NDE di Linda Stewart |
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La paura dei castighi di Dio Quella che segue è la drammatica testimonianza, in prima persona, di un'esperienza avvenuta nella fase terminale di una lunga malattia. Uno degli aspetti più interessanti di quest'esperienza è dato dal fatto che il cambiamento di sintonia mentale, che ha permesso alla protagonista di diventare cosciente di una realtà ben diversa da quella ordinaria, sembra essere stato eseguito quasi intenzionalmente, come reazione ad una condizione prolungata di sofferenza e di angoscia che aveva reso insopportabile la vita della Stewart. Questa NDE è stata pubblicata nel libro Nothing Better Than Death (Niente è meglio della morte) di Kevin Williams. Vorrei premettere che la mia esperienza di Dio era stata condizionata da una profonda paura a causa degli insegnamenti improntati ad un estremo dogmatismo religioso che mi erano stati imposti fin dalla più tenera età. Crebbi fino all'età adulta nella paura paralizzante di Dio e delle conseguenze della morte. Nell'infinita saggezza dell'universo, all'apice della mia vita e della mia entusiasmante carriera di grafica pubblicitaria a New York, fui sul punto di morire a causa di una malattia devastante che disorientò i medici e non fu diagnosticata correttamente se non un paio di anni dopo la mia NDE. Passai tre anni a letto in un'altra città, morendo lentamente. La mia storia comincia da qui: trascorsero tre anni mentre il mio corpo si stava deteriorando lentamente ma inesorabilmente. Ero scoraggiata: ogni movimento ed ogni azione richiedevano uno sforzo supremo che comportava un dolore intenso seguito da giorni di immobilità. Così passavo a letto la maggior parte del mio tempo, perdendo i contatti con la famiglia, con gli amici e da ultimo anche con la speranza. Non potevo nemmeno prendere in considerazione di potermi ancora dedicare ad un lavoro e ad una carriera che avevo adorato. Non ero nemmeno in grado di compiere piccoli sforzi per essere una moglie, una madre o una casalinga, figuriamoci un'artista! La vita sociale era un piacere che ricordavo vagamente. Essendomi ammalata in modo così drammatico immediatamente dopo il mio arrivo ad Hamden, non avevo potuto crearmi degli amici in questa nuova comunità. Mi sentivo come una bolla di protoplasma in disfacimento, sola e senza speranza. Una condizione avvilente La mia condizione era così sgradevole che mio marito aveva quasi paura di entrare nella mia stanza, non sapendo se mi avrebbe trovata ancora viva. Anche i volti dei miei figli tradivano la paura. Giacevo a letto, un giorno dopo l'altro, affrontando per la prima volta nella mia vita un'avvilente solitudine ed una devastante perdita di identità, dato che non ero più in grado di produrre o di creare alcunché. Mi sentivo assolutamente priva di valore. Sebbene i miei familiari cercassero di persuadermi che il mio valore non dipendeva da ciò che facevo, e che io ero importante per loro indipendentemente dalla mia condizione, io non li credevo. Mi sentivo inutile, come se occupassi uno spazio vitale senza dare il minimo contributo personale alla vita. Sebbene in tutta la mia esistenza fossi stata una donna ottimista, motivata e piena di risorse, questa nuova sfida rappresentava qualcosa di più forte di quanto io non fossi capace di fronteggiare. Per quasi tre anni dunque mi trovai ad affondare sempre più in un abisso di sofferenza, di fatica, di isolamento e di depressione, detestando me stessa. Ero incline al suicidio e sentivo che non c'era più nulla per me che valesse la pena di vivere. Mi ero convinta che la mia famiglia sarebbe stata meglio se fossi morta, ma nello stesso tempo la mia paura della morte era così intensa che mi attaccavo disperatamente alla miserabile