NDE di Reinee Pasarow

 

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Una ragazza di 16 anni

Nel maggio 1966, la sedicenne Reinee Pasarow ebbe una NDE dopo aver perso i sensi a causa di una reazione allergica a qualcosa che aveva mangiato. Quando svenne, il primo pensiero di sua madre fu di portarla in macchina all'ospedale, ma dato che la ragazza non riusciva a respirare, la madre decise di sdraiarla sul marciapiede e di attendere l'arrivo di un'ambulanza. Una piccola folla si raccolse allora intorno al suo corpo. Ecco come Reinee descrisse la sua esperienza.

Diventai cosciente solo quando udii le sirene dei pompieri che stavano arrivando. Udii la mia migliore amica delle elementari che mi stava chiamando. Mi diceva: «Reinee, non morire, non morire!» La potevo sentire, e mi sembrava come se parlasse in una lingua straniera. Finalmente riuscii a dare un senso a ciò che diceva, e compresi che la mia vita era in pericolo. Mi sentii in dovere di lottare per la mia vita, dovevo farlo per mia madre e per la mia amica, perché c'era un tale terrore nella sua voce che mi arrivò fino al cuore. Tentai di lottare per restare viva, ma la battaglia divenne superiore alle mie forze. A questo punto io semplicemente mi arresi, lasciando la mia anima alla mercé del potere che dà a tutti noi l'esistenza e ci porta alla vita. Sapevo che questo potere era la sorgente della vita ed il percorso di ogni cosa. Mi arresi a questa forza ed entrai in uno stato di tranquillità.      

Uno stato di coscienza straordinario

Poi, in un solo attimo, diventai una palla di luce o di energia nel mezzo di questa folla che circondava il mio corpo. Divenni intensamente cosciente, di una coscienza diversa da qualsiasi altra forma di coscienza che avessi mai avuto durante l'esistenza fisica. Non ero consapevole solo di me stessa: ero cosciente di ognuno di coloro che stavano intorno a me. Ero cosciente di mia madre e dei miei vicini, dei miei amici e dei pompieri e di ciò che essi stavano pensando e di ciò che stavano sentendo, delle loro speranze e delle loro preghiere. Tutto questo rappresentò una tale tempesta di informazioni e di emozioni che io ne fui ben presto sopraffatta, confusa e disorientata. Seguii la loro attenzione verso qualcosa sul marciapiede, e vidi un corpo. Guardai la curva dell'osso del polso e lo riconobbi. Ricordo di averlo osservato e di aver pensato: «Assomiglia proprio all'osso del mio polso». E così ebbi coscienza del fatto che quella cosa sul marciapiede, quella cosa che improvvisamente divenne per me come un pezzo di carne, era ciò che avevo identificato come me stessa fino a quel momento, ma ora non avevo altra connessione con essa oltre a quella di esserci stata insieme per un lungo periodo di tempo. Non aveva più niente a che fare con me, dato che improvvisamente io ero diventata una persona più di quanto non lo fossi mai stata, più cosciente di quanto non lo fossi mai stata. Ero libera dalle limitazioni dell'essere un'entità fisica.      

Guardai il mio corpo e fui disgustata dalla commiserazione e dalla confusione che lo circondavano, oltre che dalla sola idea di aver mai considerato qualcosa di fisico come reale, come una realtà umana. E con questo, di nuovo in un attimo, fui tirata verso l'alto, al di sopra di alcuni cavi della luce. Da quel punto potevo vedere ogni persona sotto di me, ma non mi sentivo per niente associata con loro, anche se potevo sentire tutto ciò che essi provavano. Osservai mia madre ed un ragazzo uscire dalla casa e salire su una collina che non avrei potuto vedere fisicamente. Mi sentivo molto triste per mia madre e per la mia amica, che continuava a chiamarmi. Ed ero molto triste per il ragazzo che era uscito dalla casa, perché lui pensava che io fossi morta, e così io mi preoccupavo per loro. Passai il tempo osservandoli e chiamandoli: li chiamavo e dicevo loro che ogni cosa era come doveva essere, che tutto stava andando per il meglio, che ero libera, che questo era meraviglioso, che io li amavo e che loro mi amavano, e che questo legame, diversamente dai legami fisici, non sarebbe mai stato distrutto. Cercai di comunicare tutto questo provando ripetutamente, e mi accorsi che non avevo più una bocca, non avevo più nessun corpo. Essi non potevano udire quel che stavo dicendo loro. Avrei dovuto lasciarli nelle stesse mani in cui avevo messo me stessa mentre morivo. E con questo me ne andai via, come se fossi stata una specie di palla, mi girai e rotolai via.      

