più la sua coscienza si arricchisce, si sviluppa e si evolve. Dunque la vita organica può essere interpretata come un'opportunità offerta dallo stesso Spirito all'io, affinché possa implementare questo processo di arricchimento, di evoluzione e – si potrebbe dire – di purificazione della coscienza. È possibile che si tratti di un processo ciclico, in virtù del quale un certo nucleo di coscienza inizialmente emanato allo stato grezzo, nel passare attraverso diversi cicli di esperienze psichiche, ciascuno prodotto dalla connessione con un determinato organismo, ad ogni ciclo acquista un livello di raffinazione più elevato, fino a raggiungere lo stato di purezza finale (spirituale) richiesto dallo Spirito. Se l'io si sente a suo agio e finalmente a casa nella dimensione dello Spirito, è perché lì viene ricaricato da un'energia che lo fa sentire pienamente realizzato, appagato, amato e felice, in una condizione senza tempo. Invece nella dimensione della vita organica è continuamente soggetto alle tensioni generate dalla psiche, ed il trascorrere del tempo fa sì che anche eventuali stati di relativa felicità non siano permanenti, ma si alternino ad altri stati di preoccupazione o di sofferenza. Nella maggior parte dei casi la coscienza di cui l'io dispone non è sufficientemente progredita e potente da riuscire a far luce sulle dinamiche della psiche che coinvolgono l'io, e non riesce nemmeno ad intuire la missione che gli è stata assegnata: fare da tramite tra due dimensioni così diverse, come quella dello Spirito e quella della psiche umana. In questi casi la vita viene accettata così come si presenta nella banalità della sua routine, determinata principalmente dalle esigenze dell'organismo, e l'io si affida alle proprie rappresentazioni psichiche, quali che siano, nel caso sentisse il bisogno di trovare un significato nella propria avventura umana. Per quanto strano possa sembrare, nella nostra epoca la maggior parte delle persone si trova in una condizione che potremmo definire di infantilismo nello sviluppo della coscienza, e di completa sottomissione dell'io alle dinamiche della psiche che lo coinvolgono, anche quando queste si manifestano nel modo più grezzo, irrazionale, violento e comunque lesivo nei confronti della dignità a cui ogni essere umano dovrebbe aspirare. Se lo scopo del processo di esposizione dell'io all'energia bipolare della psiche è quello di rendere la coscienza via via sempre più pura, evidentemente viviamo in un'epoca nella quale una grande quantità di materia prima viene immessa nell'impianto di raffinazione, ma la qualità generale del prodotto è ancora scadente e piena di scorie. Ma nel caso in cui l'io disponga di una coscienza di qualità abbastanza evoluta, può utilizzare la tensione creata dalla bipolarità dell'energia della psiche come impulso per la propria crescita, fondata sulla ricerca di una reale essenza che possa rivelarsi stabile e sicura non solo nei confronti delle dinamiche della psiche umana, ma anche in relazione ad ogni altra esperienza in cui possa eventualmente essere coinvolto una volta terminata la vita organica. Se questa essenza dell'io è di origine spirituale, l'affinità dell'io per la dimensione dello Spirito lo indurrà, già nel corso di questa vita, ad intraprendere un percorso di amore o di conoscenza che lo porti verso la sua meta. In ogni caso, nel ricercare lealmente l'identità della propria essenza senza lasciarsi confondere o fuorviare dalle dinamiche psichiche che continuamente cercano di coinvolgerlo, l'io non può mentire a se stesso, né attribuendosi qualità che non ha (anche se potrebbe desiderare di averle), né prendendo sulle sue spalle responsabilità che non gli competono, o provando sensi di colpa per eventi che vanno al di là delle sue capacità di controllo: in poche parole, l'io non può essere né migliore né peggiore di quello che è. Nella ricerca evolutiva della propria essenza, l'io non deve certamente lasciarsi fuorviare dalle sollecitazioni provenienti dalla polarità negativa della psiche, ma deve essere molto cauto anche nei confronti dell'attrazione determinata dalla polarità positiva: non va infatti dimenticato che lo Spirito non è un'energia bipolare, e di conseguenza, se l'essenza dell'io è di origine spirituale, l'io scoprirà e riconoscerà il proprio autentico valore in ciò che è, una volta liberato dalle scorie psichiche – dell'uno o dell'altro segno – di cui è incrostato. Una volta raggiunto il nucleo della propria essenza spirituale, anche ciò che l'io fa durante la vita umana diventa diretta conseguenza di ciò che esso è, mentre non sembra vero il contrario: comportamenti ed azioni forzatamente virtuosi, pur essendo in accordo con la polarità positiva della psiche e pur contribuendo ad un certo ordine sociale, non sono sufficienti a determinare un'autentica crescita dell'io.
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