esistenza che mi era toccata. Sebbene fossi più morta che viva, ero troppo spaventata per abbandonarmi alla morte. E così, ecco com'ero: ammalata, depressa ed inutile. Dov'era questo Dio d'amore di cui avevo letto e sentito parlare? Perché non mi amava? In una notte di indimenticabile solitudine chiusi gli occhi mentre il peso della fatica si portava via la mia coscienza. Cercando di tirare un breve respiro, sentii che il mio petto si alzava debolmente. Mentre espiravo, sentii il torace sprofondare in una pesantezza più forte di quanto non avessi mai provato. Istintivamente, sentii che la mia vita era ad un bivio. Per un momento fu come se fossi sospesa su un precipizio che si estendeva fino al termine del mondo e della vita. Sentii che la mia vita era appesa alla decisione di un attimo e pensai: «Non mi importa più di nulla e non voglio sopportare più niente». Ero troppo malandata, troppo stanca perché qualcosa potesse più avere importanza. Non restava più niente della mia vita in questo mondo. Per quanto grande fosse la mia paura di ciò che doveva accadere, nulla poteva essere peggiore dell'inferno che stavo vivendo giorno dopo giorno. Abbandonai ogni volontà ed identificazione con la personalità e con l'individualità, per non parlare del mio senso dell'io. Sapevo di stare morendo e mi sentii in pace con quella sensazione. Non c'era più alcun posto in me nel quale il desiderio di vivere potesse dimorare. Scelsi coscientemente di non fare più alcun respiro. Sola, nel mio letto, nel mondo, e nell'oscurità, mi lasciai morire. Lo spirito lascia il corpo Quando finalmente rinunciai alla mia volontà di vivere, dissolvere la mia vita nella morte fu facile in modo sublime, dato che a causa della mia lunga malattia avevo perduto ogni cosa che per me aveva reso vita degna di essere vissuta. La decisione di lasciare questo mondo restò sospesa in un lungo attimo di quiete assoluta. Priva di passioni, osservai il mio spirito lasciare il corpo, mentre una sensazione di alienità mi avvolgeva. Sentivo uno strano distacco nei confronti del mio corpo fisico e della vita che mi ero costruita. Non ero più connessa con quella massa di carne miserevole e sofferente. Io non ero quel corpo e tuttavia continuavo ad esistere in una nuova condizione dell'essere. Il dolore attanagliante che mi aveva accompagnato in ogni momento di veglia se n'era andato. Lo sforzo di espandere i miei polmoni cercando di inspirare un po' d'aria era scomparso. La fatica che aveva oppresso la mia vita negli ultimi anni era scivolata via. La depressione non drenava più la speranza dalla mia mente. Le immagini ed i suoni non facevano più bruciare di dolore la mia testa, lasciandomi emotivamente estenuata. E tuttavia, io esistevo lo stesso. Mi sentivo priva di peso e calma. Sebbene sapessi di non essere più nel corpo privo di vita che giaceva nel letto, e che gli occhi ed il cervello che avevo precedentemente identificato come miei erano ancora in quell'oggetto inanimato col quale non mi identificavo più, ero ancora consapevole di visioni, di pensieri e di sensazioni. Osservavo tranquillamente la mia nuova dimensione. Mi guardai intorno lentamente e sotto di me vidi una vasta ed infinita oscurità. Ero irresistibilmente attirata verso quell'abisso oscuro, come se fosse un vuoto o un buco nero. Gradualmente, mi sentivo affondare al suo interno. Pensavo, senza alcuna paura o reazione emotiva: «Non è strano?» Avevo avuto così tanta paura di essere giudicata e spedita all'inferno o in paradiso, ma ora sembrava che dovessi semplicemente scomparire in quell'oscuro nulla. Mentre anche questa mia nuova consapevolezza svaniva, mi arresi alla pesantezza che si impadroniva di me, mentre l'oscurità mi riempiva la mente. La mia visione divenne oscura ed io cominciai