Il canto della Terra vivente

La mia attenzione si rivolse altrove lasciandoli con amore, perché sapevo di non poter fare più niente. Mi allontanai da loro e cominciai ad andare verso l'alto. Diventai consapevole (era come se fossi una macchina fotografica in un'astronave, o qualcosa di simile) del posto in cui vivevamo, della mia particolare stradina e della mia cittadina, Continuavo a salire e salire, fino al punto di riuscire ad osservare l'intera Terra. Era magnifico! La Terra era viva e stava cantando, stava cantando una sola canzone, ed in questo canto ognuno aveva la sua voce. Ogni essere umano aveva una nota molto importante da aggiungere a questo prezioso canto della Terra. Era un canto d'amore ed ogni creatura vivente vi aggiungeva la sua nota. Ciascuna di queste essenze era intensamente connessa alle altre. Lo vedevo in modo diverso da come vediamo normalmente, lo vedevo sia da un punto di vista macroscopico (dall'osservatorio dell'astronave) sia sotto l'aspetto microscopico. Da questo punto di vista potevo vedere che perfino un'ameba nell'oceano era connessa al canto del cuore di tutta l'umanità e che questo mondo stava rispondendo al nostro canto in un modo miracoloso, unificato e molto bello. Anch'io cominciai a cantare. Ero sopraffatta dalla gioia. Naturalmente non cantavo con la bocca: non avevo una bocca e nemmeno un corpo. Semplicemente, ero. Diventai una parte di quel canto, e così piena di gioia per il fatto di poter dare il mio contributo a questa sacra bellezza della nostra Terra e di tutta la gente.      

Un luogo di transito

Divenni ben cosciente che noi, come persone, abbiamo una capacità unica di influenzare il mondo anche se non facciamo attivamente alcunché. Noi influenziamo questo pianeta attraverso il nostro umore, in modo molto positivo se siamo pieni di amore e di rispetto per gli altri, ed in modo negativo se i nostri cuori sono negativi. A questo punto divenni cosciente che una luce mi stava chiamando da qualche altra parte ed entrai in quello che altre persone hanno chiamato il tunnel. Anch'io lo chiamerò così, sebbene non lo percepissi affatto come un tunnel. Era un luogo di transizione nel quale io divenni cosciente di altri esseri che sembravano piuttosto disorientati, confusi e sperduti. Alcuni di essi erano di passaggio sulla via di casa. Anch'io volevo semplicemente andare a casa. Mi mossi attraverso questo posto e divenni consapevole che non mi stavo muovendo come ci muoviamo di solito fisicamente. Quando ci muoviamo fisicamente abbiamo un intento, uno scopo, e ci muoviamo passo dopo passo in direzione del nostro scopo. Ma quello che mi faceva muovere attraverso questo spazio era l'amore. Era l'amore di Dio, l'amore di tutte le cose sacre, di tutte le cose belle e di tutte le cose e basta. Potevo andare avanti ed ancora più avanti, ma questo era ciò che mi spingeva: il mio legame ed il mio affetto per Dio.      

