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Quello che siamo Gli organismi umani, le loro interazioni e la conoscenza Ogni organismo umano, nella sua individualità, ha origine dalla complessità del processo che determina l'evoluzione della vita su questo pianeta, l'unico mondo vivente per il quale abbiamo informazioni affidabili. Poiché ogni organismo viene prodotto da un altro organismo madre, che lo precede nel tempo, si può immaginare la concatenazione che fa risalire ogni organismo attualmente vivente alle cellule primordiali da cui il processo evolutivo ha avuto origine. Le caratteristiche del nostro organismo determinano la qualità e la quantità di informazioni che possiamo acquisire ed elaborare mediante il sistema nervoso di cui esso è dotato, e l'attività mentale che ne consegue. L'efficienza, la potenza e le risorse del sistema nervoso variano da organismo ad organismo, ed influenzano tanto la capacità di acquisire ed elaborare informazioni, quanto le modalità di controllo e di azione dell'organismo. L'affidabilità delle informazioni che possiamo ottenere è dunque limitata dalle risorse del sistema di acquisizione e di elaborazione dei dati di cui siamo dotati, ma una cosa è certa: il processo che ha portato alla formazione del nostro organismo e del suo sistema nervoso ha un'estensione molto più ampia, nello spazio e nel tempo, rispetto alle risorse del soggetto che controlla, almeno in parte, il funzionamento del singolo organismo. Questo soggetto, l'io cosciente, interagendo con altri soggetti ad esso più o meno simili, che controllano altri organismi umani, persegue diversi obiettivi, tra cui le varie forme di conoscenza della realtà di questo mondo, comprese quelle che ci consentono di trasformare le condizioni ambientali a nostro (presunto) vantaggio, e di ottimizzare il funzionamento dei nostri organismi. Proprio in virtù del suo ruolo di soggetto cosciente che persegue la conoscenza, l'io deve anche interrogarsi sulla propria natura, sulla propria origine e sulle risorse di cui dispone. Se ritiene di essere nient'altro che il prodotto finale (almeno allo stato attuale) del processo creativo che ha determinato l'evoluzione della vita sul nostro pianeta, deve necessariamente riconoscere che le sue attività conoscitive non rappresentano altro che il tentativo, da parte del processo, di conoscere i prodotti ed il funzionamento della propria creazione, dall'interno della creazione stessa. In merito all'esistenza di una forma di coscienza e di un sapere autonomi, riferiti al processo stesso, le informazioni di cui disponiamo noi umani sono confuse e contraddittorie, e dipendono dalle modalità con cui la psiche si manifesta alla nostra coscienza. Dunque, in accordo con questa visione unitaria ma riduttiva, non esisterebbe altro che il processo creativo che determina l'evoluzione della vita in questo mondo, ed ogni io cosciente non sarebbe altro che uno strumento temporaneo e provvisorio al servizio dello sviluppo progressivo (nel tempo) del processo. Questa valutazione comporta di necessità due conseguenze: la prima è che noi conosciamo solo il processo evolutivo così come si manifesta sul nostro pianeta, ma non abbiamo nessuna informazione su fenomeni più o meno simili che possono aver luogo negli innumerevoli altri mondi dell'universo; la seconda è che la conoscenza che noi possiamo conquistare è determinata dagli strumenti che il processo creativo mette a punto, e non dipende dalla nostra volontà di conoscere. Anzi, la nostra stessa volontà di conoscere non sarebbe altro che un comando ricevuto dall'io cosciente affinché esegua diligentemente il compito che gli è stata assegnato dal processo creativo, prima di essere liquidato e sostituito da un altro io. Senza alcun dubbio, le cose stanno effettivamente in questi termini per quanto riguarda il nostro organismo ed il suo sistema nervoso. Ma se consideriamo l'io cosciente e le sue attività mentali il quadro diventa molto più complesso, sia perché il frazionamento in una pluralità di organismi determina enormi differenze nel modo in cui la vita viene sperimentata ed interpretata da ogni singolo io, sia perché – come viene evidenziato in molte pagine di questo sito – l'io può sperimentare eventi che lo inducono ad ampliare l'interpretazione riduttiva che limita la vita umana (e la funzione dell'io) alle esigenze dell'organismo. Inoltre, come si è visto, mediante la coscienza e l'attività mentale l'io sperimenta dinamiche psichiche che derivano da una forma di energia la quale, pur essendo in parte connessa al processo naturale di evoluzione della vita, se ne differenzia per diversi aspetti, determinando quella storia umana che ha dovuto affrontare – ed affronta anche ai nostri giorni, in modo spesso conflittuale – i processi che regolano gli equilibri (e gli squilibri) naturali della vita organica. Proprio a causa delle diverse modalità con cui l'energia psichica si manifesta ad ogni singolo io, e del potere con il quale le sintonie psichiche individuali affascinano, convincono ed irretiscono l'io, che si identifica con esse, si determina quell'enorme diversità che caratterizza gli io degli umani: a seconda dei gruppi di appartenenza e dei condizionamenti ricevuti, questi io posso assomigliarsi sotto molti aspetti, ma possono anche presentare differenze sostanziali ed inconciliabili, che determinano le tensioni conflittuali individuali e di gruppo che possiamo frequentemente osservare. Gli