NDE di Stefan Jankovich |
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Un incidente d'auto ed una trasformazione personale Nel 1964 l'architetto Stefan Jankovich (1920-2002) si trovò coinvolto in un grave incidente automobilistico in Svizzera, dove viveva. La sua è una delle prime esperienze accuratamente descritte, ed è integrata da osservazioni di tipo etico e religioso che il protagonista ha elaborato successivamente, come risultato delle sue riflessioni su quanto gli era capitato. Il racconto dell'esperienza fu inciso da Jankovich su nastro non appena fu in grado di farlo, quand'era ancora ricoverato in ospedale. Nell'esperienza di Jankovich (che comprende la visione del corpo ferito e del luogo in cui si era verificato l'incidente, la percezione di una dimensione diversa fatta di pace e di luce, le cure mediche che strappano via da quella stupenda dimensione ed il ritorno nel corpo avvertito come violenza), troviamo un elemento ricorrente in diverse NDE, la revisione della propria vita. Il racconto di Jankovich fu pubblicato nel 1973, nove anni dopo l'incidente, dalla rivista tedesca Esotera e nel 1976 dal trimestrale italiano Luce e Ombra. Sono sempre stato uno sportivo, un uomo attivo e sano. Allevato secondo i dettami di una religione bellissima, sono sempre stato incline a credere a molte cose. La mia fede non mi ha però mai procurato particolari problemi religiosi o filosofici, perché mi sono sempre occupato di cose concrete, quotidiane, pratiche. È stata necessaria una grande tragedia per ridestare in me le forze divine: in seguito ad un incidente, infatti, la mia anima ed il mio spirito si separarono dal corpo fisico. Questo mi ha fatto prendere coscienza della necessità di occuparmi dei problemi della vita, dell'uomo, della morte e della divinità. Per questo sono solito dire che il 16 settembre 1964 morii, per rinascere alcuni minuti dopo, completamente trasformato, con ideali diversi e conoscenze superiori. Quel giorno ebbi un grave incidente automobilistico, nel corso del quale fui gettato fuori dalla macchina sulla strada, dove rimasi privo di sensi con 18 fratture in tutto il corpo. La mia esperienza è cominciata probabilmente nel momento in cui il mio cuore ha cessato di battere, cioè dopo l'interruzione della mia vita. Le mie cellule cerebrali cominciarono a modificarsi per mancanza di ossigeno, e contemporaneamente il mio corpo astrale, la sostanza più sottile portatrice dell'anima, cioè dei principi superiori, ed il mio spirito si staccarono dal mio corpo fisico. Durante questo tempo non provai nessuna sensazione, o almeno non ne conservo il ricordo. La mia coscienza era completamente offuscata. Quando cominciò la morte, o per meglio dire quando il mio corpo astrale e la parte più alta del mio essere si staccarono dal mio corpo fisico ferito e martoriato, un sipario si alzò davanti a me, come a teatro. Cominciò uno spettacolo, che consisteva in parecchie scene o fasi, in cui io probabilmente vidi la vita terrena e la vita astrale. Queste scene sono certamente innumerevoli nell'altra vita: io ne vissi alcune, che hanno prodotto in me una così forte impressione da farmi diventare un uomo completamente diverso. Coscienza ed esperienza del morire L'esperienza di morte iniziò con la mia presa di coscienza del fatto che stavo morendo. Ero molto stupito di non trovare sgradevole la morte. Non ne avevo paura: era tutto così naturale, così ovvio! Mi resi conto che morivo e lasciavo questo mondo. Durante la mia vita non avevo mai immaginato che ci si potesse separare dalla vita così bene e così semplicemente. Trovavo quello stato molto bello, naturale, cosmico, divino. Pensavo: «Finalmente sono giunto qui! Sono felice di morire senza paura, sono solo curioso di vedere come continuerà questo processo di morte». Mi resi conto che mi stavo librando, e sentivo dei suoni meravigliosi. Distinsi forme armoniche, movimenti e colori. Avevo in qualche modo l'impressione che qualcuno mi chiamasse, mi consolasse, mi guidasse sempre più in alto nell'altro mondo, quello in cui stavo per entrare. Una pace divina