La NDE di Pam Reynolds |
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Una rischiosa e complessa operazione Questo caso è riportato nel libro di Michael Sabom Light and Death (1998). Pam Reynolds Lowery (1956-2010) fu una bambina dotata di particolare talento nel suonare il violino ed il pianoforte. Dopo un training come virtuosa nel repertorio classico, intraprese una carriera di cantante e arrangiatrice nel mondo della musica leggera. Madre di 3 figli, nel 1991, all'età di 35 anni, Pam dovette sottoporsi ad un delicato intervento chirurgico per la rimozione di un aneurisma arterioso di grandi dimensioni, situato in prossimità del tronco cerebrale, che la metteva in pericolo di vita, dato che la rottura dell'aneurisma avrebbe provocato la distruzione del tronco e la morte. Le dimensioni e la posizione dell'aneurisma ne precludevano la rimozione mediante le consuete tecniche neurochirurgiche, così a Pam fu consigliato di rivolgersi al Dr. Robert F. Spetzler, presso il Barrow Neurological Institute di Phoenix, Arizona, dove veniva utilizzata una particolare tecnica d'intervento conosciuta come arresto cardiaco ipotermico, che permetteva di rimuovere chirurgicamente l'aneurisma senza eccessiva perdita di sangue, con una ragionevole probabilità di successo. Questa tecnica di intervento richiede che la temperatura corporea del paziente sia portata artificialmente a circa 15,5°C mediante un bypass circolatorio, che tanto il battito cardiaco quanto la respirazione svengano sospesi, che l'encefalogramma risulti piatto e che il sangue sia aspirato dal cervello della paziente. Questo accadde a Pam la quale, a tutti gli effetti, fu messa in uno stato di morte clinica. Tecnica dei potenziali evocati Una volta portata in sala operatoria, le fu somministrata un'anestesia generale, cioè un'anestesia che prevede l'impiego di una miscela di varie droghe per mantenere lo stato di sonno profondo, per paralizzare i muscoli e per prevenire la percezione del dolore. Una persona in queste condizioni non può né muoversi, né parlare, né respirare, e per questo viene collegata ad un respiratore artificiale. Durante l'anestesia lo stato mentale della paziente veniva monitorato tramite l'encefalogramma (che doveva risultare piatto), e attraverso la misura della risposta del cervello ad un suono emesso periodicamente da due auricolari infilati nelle orecchie di Pam. Questa tecnica (denominata dei potenziali evocati) consente di verificare il funzionamento del tronco cerebrale ed è un efficace indicatore della profondità dell'anestesia. In assenza di tali potenziali il tronco encefalico risulta inattivo. Arresto cardiaco artificiale La testa di Pam era fissata nella posizione più adatta ed il resto del suo corpo era coperto da teli sterili. Mentre il neurochirurgo Robert Spetzler iniziava ad operare sulla testa, un altro chirurgo cardiaco (la dottoressa Murray) iniziava un intervento all'inguine per inserire i tubi del bypass cardiaco nei vasi sanguigni. In questo modo era possibile far passare il sangue di Pam in una macchina refrigeratrice fino a portarlo alla temperatura desiderata. L'abbassamento di temperatura produsse il previsto arresto cardiaco, per cui la circolazione del sangue fu mantenuta dal bypass. Una volta che il corpo di Pam si fu raffreddato a 15,5°C, la circolazione sanguigna venne arrestata e l'aneurisma venne asportato con successo. A questa temperatura il metabolismo del cuore e del cervello è rallentato a tal punto che la circolazione sanguigna può essere interrotta per circa 45÷60 minuti senza che i tessuti vengano danneggiati. Dopo la rimozione dell'aneurisma, la macchina del bypass cardiaco fu riavviata e la temperatura