a fondermi con l'oscurità. L'ascesa verso una nuova realtà Senza offrire alcuna resistenza, lasciai andare ogni residuo frammento di coscienza e di identità personale. Nel preciso istante in cui sentii che l'ultimo residuo della mia identità scompariva nel nulla, fui improvvisamente scossa da una potente ed energica forza che si sprigionava alle mie spalle e mi sollevava, portandomi verso l'alto. A mala pena cosciente, ero consapevole solo di questa sensazione di ascesa: mi sembrava di viaggiare verso l'alto a velocità inimmaginabile. Una chiara sensazione di vento soffiò sul mio viso e sul mio corpo con una forza tremenda, e tuttavia non sentii nulla di sgradevole. Sembrava che io stessi volando attraverso distanze assai vaste, e più in alto andavo, più la mia testa si schiariva. Cominciai a diventare cosciente di un profondo sentimento di pace e di calore che mi permeava i sensi. Confusa per il fatto che l'energia che mi aveva avvolto denotava una presenza ben definita, cercai di vedere cosa stava accadendo e chi mi stava trasportando: chi o che cosa si prendeva tanta cura di me? Mi sentivo in pace ed amata di un amore sconfinato. Sapevo di essere nelle braccia di un essere che aveva cura di me con un amore perfetto e mi trasportava dal vuoto più oscuro in una nuova realtà. Un bagno di luce Via via che la mia mente si schiariva, liberata dalle reminiscenze delle passate associazioni mortali, fui finalmente in grado di aprire completamente il mio essere allo spirito e la mia visione divenne limpida. Con gli occhi della mia anima riuscii a vedere ciò che mi avvolgeva con tanto amore, e distinsi un'essere spirituale, così stupendo e pieno d'amore che seppi che non avrei mai più provato un senso di perdita. Non sono in grado di spiegarlo in alcun modo, ma io sapevo che quello spirito era Cristo. Non si trattava di una fede, di una percezione o di una comprensione: il mio riconoscimento di Cristo derivava dalla mia nuova prospettiva spirituale. Non vedevo lo spirito come avevo visto il Gesù di Nazareth raffigurato nelle immagini religiose, ma l'innato sapere del mio cuore ricordava e riconosceva Cristo come la manifestazione e l'espressione del più puro amore. Data la mia educazione cristiana, non sapevo con quale altro nome chiamare ciò che sentivo quando lo guardavo. Altri avrebbero potuto chiamarlo Budda, o Yahweh, o Grande spirito nel cielo, ma il nome non aveva importanza, l'unica cosa importante era il riconoscimento dell'amore a della verità assoluti. Io mi sentivo al sicuro nell'abbraccio gentile e allo stesso tempo poderoso del suo amore, certa che tutto andava per il meglio, proprio come doveva essere. Salendo sempre più in alto, alzai lo sguardo per osservare una grande luce nella lontananza. Con Cristo come guida, mi avvicinai rapidamente verso la luce. L'estasi mi riempì l'anima, mentre guardavo quello splendore, molte volte più brillante di un sole. La luce era ovunque ed in ogni cosa, la più splendente che avessi mai visto, abbagliante oltre ogni descrizione, più che sufficiente ad accecare o a bruciare: eppure non mi fece alcun male. La luce si mosse su di me e mi attraversò, lavando ogni più recondito angolo del mio cuore, rimuovendo ogni ferita ed ogni paura, e trasformando tutto il mio essere in un canto di gioia. Avevo creduto che l'amore che avevo sentito emanare da Cristo fosse completo, e tuttavia la luce verso la quale andavamo elevandoci era la totale soddisfazione di ogni mio desiderio, la sorgente d'amore di tutto ciò che esiste, il Dio della verità e dell'amore incondizionato, l'origine della creazione. L'amore divino La mia comprensione dell'amore era mutata per sempre. La maestà e la gloria di quella visione fu un momento ineffabile che determinò una volta per tutte la direzione