e un'armonia mai percepita riempivano ora la mia coscienza. Ero completamente felice, non ero oppresso da alcun pensiero. Ero solo, nessuno disturbava la mia pace. In seguito mi sono spesso chiesto se in quel momento mi fosse venuto alla mente qualche pensiero connesso con la Terra o con qualche persona, ma non sono riuscito a darmi una risposta. Ero, come ho già detto, completamente solo, felice ed in perfetta armonia. Avevo una sensazione chiara: che finalmente morivo. Mi libravo sempre più in alto, verso la luce, avvertivo un'armonia crescente, la musica diveniva sempre più forte e bella e insieme mi apparivano colori, forme, movimenti. La visione del proprio corpo morente Dopo questa meravigliosa fase, il sipario si aprì di nuovo e tutto cambiò. Era strano: ondeggiavo sul luogo dell'incidente e vedevo il mio corpo martoriato, privo di vita, giacere sulla strada, in una posizione che mi venne poi confermata dai medici e dai rapporti di polizia. Vidi benissimo anche l'automobile e la gente che si era radunata intorno al luogo dell'incidente. C'era un uomo, un medico, che tentava di riportarmi in vita: si inginocchiò al mio fianco destro e mi fece una puntura. Altre due persone mi reggevano dall'altra parte e mi toglievano i vestiti. Vidi che il dottore mi spalancava la bocca con qualcosa, forse un pezzo di legno. Mi accorsi che avevo un braccio rotto. Vidi che il medico tentava di rianimarmi artificialmente, poi si accorse che avevo le costole spezzate. Infatti disse: «Non posso fare il massaggio cardiaco». Dopo qualche minuto si alzò e disse: «Non funziona». Parlava tedesco con accento di Berna, ed anche italiano, in un modo un po' approssimato. Infine disse: «Non c'è niente da fare, è morto». Vollero allora allontanare il mio corpo dalla strada e chiesero ad un militare (una colonna di mezzi militari si era infatti fermata per l'incidente) se avevano una coperta per avvolgere il mio cadavere. Mi misi quasi a ridere quando assistetti a quella sciocca scena, perché sapevo di essere lì, e di non essere morto. Volevo dir loro: «Gente, non sono ancora morto, non fate sciocchezze!» Trovavo tutto questo un tantino comico, però non mi dava fastidio. Mi divertiva l'idea di assistere agli sforzi di quelle persone. Vidi infine un uomo in costume da bagno accorrere con una piccola borsa in mano. Questa persona parlò in ottimo tedesco con l'altro medico. Poi si chinò su di me e incominciò a fare qualcosa. Vidi benissimo il viso di quest'uomo: e infatti qualche settimana più tardi una persona normalmente vestita, che aveva lo stesso viso, venne nella mia stanza d'ospedale. Fui colpito, perché ero certo di averlo già visto da qualche parte: lui mi confermò di essere stato presente all'incidente, di essere medico e di avermi fatto proprio nel cuore l'iniezione che mi aveva salvato la vita (io la chiamerei iniezione satanica!). Lo riconobbi subito, anche dalla voce, ed in seguito diventammo amici. Era affascinante assistere alla scena della morte di un uomo dopo un incidente automobilistico. Particolarmente interessante era il fatto che ero io stesso a poter vedere tutto questo senza emozioni, tranquillissimo, in uno stato di felicità e di armonia celestiale. Non è comune vedere la propria morte, specialmente provando questa sensazione: finalmente muoio! Ondeggiavo sul luogo dell'incidente, ad un'altezza di circa tre metri. Tutti i miei sensi funzionavano benissimo, la mia memoria registrava tutto, non avvertivo impedimenti. Avevo l'impressione di essere solo, ma allo stesso tempo di essere circondato da creature buone: tutto era tranquillo ed armonico. La rappresentazione teatrale della propria vita Poi questa scena scomparve e io mi ritrovai di nuovo immerso in quella dimensione che avevo sperimentato prima. I giochi di luce e di colore divennero più ampi, più pieni, ed infine mi sommersero. Da qualche parte, a destra ed in alto, vedevo il sole che diventava sempre più radioso, luminoso, pulsante. Subito dopo cominciò una rappresentazione teatrale fantastica, che si componeva di innumerevoli immagini e scene della mia vita. Ogni