NDE di Lynnclaire Dennis

 

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Un'ascensione in mongolfiera

Lynnclaire Dennis ebbe una NDE nel 1987 mentre sorvolava le Alpi svizzere in mongolfiera. Durante la sua esperienza ebbe una visione di ciò che definisce come la trama (the Pattern), da lei descritta come la fonte primaria della guarigione personale e globale. Guardando questa trama cosmica, seppe che stava osservando la vita stessa: era fatta di luce, di tempo e di spazio. Era l'energia di tutta la materia, il cuore di tutto ciò che ha significato. Quelli che seguono sono estratti tradotti con la sua autorizzazione dal libro The Pattern.

Ricordo esattamente il momento in cui ruppi i legami con questo mondo ostile e mi immersi nel calore della luce. Istantaneamente fui in salvo, al caldo, crogiolandomi nello splendore del sole al di sopra dei prati alpini del monte Rainier. Non mi trovavo più al di sopra delle Alpi, ma nello stato di Washington, ed in qualche modo tutto questo aveva un senso preciso. Qui, in un posto ricco di vividi e gioiosi ricordi d'infanzia, ebbi una straordinaria sensazione di benessere sentendo la stabilità del terreno sotto i miei piedi. Con gratitudine e meraviglia vagai attraverso la valle, sentendomi permeata dalla certezza di aver attraversato una frontiera cosmica. Era il paradiso, o forse qualche luogo oltre quell'aldilà celeste nel quale avevo sempre sperato di essere degna di entrare. Quel che sapevo – e lo sapevo con certezza – era che il tempo e lo spazio non erano altro che attenuati fasci di invenzione umana. Entrambi erano ragnatele di luce nella mia consapevolezza.    

Realtà fuori dal tempo

Mentre mi espandevo vedevo le corde degli anni che mi legavano al pianeta. Il legame era un intreccio fatto di fili di giorni, strisce di mesi e nastri di anni, e formava una connessione tra l'allora e l'adesso. Nessun dubbio che questa fosse la montagna della mia infanzia, e tuttavia era intrinsecamente differente. Era reale, però era fuori fase rispetto all'astrazione del tempo lineare. Mentre mi trovavo là compresi che se il tempo fosse tutto qui ed ora, potrebbe non essere una linea retta. Questo starebbe solo a significare che potrebbe non esserci qualcosa di simile ad un principio, una metà ed una fine. Inoltre, fu allora che mi resi conto che anche io ero fuori dal tempo, sebbene avessi un'esistenza corporea.      

Mai, prima d'allora, avevo preso in considerazione l'idea che potessero esservi cose simili a realtà coesistenti. Non avevo mai immaginato che ci potessero essere universi simultanei. Mai, nemmeno nelle mie fantasie più sfrenate, avevo pensato che ci potesse essere un modo di ricordare e sentire periodi ed eventi differenti come se stessero accadendo proprio ora. Compresi che in relazione alla vita, la morte è semplicemente l'altra parte di una soglia oltre la quale non si può normalmente vedere, e così pure, nella morte, la vita ed il mondo dei viventi erano dall'altra parte di un velo sottilissimo. Mi colpì l'idea che forse né il paradiso né la Terra sono così bianchi o così neri come avevo creduto fino a quel momento.      

Fu allora che guardai in basso verso il mio corpo e con meraviglia mi domandai: «Ma da dove è venuta questa gonna?» Non ero più avvolta in pesanti ed ingombranti strati di abbigliamento invernale di lana, ma indossavo una gonna bianca di squisita fattura che sembrava confezionata in un tessuto creato da un esperto stilista spargendo polvere di stelle su una filigrana di ragnatele. La osservavo mentre sembrava fluttuare sulla mia pelle: era come se milioni di minuscole ali le impedissero di far sentire anche solo il peso di una piuma sul mio corpo. Un senso di leggerezza permeò il mio essere fino a quel che io pensai dovesse essere il livello delle cellule, o piuttosto dell'anima (gioco di parole tra cellular e soul-ular, che in inglese si pronunciano in modo simile).            

