Storia di un medium italiano: decima parte

 

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Le comunicazioni dello spirito che invadeva il campo

Quest'entità, che interferiva costantemente con le comunicazioni di Mariòl mediante un rumore di sottofondo ritmico, chiaramente percepibile nelle registrazioni, di quando in quando riusciva a sintonizzarsi perfettamente, ed allora la sua voce dal timbro profondo diventava distintamente udibile. Più spesso invece accadeva che fosse Mariòl ad esprimere in parole i pensieri che le venivano trasmessi dall'entità, iniziando il discorso con la frase: «Lo spirito che insistentemente invade il mio campo mi dà pensiero...». Questo spirito si esprime in modo solenne, con un frasario complesso e talvolta involuto, ma nel complesso ripete quasi sempre gli stessi concetti di base sulla relatività della vita terrena, sull'importanza dell'amore e sulla realtà di quell'Infinito misterioso e seducente che nel mondo umano viene chiamato Dio. A titolo di esempio, riporto alcune comunicazioni tra le più significative.

(23 marzo 1947) "Vi auguro tanta luce, immensa luce che continuamente vi illumini la strada del cammino da compiere. Questo è dovuto alla grandezza di Dio, che tutto ci dà per farci sorridere eternamente. Non so come voi concepite questo trapasso che va dalla materia bruta allo spirito definitivamente libero da essa. Quantunque voi non udiate le mie parole, io sono felice come voi e come lo spirito che ha tessuto questa tela che ci unisce in un solo fascio. Credere nell'aldilà... Io non sono morto, ma sono vivo più di prima. So che voi non udite perfettamente il suono della mia voce, ma io ho gioia ugualmente. Io ho creduto in questo aldilà seducente e misterioso. Vado dando la certezza che la veste materiale è caduta, ma lo spirito libero da quella gioisce in eterno pregando per tutti. Amore per le creature che non vollero credere nell'aldilà".

(19 maggio 1947) Luce, grande luce a voi e all'umanità, da rischiarare le tenebre che la insidiano. Ho avuto un corpo analogo al vostro presente. Imparai a muovere i primi passi e a balbettare tutto, a seconda dei maestri che mi erudivano; ma il bene tessuto da quella scuola che si chiama spirito era in me in luce divina, perché era scaturita da Dio. E se durante la mia vicissitudine terrena non operai precisamente come mi ero premesso dipartendomi dal reale, la colpa si deve a quel corpo che, come piovra dalle lunghe ventose, cercava assopirmi e annebbiarmi la verità dalla quale con amore mi ero dipartito. Riguardatevi da quelle ventose, voi che avete la gioia di essere eruditi in ciò che si crede perduto; agite con coscienza e non date soverchia importanza a tutto ciò che è destinato a cessare con la forma. Voi meritate tanto, forse molto di più di quello che possiate pensare col vostro spirito ancora prigioniero del corpo, ed io, ormai libero dal peso materiale, vi esorto a perseverare nel bene e in questa via che non potrà smarrirvi anche quando, nell'ora crepuscolare del trapasso avvenuto, resterete perplessi nel vedervi continuati per sempre nell'infinito. Reminiscenze fugaci divideranno il presente dal passato, ed a relativo confronto esploderete in amore ringraziando l'Eterno".         

"Vi amo di puro spirito come sanno amare tutti i trapassati dalla vostra vicissitudine. Seguite il corso che ci dà continuamente amore e gioia. Si erra quando si pensa che con la morte esista la fine; e tanto più penseranno così, tanto più rimarranno perplessi nel vedersi continuati. Quando pensate a noi, pensateci come un qualche cosa di vibrazione eterna e pura che si propaga attraverso il vostro spirito e si perde senza smarrirsi nelle plaghe di questo nostro Infinito misterioso e seducente. Non temete mai, e avrete sempre gioia e continuamente spererete consultando il vostro spirito con coscienza. Io continuamente comunico con voi, e so pure che il vostro senso uditivo non afferra il suono che ne deriva, ma non crediate che malgrado questo soffra, tutt'altro! Parlando materialmente vi dirò che la vostra stazione è stata chiesta con una data onda, di conseguenza tutte le altre rimarranno incaptabili. Vi amo e soprattutto non abbiate mai paura. Dopo la procella torna a splendere di nuovo il sole nel vostro cielo azzurro pieno di stelle che vi invitano a credere di raggiungerle. Operate bene e sarete felici; ancora vi amo".

(28 maggio 1947) "Luce al vostro cammino, affinché il piede superi l'ostacolo, e salute, tanta salute al corpo perché con tenacia e maggiore forza si adoperi al conseguimento del bene. Ricordatevi di non dare soverchia importanza a ciò che è destinato a finire con la forma. Adoperarsi per il trionfo del bene è uguale a credere fermamente in questa forza misteriosa e seducente che trascina nella vita. Se voi sapeste con quale gioia si comparirebbe di nuovo, dopo il trapasso, con la forma lasciata per testimoniare alla società che vi è luce, grande luce, dove non si crede! Con amore penso a voi ed è con questa arma terribile che vi esorto a combattere il male. Avrete gioia, ne sono sicuro, come sicuri siete voi che il sole nasce da oriente. Soprattutto questa mia particolare raccomandazione vi sia monito per il seguito della vostra vicissitudine terrena. Non temete mai. Come un corpo, cadendo da una data altezza, è destinato ad essere ricevuto dal sottostante suolo, uno spirito libero dal peso materiale è destinato a cadere in seno a questo Infinito dal quale riceverà le stimmate di una nuova vita. Rassicuratevi e vi dico che troverete una via illuminata. Vi immagino vicini a questo occasionale medium e vorrei trovarmi per un attimo seduto con voi col corpo di una volta, pensando veramente di poter trionfare della materia. Vi amo, vi auguro luce, auguro salute al corpo e tanta felicità per codestra vostra vicissitudine terrena".