umani, nella loro stragrande maggioranza, funzionano in questo modo per tutta la vita, e pertanto si può affermare a buon diritto che la psiche umana dirige le vicende di questo mondo, nel bene e nel male, prevalendo su ogni altra forma di energia, almeno fin quanto può contare sull'asservimento di un adeguato numero di io umani (nel ruolo di automi). L'io svolge molte funzioni, tra cui quella di protezione e di difesa sia del proprio organismo, sia degli organismi delle persone che fanno parte del proprio nucleo familiare o del proprio gruppo organizzato di appartenenza: di conseguenza tutte le risorse di cui l'io può disporre a volte si esauriscono nel far fronte alle esigenze della vita organica, in un ambiente intensamente popolato all'interno del quale la competizione tra gli individui (e, non di rado, la conflittualità delle relazioni interpersonali) rendono particolarmente impegnativa la tutela del proprio organismo e la ricerca della soddisfazione delle esigenze derivanti dalla vita organica. Inoltre, le reazioni di piacere e di dolore con cui la psiche ricompensa o affligge l'io come conseguenza delle interazioni tra l'organismo e l'ambiente, oppure tra il proprio organismo e gli altri organismi umani, possono coinvolgere l'io al punto da fargli considerare la vita ed il benessere del proprio organismo come il valore fondamentale che orienta e dirige le sue scelte e le sue azioni, anche a costo di danneggiare o di prevaricare gli organismi degli altri. Infine, va ricordato come la maggior parte dei programmi di condizionamento socioculturale elaborati dalla psiche umana siano funzionali alle esigenze della vita organica nell'ambito del gruppo di appartenenza, e prevedano – nelle nostre società complesse – un'organizzazione delle relazioni interpersonali finalizzata, per quanto possibile, alla convivenza non caotica di un notevole numero di organismi. Dunque, nella nostra attuale cultura, la vita umana – intesa come vita dell'organismo – è diventata il valore fondamentale che ispira gran parte dei programmi di condizionamento dell'io, anche se non sempre i risultati sono all'altezza delle aspettative: né potrebbe essere altrimenti, considerando il carattere fisico della vita sul nostro pianeta, che si manifesta proprio nella complessità degli organismi e delle loro interazioni. Ma se tutte le risorse e le energie di cui l'io dispone si esauriscono nel far fronte alle esigenze psichiche determinate dalla vita organica, anche la funzione dell'io si esaurisce quando questa vita, inevitabilmente, termina. Non per tutte le persone, tuttavia, l'attività dell'io è finalizzata esclusivamente alla difesa dell'organismo: alcuni umani – una minoranza, certo – mettono coscientemente e deliberatamente a rischio l'integrità, il buon funzionamento e la vita stessa dell'organismo per perseguire obiettivi che per il loro io sono evidentemente molto importanti, smentendo così l'interpretazione pseudoscientifica secondo la quale l'io sarebbe soltanto una funzione del sistema nervoso finalizzata alla protezione ed al benessere dell'organismo. Si vedano, per esempio, le imprese di alcuni scalatori esperti nella tecnica del free solo, come quella a cui si fa riferimento in questa pagina del blog. Inoltre, come si è visto a proposito delle NDE, ad alcuni di coloro che hanno fatto ritorno alla vita organica dopo aver sperimentato la dimensione dello Spirito accade che l'io si senta a disagio al punto di desiderare intensamente la morte del proprio organismo, per poter tornare prima possibile a quella condizione di beatitudine che è stato costretto ad abbandonare contro la propria volontà. Informazioni di questo genere ampliano le nostre conoscenze in merito all'essenza, alla funzione ed alle risorse dell'io cosciente, ed evidenziano le sostanziali differenze che si riscontrano nel modo in cui gli io dei vari esseri umani interpretano la vita, anche come coseguenza delle esperienze psichiche nelle quali sono coinvolti. Queste differenze si riscontrano non solo tra gli io di organismi diversi, ma anche – almeno per alcune persone – nel modo in cui l'io di un organismo si evolve nel tempo: ancora una volta, un esempio particolarmente illuminante ci viene offerto da alcune NDE, a seguito delle quali l'io – pur connesso allo stesso organismo – può sentire che il suo orientamento nei confronti della vita organica è stato sostanzialmente cambiato da quello che ha potuto sperimentare nella dimensione dello Spirito. La consistenza ed il potere dell'io Nel tentativo di identificare il soggetto che, associato ad un'organismo, fa esperienza delle dinamiche psichiche nelle quali viene coinvolto durante l'avventura umana, ho fatto ricorso all'espressione io cosciente, proprio per separare questo soggetto sperimentatore dall'esperienza psichica che lo coinvolge tramite la coscienza, in modo da potergli attribuire un'identità ed una certa stabilità: è evidente, infatti, che fino a quando l'io si identifica con le proprie dinamiche psichiche è contaminato da quella mutevolezza e da quella instabilità che caratterizzano la psiche, rendendo difficile comprendere quale sia la sua vera essenza. Se facciamo riferimento a quello che viene comunemente considerato il carattere di una persona – sulla base del suo comportamento nelle relazioni interpersonali e nelle varie situazioni ambientali, oppure in relazione alle dinamiche psichiche che la coinvolgono, così come riusciamo ad intuirle o come ci