La canzone dell'universo

Poi udii la musica: era una melodia così perfetta e sublime che il ricordo mi fa ancora venire le lacrime. Seppi allora, e so anche adesso, che stavo ascoltando la sinfonia degli angeli, la canzone dell'universo, quella che alcuni hanno chiamato la musica delle sfere. Tutti i pensieri si fusero in quella melodia ed ogni altra cosa smise di avere alcuna importanza. Chiusi gli occhi e cominciai a danzare, muovendomi in armonia con quella vibrazione risonante che scorreva attraverso la mia essenza. La melodia sembrava aver origine da un singolo punto ed era composta di un solo verso, un canto il cui tono mistico conoscevo e cantavo con tutto il mio essere. Mi bagnavo in quella melodia ed una gioia totale mi riempiva, e mentre il suono lavava completamente il mio spirito sentivo che la mia coscienza era liberata da ogni confusione. Completamente avvolta da questo armonioso drappo di grazia, sentivo che l'amore si stava risvegliando nelle profondità della mia anima. Muovendomi con quest'aria di elegante misericordia, iniziai il mio ritorno verso l'alba della totalità mentre un crescente senso di unità gonfiava il mio cuore, la mia mente e la mia anima

L'incontro con la nonna

Un'indicibile gioia riempì il mio cuore quando vidi la mia nonna paterna avanzare verso di me dalla montagna. Si avvicinò a me e mi accolse a braccia aperte. L'ultima volta che l'avevo vista era nell'estate del 1963, e per oltre vent'anni avevo sentito un'inconsolabile rimpianto nel cuore perché non ero riuscita a dirle addio. Ora eravamo di nuovo insieme in un magico luogo nel quale il tempo non aveva alcun significato. Mentre parlavamo dell'amore, compresi che solo esso era veramente reale. Camminammo mano nella mano in un'immensità che sta al di là di quel confine che chiamiamo tempo. Il mio rimpianto svanì dato che il nostro amore veniva riscattato da ciò che avevo creduto essere l'oblio. Camminavamo in uno spazio sacro nel quale immagini di ricordi terreni erano appesi senza sostegni fisici. Attraversammo un reame che per molte persone che vivono in questo qui ed ora sfida la ragione ed ogni spiegazione logica, tuttavia io so che si tratta di una dimensione straordinariamente reale. È uno spazio nel quale la grazia non conosce confini e solo l'amore infinito abbonda. Dobbiamo solo ricordare per renderlo reale

Il teatro della rappresentazione della vita

Andavamo avanti in un tepore lussureggiante, inoltrandoci verso la parte alta della valle, ed avanzando verso la sorgente della luce. Io feci un solo giro, ed il prato improvvisamente divenne un anfiteatro. Su un palcoscenico che sembrava sospeso davanti a me fui testimone, assieme a mia nonna, di ciò che sembrava una completa rappresentazione della mia vita. A novanta gradi sulla mia destra c'era quello che percepivo come una porta, proprio al limite della mia visione periferica. E da questa porta ogni personaggio che aveva avuto un ruolo nel dramma della mia vita entrava sulla scena. A turno camminavano fino al centro del palcoscenico, dove si metttevano di fronte a me. Mentre mi salutavano, io inesplicabilmente sentivo di comprendere qual è il più alto scopo della nostra connessione terrena: l'amore. Vidi ogni persona per quello che lei o lui era, al di là della descrizione che io avevo preventivamente usato per definire ciascuno di loro. Via via che mi insegnavano l'amore, compresi quale importante ruolo noi giochiamo nell'influenzare lo sviluppo reciproco delle nostre personalità. Vidi come i giudizi, il biasimo, e la vergogna deformano o distruggono il senso del nostro essere. Per la prima volta vidi la profondità delle influenze che noi esercitiamo reciprocamente sulle nostre vite.       