(24 giugno 1947) "Vi auguro tanta luce ad illuminare il vostro accidentato cammino. Non so se avete sofferto, ma quando comparerete le vostre attuali sofferenze allo stato che determina la mia vita attuale sono sicuro che gioirete per non averle vissute mai. L'impalcatura materiale con tutto quell'apparato scenario vi dà l'illusione di vivere una vita positiva. Continui miraggi vi si parano dinanzi, ma non sono altro che miraggi, ricordatelo e sovente osservateli, gioiendo per l'effetto. Mantenere sempre lo spirito pronto in modo da combatterli energicamente. Io nella mia combinazione terrena pensavo spesso alla posizione dell'infinito e la soluzione che ne traevo era la convinzione nell'aldilà misterioso e seducente. Naturalmente avevo un legame materiale che ingolfandomi in quei banali miraggi cercava di assopirmi nello spirito. Ora riconosco che era molto facile liberarsene. Com'è terribile nell'ora crepuscolare di questo divino trapasso comparare la creduta vita vissuta abbinata alla materia con la vita libera da quegl'illusori tentacoli! Amate pure voi come ama questo infinito che ci circonda e avrete vinto come vi prometteste partendo. Ricordarsi che è proprio interrogando costantemente la propria coscienza che si mettono in atto sottile (sic), quando si tratta di compiere una buona azione. Uno vi dirà: «poco di buono» o magari altro, ed altre frasi non piacevoli; ma se queste sono deviazioni logiche di un dato sperato in bene, tirate diritto, senza scomporvi, come colui senza macchia che non arrossisce alla domanda più indiscreta. Vi amo e vi auguro che il bene abbia sempre sopravvento sul male. Schivare il male ed andare incontro al bene. Operate bene. Vi amo e pregando per voi vi auguro salute al corpo e tanta luce allo spirito".

(16 settembre 1947) "Vi auguro luce allo spirito, salute al corpo e felice proseguimento per la strada che avete intrapreso. Il perseverare in questa vostra marcia che conduce, senza dubbio alcuno, all'apice della vera luce, mi eccita di gioia, che si ripercuote in amore attraverso questo Infinito misterioso e seducente. Sono uno spirito libero dal peso materiale, che continuamente vi pensa e prega. Non abbiate timore per quel che professate; solo ora e questa volta senza tema di essere smentito mai, posso dirvi che non esiste strada più breve per giungere là dove si vuol chiamare amore. Insegnate ad amare tutti perché i cosiddetti nemici non esistono. Soprattutto cominciare a costruire un buon letto per coloro che dovranno venire; strano come in questa stranezza tutto sia costruito solo per la nostra gioia eterna; strano dimenticare l'effimera veste materiale che consideriamo come nostra eterna dimora, strano ancora sentirsi diversi di prima di fronte all'Infinito tanto grande. Eppure basterebbe saper prendere l'indirizzo giusto per piantare una volta per sempre il vessillo della verità, ed amare e soprattutto amare sempre. Ringrazio ed auguro tanta luce ai vostri cari trapassati ed ai vostri corpi. Tenere duro per la buona via. Non temere neppure quando il tuono schianta l'atmosfera, ma pensare a questo al di qua misterioso e seducente, perché non c'è rifugio che vi possa riparare. Ancora vi ringrazio e prego per voi con preghiera che non sa di beghinaggio materiale".

(17 dicembre 1947) "Vi amo e vi auguro luce sul vostro accidentato cammino; forza virile al vostro corpo affinché sia destro nel sopperire alle male ispirazioni dell'umanità. Vogliatevi bene sempre: amate e riflettete. È col riflettere che si propaga in voi un'onda di luce, proemio di divino. Queste parole, che non so come giungono nel vostro intelletto, sono frutto, cari fratelli, di una comparazione di una inesistente vita terrena alla maestosità infinita di questa. L'uomo, in tutto ciò che può fare manifesto, rispecchia né più né meno ciò che questo Infinito misterioso e seducente ha già partorito in una estasi di amore. Ma l'uomo insazio di avidità terrena non riesce e non riuscirà mai a fermare quell'effetto che rispecchia la morte perché, cari fratelli e sorelline, la morte è causa di vita. Se riuscirete a spiegare questo, avrete una società perfetta. Vi amo, prego per voi, e scusate la mia loquacità se a volte può sembrare fastidiosa. È per tuffarmi ancora in questo divino che fa pensare come mai, quando si ebbe corpo, forse presi da avidità e da egoismi, non vi si dette mai peso. Continuate sereni per la vostra strada; siate felici nell'avere appreso che tutto questo vostro tempo trascorso nel corpo non è altro che un sogno misterioso e seducente, perché misterioso e seducente è questo Dio che fa tremule le stelle, che fa palpitare di vita tutto nell'universo. Dimenticate odi e vendette e la mente sia, una volta per sempre, rivolta là dove un giorno entreremo con gioia. Le procelle dell'umanità vostra sono immense, ma non datevi soverchia importanza. Ne sono venute; ve ne sono e ve ne saranno ancora, forse terribili, ma tutto è un sogno. Ecco la chiave: credere che tutto è un sogno. Vi ringrazio e vi amo sempre...".

(5 gennaio 1948) "Vi auguro luce da illuminare il vostro accidentato sentiero, e tanta salute al corpo affinché riesca a far trionfare il bene ed abbattere il male, ostacolo inesistente, che appare reale quando lo spirito è abbinato al corpo. Voi che avete non la fortuna, ma la costante gioia di comunicare con noi, tramite un vostro simile che usate chiamare medium, non dovete porvi su alternative che tendono perdervi ancor più riguardo codesta inconsistente vita terrena, perché il sogno che vivete, anziché palesarsi in modo definito, vi apparirebbe ancor più reale. Bisogna ricordare e ricordare sempre che ci dipartimmo dalla luce, diciamo, per gettarci nelle tenebre pur serbando intatta quella face. Strano che quando si abbia un costato ampio, una testa ed il resto, ci si dimentichi tanto presto! Strano, ma si dimentica persino di aver dato questo al braccio materno. È tanto bello domandarsi sempre il perché della vita. È tanto bello col corpo riuscire a comprendere che la vita non può terminare nell'avello. Si arricchisce lo spirito e lo si fa pronto e bene allenato. Ma tutto ciò si comprende bene sulla soglia di quel terribile trapasso, terribile in quanto che tutto allora appare nella vera luce; mentre l'altra vita, quella fatta di egoismi, di odi inestinguibili e di angherie verso il popolo e noi stessi si annulla e fa intravedere come realmente era inesistente. È allora cari fratelli che tutto appare semplice: proprio quando il trapasso sembra ghermirci per sempre. E allora quale amarezza per aver creduto che la vita terrena fosse stato il tutto! Pensare spesso a qualcosa di misterioso e seducente. E mentre Esso, che vibra di amore, ci dà tanta gioia attraverso esso stesso, non abbiate mai paura. Attraverso procelle sempre alto sia il pensiero, sempre a Dio. Non il Dio delle sinagoghe, ma il Dio che vi circonda, che vi ama, che vi dà gioia. Non siate stolti, ma sappiate riflettere. Ho vissuto col corpo forse negli ultimi anni o forse molto tempo fa, ma questo non conta. Preparate un buon letto per quelli che eventualmente riprenderanno corpo. Questo Infinito misterioso e seducente vi ama e non vi impreca. Quando avete paura pensateci e soprattutto pensate che questo qualche cosa misterioso, ripeto, e seducente è sempre con voi. Soli nella foresta, soli sullo sconfinato mare, soli nell'azzurro dei cieli, ma sempre insieme a questo Infinito. Ricordo di aver appreso da quando ero fanciullo che non cade oggetto senza che l'Infinito lo senta. Non temete mai. Chi si ferma è perduto. Continuate nell'opera di bene. Auguro luce a tutti".