vengono manifestate – riscontriamo di norma una variabilità che siamo necessariamente portati ad attribuire all'io di quella persona. In conseguenza delle caratteristiche della vita organica, così come si è organizzata in questo mondo, siamo infatti portati ad identificare l'io dell'altro con il comportamento del suo organismo e con le reazioni psichiche determinate dagli eventi in cui il suo organismo è coinvolto, al punto che l'io di quasi tutti noi finisce con l'adeguarsi a questo modello, rinunciando a differenziarsi rispetto alle proprie dinamiche psichiche. Questo dipende essenzialmente dal fatto che all'io, dotato di volontà e di capacità decisionale, è affidata anche la funzione di controllo delle attività del proprio organismo. È evidente che ciò che l'io decide di fare mediante il proprio organismo è determinato dall'attività mentale, la quale a sua volta sintonizza alcuni aspetti della psiche umana: quest'ultima si manifesta sia coinvolgendo l'io direttamente (mediante i desideri, le ricompense, i timori, ed i vari stati d'animo che fanno leva sulla sensibilità dell'io), sia attraverso i condizionamenti derivanti dai programmi socioculturali trasmessi al sistema di controllo dell'organismo. Si tratta di processi che avvengono automaticamente, influenzando la vita ed il destino di ogni organismo umano: l'io, come soggetto cosciente, ne sperimenta gli effetti, ma li controlla solo nella misura in cui il funzionamento del proprio sistema organico gli consente di farlo. Uno degli aspetti più singolari delle interazioni umane è dato dalla possibilità e dalla capacità di alcuni individui di influenzare e di controllare, con vari mezzi, il comportamento e le azioni di altri individui. In un certo senso, si può sostenere che tutte le organizzazioni sociali complesse sono fondate su questa capacità di controllo, che può essere esercitata mediante la persuasione o mediante la coercizione: in mancanza di essa, i rapporti tra gli organismi umani sarebbero assolutamente caotici (soprattutto se si considera l'elevato numero di umani attualmente viventi). Sebbene una persona che riesca ad esercitare questo controllo sugli altri possa sentire in se stessa la volontà e l'ambizione di conquistare una posizione di potere, il suo io cosciente si identifica con quelle dinamiche psichiche che lo spingono a decidere e ad agire in funzione degli obiettivi che sente di dover raggiungere, controllando anche – in una forma o nell'altra – le azioni degli altri, affinché si adeguino al suo volere. Per effetto del modo in cui le dinamiche psichiche si manifestano negli organismi umani, si vengono dunque a creare quelle strutture gerarchiche che caratterizzano le nostre società complesse, determinando il modo in cui può essere esercitato il potere di controllo dei comportamenti e delle azioni di una vasta pluralità di organismi umani. Ovviamente, la complessità delle strutture di istruzione, di gestione e di controllo sociale, così come quella dei programmi di condizionamento culturale, è inversamente proporzionale al numero di esseri umani che interagiscono in un certo territorio. Se, per ipotesi, immaginassimo un solo umano vivente in un territorio sufficientemente ampio ed isolato da consentirgli di non interagire con altri umani, il suo io cosciente sperimenterebbe direttamente tutte le reazioni psichiche derivanti dal modo in cui il suo organismo reagisce alle condizioni ambientali – soprattutto se queste ultime ne minacciano la sopravvivenza o gli equilibri vitali – ma non sarebbe soggetto a nessuna forma di condizionamento da parte di un potere sociale. Tuttavia, anche in questo caso, quell'organismo umano avrebbe avuto origine da un altro organismo materno (come accade per qualsiasi animale), e nella fase della crescita avrebbe ricevuto quelle informazioni e quelle forme di protezione minima, sufficienti a renderne possibile la sopravvivenza in un ambiente non di rado ostile. Ma anche nell'ambito di gruppi umani numericamente ridotti ed abbastanza isolati tra loro, i programmi di condizionamento culturale non superavano in genere un livello di base – che si ripeteva immutato per molte generazioni – spesso sufficiente a consentire ai singoli individui o ai gruppi familiari di sopravvivere per lunghi periodi anche isolati, in equilibrio con le risorse naturali. Ne erano un esempio i vari gruppi culturali di Indiani d'America, finché gli ampi territori in cui vivevano non furono invasi da altri umani, assai numerosi e programmati da un tipo di cultura completamente diverso. Va ricordato che ancora nell'Ottocento esistevano nel mondo diversi gruppi umani numericamente ridotti e sufficientemente isolati da non essere mai entrati in contatto con culture molto più complesse della loro, fondate sull'organizzazione di società umane ben più consistenti numericamente e più progredite tecnologicamente. Va inoltre tenuto sempre presente che nell'ultimo secolo la popolazione mondiale si è quasi quadruplicata, soprattutto per effetto dei progressi nel mantenimento e nella protezione della vita organica, determinati dalla nostra cultura attualmente dominante. Dato il carattere bipolare ed intrinsecamente contraddittorio della psiche umana, accade non di rado che le dinamiche psichiche che coinvolgono direttamente l'io di una persona entrino in conflitto con i programmi di condizionamento ricevuti, costringendo l'io ad una scelta non facile ed a volte sofferta tra la rimozione delle istanze