Quando giunsi alla fine di quel posto, mi chiesi se sarei stata sola, ed in quel momento stesso mi trovai insieme a mio zio. Era come se fossimo due luci messe insieme: una luce rossa ed una luce blu, che insieme davano una luce purpurea. Venni a conoscenza di cose sul suo conto che non avevo mai saputo quand'ero in vita. Da viva non avevo mai passato molto tempo con lui e non lo conoscevo bene. Lui viveva al sud, mentre io abitavo in California. Comunque il nostro fu un incontro pieno di gioia ed io diventai consapevole che egli era preoccupato del fatto che io fossi là, dato che mi comunicò istantaneamente che la mamma non avrebbe potuto sopportare la perdita di una figlia. Appariva confuso, eppure sapeva che ogni cosa andava come doveva andare. Da quel punto in poi io fui sempre più attratta dalla luce, e quest'attrazione era come un magnete irresistibile. Amavo quella luce: l'amavo perché mi stava riportando a casa.         

L'oceano di luce

Passai oltre mio zio, andando verso quello che potrei definire come un mare di luce. Era come se ciascun atomo dell'universo fosse stato elettrificato nel colore, nella luce e nel suono ma, più di ogni altra cosa, con un amore del tutto incondizionato. Era un benvenuto rivolto a me. Mi tuffai in quest'oceano, e ad ogni momento che passava sentivo aumentare l'estasi e la gioia ed un amore semplicemente ed assolutamente indicibile. Mentre avanzavo in questo mare, diventai consapevole del fatto che stavo andando verso il centro di quel mare di luce che io percepivo... come un moscerino che vola nel sole. Questo era la prospettiva con cui percepivo il mare di luce. Poi, ancora in un solo istante, come in un batter d'occhio, entrai nella luce e divenni una sola cosa con essa. Nella luce non ero più un individuo, e nemmeno una persona, ma semplicemente una parte della luce. Divenni come la fenice: fui distrutta. Fu il momento più ricco di estrema felicità e di intensa bellezza che potessi immaginare. Mi sembrò di essere l'apice di ogni esistenza. Era il punto in cui non si è più un singolo individuo, ma semplicemente una parte della luce. Dopo essere rimasta in questo stato per quello che sembrava un tempo al di là del tempo, fui di nuovo rimessa insieme come le sabbie della riva del mare e tornai ad essere un individuo, e fui chiamata a rendere conto delle mie azioni.         

La revisione della vita

A questo punto Reinee raccontava un certo numero di cose che le furono mostrate: per esempio, un gruppo di individui sulla Terra ai quali si riferiva come ai giusti, che operavano per l'unità del genere umano invece di concentrarsi sulle divisioni, come fanno invece molte nazioni e religioni. Diceva inoltre di aver visto gruppi di individui che conosceva altrettanto bene quanto i propri genitori, e che vivevano ed agivano in altri mondi non fisici. Descrisse poi un incontro con un essere di luce che le mostrò diversi eventi della sua vita passata e li esaminò con lei. Reinee rifletteva, in termini generali, sul fatto che piccoli atti di gentilezza possono essere di gran lunga più importanti delle attività a cui diamo così tanto valore nella vita normale, e su come la cosa più positiva da lei compiuta consistesse nell'aver prestato una speciale attenzione ad un ragazzo non molto attraente ad un campeggio estivo, in modo che egli sapesse di poter essere amato. Durante la revisione, essa comprese che questo atto di gentilezza era stato più importante, alla luce della sua aumentata consapevolezza, che se lei fosse diventata presidente degli Stati Uniti o regina d'Inghilterra. Le fu anche mostrato come catastrofici mutamenti della Terra siano il risultato dei conflitti umani, perché la Terra e tutti gli esseri viventi sono in realtà un solo gigantesco organismo. In questa visione, le vennero mostrate l'evoluzione e la storia dell'umanità, così come il suo probabile futuro. Una volta che il livello di amore che Reinee stava ricevendo dall'Essere di Luce ebbe raggiunto il suo apice, lei si ritrovò dall'altra parte della luce. Poteva quindi percepire, in modo più fisico, un regno di Luce pieno di persone che conosceva e amava teneramente. L'aspettavano e l'accoglievano come se ritornasse a casa. Dopo la revisione della vita, l'Essere di Luce le disse che non era ancora il suo tempo di entrare in quella dimensione. Ecco come lei stessa descrive il ritorno nel corpo fisico.