(20 gennaio 1948) "Luce sul vostro accidentato cammino e salute al vostro consistente fisico. Ve lo auguro, non di cuore, ma di puro spirito scevro da tutti quei tentacoli materiali pronti ad ingannarvi ed a mascherarvi, direi, completamente il pensiero della cuna dalla quale vi dipartiste, per l'ennesima volta, decisi a vincerli, serbando intatta l'origine della vera vita, giacché la morte non è un effetto di annientamento, come da altri vostri simili è creduta, ma è semplicemente un effetto culminante in una causa, la giusta e vera causa che si dice vita. È assurdo pensare a questa morte come ad una fine. Io sono trapassato forse da poco tempo come forse da molto: questo non ha importanza. Quello che ha importanza è questo: io mi ricordo esattamente, e in special modo quando sono in contatto con voi, che sono esistito analogamente a voi con codesta veste materiale; segno evidente che esisto ancora dato che posso dichiararvi così. Quindi la morte non esiste, è una rivoluzione d'amore che muta, dando gioia, come la metamorfosi che cambia il bruco in crisalide. Io sapevo già, quand'ero come voi, ciò che mi riserbava questa metamorfosi, ma a volte l'impeto della materia cerca trascenderci e se non siamo risoluti con lo spirito, questa prende il cosiddetto sopravvento da mascherarci interamente il ricordo della cuna. Ho gioia quando posso comunicare e ringrazio con amore questo Infinito misterioso e seducente che ci avvolge sempre più in questo firmamento di perfetto amore. Ora comprendo che questo Dio, come dite voi, ci dà la gioia di migliorare da noi la propria posizione di ascesa nel suo Infinito misterioso e seducente. Ecco la grande, la vera gioia. Avere desiderio della coesione, cercando di serbare intatto il ricordo da dove ci dipartiamo. Ecco la vera e la grande gioia: essere noi stessi i regolatori dell'ascesa. Vogliate scusare e perdonare se importuno sovente; forse, direi, abuso spesso di questo campo chiesto con amore dalla vostra magnifica guida. Vogliate perdonare. Io prego per tutti voi".

(7 aprile 1948) "Così dando pensiero vi auguro luce da illuminare il vostro accidentato cammino e salute al vostro consistente fisico, affinché porti a termine quella missione prefissasi da un punto di partenza diverso dal vostro, ma operante su un solito piano, quantunque i legami materiali lascino seminascosto ciò che non creduto esiste. Vorrei essere ipso facto a fianco a voi con la solita vostra veste ed operare in profondità, tenendo ben alta la face che illumina i mondi, i soli, e fa vibrare di inconcepibili palpiti di amore le infinite bellezze di questo Infinito misterioso e seducente. Ripeto, vorrei essere ipso facto con questa face tra voi, avendo tema che per altra via i vostri simili, non perseveranti come voi su una via che conduce alla luce, avessero a commettere l'errore più grande che si possa commetttere, cioè quello di favorire la materia sullo spirito. Ecco l'errore più grande che darà amarezza al risveglio definitivo che avviene al trapasso per aver tentato di nuovo ed essere caduti nello stesso errore. Di nuovo si ritenterà. Vi sarà chi riesce, ma i più sono quelli che, trasportati dalle passioni altrui, si faranno di nuovo vincere dai tentacoli materiali che adombrando ingannano. È bello destarsi da un brutto sogno constatando che questo non è mai esistito, ma è molto più bello credere di viverlo essendo ben desti. Non fatevi avvincere da simili tentacoli voi che avete la gioia di riuscire nei nostri contatti. Perseverate e contribuirete a preparare, direi, un buon letto per quelli che di nuovo, chiedendo con amore, si faranno su codesto globo terracqueo. Non ne riceverete moneta, neppure odio; riceverete gioia, maggior gioia per essere riusciti ad operare così in un luogo mai esistito, eppure da altri avidi creduto qualche cosa. Si può sempre ingannare, perché col corpo si è pieni di errrori che bisogna perfezionare, ma quando si è al nostro stato, anche volendo, non si può ingannare. Il peso materiale mi è caduto, e con esso quello che sembrava l'eterna maschera. Ora l'amore ci circonda, ma ricordate che l'amore circonda pure voi. Voi non siete estranei a noi e neppure noi a voi".

Uno dei numerosi verbali dattiloscritti: seduta del 25 febbraio 1948.                                                       

Comunicazioni di altre entità

Solo raramente le altre entità riuscivano a comunicare in voce diretta. Di norma era Mariòl a ritrasmettere con la sua voce quelli che definiva i loro pensieri. La maggior parte degli interventi provenivano da parenti, amici o conoscenti dei partecipanti. Alcuni si ripetevano con regolarità nel corso di diverse sedute, come nel caso, ad esempio, di Mario Viti: (4 gennaio 1952) "Uno spirito domanda di Viti Priamo. So che è tra voi. Mario, sono stato Mario. Ho vissuto con voi con amore. Non vi ho dimenticati un solo attimo. Ho continuamente pregato. Tutto è stato gioia, quando mi avete ricordato come sono. Il vostro pensiero mi è caro. Vi sfioro con amore, come sfioro questa vostra guida. Ha ancora un pensiero per Viti Priamo". Il padre, Priamo Viti, era presente alla seduta.