psichiche dirette in favore della fedeltà ai programmi acquisiti, oppure la ribellione a questi ultimi: questa conflittualità si può manifestare anche all'interno dei gruppi sociali consolidati, sotto forma di rivolta nei confronti delle norme vigenti da parte di minoranze più o meno consistenti. Tutto questo dimostra la condizione debole e precaria in cui viene a trovarsi l'io cosciente a causa del suo coinvolgimento nelle dinamiche psichiche che regolano la vita degli organismi umani in questo mondo, soprattutto quando esso non riesce a sottrarsi all'identificazione con la propria psiche. A causa dell'insufficiente livello di evoluzione spirituale, l'io di un gran numero di esseri umani non riesce a superare questa condizione per tutta la durata della vita, restando goffamente invischiato nelle dinamiche di una psiche che lo domina e lo usa, non sappiamo per quali scopi, ammesso che ve ne siano. Quello che è certo è che l'umanità, nel suo complesso, è completamente dominata dalla psiche, al punto che, nelle varie forme che si sono sviluppate culturalmente, ad essa viene spesso attribuito un carattere divino e superiore – soprattutto quando si manifesta nei suoi aspetti collettivi – di fronte al quale l'io cosciente dovrebbe inchinarsi ed inevitabilmente sottomettersi, almeno se vuole preservare la vita del proprio organismo. Se questa è la normale condizione umana, che l'io cosciente sperimenta in una forma o nell'altra a seconda di quanto il suo destino stabilisce in conseguenza della frammentazione della coscienza in una pluralità di organismi, su quali informazioni e su quali risorse l'io può fare affidamento per sottrarsi, almeno in parte, alla sottomissione alla psiche? Abbiamo visto che, nell'ambito della vita organica, lo stato psichico dell'io – cioè il suo assoggettamento alle esigenze ed alle istanze che la psiche gli impone – è quello di gran lunga predominante. Tuttavia in questo sito abbiamo presentato numerosi esempi di eventi e di esperienze reali che implicano la possibilità – da parte dell'io – di accedere almeno ad un'altra dimensione che chiamiamo (in mancanza di un termine migliore) spirituale, in quanto svincolata dalle esigenze della vita organica. I riflessi delle esperienze dell'io nella dimensione dello Spirito sono presenti anche nell'ambito della psiche umana, ma vengono inglobati all'interno delle dinamiche confuse, caotiche e spesso conflittuali, determinate dal carattere bipolare della psiche, anche se in genere sono orientati verso la polarità positiva. Solo quando l'io riesce ad accedere alla dimensione dello Spirito, cioè ad una forma di energia non bipolare e dunque in sé coerente e priva di qualsiasi conflitto interiore, si libera dai retaggi connessi alle esperienze psichiche che hanno caratterizzato la sua vita umana. Sulla base di molti dei racconti di coloro che hanno vissuto una NDE, si riscontra una sostanziale continuità nel sentimento di identità dell'io nel transito dalla dimensione organica a quella spirituale, fatte salve le eventuali interruzioni nella continuità del flusso di coscienza determinate dai traumi o dalle somministrazioni di sostanze anestetiche, a causa delle condizioni critiche in cui si trova l'organismo. Dunque disponiamo di sufficienti informazioni per poter affermare che l'io, in quanto soggetto cosciente, può aver accesso ad esperienze di natura diversa rispetto a quelle che di solito caratterizzano la vita organica, in particolare per quanto riguarda il flusso unidirezionale e la durata del tempo, che può trasformarsi in una percezione dell'eternità e dell'identità di passato e futuro in un presente senza tempo che comprende ogni cosa. L'io come attento osservatore delle dinamiche psichiche Fin quando l'io si identifica completamente con le dinamiche psichiche che lo coinvolgono, il suo ruolo nella vita umana si riduce a quello di mero esecutore di ciò che la psiche umana gli richiede, come conseguenza di quelle particolari circostanze di tempo e di luogo che contraddistinguono le vicende umane dell'organismo a cui l'io è legato, segnandone il destino. Vivendo la sua vita in questa condizione, l'io registra le proprie reazioni emotive e sentimentali – positive o negative che siano – in relazione ai vari eventi di cui fa esperienza nel corso del tempo, attenendosi a ciò che la sua psiche gli impone e restando spesso invischiato nei conflitti psichici determinati dalla complessità delle interazioni tra una moltitudine di organismi umani, ciascuno con le proprie esigenze e peculiarità. Come si è visto, nella maggior parte dei casi l'avventura umana dell'io non va oltre questo livello. In alcuni casi, tuttavia, sotto la spinta di un'esigenza di origine diversa, l'io può intraprendere un percorso di differenziazione dalle proprie dinamiche psichiche. La prima parte di questo percorso è caratterizzata dal fatto che l'io sente un intenso interesse nei confronti delle varie manifestazioni della psiche umana, in particolare per quegli aspetti che lo coinvolgono direttamente e personalmente mediante l'attività mentale dell'organismo a cui esso è connesso. In quanto soggetto cosciente, l'io è in grado di assumere il ruolo di osservatore della psiche: nella misura in cui ci riesce, assolve anche al compito psichico che la vita umana gli assegna, consentendo alla psiche di reagire – almeno entro certi limiti – al fatto che le sue dinamiche vengono coscientemente osservate ed esaminate. Il ruolo di osservatore