Fui salutata da conoscenti ed amici, dai nonni, dal miglior amico di mio padre, e da un caro compagno di scuola della terza media. Uno dei più straordinari incontri avvenne quando mia nonna materna si avvicinò a me con un bambino in braccio. Sapevo che questo bambino era il figlio che avevo abortito al settimo mese di una difficile gravidanza nel 1977. Vederlo portò una nuova pace nella mia anima perché finalmente compresi che questa creatura del mio cuore aveva raggiunto la sua meta verso l'assoluta perfezione. Insieme allora ed ora, in quello che fu davvero un momento magico, la sua minuscola presenza risvegliò nel mio essere una nuova valutazione della vita. Fu solo su quella montagna sacra che finalmente il mio più alto sé fu gratificato dalla pace necessaria per mettere fine al mio dolore e garantire a questo piccolo innocente le sue ali. Compresi ben presto che il tempo non è lineare, ma piuttosto composto dalle varie lezioni di vita attraverso le quali ero passata. Questa panoramica scorreva su di me come un fiume di acqua vivente. Man mano che la mia precedente superficiale comprensione dell'amore e della vita si approfondiva, sapevo che niente nella mia vita o nella mia morte era casuale.      

Dopo che ogni personaggio aveva condiviso il suo messaggio sul significato dell'amore, si voltava ed usciva attraverso un'altra porta situata a sinistra del palcoscenico. Sapevo senza alcun dubbio che anch'io sarei presto passata attraverso quella porta per unirmi a loro dall'altra parte. L'ultima persona a presentarsi sul palcoscenico della mia vita fu un uomo a me sconosciuto. Mentre veniva al centro del proscenio e si voltava verso di me, notai che la mia vista non era più a fuoco. Sebbene fossi certa che non era qualcuno che conoscessi, potevo sentirlo nelle profondità della mia anima. Cominciò a parlare, comunicando direttamente al mio cuore. Il messaggio che mi diede quel giorno è scolpito sia nella mia mente che nella mia anima: «Lynnclaire, tu avrai un ruolo di catalizzatore per il cambiamento e per l'amore. Porterai con te, custodirai ed onorerai la memoria di ciò che hai vissuto. Porterai nella coscienza ordinaria i regni, le realtà e le testimonianze affinché il tuo spirito possa ricordare la trama».    

Una danza verso la luce

Sapevo che questa era la verità. Sapevo anche di non essermi mai sentita così ricordata, riconosciuta, compresa ed amata. Tuttavia, quando si voltò per andarsene, invece di seguire gli altri ed uscire dal palcoscenico attraverso la porta di sinistra, andò verso quella di destra. Vedendolo uscire dalla stessa porta da cui era entrato, ricordo chiaramente di aver pensato che questo fatto era importante. Da quel giorno l'ho identificato come la presenza. Improvvisamente, il palcoscenico era svanito ed io ero di nuovo fuori dal tempo. Ero una testimone che osservava se stessa da bambina… osservai il mio innocente io infantile che cominciava a danzare attraverso i prati. Poi, mentre contemplavo questa celebrazione della vita, vidi che in un solo volteggio di questo walzer, io-lei non era più una bambina, ma una donna di 35 anni che danzava da sola nel palazzo di Hofburg: avevo di nuovo la mia magica gonna e mi muovevo da sola in armonia con la musica. Allora decisi di fondermi con quell'altra parte di me e cominciai a danzare. Ed ogni passo di danza mi conduceva più vicino alla luce.      

Poi, in un posto sacro da qualche parte prima della luce, mi sentii sospesa, gentilmente cullata, nutrita e tenuta tra le braccia di colui che io pensavo essere la presenza. Non ha nessuna importanza se fosse una guida, un guardiano, un essere umano dotato della capacità di camminare tra i mondi, oppure un angelo, perché ancor oggi questa memoria è viva: la sua presenza vibra dentro i miei sensi ed ogni giorno infonde di amore gli archivi coscienti della mia memoria. Sentivo allora, e ricordo bene ancor oggi, il calore, la serenità ed il benessere che provavo nell'essere avvolta tra le braccia di un grande ed ancor ricordato amore. Mentre ero cullata in questo sereno abbraccio, ero inondata di luce. Il mio spirito era infuso di un senso di pace, e nella mia anima era scolpito il ricordo di un amore senza tempo. Mentre l'esperienza si dissolveva nella luce, mi ritrovai di nuovo a salire verso l'alto della montagna. Quando mi fermai per guardare indietro nella valle rividi di nuovo me stessa come una bambina, stavolta mentre raccoglievo un mazzolino di fiori alpini. Mentre lei danzava attraverso i prati, la udii cantare, gridando alle montagne: «Vi amo! Vi amo! Sono a casa». Chiusi gli occhi e mi domandai: «Sono a casa? O sto tornando a casa?».   