Un'altra entità si manifestava quasi ad ogni seduta dal 2 febbraio 1951 in poi: Angelo B. Ecco cosa ricordava in proposito Ravaldini in uno scritto inedito del 1997: «Alle sedute assisteva da tempo un nostro caro amico, Vittorio N., notaio a Castelfiorentino. Una delle sue figlie, Marcella, era felicemente sposata da poco con un avvocato, Angelo B. I suoi familiari, però, forse perché vicini alla Chiesa, non partecipavano alle sedute. Il notaio aveva parlato più volte con suo genero, per cercare di spiegargli cosa succedeva in casa mia tramite la medianità di Urbino. Angelo ascoltava suo suocero, ma tutto ciò gli sembrava alquanto strano, e temeva che la vita nell'altra dimensione fosse soltanto una chimera. Nel mese di gennaio 1951 l'avvocato B. morì a seguito di un banale intervento chirurgico – credo un'appendicite – e allora anche la moglie e la suocera, nella speranza di una sua manifestazione, iniziarono a partecipare alle sedute insieme al notaio». Come esempio, riporto dal verbale del 21 febbraio 1951 l'intervento di Angelo B. (sempre tramite Mariòl): "Un altro ancora sfiora il vostro mezzo e mi dà pensiero. Rammenta un nome come Vittorio. Come se volesse ritornare ancora col proprio corpo qui con voi per rendersi almeno visibile a Vittorio ed a voi, per farvi comprendere che è stato tanto strano. Sentirsi come morire e sentire d'altra parte, non so come, una nuova vita, meglio un nuovo modo di vivere; sembra come una cosa alla gola, rimanere come senza fiato, e poi, una stranezza, invece di rimanere senza fiato, ti senti benessere. E per questo ti vorrei ancora poter scuotere per farti vedere che è stato strano quello di aver paura di un'altra vita. Ma sai, si ha paura quando si crede che non ci sia. Sfiora il vostro mezzo, sfiora voi, ha vibrazioni di gioia e sfiora qualcuno di voi... Di nuovo dice: Ho sfiorato in pensiero ed ho gioia al ricordo. Ma voi non vedendomi non dovete avere alcuna impressione. Ricordo ancora Vittorio. Non posso dire che ho il cuore pieno di gioia perché sono sicuro che non è più con me, ma ricordo continuamente ed il ricordo che ho per voi è più puro di prima. Ricordo Marcellina. La mia gioia è quella di pregare per lei con amore, di sfiorarla come sfioro tu. Vi chiedo ancora perdono..." 

(Il suocero, la suocera e la moglie, che sono presenti, gli chiedono: di che?). "Non so, so che non c'è stato nulla, ma questo è un saluto grande: un saluto che parte da uno che non ha più corpo, ma che vive e guarda come dicevi tu. Voi siete in tanti per conversare con noi. Ha gioia, vibra di gioia, sfiora lo spirito che continuamente è in coppia con esso. Ho sfiorato, sai, più svelto di tu, ho sfiorato tutti. È un saluto per essa che mi voleva bene; è un saluto tanto bello; ho cercato di soffiarle nei capelli. Ma sarò con voi quando sarai qui. Ha un pensiero come che si ricorda sempre di voi e carezze e saluti. Starete bene, ve l'auguro: non temete, non abbiate impressione; vi ricordo con amore e prego con amore per voi e per Marcellina. Tutto è stato bene con voi; tutto è amore ora. Non preoccupatevi; tornerò ancora. Sai c'è come uno che mi sfiora continuamente; mi insegna che tutto è bello; ma non ci si dimentica di voi perché io prego ancora. Amore Vittorio; amore a tutti voi! È insistente ma la sua insistenza è di amore".

Tuttavia per la maggior parte le numerose entità comunicanti rientravano nell'ambito del drop in: erano del tutto sconosciute ai partecipanti, anche se potavano lasciare un nome, e talvolta anche un recapito. Ecco qualche esempio. (28 ottobre 1946) Uno spirito comunica per mezzo della guida: "Amore a tutti e augurio di luce grande che illumini sempre più le tenebre che vi avvolgono". Domanda poi se siamo italiani e più precisamente fiorentini. Alla nostra risposta affermativa continua: "Qualcuno può avermi conosciuto; mi chiamavo Odoardo, il cognome non lo ricordo. Viaggiai molto: in India, Australia, Asia, Africa e Sumatra assieme all'amico Giacomo. Il viaggiare ed il sapere mi davano gioia allo spirito che sentivo immortale. Grazie come se avessi il cuore e benedizione a tutti. Dio solo è giusto. Il mio corpo rimase a Firenze".

(22 dicembre 1946) "Ancora uno spirito mi dà pensiero: Amore e fremito. Non date soverchia importanza al vostro involucro materiale. Tutti i mali sono illusori da non dare pensiero. Sono deceduta in una clinica di W. in seguito ad atto operatorio; ebbi sensazione di un grande male, e quando mi svegliai piansi per aver dato retta per diverso tempo a una vita che non era reale. Riprenderò corpo partendo col bene per cercare di vincere la materia; il mio proponimento è questo: portare il bene là dove vi sia male. Auguriamo a questo spirito, che riprenderà corpo sulla vostra Terra, che riesca nella sua impresa. Si parte puri da una scuola senza eguali cinti di amore per tuffarci nell'astratto che dà la sensazione di amarezza. Ecco l'apparente inganno del male; bisogna saperlo schivare tempestivamente; farsi forti da poterlo schivare sempre; fare in modo che la voce della coscienza imperi prima di compiere qualunque azione. Questo è un segreto che abbiamo sempre sotto mano".  

(2 gennaio 1947) Non mi ricordo esattamente come fu la fine: rientravo in casa con Eugenio, mi sembra, mia moglie e i figli. Trapassai per il folle gesto di una mano: un individuo, che forse si celava nell'androne, mi sparò con la rivoltella; mi girò la testa ed io precipitai. Ma, stranezze del trapasso, cadevo e mi sentivo più in piedi di prima. Il trapasso è strano, scusate la parola, tanto strano che, pur essendo trapassato a nuova vita, io conservavo esattamente tutti i movimenti del mio corpo. Mi prodigai per consolare i miei che non ero affatto morto, ma essi non davano ascolto alle mie parole di puro pensiero. E da quella sera eccomi a nuova vita, pregando Dio per la gioia concessami. Vi ringrazio. Luce".   