fu riportata a 37°C. Il battito cardiaco fu riattivato, il bypass venne rimosso e Pam fu riportata in vita. Durante il periodo di ibernazione artificiale Pam ebbe una NDE. Le sue descrizioni di molti dettagli dell'operazione osservati da una posizione fuori dal corpo si rivelarono in seguito abbastanza accurate. Condizioni di morte artificiale e stato di incoscienza Il caso di Pam viene considerato come una delle prove della veridicità delle osservazioni in stato di NDE per la capacità della paziente di descrivere con efficacia alcuni specifici ed inusuali strumenti chirurgici e le procedure utilizzate, nonostante il suo cervello fosse ritenuto inattivo. Per spiegare in sintesi come viene dichiarata la morte cerebrale, di solito si fa riferimento a tre test clinici. Il primo consiste nel classico encefalogramma (EEG) che misura l'attività delle onde cerebrali. Un EEG piatto denota il non funzionamento della corteccia (la parte più esterna del cervello). In secondo luogo, l'assenza di potenziali evocati in risposta ai segnali prodotti dagli auricolari indica uno stato di totale incoscienza. Infine, la documentazione di mancanza di flusso sanguigno al cervello è indice di una generalizzata assenza di funzioni cerebrali. Durante l'intervento, il cervello di Pam risultava inattivo per ciascuno dei tre test clinici (l'EEG era piatto, i potenziali evocati erano assenti e non vi era flusso sanguigno nel suo cervello). Eppure Pam ebbe un'intensa e profonda NDE. Quando tutte le funzioni vitali di Pam furono arrestate, il medico accese la sega chirurgica ed iniziò ad incidere il cranio della paziente. Durante questa fase, Pam riferì di essersi sentita schizzare fuori dal corpo, fluttuando al di sopra del tavolo chirurgico. Allora poté osservare per qualche tempo il dottore che stava lavorando sul suo corpo senza vita. Dalla sua posizione fuori dal corpo vedeva il chirurgo mentre segava il suo cranio con quello che le sembrava una specie di spazzolino da denti elettrico. Pam udì e riferì più tardi ciò che le infermiere avevano detto in sala operatoria e quello che era accaduto durante l'intervento. In quel periodo, gli strumenti collegati con il corpo di Pam non registravano tracce di attività cerebrale. La NDE di Pam Ad un certo punto la coscienza di Pam cominciò a fluttuare al di fuori della sala operatoria ed a viaggiare attraverso un tunnel in fondo al quale brillava una luce. Al termine del tunnel stavano ad aspettarla i suoi parenti ed amici trapassati, compresa sua nonna già morta da lungo tempo. La NDE di Pam terminò quando un suo zio defunto la ricondusse al suo corpo affinché potesse rientrarvi. Pam riferì che il rientro nel proprio corpo (freddo) le aveva fatto l'effetto di tuffarsi in una piscina di acqua ghiacciata. Ecco come lei stessa ha raccontato la sua NDE nel corso di un'intervista. (Fonte: www.near-death.com). La cosa successiva che ricordo era il suono: si trattava di un re naturale (nota musicale). Mentre ascoltavo quel suono, sentivo che mi stava tirando fuori dalla sommità della mia testa. Via via che uscivo fuori dal corpo, la tonalità del suono diventava più chiara. Avevo l'impressione che fosse come una strada, una frequenza lungo la quale muoversi… Ricordo di aver osservato diverse cose nella sala operatoria mentre guardavo in basso. Mi sentivo più capace di attenzione consapevole di quanto non lo fossi mai stata in tutta la mia vita… In un certo senso era come se mi fossi seduta sulle spalle del chirurgo. Non avevo una visione di tipo normale: era più brillante, più chiara e più a fuoco rispetto alla visione normale… C'erano tante cose nella sala operatoria che non riuscivo ad identificare, e tante persone.