Il rientro nel corpo

Fui catapultata indietro verso il basso in quello che percepivo come un tunnel. Questa volta si trattava di un tunnel come un arcobaleno di luce, di suoni e di frequenze di vibrazioni d'amore. Con un impatto terribilmente duro divenni cosciente della scena che avevo lasciato prima: il camion dei pompieri a cui si era aggiunta un'ambulanza. Alcuni uomini stavano sollevando il mio corpo per collocarlo nell'ambulanza. Io ero in uno stato di totale disperazione: mi sentivo come Eva cacciata dal paradiso terrestre. Mentre scendevo giù per questo tunnel, il mio cuore era ancora collegato alla mia casa lassù. Stavo pregando di non dover andar via. Al brusco impatto con questo regno dell'esistenza fui immediatamente confusa dal tempo e dallo spazio. Era come se non fossi mai esistita fisicamente, e mi sentii del tutto disorientata. Ero preoccupata per mia madre, che restava sola e che stava per perdere una figlia di sedici anni. Sapeva che questo stava accadendo, perché l'addetto dell'ambulanza si era rivolto al conducente dicendogli DOA, che significa Dead On Arrival (già morta all'arrivo). Così il conducente aveva spento la sirena e ridotto la velocità, mentre prima stava andando al massimo.  

Stavamo per uscire dalle montagne, ed io ero preoccupata per il dolore di mia madre. Volevo semplicemente confortarla, avvolgendo la mia anima intorno a lei, per lenire il suo dolore per la perdita di sua figlia, della sua bambina, così mi misi semplicemente a pregare per lei. Seguii l'ambulanza fino all'ospedale ed osservai il mio corpo mentre veniva scaricato. La mamma seguiva la barella che andava al pronto soccorso. Osservai un primo dottore che cominciò a darsi da fare sul mio corpo. Sentivo un certo distacco verso questo dottore, che quello stesso giorno era stato impegnato a causa di alcuni incidenti di moto che venivano giù dalle montagne: per lui era stata una giornata difficile, e non aveva molto interesse nei confronti di qualcuno arrivato all'ospedale già morto. Non aveva alcun rapporto con me, non era interessato e non nutriva alcun affetto nei miei confronti. Per questo io non avevo alcun interesse nell'osservare quel che faceva, dato che il mio interesse si basava sull'affetto e sull'amore. Quindi lasciai il pronto soccorso e mi trovai al di sopra di mia madre e di alcuni amici che l'avevano accompagnata in un'altra stanza. Di nuovo tentai di comunicare con loro, provai a far comprendere loro che questa era un'occasione di vera gioia. «Sono già morta all'arrivo – cercavo di dire – e dunque tutto andrà per il meglio. I medici non riusciranno a rianimarmi, e così potrò restare morta. La morte per me è diventata la vita. La morte non è qualcosa di cui essere spaventati, ma qualcosa di cui non si vede l'ora che accada».   

Quel che accadde poi fu che il primo dottore mi dichiarò morta e stava per mandare il mio corpo all'obitorio. A quel punto il mio medico personale, un medico di campagna dai modi piuttosto rudi, irruppe nel pronto soccorso vestito con un completo da sera e con la sua borsa nera. Guardò l'infermiera che stava chiamando l'obitorio al telefono, poi il dottore che si stava lavando le mani, ed infine il mio corpo (già coperto con un telo) e disse: «Cosa diavolo sta succedendo qui? Dov'è la paziente?» Essi risposero: «Era già morta quand'è arrivata». E lui: «Morta un corno!» E continuò gridando verso l'altra infermiera che stava tranquilla in un angolo: «Voglio iniezioni di adrenalina. Portatemele immediatamente e venite qui a darmi una mano». E cominciò a lavorare sul mio corpo: cominciò a dare colpi sul torace ed a scuoterlo. Io ero davvero spaventata dalla piega che avevano preso gli eventi e disgustata per il fatto che trattavano il mio corpo così brutalmente. Così diventai in un certo senso protettiva nei confronti del mio corpo, anche se non volevo aver più niente a che fare con esso. Almeno avrebbero potuto trattarlo in modo gentile! Invece continuavano a battere sul torace ed a scuoterlo, mentre io stavo in alto in un angolo del pronto soccorso accompagnata da altri spiriti che mi aiutavano a stare all'interno della stanza.      