(28 maggio 1947) "Un altro spirito mi ha chiesto in pensiero se voi siete impressionati ed io l'ho tranquillizzato: Fui del vostro paese – dice – o perlomeno credo di esserlo stato. Sono trapassato in Jugoslavia. Non voglio impressionarvi dicendovi il mio nome. Fui preso prigioniero durante la guerra e fui condotto in Slesia. Trapassai perché caddi nel burrone pieno di sassi. Luce ed amore". Non è chiaro per quale motivo diverse entità ritenevano che i partecipanti potessero essere impressionati dalla loro manifestazione, quando gli stessi avevano varie volte dichiarato di essere del tutto tranquilli. Da questo e da altri indizi si ha l'impressione che la comunicazione fosse spesso a senso unico.   

(24 giugno 1947) "Un altro spirito dice: Luce e tanti fiori gialli come quelli che la mamma metteva in salotto. Sono felice che voi sappiate che ancora vivo più di prima. Vorrei che pure la mamma e la sorella sapessero che io non sono morto. Il mio corpo giace in un sommergibile in fondo all'oceano. Volli con esso tentare di comparire davanti alla madre e alla sorella per convincerle che non ero morto, ma tutto era inutile, non riuscivo a fare presa su quella massa che prima mi eccitava a mille cose che ora non penso più. Luce e tanti fiori gialli come quelli che la mamma metteva in salotto".

Una comunicazione piuttosto lunga del 21 ottobre 1947: "Sono guida di uno spirito trapassato da non molto; quella attrazione di amore era un qualche cosa che doveva portarmi a prendere contatto con il nuovo fratello che ha sentito il suo trapasso. È qui nel mio campo ed è felice; vi do il suo pensiero: Mi sembra di essere come ieri; mi vien fatto meraviglia di non trovarmi, è pure certo che non sono cessato. Cercai persino di alzare il corpo per dimostrare che esistevo, ma fu vana fatica: alla fine resistei e mi diedi a camminare su e giù per la stanza, con le mani sui fianchi, in modo che tutti quelli affaccendati attorno al corpo si rendessero conto del mio repentino cambiamento. Tutto fu vano. Provai a gridare a tutto fiato; era strano che non udissi la mia voce, cioè la sentivo tanto lontana come un'eco nel pozzo. Non so quanto barcamenassi per farmi vivo, credevo di sognare. Poi mi feci serio, tanto serio, e sentii tanta tristezza, ma questa molto diversa da quella che provavo prima. Sentii che ero solo. Non so perché mi venne in mente l'orologio della farmacia e in un tratto mi trovai quasi dentro il meccanismo. Ebbi tanta gioia e sentii come una voce; mi scossi per svegliarmi definitivamente. Ora sono qui, felice di continuarmi nella bontà divina. Sento che siete come me, un po' differenti perché avete il corpo. Sono felice perché possa esserci un passaggio in modo da avvicinarsi così. Siate felici perché io godo, godo di questa vita, godo di questa inesistente morte e godo di voi. Vi auguro felicità e pensandovi prego per voi. Ancora vi amo e vi saluto. Il mio corpo si chiamò Giuseppe; l'ho lasciato nella mia patria: Belgio. Sono tanto felice e sarei ancora tanto più felice se vi avessi conosciuto quando avevo corpo. Sono trapassato mentre mi operavano. Il mio corpo fu molto straziato, ma questo ricordo non mi ossessiona più. Sono felice, tanto felice, e vi amo immensamente".

(1 marzo 1948) "Uno spirito, sfiorandovi, dice: Alberto e Mario; viale Guglielmo Marconi, forse Firenze, forse Livorno. Sono stato e sono trapassato col corpo piccolo... Un altro spirito dice: Nanchino. Trapassai colà. Correvo sempre, entravo nella mischia e non sapevo rendermi conto della mia invulnerabilità. Poi compresi che continuavo a vivere anche col mio corpo giacente a terra. Incitavo i compagni, incitavo il fratello; questi si chinavano sul mio corpo e non si curavano di me, che ero presente e soffrivo del loro dolore. Volli alzare un moschetto, ma non ci riuscii. Decisi allora di addormentarmi credendo che la forza mi tornasse di nuovo. Non so quanto fu lungo il mio sonno…". 

(7 aprile 1948) "Uno spirito ha sfiorato il mezzo; forse è pensato molto da qualcuno di voi: Ho il vago ricordo di aver avuto un corpo: donna. Il corpo forse si chiamò Lucia, ma non voglio ingannarvi perché potrebbe essersi... mi voglio chiamare col nome che una volta si chiamò il mio corpo e che penso non sia mai esistito".

(19 maggio 1948) "Uno spirito mi sfiora; quasi mi bacia come se avesse le labbra materiali, e di nuovo si tuffa nella coesione. Ecco il suo pensiero: Alvino fui, e vorrei riesserlo. Yvonne, Maria, Ada, Iole; nomi che ricordo, ma che non vedo più balenare dinanzi ai miei occhi. Ha ripreso la coesione in questo istante. Quando comunico con voi molte parole, molte frasi mi sfuggono; eppure mi aiuto traendole da questo salvadanaro che è il cervello del vostro mezzo che gentilmente si presta".

(29 settembre 1948) "Percepisco un altro spirito; questo non si rende conto che noi siamo in comunicazione. Ha come un pensiero: La macchina. Avverte il mio richiamo, ma si comporta come se avesse ancora il corpo. Dice: La macchina. A Firenze. Mi sono addormentato e non ho trovato più le scarpe. Posso ragionare. Ha gioia sfiorando il mio spirito. Forse è trapassato poco tempo fa. Ancora sfiora e dice: Automobile... Un altro spirito sfiora il mezzo ma non mi dà pensiero. Uno sfiorando comunica: Vi mando pensieri buoni. Dio non lo vedo come è descritto; lo sento in me. Non posso vederlo perché non ha sembianze come immaginavo. La felicità e l'amore siano con voi. Sono stato in Africa. Credo che ho combattuto, ma non so se ho vinto. Solamente ho vinto la morte. Volevo raccogliere un corpo del quale non esisteva nemmeno più la forma. Di nuovo sfiora qualcuno e dice: Gioia per essi che sono riusciti a mettersi in contatto col nostro mondo. Ora si fa per l'infinito con la velocità del pensiero".