della mia nuova verità. Ero di nuovo a casa e non volevo altro che restare nella luce di Dio. Cristo mi aveva trasportato nella luce ed ora stavo al cospetto di Dio. Ero satura di una conoscenza completa: la luce era amore e l'amore era Dio. Ondate di perfetto amore venivano emanate dalla luce e cancellavano ogni fardello che avevo portato ed ogni pensiero che mi aveva impedito di conoscere Dio. Ero resa consapevole della mia purezza. Con una nuova chiarezza, compresi che avevo percorso il cammino della vita come un fantasma, avvolta in un sudario di paure, ripiegata su me stessa per timore delle illusioni. Ora ero come un'amante, aperta al liquido flusso di luce dorata che riempiva il mio guscio vuoto fino a farlo traboccare. Capii che non c'era alcun limite a tale flusso quando diventai entusiasticamente consapevole della natura infinita dell'amore divino. Non c'era alcun luogo in cui Dio non esistesse, ed io ero all'interno di Dio: io sono una parte inseparabile della luce. In verità io sono, tutti noi siamo, perfetto amore come creazione di Dio. Tutte le creature di Dio fanno parte di un'unica creazione ed io sono una cosa sola con la creazione. Dio ed io, il creatore ed il creato, siamo una sola cosa. Avevo trascorso tutta la mia vita nel timore del giudizio ed ora, al cospetto di Dio, ero stata completamente conosciuta e trovata senza colpa. Sapevo che agli occhi di Dio ero perfetta. Dio mi amava, perché l'amore costituisce la totalità di Dio. Dio ama senza limiti. Finalmente tutto aveva un senso. Dio poteva solo amarmi perché Dio è solo amore, nient'altro che amore. L'unica realtà è Dio: non ce ne può essere un'altra, e Dio è amore. Avevo raggiunto la mia vera casa. Mi volsi verso Cristo e dissi: «Che bellezza! Sono a casa. Questo è il posto in cui voglio stare. Voglio rimanere qui». E Cristo rispose: «Puoi restare qui per un po', ma poi dovrai tornare». Il dramma di dover vivere Interrompo qui per un momento la mia storia, perché vorrei spiegare in dettaglio la mia reazione all'idea di dover tornare nel piano terreno. Non potevo sopportare l'idea di dover tornare indietro alla realtà fisica. Dopo una vita di confusione e di paura, mi ero trovata al cospetto di un Dio aperto, accogliente, che non giudicava, che amava senza riserve. Io non desideravo altro che restare in sua presenza, e mi veniva detto di tornare. Un altro aspetto del drammatico cambiamento della mia vita conseguente alla NDE è che non ho più paura della morte. In effetti, la morte divenne di punto in bianco il mio soggetto preferito: mentre in precedenza io avevo perfino proibito di pronunciare quella terribile parola in casa mia, ora la mia famiglia ed i miei amici non potevano più fermarmi quando cominciavo a parlare della mia strabiliante esperienza. Con mia sorpresa, diventai triste ed irritata, perfino aggressiva. Ero confusa per il fatto che, dopo una vita di paure, ero riuscita a raggiungere il paradiso per esser poi rimandata indietro. «Perché mai? – mi chiedevo. – Sono forse un pesce troppo piccolo, o cosa?» Per quasi un anno, spesso di notte mi mettevo a piangere nel mio letto, sospirando e pregando Dio di lasciarmi tornare a casa. Non ero una di quelle persone felici che sperimentano una spontanea remissione della loro infermità a seguito di una NDE. Ero ancora molto malata e non riuscivo a comprendere lo scopo di dover restare in questo mondo quando non potevo dare nessun contributo ed avevo poche o punte interazioni con la mia famiglia e con altre persone. Mi ritrovavo gemente, mentre mi rivolgevo a Dio implorando: «Ti prego, ti prego, ti prego, fammi tornare a casa». Cercavo di persuaderlo, venendo a patti: «Se devo star qui, perché non mi fai guarire, in modo che io possa fare qualcosa?» Appellandomi a lui, gridavo: «Se non vuoi farmi guarire subito, allora potresti farmi stare meglio quel tanto che basta per lasciarmi dipingere, anche solo un'ora al giorno! Se non riesco a far niente, perché non ci deve essere nessun modo di stare con la gente? Mi sento sola!». Lamentele senza risposta Sebbene percepissi ondate d'amore che mi avvolgevano costantemente quando smettevo di lamentarmi e cercavo di ricordare la mia esperienza, non ricevetti mai una risposta alle mie lamentele. O almeno non la risposta che volevo. Dopo circa un anno formulai una nuova preghiera dal più profondo del mio cuore. Una volta ancora abbandonai la mia volontà ed ogni sforzo per controllare la mia vita, in modo totale come in quella notte in cui rinunciai al mio attaccamento alla vita e morii. Dissi a Dio: «Caro Dio, mi arrendo. Non so quello che è giusto per me, non so quello che si richiede che io faccia, che io veda o che dica. Non so nemmeno cosa pensare. Io ho sempre chiesto di ricevere quello che pensavo fosse per me la cosa migliore. Dio, io non so più cosa è meglio per me. La mia vita è tua. Qualsiasi cosa tu vuoi per me, mi va bene. Se devo giacere in questo letto, inferma e disabile per il resto della vita, sia che duri venti minuti o venti anni, mi va bene. Qualsiasi cosa accada va bene. Io so che mi ami». E poi aggiunsi: «Ti faccio però una richiesta. Ti prego, se devo vivere, fai che possa rendermi utile in qualche modo: per te». Le luci scintillanti degli spiriti Un curioso effetto della mia NDE fu che cominciai a vedere un alone luminoso e scintille di luce intorno alle persone ed agli oggetti. Poiché avevo avuto così tante anomalie fisiche durante la mia malattia, ritenni che le luci fossero un altro effetto ottico collaterale dell'infermità. Mi fu mostrato in seguito che le luci rappresentavano molto di più. Via via che la mia salute, seppur lentamente, cominciava a migliorare, di quando in quando mi recavo a qualche appuntamento non lontano da casa. Un giorno, mentre guidavo su una strada affollata, mi fermai ad un semaforo rosso ed osservai la strana scena che si svolgeva intorno a me. Un furgone per le consegne si era parcheggiato sul lato destro della strada a circa mezzo isolato davanti a me. Il furgone era uno di quelli che si aprono lateralmente, anziché sul retro. Osservai il conducente mentre camminava di fianco al furgone sul lato trafficato della strada e cominciava a scaricare la merce mentre il traffico si avvicinava. Dalla mia macchina, gli dissi ad alta voce, col mio accento leggermente meridionale: «Ehi, amico, non dovresti fare così, è pericoloso!» In quel giorno da ricordare osservai, stupita, le luci ormai familiari che danzavano attorno a quell'uomo mettersi a turbinare, condensandosi rapidamente nella forma di uno spirito femminile translucido, di una bellezza straordinaria, che splendeva di luce. Forse lo spirito aveva posato su di me il suo sguardo d'amore per il fatto che avevo avuto un pensiero amorevole e preoccupato per il benessere di quella persona. Per un breve attimo, i nostri occhi si incontrarono. Lo spirito mi sorrise, poi, librandosi sopra l'uomo che non sospettava di nulla, rivolse l'attenzione al suo protetto che era del tutto inconsapevole della presenza celestiale e si affaccendava nelle sue incombenze. Ero davvero scioccata. Respirando a malapena per paura che la visione sparisse, ed ipnotizzata dalla visione stessa, ero riluttante a distogliere lo sguardo dalla bellezza della scena. Tuttavia divenni consapevole che nell'area periferica della mia vista c'erano altre luci ancor più intense. Quando fui in grado di distogliere l'attenzione dallo spirito, guardai lentamente a tutto ciò che mi circondava ed ovunque volgessi lo sguardo ogni singola persona aveva uno spirito bellissimo ed