implica che l'io possa astenersi da qualsiasi forma di comportamento ed attività che, ovviamente, richiederebbe l'energia e l'attenzione necessarie per il controllo dell'organismo. Questo è il motivo principale per cui le pratiche di meditazione e di introspezione – per fare un esempio – richiedono una stasi dell'attività dell'organismo, che può essere particolarmente difficile da conseguire per tutti coloro che sono stati condizionati dai programmi di una cultura prevalentemente orientata verso il fare. Il dinamismo dell'organismo umano implica una funzione di controllo da parte dell'io, il quale, per poter adeguatamente svolgere il proprio ruolo in tempi spesso ridotti, si affida di norma, e non di rado in modo automatico, alle dinamiche psichiche che lo coinvolgono ed ai programmi di condizionamento acquisiti. Così si creano e si rinforzano tutti quei meccanismi abitudinari che stanno alla base del funzionamento del nostro organismo, e che si rivelano molto utili per una gestione non dispersiva delle limitate risorse mentali su cui l'io può contare. Ovviamente, se vogliamo far fronte alle esigenze della vita organica ed ai vari impegni sociali che ne derivano, non possiamo rinunciare del tutto al dinamismo del fare: tuttavia, se ci è possibili e se siamo interessati a farlo, possiamo limitare le nostre attività umane al minimo indispensabile, in modo da riuscire a trovare il tempo da dedicare all'osservazione della psiche umana in generale, ed in particolare delle dinamiche psichiche che coinvolgono direttamente il nostro io. Questi periodi di stasi, cioè di sospensione delle azioni conseguenti all'accondiscendenza dell'io nei confronti delle richieste determinate dall'attività psichica, consentono all'io di prendere progressivamente le distanze dalle dinamiche della psiche che continuano a coinvolgerlo, e di esaminare con attenta precisione l'effetto emotivo da esse esercitato: ciò che gli piace e che esercita un fascino ed un'attrazione che spesso innesca il desiderio, ciò che lo lascia più o meno indifferente, ciò che lo annoia o che può infastidirlo, e ciò che lo irrita, gli dispiace e deve essere evitato, perché gli causa pena, dolore e sofferenza che a volte possono diventare insopportabili. Mediante questi esercizi di introspezione, l'io non solo riconosce il proprio orientamento nei confronti delle dinamiche psichiche da cui viene direttamente coinvolto, ma si accorge anche – ad un livello più generale – che l'orientamento dell'io di un'altra persona può essere molto diverso dal suo, contrariamente a quanto la sua stessa psiche poteva indurlo a credere (ingenuamente). Questa diversità di orientamento, determinata dalla frammentazione della coscienza in una moltitudine di organismi, rappresenta l'aspetto fondamentale della conflittualità derivante dal carattere bipolare della psiche: quanto più l'io si identifica con le dinamiche negative della propria psiche, tanto più sarà incline ad interagire in modo conflittuale con un altro io. Proseguendo nel suo percorso di differenziazione nei confronti della psiche, l'io si accorge che anche il suo orientamento può essere arbitrario – come quello degli altri io – in quanto segnato dal destino peculiare di ogni vita umana. Per fare un esempio banale, è come se ciascun io fosse dotato di una bussola il cui ago da una parte segna il nord (polarità positiva) e dall'altra il sud (polarità negativa), ma anziché orientarsi verso l'unico polo nord della Terra (il bene), l'ago di ogni bussola si orientasse a caso verso qualsiasi direzione, mentre l'io continua a fidarsi della sua bussola nella convinzione che essa gli stia indicando la giusta direzione da seguire. Possiamo qui richiamare la sostanziale differenza tra la condizione in cui viene a trovarsi l'io quando sperimenta l'energia dello Spirito durante una NDE, e la condizione in cui è sotto il dominio della psiche durante la sua vita organica: l'energia non bipolare dello Spirito offre all'io un orientamento certo ed assoluto, facendogli sentire la perfetta sintonia (per non dire l'identità) con ogni altro io cosciente, mentre la vita organica – frazionando la coscienza – determina le differenze di orientamento, le contrapposizioni ed i conflitti tra i vari io, singoli o raggruppati. Nell'osservare la psiche umana nel suo complesso, alla luce delle informazioni relative alle esperienze nella dimensione dello Spirito, l'io si accorge che la polarità positiva della psiche rappresenta, almeno in parte, il riflesso dello Spirito nella dimensione della vita organica. Se ci si domanda, di conseguenza, qual è l'origine dell'energia che influenza la polarità negativa della psiche, si corre il rischio di ipotizzare l'esistenza di una dimensione antitetica a quella dello Spirito, per la quale tuttavia mancano riscontri sperimentali. Infatti, i resoconti di NDE angoscianti, penose o infernali, di cui abbiamo conoscenza, non presentano gli stessi requisiti di coerenza e di stabiltà che caratterizzano il ritorno a casa nella dimensione dello Spirito, ma sembrano piuttosto un vagare senza orientamento in una dimensione intermedia, ancora soggetta ad un controllo della psiche, le cui dinamiche negative vengono spesso amplificate senza che l'io riesca a trovare le risorse per uscire dal labirinto soggettivo in cui si trova imprigionato. Certamente il male esiste nella dimensione della vita organica, ma bisogna ricordare che, prima ancora che si formasse la psiche umana, gli