(4 novembre 1948) "Uno spirito trapassato da poco sta attraversando il mio campo. Forse si è portato nel luogo dove è trapassato il suo corpo o forse dove sono i suoi familiari. Ecco il suo pensiero: Sono morta, ma non sono morta. Mi sono annegata. Non ditelo a nessuno perché si potrebbero spaventare. Mi sono annegata ora ora. Sono caduta ma non mi sono annegata. Non volevo annegarmi; è stato l'impeto della corsa. Quando l'acqua mi ha bagnata ho riso tanto, tanto tanto vedendo che non mi ero bagnata per nulla. Ho cercato di portare pace, di tranquillizzare, ma non mi si dava retta. Era come un sogno. È l'impeto della corsa; sono caduta ma non mi volevo annegare. È ancora nel mio campo ed augura luce a tutti voi. Ancora un altro spirito mi dà pensiero: Pierino Formi. Forse vi ho conosciuto ma non lo so... Ho cercato di mettermi in contatto con i miei genitori, ma tutto è stato vano; essi credono di avermi perduto per sempre. Mi sembra di essere caduto non so quando. Inutilmente ho cercato di mettermi in contatto con i miei genitori. Uno spirito sfiora il mio campo. Si concentra in ricordo; si aiuta, tramite il cervello del nostro mezzo che gentilmente si presta, a cercare un nome: Alamanno Moggi. Ricordo che ho conosciuto questo nome. Volete togliermi una curiosità? Il nome che ho ricordato è uno dei vostri, oppure è stato il mio?" Rispondiamo che il nome ricordato dallo spirito è ad esso appartenuto durante la vita terrena. "Siete di San Gimignano?" Alla nostra risposta negativa la guida continua: "Sfiora uno ad uno i vostri spiriti; sfiora lo spirito del mezzo e il mio. Dice ancora: Forse vi ho conosciuti, ma tutto si offusca attraverso la gioia. Non c'è febbre. Pregherò di puro amore per tutti".    

Al termine di questa seduta, quando la guida aveva già tolto il campo, un'entità riuscì a comunicare in voce diretta, ed alcune delle frasi pronunciate furono registrate nel verbale: La vostra preghiera non sappia di inginocchiatoio. Un attimo di pensiero è una vera preghiera... Vedrete al vostro trapasso che cosa meravigliosa. Si chiudono gli occhi e se ne aprono altri che vedono più meravigliosamente. Quello che state vivendo voi ora non è altro che un sogno. Vi sembra di agire, di possedere una data cosa, e invece non possedete che lo spirito e neppur questo è vostro... Il vostro corpo attraverso procedimenti dell'infinito dovrà ritornare allo stato primo della materia e il vostro spirito sarà di nuovo libero... La morte è una beffa che dà gioia...    

Il 18 novembre 1948 si manifestò di nuovo la stessa entità che aveva detto di essere annegata: "Un altro spirito che sta nel mio campo sfiora qualcuno di voi e dice in pensiero che io trasmetto in suono: Vorrei ridere. Non abbiate paura. Mi sono annegata. Vorrei ritornare per un attimo per dirvi che tutto è stato un brutto sogno. È stato l'impeto della corsa: non volevo annegarmi. Sfiora il nostro mezzo. Ancora dice: Perché non fate qualcosa per me svegliandomi e portandomi a casa mia? Non posso svegliarmi. Ho cercato di scuotermi e scuotermi ma non ce la faccio. Forse è sempre sotto l'incubo della morte spaventapasseri dell'umanità". Leggendo i verbali delle comunicazioni si ha spesso l'impressione che il contatto medianico stabilisca un collegamento con una dimensione senza tempo, nella quale certi messaggi vengono ripetuti con qualche variante in modo quasi casuale, privo di quel coordinamento logico che la nostra memoria conferisce alla cronologia degli eventi: le entità non ricordano nemmeno se sono trapassate da molto o da poco, e spesso sembra che vivano in una sorta di nebbia creata da uno stato di beato stupore inebriante.

(14 dicembre 1948) "Uno spirito augura luce a Maria, a Cesare e ad altri. Dice: Quattordicesimo in Russia. Una raffica di mitraglia mi abbatteva. Non avvertivo dolore alcuno, e neppure il freddo che poco prima mi aveva assalito in maniera da non descrivere. Non udivo più alcun rumore. Il mio passo era leggero, tanto leggero che non mi sembrava neppure di passeggiare. Gioivo perché credevo di sognare. Il dolore nulla; il freddo non esisteva più; la luce del sole era nulla; il chiaro del giorno era opaco. Volevo togliermi qualche cosa dagli occhi ma non riuscivo. Poi mi sentii come tutto invaso da una nuova luce e percepivo che uno era come me (allude alla guida). Allora io capii e percepii che era luce nuova. Ma non volevo staccarmi dal mio corpo, e lo seguivo mentre altri, ricordo esattamente, cercavano sorreggerlo. Non ho peso e non ho nemmeno paura. Ancora non sono sazio di queste bellezze. A voi sempre bene per tutti. Se avete figli caduti in una guerra non li pensate come morti e scomparsi per sempre; ogni pensiero così li può rattristare. Pensateli vivi, esistenti più di prima. Io ho lasciato moglie e forse figli, ma prego per essi. Luce e tante cose buone".

Il 22 aprile 1949 un'entità riesce a comunicare direttamente con la propria voce: Sono trapassato, non ricordo, forse nell'attuale guerra. Questo è come una sofferenza che non si può narrare se non si prova; è un attimo sfuggente nel quale sembra che a noi tutto debba sfuggire per nulla più avere. Non so se desto interesse o timore. È strano; voi non mi vedete ed io ho avuto un corpo come voi. Ora è come un pensiero rimasto e prego ancora di restare. Non so quanto peso, se sono fatto di aria, ma sento che esisto; non vi vedo ma sento che esisto. Ho come una speranza di essere tra voi con un contatto tramite il nostro bellissimo campo. Io non ho corpo; questo non conta; voi avete corpo eppure siete fatti come me, uguali, identici. Avete un cervello e quindi un pensiero come me. Dio esiste. Tutto è bello; tutto è riflesso e tutto parla di Dio: piante, fiori, alberi, sole e stelle. Posso adoperare la forza di uno come voi ma non posso abusare di uno come voi. Non so come giunga la mia voce, se tetra o come. Grazie. Voi non mi vedete ma io sono e rimango.