amorevole che stava con lei. Le persone che camminavano distrattamente sul marciapiede erano accompagnate da uno spirito. Dentro le auto potevo vedere, indisturbati dalle barriere fisiche, lo splendore e la forma degli esseri che circondavano gli occupanti. Vidi che le persone che si allenavano a correre avevano vibrazioni di luce che lampeggiavano dietro di loro mentre il loro spirito teneva il passo. Quando la gente entrava ed usciva dagli edifici, gli esseri di luce li seguivano. La vista davanti a me era piena di bianche luci brillanti. Dal limitato punto di vista della mia comprensione umana, mi sforzavo di intendere il significato di ciò che vedevo. Sapevo che le luci erano collegate alle persone, e sembravano più come un'estensione della loro essenza, una connessione di luce ad un aspetto del loro sé più elevato, che non qualcosa di separato. Le luci, collegate con gli umani, scintillavano come raggi emanati dagli spiriti, ed erano così brillanti ed estese che si intrecciavano tra loro, formando una specie di griglia luminosa. Ricordai alcune testimonianze citate nei libri sulle NDE relative a persone che avevano visto nell'aldilà griglie di luce di cui non sapevano spiegarsi il significato. Guardando la rete di luce che mi stava davanti e sentendo l'immenso flusso d'amore che emanava dagli esseri, compresi che la connessione degli esseri umani agli esseri di luce avveniva attraverso l'amore e che l'amore stesso si connetteva attraverso la griglia. La trama dell'amore La metafora rappresentata dall'immagine che vedevo e percepivo era assolutamente chiara, ed io fui pervasa dalla conoscenza che tutti noi siamo una sola cosa. Compresi che la nostra unità è interconnessa dall'amore, ed è uno strumento di comunicazione a nostra disposizione, di livello più elevato rispetto a quelli che normalmente utilizziamo, al quale abbiamo comunque accesso. Questo amore è a disposizione di chiunque voglia compiere il duro lavoro spirituale che ci consente di aprire i nostri cuori, le nostre menti ed i nostri occhi allo spirito. Mi ricordai dell'amore che avevo sentito al cospetto di Dio e sperimentai un totale sentimento di amore per tutta la creazione come un'unità interconnessa ed una manifestazione divina. Tante e tante volte quest'unica verità mi venne resa manifesta: solo Dio esiste, Dio è ogni cosa. Qualsiasi cosa sulla quale posso posare lo sguardo è una rappresentazione di Dio: non il miraggio fisico, ma piuttosto lo splendore luminoso al di là della maschera. Fui bruscamente richiamata alla realtà quotidiana dal suono di un clackson. Guardai verso il mio tachimetro e vidi che la mia macchina stava avanzando come una lumaca. Mentre le lacrime mi rigavano il viso, e quasi senza vederci per l'emozione, mi fermai su un lato della strada in modo da poter assimilare la mia visione, finché non recuperai il mio equilibrio. Non so per quanto tempo restai là, ripensando alla meraviglia di quell'evento, ma non potei muovermi finché quella visione spettacolare non cominciò lentamente a svanire, tornando alle più familiari forme di luce che osservavo intorno ai corpi delle persone. Ero riluttante ad andarmente perché speravo che gli angeli sarebbero tornati, e li chiamo angeli perché non so con quale altro termine riferirmi a loro. Ma quando ebbi recuperato i miei sensi abbastanza da poter guidare, tornai verso casa. Ero ansiosa di raccontare tutto a mio marito, e nello stesso tempo mi domandavo come avrebbe reagito. Forse avrebbe pensato che era stata un'allucinazione, o che mi stessi di nuovo ammalando, o magari che mi stesse dando di volta il cervello. Invece, e questo va a suo merito, ascoltò il mio racconto a mente aperta e, dopo che gli ebbi esposto i fatti, il suo responso fu: «Puoi vedere qualcosa intorno a