Epilogo

Reinee racconta come alla fine ritornò nel suo corpo come risultato dell'ultimo sforzo del dottore per rianimarla. Poi dice di aver dovuto affrontare uno stato di depressione e di essersi trovata in difficoltà nel doversi adattare di nuovo allla vita organica. Non poteva capire o accettare di essere tornata in questo mondo fisico che era così orribile rispetto alla luce e all'amore che aveva sperimentato in paradiso. Piangeva per questo e ben presto cominciò a pensare di suicidarsi. Il giorno dopo, il suo medico personale irruppe nella stanza d'ospedale in cui stava Reinee, imprecando contro di lei e chiedendole: «Cosa diavolo ti sta succedendo?». In lacrime, Reinee gli disse con rabbia che lei era morta e che non avevano il diritto di riportarla indietro. Al che il suo medico rimase scioccato e fece un passo indietro per lanciarle un lungo sguardo introspettivo. Poi disse: «Tu non eri (realmente) morta, dato che non sei morta adesso». Reinee continuò a piangere e gli raccontò alcune cose che aveva vissuto mentre era in paradiso. Ma questo non fece altro che indurre il suo medico a preoccuparsi per il suo stato mentale, e così fece venire una psichiatra a parlarle.

Quando la psichiatra venne a visitare Reinee, si sedette e le disse che non se ne sarebbe andata finché Reinee non l'avesse convinta che non era pazza al punto da non voler vivere. Reinee le spiegò che non c'erano parole per descrivere ciò che aveva vissuto. Ma poi le venne in mente che probabilmente il suo medico l'avrebbe fatta ricoverare in un reparto psichiatrico, a meno che lei non fosse riuscita a convincere la psichiatra che non era pazza. Così raccontò alla psichiatra della sua NDE, e del paradiso e dell'amore che aveva sperimentato. Tuttavia, la psichiatra voleva conoscere i dettagli di ciò che, secondo Reinee, era accaduto al pronto soccorso. Allora Reinee le raccontò tutto quello che era successo. La psichiatra disse a Reinee che avrebbe indagato per vedere se quello che le aveva detto Reinee era vero, e circa due o tre ore dopo, quando ritornò, Reinee poté notare come la psichiatra sembrasse bianca come un lenzuolo. La psichiatra la guardò e le disse che aveva ragione: era morta; tutto ciò che Reinee le aveva spiegato su quello che era successo al pronto soccorso era effettivamente accaduto; c'era un'infermiera bionda; c'era un'infermiera bruna sulla quarantina; c'era un giovane medico esausto per aver curato persone coinvolte in un incidente motociclistico; non c'era nessun cardiologo in servizio; e il suo medico voleva iniettarle l'adrenalina direttamente nel cuore, ma poi decise di non farlo. «Hai ragione. Non sei pazza», le disse la psichiatra. Reinee allora le chiese se c'era qualcosa che poteva fare per aiutarla. La psichiatra rispose che la psichiatria non aveva nulla da offrire per aiutarla, e raccomandò a Reinee di consultare piuttosto un sacerdote. Ma Reinee le disse che semplicemente non poteva farlo. La psichiatra consigliò infine a Reinee di non parlare più della sua esperienza con nessuno, nemmeno con le persone che conosceva.

Anche in questa NDE, la sintonia mentale è incentrata su uno stato di amore assoluto, di beatitudine totale e di unità organica contrapposta alla frammentazione ed al particolarismo conflittuale che caratterizzano le nostre esistenze individuali in questo mondo. Un altro interessante aspetto dell'esperienza è dato dalla resistenza opposta al ritorno nella dimensione fisica, un rientro sentito come doloroso, opprimente ed insopportabile se messo a confronto con lo stato di grazia che la protagonista stava sperimentando: come un soldato che, dopo essersi trovato a casa in licenza circondato dall'affetto delle persone amate, dovesse tornare in prima linea per affrontare di nuovo le sofferenze ed i patimenti di una guerra.


 

Pam Reynolds
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