Il caso dell'aviatore Herbert

Molte altre comunicazioni, occasionali o ricorrenti, furono trascritte nei verbali, e sarebbe interessante fare un esame comparato di tutto questo materiale. Mi limito a citare due soli casi. Il primo è relativo ad un'entità, Herbert, che affermava di essere stato un aviatore americano (di Miami) morto in guerra quando il suo apparecchio era precipitato in mare. Nel corso degli anni Herbert si manifestò diverse volte, chiedendo sempre perdono ai giapponesi per averli bombardati e pregandoli di non odiarlo per questo: (14 ottobre 1947) "Uno spirito mi sfiora; si fa nel mio campo; ecco, mi dà pensiero: Tanto bene a voi tutti e tanto bene a tutti quelli che mi conobbero come voi. Non ricordo con esattezza come chiamavano il mio fisico ma mi sembra chiamarsi Herbert. Non riesco più a ricordare tanto. Il passato attraverso il fisico mi appare come cosa incerta e tutto svanisce come in una nebulosa; ho soltanto come il vago ricordo di un brutto sogno che vissi accanto a voi. Forse fummo alleati o forse nemici ma questo non ha importanza, l'importanza è che tutto sia stato una visione, una terribile visione. Ho compreso del vostro contatto perché continuamente vi ho seguiti attraverso questa essenza (la guida) che con amore crea la nostra trasmissione, ed approfitto per augurarvi tanto bene e un buon proseguimento per la vostra via. Siate buoni. Vorrei avervi avuti tutti con me prima di quel banale incidente che sembrava volermi perdere. Vi sfioro e sono tanto felice che voi sappiate la verità, ora cesso di conversare fisicamente e il mio pensiero è tutto a Dio. Vi penso ancora. Siate fratelli e sempre lo sarete". 

(5 dicembre 1947) "Uno spirito ancora mi dà pensiero: Tanto bene e tanta salute a voi tutti. Ci ritroveremo e saremo immensamente felici di aver vissuto un inesistente sogno terreno. Vostro Herbert. Se vi ho recato danno durante la cosiddetta guerra vogliate perdonare quei vizi voluti soltanto dal trascendere della materia cieca. Se siete giapponesi pregate per me ed io pregherò per voi. Un giorno, quando pur voi sarete come me, pregherò un attimo per avere la bocca e ridere, ridere della beffa che ci fu preparata. Noi la volemmo, come io vorrò ancora riprendere un corpo e sognare ancora credendo di sognare. È quella la prova che sublima lo spirito. Vi amo e prego per voi e per i vostri cari trapassati. Vostro Herbert".   

(5 gennaio 1948) "Uno spirito che è nel mio campo mi dà pensiero: Herbert. Vi ricordo col pensiero. Vi ringrazio e non odiatemi se qualche volta ho bombardato il vostro Giappone. Ho gioia nello sfiorarvi spesso. Non odiatemi se bombardando avessi ucciso qualche vostro familiare. Era la materia che inveiva contro la materia ma lo spirito era sempre rivolto a Dio".   

(25 marzo 1948) "Un altro spirito dice: Herbert. Non odiatemi, se siete giapponesi; era la materia che bombardava. Forse posso aver distrutto vostre case; forse posso aver dato fine ai corpi dei vostri figli e delle vostre madri. Non odiatemi. L'apparecchio cadde nell'oceano. Io lo seguii con esso nel profondo del mare, ma non sentivo quell'acqua che mi bagnava. Sprofondavo come entrare in un brutto sogno, ma non soffrivo. Perdonate. Vi auguro amore, felicità e tanti fiori".

(16 marzo 1950) "Un altro domanda se siete giapponesi. Mi dà pensiero; io l'ho già tranquillato che non siete giapponesi. Vogliatemi perdonare se siete giapponesi, se vi ho bombardato case, vostri figli, vostre madri. Sono caduto nell'oceano colpito, come per castigo, da un caccia dal muso giallo. Perdonate. Mi chiamavo Herbert, ma tutto è gioia e tutti siamo fratelli. Prego per tutti voi e un giorno ci abbracceremo uniti. Sfiora il mezzo, sfiora voi e con la velocità del pensiero si fa per l'infinito. È come un incubo per esso, che appena io sento il vostro pensiero e formo il campo, questo spirito, Herbert, mi si fa come dietro e vuole sapere se siete giapponesi. Ecco di nuovo mi sfiora, sfiora voi. Dice che è trapassato per una di quelle...". Nonostante i chiarimenti di Mariòl, anche nelle comunicazioni successive Herbert continuava sempre a ripetere: «Non so se siete giapponesi». (4 aprile 1951) "Un altro dice: Sono stato tra voi e vi ho sempre pensato. Ho pregato per voi, ma se siete dei giapponesi vi prego ancora di non odiarmi perché io non ho più corpo. Non vi farò del male, ma farò del bene per voi tutti". (Uno dei partecipanti alla seduta dice): "Mariòl, per piacere, comunica a codesto spirito che non siamo giapponesi, ma anche se lo fossimo lo ameremmo ugualmente". "Io l'ho tranquillato. Mi dà pensiero: Amore a voi. Ha un nome che risuona per voi Herbert. Aveva paura che foste giapponesi. Non sa chi siate, ma siete fratelli. Ha gioia, vibra di gioia. Sfiora il mezzo che gentilmente si presta, sfiora voi e dice in pensiero: Fu come un brutto sogno, un sogno terribile che sembrava non dovesse finire più. Dio è grande; Dio perdona ogni offesa, anche la più grave è perdonata. Sono stato perdonato e prego tanto se ho fatto del male. Luce e tanti fiori su voi e sui vostri cari. Siete della Florida?".

Ma fino alla fine Herbert continuò a chiedere: «Siete giapponesi?». (21 dicembre 1951) "Uno spirito mi dà pensiero: Siete nel Giappone? Io sono stato con l'aviazione a bombardare perché era guerra. Non odiatemi, se vi ho arrecato gravi danni e se ho ucciso dei vostri cari; forse padri, figli, madri, sorelle. Non vi dico chi sono perché sennò crederete che io fossi bugiardo". In quella seduta Herbert non ricordava nemmeno di aver già comunicato il proprio nome. Anche Ravaldini, nell'articolo pubblicato sul fascicolo 3 del 1996 di Luce e Ombra, si poneva alcuni interrogativi: «Ma un aspetto delle comunicazioni è rimasto incomprensibile, perché ogni volta che si manifestava chiedeva se eravamo giapponesi, nonostante lo avessimo sempre assicurato che eravamo italiani... Sembrava affetto da una ossessione, come un particolare monoideismo talmente sovrano nei suoi pensieri, che a contatto diretto con l'ambiente terrestre, con la materia, gli facesse sistematicamente dimenticare le nostre precedenti assicurazioni, cioè che non eravamo giapponesi... È un mistero, uno dei tanti, che avvolgono quel lungo ciclo di sedute medianiche. Occorre tener presente, però, che particolari dimenticanze compaiono in tante comunicazioni cosiddette trascendentali, anche se ottenute da validi medium. Pertanto dovremmo sempre tener conto di queste lacune nel giudicare tali fenomeni ed essere molto prudenti prima di attribuirne la provenienza esclusivamente ad ipotetiche trasmissioni telepatiche o addirittura a trucchi più o meno coscienti perpetrati dagli stessi medium».