me?» Guardando intensamente le luci che lo circondavano, scoprii che se mi concentravo sul loro scintillio, emergeva una forma che aveva le sembianze di un bello spirito. Quando gli descrissi lo spirito che lo assisteva, fu molto emozionato. Visioni medianiche Incoraggiata dalla risposta di Ed, raccontai la mia esperienza ai miei figli ed ai miei amici, e loro la raccontarono ad altri amici. Questo diede inizio ad alcune domande, a volte timide e scettiche, ma sempre piene di curiosità, da parte di queste persone. Anche loro mi chiedevano se non vedevo qualche essere intorno a loro. Non mi dispiaceva affatto! Era per me una gioia dividere con loro l'amore che sentivo provenire dagli eletti abitanti di una dimensione in cui l'amore regna. Volentieri mi rendevo disponibile verso chiunque volesse sapere se anche lui aveva un angelo. Alla fine, la notizia della mia capacità di vedere il regno degli angeli si diffuse tramite l'articolo di un giornale, alcune apparizioni televisive, conferenze, e soprattutto passaparola. Oggi io divido il mio tempo tra lo scrivere, dare assistenza e tenere conferenze. Parlando con un sacco di gente, ho ampliato le mie prospettive. All'inizio chiamavo angeli le entità che vedevo in mancanza di un termine migliore. Gli esseri erano sempre amorevoli, luminosi, ed avevano l'aspetto e la bellezza di entità ultraterrene. Curiosamente, via via che la mia abilità di distinguere gli spiriti progrediva, cominciai a vedere un diverso tipo di spiriti librarsi al di sopra della gente, e questi attrassero la mia attenzione. Mi sentivo responsabile di dare una descrizione quanto più esatta possibile di ciò che vedevo, e solo di ciò che vedevo, a coloro che mi consultavano, anche se il loro spirito non corrispondeva allo stereotipo angelico che si aspettavano. Per esempio, una volta descrissi ad una donna un uomo anziano con le orecchie a sventola, che portava piccoli occhiali rotondi e che aveva un buffo sorriso che lasciava vedere i denti ben separati tra loro. La donna sembrò stupita e, con le lacrime agli occhi, disse: «Oh, perdiana, lo riconosco. È mio zio che è stato ammazzato. Mi sono sempre chiesta se stava bene». Lo spirito rideva ed entrava in comunicazione telepatica con me. Io fui in grado di far sapere a sua nipote, alla quale lui voleva ancora bene, che lui era in forma ed era stato vicino a lei, che non se ne rendeva conto, tutto quel tempo. La prima volta che mi accadde questo genere di cose, fui presa di sorpresa. Confusa e con un nodo di apprensione alla bocca dello stomaco, pensai: «Oh bene, ora mi tocca vedere anche i morti!» Se non avessi avuto la mia NDE, avrei potuto pensare che stavo perdendo la ragione. Ma avevo avuto una NDE, ed ora ero in grado di vedere non solo gli angeli, ma anche gli spiriti delle persone trapassate. La morte non esiste, ma io potevo riportare le presenze dalle altre dimensioni in cui lo spirito risiede dopo aver lasciato l'esistenza umana. Scoprii anche che potevo, in certe occasioni, vedere la forma spirituale di persone ancora vive sul piano terreno. Mi liberai rapidamente della mia apprensione riguardo a questa facoltà nel constatare la felicità ed il conforto che dava alle persone l'ascolto delle incoraggianti storie d'amore al di là della tomba. La mia vita è piena di esperienze e di visioni che mi arricchiscono, ma io sono desiderosa di parlare con altri che, come me, hanno avuto la vita orientata verso una nuova direzione. Sebbene io mi sia ripresa al 75% dalle conseguenze della mia malattia, la mia mobilità è ancora limitata, e penso che Internet sia un efficace strumento per contattare gli altri. Vi ringrazio tanto per ogni aiuto che potrete darmi in quest'impresa. Con rispetto e con amore
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