Con gli occhi chiusi, come in una visione all'interno di un'altra visione, vidi mia madre. Non riuscivo a capire perché fosse là: per quanto ne sapevo, la mamma era viva e vegeta. Non era forse questo l'aldilà? Sapevo che non ero più viva e sentivo di essere in uno spazio tra i mondi. Fu allora che vidi il tunnel e seppi con assoluta sicurezza di essere sulla strada di casa, certa che la casa a cui avevo anelato per tanto tempo era nella luce al di là dell'altra estremità di quel passaggio.  Mentre stavo lì con la sola compagnia di mia nonna, lei mi disse che dovevo compiere da sola quella parte del viaggio. Ricolma di pace, sapevo che l'avrei vista di nuovo dall'altra parte. Ero pronta, e senza esitazione mossi il primo passo all'interno del corridoio che conduceva verso la luce, attraversando l'intersezione che connetteva l'adesso con l'eternità… Una volta che fui all'interno del tunnel fu come se qualcuno dall'altra estremità stesse chiamando il mio nome, attirandomi verso di sé. Sapevo che questo passaggio portava in vetta al montagna, riconducendomi a casa, nella luce. Ero sopraffatta dalla gioia all'idea di raggiungere la sommità, pensando che per tutta la vita avevo desiderato arrampicarmi in cima al monte Rainier ma non l'avevo mai tentato, nel timore di fallire la prova o di morire nel tentativo.    

Mi mossi senza sforzo lungo il passaggio. Presto seppi che sarei stata in grado di volare. Volare? La luce diventava sempre più brillante e più calda mentre avanzavo attraverso il tunnel. La musica, quella sinfonia celestiale, continuava a riempire l'aria con un salmo di unità, suonato da invisibili strumenti di pace. Arrivai al culmine e, in piedi all'ingresso nella luce, feci un solo passo in avanti, lasciando l'impronta del mio piede destro fissata nell'eternità. Entrai in uno spazio sacro, un luogo in cui sapevo di essere tornata alla mia natura più essenziale, in cui mi sentivo completamente e coscientemente unita con ogni cosa e con la sorgente, in cui un rilassante balsamo di pace fu versato sul mio spirito da una mano invisibile, un linimento così ricco d'amore che ancor oggi non sono riuscita ad assorbirlo ed a comprenderlo pienamente.    

La trama della vita

Ed allora, in una rapida occhiata, vidi la trama, la singola fibra dell'ordito che, come sapevo, costituiva l'intreccio dell'essenza con la materia in ogni forma di realtà. Il suo progetto era così semplice, pur nella sua complessità, che sentivo poteva esser stato modellato solo nella esuberante filigrana dell'infinito. Guardando la trama, sapevo di vedere la vita stessa. Era luce, era tempo e spazio, era l'energia di ogni materia, l'energia di tutto ciò che ha significato. Era l'intima essenza di ogni vivente. Emanava dalla sorgente, e per la mia mente veniva illuminata dalla sorgente dietro il sole, mentre si muoveva in perfetta armonia con tutto l'universo. Mi preparavo a fondermi nella sorgente della luce e dell'amore assoluto, e sentivo con tutto il mio essere che la trama era il nucleo di tutte le sostanze. Sapevo che la musica che emanava dalla trama era il canto del mio cuore, un testamento di incondizionato amore. Quel primo passo che avevo compiuto era l'inizio di una danza che mi avrebbe portato in quel singolo punto della luce infinita che conteneva il potere dell'amore che avrebbe illuminato per sempre la mia mente ed il mio cuore. Inspirai e mi stavo preparando al passo successivo, mentre l'emanazione dell'amore, la forza vitale dell'universo, mi conduceva a casa, quando, senza alcun preavviso, la melodia si trasformò in un suono stridente. Prima che mi potessi muovere, una confusione di suoni discordi mi assalì, una ventata gelida mi investì, e ricordo di aver urlato: «No!».

Ritorno alla vita?