Il caso del sacerdote Giuseppe Riccardi

Nel verbale della seduta del 18 novembre 1948 è registrata una comunicazione di particolare interesse, sempre ottenuta tramite la voce diretta di Mariòl: "Uno spirito si fa nel mio campo. Ecco il suo pensiero: Non posso vedervi, ma sento che voi esistete come sono esistito io. Sono stato sacerdote. Ho felicità. Sono contento che voi sappiate finalmente quale è la verità. Con la rivoltella mi uccise. Non serbo rancore. Ero sacerdote a Canton nell'Ohio. Giuseppe Riccardi. Non so chi siete; so soltanto che siamo fratelli. Non siamo gli uni contro gli altri, siamo fratelli. Una donna mi colpì dopo celebrata la messa. Il sacerdote non conta; conta il fratello Giuseppe Riccardi. Colpito sentii molto caldo; cercai (di evitare) che ancora mi si colpisse. Mi alzai e volli domandare perché quella donna mi aveva colpito con la pistola. Essa era in preda come a isterismo. Non mi dava retta; non sentiva che la invitavo come ad alzare il mio corpo. Ma questo non occorre più. Siamo tutti fratelli. Vi auguro luce e i più bei fiori dell'Ohio...". Gli elementi identificativi di questa comunicazione indussero Ravaldini ad eseguire alcune indagini molti anni dopo, nel 1979, come da lui stesso raccontato in Realtà e Mistero (pag. 235 e seguenti). In particolare fu ritrovato questo box pubblicato nell'ultima pagina del quotidiano Il Telegrafo di Livorno del 12 marzo 1929, nella rubrica Ultime della notte.


La notizia pubblicata nel quotidiano
Il Telegrafo del 12 marzo 1929
(tratto da «Realtà e Mistero», pag. 240).

Altre ricerche eseguite sul settimanale La Domenica del Corriere e sul quotidiano La Nazione, per verificare se la notizia fosse stata riportata nel periodo successivo alla data in cui il fatto si era verificato (10 marzo 1929), dettero esito negativo. Ravaldini scrisse anche al professor Ian Stevenson presso l'Università della Virginia, chiedendogli se riusciva ad ottenere ulteriori informazioni in merito a quell'episodio che doveva aver avuto qualche riscontro almeno localmente, nella città di Canton. Finalmente nel 1987 ricevette una lettera (riprodotta a pag. 238 di Realtà e Mistero) di cui riporto la traduzione.

              13 agosto 1987
              Caro Signor Ravaldini,
colgo l'occasione per presentarmi come l'assistente ricercatrice del dott. Ian Stevenson, che mi ha chiesto di eseguire delle ricerche relative ai dettagli della morte di Padre Giuseppe Riccardi. Ho appreso dall'assistente di archivio della Diocesi di Youngstown, Ohio, che Padre Giuseppe Riccardi, sacerdote nella chiesa di Sant'Antonio a Canton, morì il 10 marzo 1929. Padre Riccardi aveva servito in quella parrocchia dal 1925. Non ho informazioni sulle cause della morte di Padre Riccardi, ma sto scrivendo ai giornali di Canton ed alle società storiche dell'Ohio per avere una copia (se disponibile) del necrologio. La terrò informata dei futuri progressi dell'indagine... (firmata da Susan M. Adams)
.

Si noti l'errore di stampa nel box de Il Telegrafo: Chio anziché Ohio. Come giustamente osservava Ravaldini: «L'istruzione del medium era limitata alla scuola elementare e anche volendo ipotizzare che a 16 anni (cioè nel 1929) fosse venuto casualmente a conoscenza della notizia dell'uccisione di Padre Riccardi, riportata da Il Telegrafo, e l'avesse poi sepolta nel proprio inconscio, quella avrebbe dovuto rimanervi tale e quale come appariva sul quotidiano. Il giornale parla genericamente di Canton, il che fa venire subito alla mente la grande città cinese, tanto più che la parola che la segue tra parentesi, anziché indicare lo stato americano dell'Ohio, per un errore tipografico recita letteralmente Chio – come si può vedere nella riproduzione del testo –, il che fa proprio pensare ad una provincia cinese. Quindi, volendo interpretare la comunicazione medianica come fenomeno criptomnesico, la fittizia personalità manifestatasi avrebbe dovuto dire Chio e non Ohio (pronuncia Ohàio, perché in inglese la lettera h è sempre aspirata). E quest'ultima parola è stata invece correttamente ripetuta due volte dalla personalità sedicente Padre Riccardi». Ravaldini nota inoltre come le modalità della morte, ricordata dall'entità come pressoché istantanea nelle comunicazioni riportate nei verbali, non coincidano con quanto riportato nell'articolo: probabilmente la separazione della coscienza dal corpo era stata immediata, subito dopo gli spari, mentre la cessazione delle funzioni vitali era stata riscontrata successivamente, dopo il trasporto in ospedale. Anche per questa ragione un'interpretazione esclusivamente criptomnesica è poco convincente.

Nel 1990 fu pubblicato nel Journal della SPR (vol. 56, n. 821, pag. 257 e seguenti) un articolo completo ed accurato, firmato da Silvio Ravaldini, Massimo Biondi e Ian Stevenson, sul caso Riccardi e sugli ulteriori sviluppi delle indagini condotte. Mi ripropongo, in futuro, di tradurlo in italiano, ma intanto chi fosse interessato a leggere l'originale in inglese può visualizzarlo qui in formato pdf, oppure scaricarlo (right-click > salva col nome). In un articolo commemorativo su Ravaldini, pubblicato sul fascicolo 1 del 2016 di Luce e Ombra, Massimo Biondi ha scritto di aver avuto ulteriori informazioni sulla persona di Giuseppe Riccardi: «una persona di grande levatura nel suo ambito religioso e nel contrasto alla mafia locale, ucciso proprio per questo motivo».


 

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