animali carnivori, per nutrirsi, spesso attaccavano, uccidevano e sbranavano altri animali vivi, il cui sistema nervoso reagiva alla minaccia producendo quei sintomi che ancor oggi il nostro io sperimenta negli stati di angoscia e di sofferenza. Il male, la polarità negativa della psiche, è strettamente collegato alla vita organica: per questo motivo l'io cosciente, finché vive vincolato ad un organismo, può sentire in misura maggiore o minore l'influenza dell'io spirituale, ma non può completamente identificarsi con esso, data l'incompatibilità tra la dimensione dello Spirito e quella della vita organica. Per questo ritengo che nelle NDE angoscianti l'io rimanga ancora invischiato – per ragioni che mi sono tutt'altro che chiare – nelle dinamiche psichiche della vita organica, almeno fintanto che non si produce quel distacco definitivo dall'organismo che dovrebbe contrassegnare la vera morte. È possibile, mi chiedo, che si possa verificare qualche errore anche nel transito tra la dimensione della vita organica e quella dello Spirito? Se l'io cosciente intende proseguire con rigore il percorso di differenziazione e di separazione dalle proprie dinamiche psichiche, prima o poi può intraprendere una delle vie di ascesi che comportano una completa indifferenza nei confronti delle esigenze derivanti dalla vita organica – compresa la stessa sopravvivenza dell'organismo – ed una rinuncia a quelle forme di lusinga e di appagamento con cui la psiche tenta di allettarlo e di coinvolgerlo mediante i desideri e le promesse, non di rado illusorie, di una felicità umana temporanea. Tuttavia può anche seguire una via più morbida, che non implica la rinuncia ai cosiddetti piaceri della vita umana, ma anzi ne riconosce l'importanza come fonte di gioia e di felicità nelle acque spesso turbolente della vita. Anche in questo caso, però, l'io mantiene la cautela che dimostra il pesce quando cerca di mangiare l'esca che gli piace, senza abboccare all'amo: in nessun caso l'io dovrebbe danneggiare qualcun altro, o farlo soffrire, per procurarsi un piacere. Inoltre deve stare attento a non compromettere l'integrità della propria condizione di osservatore della psiche, lasciandosi irretire dalle dinamiche lusinghiere della medesima. Il carattere bipolare della psiche umana va sempre tenuto ben presente, soprattutto quando se ne sperimentano gli aspetti positivi: infatti, nel corso della nostra vita, ad uno stato di felicità e di soddisfazione può in ogni momento – e per le cause più diverse – subentrarne un altro di sofferenza e di dolore, per il quale potremmo non disporre di sufficienti risorse, individuali o collettive, che ci consentano di liberarcene, e che dunque l'io dovrà sopportare per un tempo più o meno lungo. In definitiva, il processo di separazione dell'io dalla psiche comporta sempre la consapevolezza da parte dell'io di essere imprigionato in un organismo: anche se l'io si organizza per trascorrere nel modo più gradevole e più interessante possibile il tempo che gli è stato assegnato in questa condizione di prigionia, resta pur sempre consapevole del fatto che, aldilà dei muri della sua prigione, ci sono gli spazi aperti della vera libertà, a cui non può accedere fintanto che è vincolato al suo organismo. Le forze che dirigono ed influenzano gli orientamenti e le scelte dell'io La condizione dell'io nella vita umana è quasi sempre determinata dalle dinamiche psichiche conseguenti ai successi ed ai fallimenti a cui l'io va incontro nell'assecondare ciò che la sua stessa psiche gli suggerisce o gli impone. Ovviamente l'io si sente attratto dalla soddisfazione e dal piacere derivanti dal successo nell'ottenere ciò che desidera, ma si tratta pur sempre di una conseguenza della sua identificazione con le dinamiche psichiche che lo coinvolgono. I successi ed i fallimenti dipendono dal destino personale, che si manifesta sia come fortuna nelle condizioni in cui si svolge un'attività intrapresa, sia nelle particolari e non comuni risorse di cui l'io può disporre: sotto questo aspetto, la condizione in cui ogni io viene a trovarsi può essere molto diversa da un individuo all'altro, e dunque non ci si può illudere che bastino l'intenzione e la buona volontà per ottenere quello che desideriamo, perché ciò che riesce piuttosto bene ad una persona può essere impossibile per un'altra. Nell'ambito delle dinamiche determinate dalla psiche umana, spicca l'ammirazione – non di rado accompagnata dall'invidia – per le persone dotate di un talento non comune che consente loro di ottenere il successo nelle varie attività intraprese. La stessa identificazione dell'io con le dinamiche psichiche che lo inducono ad aspirare al successo, lo porta ad ammirare e ad adorare quelle personalità che, mediante il loro talento ed il loro impegno, hanno avuto successo nel loro campo. Queste forme di maggiore o minore intraprendenza e disponibilità di risorse si estendono anche ai gruppi umani, nell'ambito dei quali alle personalità dei leader carismatici è affidato il compito di rappresentare ed interpretare le esigenze imposte dalla psiche collettiva, estendendo l'influenza di tali dinamiche anche ad altri gruppi umani, sia mediante i legami determinati dagli intrecci di interessi, sia, in qualche caso, mediante la coercizione forzata. In ogni caso, queste manifestazioni della psiche umana confermano il dominio pressoché assoluto che essa esercita sull'io cosciente di ogni individuo e sulle interazioni