Qualcuno disse qualcosa a proposito del fatto che le mie vene ed arterie erano molto piccole. Mi sembra che fosse una voce femminile, quella della dottoressa Murray (la cardiologa), ma non ne sono sicura. Ricordo di aver pensato che avrei dovuto parlarle di questo particolare… ricordo anche di aver osservato la macchina cuore-polmone. Non mi piaceva la maschera del respiratore… ricordo una quantità di attrezzi e di strumenti che sul momento non fui in grado di riconoscere. Avevo la sensazione di essere tirata, ma non contro la mia volontà. Andavo avanti di buon grado, perché volevo andare avanti. Uso qualche metafora per cercare di spiegarmi: era come nel film Il Mago di Oz, qualcosa di simile all'essere risucchiati in alto dal vortice di un tornado, ma senza girare intorno e senza provare vertigini di sorta. Mi sentivo molto concentrata perché avevo una meta verso cui andare. La sensazione era quella di salire in un ascensore veramente veloce. E poi c'era un'altra sensazione, che però non era né corporea né fisica: era come essere in un tunnel, ma non era un vero tunnel. Ad un certo punto all'inizio del vortice del tunnel diventai cosciente del fatto che mia nonna mi stava chiamando. Ma non la sentivo con le mie orecchie: era qualcosa di più chiaro rispetto all'udire con le orecchie. Mi fidavo di quella sensazione più di quanto non mi fidi di ciò che sento con le orecchie. La sensazione era che voleva che andassi da lei, così continuai ad avanzare senza timore lungo il condotto. Si trattava di un condotto oscuro, alla cui estremità più lontana c'era un piccolissimo punto di luce che via via diventava più grande e poi ancora più grande. La luce era incredibilmente brillante, come trovarsi al centro di una lampadina. Era così intensa che mi misi le mani davanti al viso aspettandomi di vederle, e invece mi accorsi che non c'erano. Ma sapevo che erano là, anche se non potevo sentirle col tatto. Di nuovo, non riesco a trovare il modo di esprimermi, ma sapevo che le mie mani erano là. Figure nella luce Mi resi conto che mentre cominciavo a distinguere diverse figure nella luce (figure che erano avvolte nella luce, permeate di luce, ed erano esse stesse luce) queste cominciavano a prendere forme che io potevo riconoscere e comprendere. Vidi che una di esse era mia nonna: non so se fosse realtà o proiezione, ma io saprei riconoscere mia nonna, ed il suono della sua voce, sempre ed ovunque. Tutti coloro che vedevo, ripensandoci, corrispondevano perfettamente all'immagine che ne avevo avuto quand'erano in vita, nella loro forma più smagliante. Ne riconobbi tanti: c'erano mio zio Gene, la pro-prozia Maggie (che in effetti era una cugina), il nonno paterno… Si stavano prendendo cura di me in un modo molto speciale, come se mi custodissero. Non mi permisero di procedere oltre. Mi fu comunicato (non riesco ad esprimermi meglio, dato che non parlavano come facciamo noi) che se entravo completamente nella luce qualcosa di irreversibile sarebbe capitato al mio corpo fisico. Non sarebbero più riusciti a rimettere di nuovo all'interno del mio corpo quello che io ero in quella dimensione: se mi fossi allontanata troppo non sarebbero riusciti a riconnettermi. Perciò non mi avrebbero permesso di andare oltre o di fare alcunché. Nutrimento energetico Io volevo entrare nella luce, ma nello stesso tempo desideravo tornare. Avevo dei figli da curare e da allevare. Era come se vedessi un film a velocità accelerata: si ha un'idea generale di ciò che accade, ma non si possono rallentare i fotogrammi in modo da percepire i dettagli. Poi questi miei parenti trapassati cominciarono a nutrirmi. Non lo facevano attraverso la mia bocca, come si fa col cibo, ma in qualche modo venivo nutrita. L'unico modo in cui potrei spiegare la cosa è che mi davano delle scintille. Posso senza dubbio ricordare la sensazione di ricevere nutrimento ed energia e di diventare più forte. Capisco che sembra buffo, dato che ovviamente non si trattava di qualcosa di fisico, ma all'interno dell'esperienza mi sentivo fisicamente forte, e pronta a tutto. Mia nonna non mi ricondusse attraverso il tunnel, né mi rimandò indietro e neppure mi chiese di andarmene. Semplicemente, mi rivolse uno sguardo: pensavo che sarei dovuta andare con lei, ma mi fu comunicato che essa non credeva che fosse necessario. Il rientro Lo zio mi disse che sarebbe venuto lui. Ed infatti mi riportò indietro attraverso il tunnel: tutto andava bene, anche se non avevo voglia di andar via. Ma quando arrivai all'inizio del tunnel e rividi quella cosa, il mio corpo, non volevo assolutamente rientrarci. Aveva un aspetto orribile, come un treno deragliato. Sembrava proprio ciò che era: morto. Penso che fosse ricoperto da un telo: mi spaventai e non volli più guardarlo. Mi fu detto che sarebbe stato come tuffarmi in una piscina: nessun problema per me, che so