Sapevo di star lottando per la vita o per la morte, stavolta con un avversario sconosciuto che mi aveva afferrato per il piede sinistro. Stavo lottando con un nemico che tentava di tirarmi indietro con forza, portandomi via lontano dalla luce. Ero adirata. Non volevo andarmene. E tuttavia, anche mentre ero trascinata via rudemente, sapevo di dover ricordare. Mi girai verso destra per guardare la trama, sapendo che non dovevo dimenticarmene. Il nemico era il mio fidanzato, Steve. Mentre mi amministrava freneticamente la CPR (rianimazione cardiopolmonare), mi colpiva ripetutamente il petto forzando l'ossigeno a circolare nel mio corpo. Più tardi mi disse che quando io ero rientrata nel corpo i miei pugni avevano cominciato a mulinare nell'aria con una forza che sembrava originata da una rabbia dell'altro mondo.   

Il tempo esatto in cui fui come morta, in relazione a quella che viene comunemente definita una NDE, non è certo. Ma l'ascesa da 4.000 metri, quando io ricordo di essere uscita dal corpo, a quasi 6.000 metri, probabilmente deve esser durata più di 15 minuti (Nota: il senso di questa frase non è chiaro, perché siamo propensi a credere che il pallone fosse stato diretto verso il basso, per favorire una migliore ossigenazione, e non verso l'alto, dove l'ossigeno è ancor più rarefatto. Questo è anche quanto si ricava da altre rievocazioni dell'incidente, nelle quali Steve, che era medico, conferma che mentre lui cercava di rianimare Lynnclaire un suo amico dirigeva il pallone verso terra).

Sebbene Steve avesse avuto successo nel riportarmi in vita, una cosa era certa: la donna che aveva portato indietro non era più la stessa di prima. Dopo aver compreso che nella mia essenza io ero una creatura di luce, dovetti ritornare in questo mondo e rientrare in un denso corpo fisico. Inoltre, quasi ogni cosa in cui avevo creduto solo qualche ora prima (cioè che io fossi un essere fisico, che l'amore fosse fuori di me, che Dio fosse una specie di monarca patriarcale seduto su un trono di marmo in cielo, che la morte fosse qualcosa da temere, che io fossi vincolata al mio passato, che religione e spiritualità fossero la stessa cosa e che la spiritualità e la scienza fossero cose differenti) non era più vera alla luce della mia esperienza. Ogni immagine della realtà che io avevo usato per definire la mia esistenza – da non confondere con la mia vita – era stata virtualmente bruciata. Le ceneri della donna che io credevo di essere erano sparse nel vento.    

 

Per molto tempo Lynnclaire cercò di rammentare l'esatta forma della trama che aveva visto durante la sua NDE. Nella stesso tempo intraprese ricerche nel campo della geometria tridimensionale e nella matematica. Riferì di aver poi osservato in sogno una struttura geometrica simile a questa (un triplo nodo toroidale) nella quale riconobbe quella della sua visione, che tuttavia conteneva anche un poliedro interno ed uno esterno tra i quali la struttura vibrava. In seguito completò il modello con l'inserimento al suo interno di un poliedro regolare.

Sebbene la testimonianza di questa NDE sia stata rielaborata in modo da adeguarsi alle esigenze di pubblicazione, essa ha in comune con altre analoghe esperienze l'irruzione nella coscienza della protagonista di una sintonia nettamente diversa da quelle normalmente accessibili alla mente umana nella vita normale: una sintonia nella quale l'amore universale è la forma di energia più importante, mentre spazio e tempo sembrano non avere lo stesso significato e la stessa rilevanza che hanno nella nostra dimensione. Nella maggior parte delle NDE, qualora si voglia sostenere l'ipotesi che queste esperienze mentali siano comunque determinate dall'attività cerebrale, si riscontra una completa disconnessione dell'attività cosciente dalle funzioni e dalle sensazioni corporee alle quali è normalmente associata nello stato di veglia. Qualcosa del genere si verifica quando sogniamo, soprattutto se si tratta di sogni lucidi o di sogni coscienti, tuttavia in molte NDE sono presenti elementi diversi da quelli sperimentabili in quegli stati di coscienza non ordinari.


 

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