tra i vari individui, nell'ambito di gruppi più o meno numerosi, fin tanto che l'io accetta di essere relegato al ruolo di automa umano. Durante la vita, l'io può trarre certamente vantaggio dalle risorse di cui eventualmente dispone, anche se non sa da dove esse abbiano orgine e per quali ragioni esso ne sia dotato o carente: nel constatare le differenze che certamente esistono nelle risorse di cui i vari esseri umani sono dotati, l'io riscontra che alcune di queste (come ad esempio la forza fisica o la bellezza) possono essere attribuite senza dubbio alla struttura dell'organismo, altre sono molto probabilmente dovute al funzionamento del sistema nervoso e del cervello (per esempio la prontezza di riflessi e l'abilità nel compiere determinate azioni), mentre altre ancora, come l'intelligenza o la creatività, sono culturalmente attribuite alla qualità ed al funzionamento del cervello, senza tuttavia sapere con sufficiente precisione quali siano le relazioni tra i circuiti neurali coinvolti, i programmi attivati ed i risultati ottenuti. Ma per quanto riguarda altri aspetti che sono espressione dell'orientamento e delle scelte dell'io sotto il profilo morale e caratteriale, l'attribuzione esclusiva al funzionamento del cervello appare quanto meno problematica: è senz'altro vero che le condizioni ambientali e culturali in cui una persona è vissuta nel primo periodo della sua vita – quello in cui la trasmissione dei programmi culturali ha di norma un impatto molto forte sulle dinamiche della psiche che coinvolgono l'io e ne condizionano le scelte – dimostrano la loro importanza nel plasmare il cervello, ma non per tutti allo stesso modo, e con risultati che possono essere sorprendentemente diversi da un individuo all'altro. Come si è visto, le nostre attuali conoscenze sul funzionamento cerebrale sono ancora troppo limitate per poter attribuire con certezza ogni aspetto delle dinamiche mentali alla complessità dei circuiti neurali, anche se ovviamente questi ultimi sono fondamentali per la trasposizione delle attività mentali sul piano organico e fisico. A volte nel corso della vita l'io di una persona compie delle scelte che sembrano in netto contrasto con il suo orientamento precedente: evidentemente tali decisioni sono precedute e determinate da un cambiamento interiore nelle dinamiche mentali, che può anche far pensare all'intervento di presunte entità non organiche e non fisiche, alle quali viene attribuito il potere di influenzare l'io. Prima di prendere in considerazione l'eventualità che queste entità esistano effettivamente, è necessario sottolineare come nella maggior parte dei casi questi mutamenti di orientamento siano determinati dal carattere bipolare e contraddittorio della psiche umana, a causa del quale, per esempio, i programmi culturali di adattamento e di condizionamento che una persona può aver acquisito nella prima fase della sua vita ad un certo punto entrano in conflitto con altre esigenze – sempre di origine psichica – che coinvolgono intensamente l'io di quella persona, dopo essere state rimosse o tenute a freno per lungo tempo da quegli stessi programmi. Il senso di liberazione che non di rado l'io sente nel cambiare il proprio orientamento è alquanto illusorio, tanto che in molti casi le conseguenze delle scelte operate dall'io si dimostrano molto diverse rispetto alle sue aspettative. Non vi può essere liberazione fin tanto che l'io resta assoggettato al dominio della psiche, sia che tale dominio sia esercitato mediante i programmi culturali di condizionamento, sia che si manifesti direttamente tramite dinamiche dotate di un potere numinoso che affascina l'io. Per secoli e secoli le dinamiche bipolari della psiche umana sono state attribuite – sempre su ispirazione della stessa psiche – all'intervento di entità inorganiche, positive o negative secondo i punti di vista, in grado di influenzare in modo vario gli orientamenti e le decisioni dei vari io associati alla moltitudine di organismi umani: anche se non abbiamo sufficienti risorse per accertare l'esistenza di tali entità (che a volte, come nel caso dei fenomeni di poltergeist, possono produrre effetti fisici), resta il fatto che la psiche, nel suo complesso, è l'energia preposta a governare la nostra vita in questo mondo. A volte però i cambiamenti indotti nell'orientamento dell'io non possono essere attribuiti alle dinamiche più o meno conflittuali della psiche umana: è il caso, per esempio, di molti di coloro che ritornano alla vita organica dopo aver sperimentato la dimensione dello Spirito durante una NDE. L'energia sperimentata dall'io in quella dimensione produce degli effetti spesso permanenti anche quando l'io deve affrontare di nuovo – talvolta con rincrescimento – le consuete dinamiche della psiche. In questi casi, ciò che modifica l'orientamento e le scelte dell'io è la consapevolezza del fatto che la necessità di assecondare le istanze della psiche è determinata dalla vita temporanea dell'organismo al quale esso è vincolato e nel quale può sentirsi imprigionato. L'eredità che l'io porta con sé dalla dimensione dello Spirito è la certezza assoluta che la sua esistenza non è vincolata a quella dell'organismo a cui è associato, se non limitatamente al periodo in cui quest'ultimo vive, dalla nascita alla morte. La vita umana che sta sperimentando diventa così per l'io un'esperienza tra le altre, transitoria e fugace (ed in qualche misura illusoria), alla quale esso non