tuffarmi bene. Ma non volevo rientrare, ed allora, siccome cominciavo ad essere in ritardo (o qualcosa del genere) lo zio mi diede una spinta. Sentii una decisa repulsione e nello stesso tempo fui tirata dal mio corpo: il corpo tirava ed il tunnel spingeva: fu come tuffarsi in una piscina di acqua ghiacciata… fece male! Quando tornai in me, stavano suonando Hotel California ed il verso che cantavano diceva: Puoi lasciare l'albergo ogni volta che vuoi, ma non potrai mai andartene. Accennai in seguito al dottor Brown che queste parole erano davvero sconsolanti, ma lui mi rispose che avevo solo bisogno di dormirci sopra. Quando ripresi conoscenza, avevo ancora il respiratore. Il parere di un anestesista In merito a questo caso è stato osservato che il periodo durante il quale Pam Reynolds è rimasta sotto anestesia è stato molto più lungo rispetto a quello di morte clinica strettamente necessario per la rimozione dell'aneurisma. Può essere interessante leggere il parere di un anestesista olandese, il dottor Gerald Woerlee, che nel suo libro Mortal Minds: The Biology of Near Death Experiences (2005), spiega come, da un punto di vista neurologico, si verifichino talvolta casi nei quali ad una condizione del paziente percepita dall'esterno come priva di coscienza, anche con l'ausilio di strumenti di monitoraggio, corrisponda invece uno stato interiore cosciente e vigile. Un esempio particolarmente significativo (e drammatico) è rappresentato dalla sindrome locked-in (bloccato all'interno), nella quale il corpo del paziente non è in grado di manifestare alcun segnale che indichi la presenza di uno stato cosciente, mentre la coscienza è attiva, e l'io cosciente è in grado di percepire, sentire e pensare. Ma è soprattutto quando viene praticata un'anestesia completa che alcune delle sostanze di cui è composto l'anestetico possono avere un effetto solo parziale, senza che l'anestesista se ne renda conto o che gli strumenti segnalino adeguatamente l'inefficacia della sedazione. Talvolta è accaduto che un paziente abbia patito terribili sofferenze nel corso di un'operazione (la cosiddetta anestesia cosciente), senza che il suo corpo potesse fare il minimo movimento per segnalare la sua condizione cosciente. Chi fosse interessato ad approfondire l'argomento può visitare il sito internet di Woerlee, www.neardth.com. I dubbi sul funzionamento del cervello in alcuni casi di NDE Non mancano tuttavia altri studiosi, come il dottor Pim van Lommel (si veda la pagina sulle evidenze mediche), i quali sostengono che, in alcuni casi, le NDE si sono verificate in condizioni nelle quali l'attività cerebrale che determina le esperienze coscienti e memorizzabili dovrebbe essere assente, o quanto meno sensibilmente ridotta. L'anestesia totale e la registrazione di un elettroencefalogramma piatto dovrebbero costituire una sufficiente garanzia di una condizione di totale incoscienza, nella quale nessun segnale elaborato dal cervello dovrebbe pervenire alla coscienza dell'individuo. In merito alle NDE che si verificano in concomitanza con tali stati, i sostenitori della tesi che tutte le NDE sono comunque determinate dall'attività cerebrale avanzano una delle seguenti spiegazioni:
Nessuna di queste spiegazioni può essere considerata del tutto convincente alla luce del gran numero di esperienze esaminate da personale medico competente nel corso delle indagini. Nel caso di Pam Reynolds la NDE della paziente sembra aver inizio in coincidenza con l'apertura della calotta cranica e con la fase preparatoria del raffreddamento della temperatura corporea, e termine col ritorno della coscienza ordinaria ad operazione conclusa: nella fase centrale dell'operazione vi è un periodo di oltre un'ora durante il quale il sangue è drenato dal cervello della paziente per consentire la rimozione dell'aneurisma, e l'elettroencefalogramma risulta assolutamente piatto. Nonostante ciò, la NDE di Pam Reynolds sembra avere una sua coerente continuità che dovrebbe comprendere anche la fase temporale dell'assenza di attività cerebrale, a meno di non ipotizzare che si sia svolta in due tempi, prima e dopo tale fase, e che le due parti siano poi state unite in un'esperienza unica. In definitiva, il lettore attento ed intellettualmente curioso può ricavare le proprie informazioni in merito alle NDE da varie fonti, come i testi scritti dal dottor van Lommel o quelli del dottor Woerlee, entrambi affermati specialisti, esercitandosi poi ad esaminare le proprie argomentazioni e le reazioni della propria psiche pro o contro l'una o l'altra tesi. Di più non si può fare, perché il fatto stesso che ricercatori esperti e competenti esprimano convinzioni così diverse è sintomatico degli attuali limiti delle conoscenze relative al funzionamento del cervello ed ai conseguenti stati mentali.
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