deve più necessariamente sacrificare i valori fondamentali derivanti dalla sua autentica essenza spirituale. Di conseguenza, le stesse dinamiche della psiche umana – i cui effetti di coinvolgimento, di fascinazione e di identificazione, l'io poteva aver sperimentato intensamente nel periodo della sua vita precedente alla NDE – vengono ora osservate con un certo distacco e talvolta con fastidio, come seccature temporanee con le quali l'io si deve confrontare per tutto il tempo residuo della sua attuale vita organica. Ciò che risulta evidente è che, dopo l'esperienza della dimensione dello Spirito, la psiche umana perde gran parte del suo potere di fascinazione sull'io, dato che la componente spirituale di quest'ultimo ha ricevuto una dose extra di energia da cui è stata rianimata e rinvigorita. Restano, tuttavia, molte questioni aperte, per le quali la nostra ragione umana – con tutti i suoi limiti, dei quali l'io deve purtroppo prendere atto – non riesce a trovare risposte soddisfacenti. Anzitutto va osservato come ciò che diventa chiaro, evidente ed indubitabile nella dimensione dello Spirito – compreso il potere assoluto dell'energia dell'amore che permea ogni aspetto dell'universo – sia poi contaminato ed annebbiato dalle confuse e contraddittorie dinamiche della psiche umana una volta che l'io sia tornato alla vita organica. Inoltre l'esperienza diretta della dimensione dello Spirito è riservata ad una netta minoranza di umani viventi, e dunque non può essere considerata parte delle risorse di cui ogni io potrebbe essere dotato quando, iniziata la sua vita organica, comincia a confrontarsi con le dinamiche psichiche da cui viene coinvolto. La cancellazione contrattuale di tutti i ricordi dell'io relativi alla sua esistenza nella dimensione dello Spirito – secondo la spiegazione che viene data anche da molti di coloro che hanno sperimentato una NDE – non è molto convincente: perché mai l'io dovrebbe dimenticare qualcosa di così importante, se poi, in qualche caso, gli è concesso di farne un'esperienza elitaria, e di riportarne un ricordo spesso indelebile da comunicare e diffondere in questo mondo? Infine, le differenze di orientamento tra gli io degli umani restano sempre in vigore, determinate come sono dal bipolarismo della psiche e dal suo dominio sulla vita organica di questo pianeta: le risorse di cui l'io dispone per far fronte alla complessità della psiche – sia in relazione agli aspetti di quest'ultima che lo intimoriscono, sia a quelli che lo affascinano in senso negativo – sono mediamente scarse. Non si vede dunque come l'umanità, nel suo complesso, possa evolversi in senso spirituale, se non in tempi estremamente lunghi, a meno che lo Spirito non intenda intervenire direttamente – e non solo attraverso gli io da esso inviati – per esercitare la sua influenza sulla psiche umana, ammesso che ne abbia il potere: cosa che fino ad oggi non è avvenuta, come dimostra con tutta evidenza il perdurante potere della polarità negativa della psiche. Quando consideriamo nella sua evidenza la bipolarità della psiche umana, nelle varie forme in cui continua a manifestarsi in modo perdurante nel nostro mondo, siamo spesso inclini ad attribuirne la polarità positiva all'influenza sull'io cosciente delle esperienze avute nella dimensione dello Spirito. Per contro, siamo poi indotti ad attribuire la polarità negativa della psiche all'influenza di un'energia appartenente un'altra dimensione: quest'energia sarebbe in grado di ingannare l'io (esercitando il proprio potere sul sistema nervoso del suo organismo), inducendolo a credere che il suo vantaggio personale (o il vantaggio del gruppo di cui fa parte) sia il bene supremo a cui aspirare, incuranti dei danni e delle sofferenze procurati agli altri nel perseguire i propri scopi. Interpretando le dinamiche della psiche in questo modo, si corre però il rischio di credere nell'esistenza di una pluralità di energie diverse, ciascuna dominante nella propria dimensione, nessuna delle quali avrebbe tuttavia un potere reale di prevalere sulle altre al di fuori dei limiti della propria dimensione. Di conseguenza, ci troveremmo nella difficile condizione di dover ipotizzare un livello superiore, nelle gerarchie cosmiche, dal quale queste diverse dimensioni avrebbero avuto origine. Tuttavia, nell'empirismo pragmatico a cui mi sono attenuto nelle ricerche che hanno dato origine a questo sito, non ho trovato nessuna traccia di esperienze analoghe alle NDE, nelle quali l'io si senta attratto da una dimensione diversa da quella dello Spirito: infatti, anche nel caso di NDE angoscianti, e perfino in quelle caratterizzate dai contenuti tipici dell'immaginario infernale, l'io si trova imprigionato in una condizione dalla quale vorrebbe assolutamente evadere, se solo vi riuscisse. Nessuna attrazione, dunque, nessun desiderio di restare eternamente in quella dimensione, nessuna ferma opposizione all'ipotesi di dover far ritorno alla dimensione della vita organica: anzi, un forte desiderio di poter tornare al più presto nella condizione umana, pur di sottrarsi agli intensi patimenti sperimentati. Che io sappia, non vi sono testimonianze di una dimensione antitetica, per così dire, a quella dello Spirito, che eserciti sull'io spirituale un'attrazione altrettanto forte, e determini in esso quell'inteso sentimento di essere finalmente tornato a casa, che viene sperimentato in molte NDE.
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