scena era compiuta in se stessa. Il regista aveva disposto le cose in modo che io vedessi prima l'ultima scena della mia vita, cioè la mia morte sulla strada presso Bellinzona, e per ultima la mia prima esperienza, la mia nascita. Ogni scena, come ho già detto, era compiuta, cioè aveva un inizio e una fine. Solo l'ordine era invertito. Cominciai così col rivivere la mia morte. La seconda scena fu il viaggio sul San Bernardo: vidi persino i monti incappucciati di bianco, splendenti al sole. Il mio modo di vedere le scene era questo: non solo ero l'interprete principale di ogni fatto, ma ne ero anche lo spettatore. I miei sensi mi permettevano di registrare tutto quello che vedevo, sentivo e percepivo. La mia anima era uno strumento sensibilissimo, mediante il quale la mia coscienza valutava subito il mio modo di agire e giudicava me stesso, stabiliva cioè se questa o quella azione era stata buona o cattiva. Mi colpì il fatto che le cattive azioni che avevo compiuto non erano comprese in questo spettacolo: vi figuravano solo quelle in cui apparivo sereno e felice. L'armonia non era solo in me stesso, ma in tutto ciò che mi circondava e anche nelle anime di coloro che partecipavano alla scena. Mi parve strano il fatto che i ricordi armoniosi affiorassero anche in quelle scene che la nostra morale corrente considererebbe cattive azioni, o che le nostre concezioni religiose ci farebbero considerare peccati o addirittura peccati mortali. Bene e male sono valutati nell'aldilà in modo del tutto diverso dal nostro. Io percepivo intanto una musica che sembrava uscire da un impianto stereofonico a quattro, cinque o sei dimensioni! Il sole pulsava ed io sapevo che il sole era il principio divino, l'alfa e l'omega, la fonte di ogni energia e di tutte le sue manifestazioni. Quello che vedevo, non era però esattamente il sole, era una meravigliosa apparizione simile al sole, calda e luminosa. La mia anima priva del corpo e il mio spirito cominciavano ad armonizzarsi con le vibrazioni di quella luce. Mi sentivo sempre più felice e più a mio agio, mentre la mia coscienza vibrava sempre più. Credo che in quel lasso di tempo la cosiddetta corda d'argento, che legava il mio corpo astrale alla mia materia cerebrale, fosse diventata sempre più sottile ed elastica. Si avvicinava il momento in cui questa corda si sarebbe spezzata, come si spezza un filo troppo teso. E questo avrebbe significato la fine definitiva, quella che segue la morte clinica sopravvenuta ormai da tempo: poi non ci sarebbe stata più alcuna possibilità di ritorno. Non so quanto tempo avrebbe impiegato la corda d'argento a spezzarsi. Secondo le misurazioni terrestri c'era forse un margine di alcuni secondi, o addirittura centesimi di secondo, ma nella quarta dimensione il tempo e lo spazio tridimensionali non hanno più alcun valore. In questo modo il breve tempo di alcuni minuti che seguì la mia morte clinica mi parve durare parecchi giorni o settimane, poiché quello che avevo vissuto era stato di portata fondamentale. Da allora dico spesso: «La più bella esperienza della mia vita è stata la mia morte», oppure: «Sono felice di dover morire un'altra volta». Il ricordo dell'esperienza Altri particolari di quest'esperienza sono stati riferiti nel corso di un'intervista riportata nel libro Qualcuno è tornato di Paola Giovetti. Che cosa ti ha maggiormente impressionato nella tua vicenda? Puoi dirmi qualcosa di più di questo film? E che cosa hai sperimentato alla nascita? Hai ricordato qualche particolare di quando eri piccolo? Per quanto tempo sei stato clinicamente morto? Hai visto qualcuno nell'aldilà? Nel tuo resoconto hai scritto che eri solo. Conosci altre persone che hanno avuto esperienze di questo genere? Di che religione sei? Sono cambiate le tue concezioni religiose dopo la tua NDE? Si viene giudicati nell'aldilà? Esiste un giudice? Parli volentieri della tua esperienza? Come reagisce chi sente parlare per la prima volta di questa tua esperienza? Considerazioni sulle esperienze di pre-morte Infatti le ricerche di Moody, Osis e Haraldsson, Elizabeth Kübler-Ross e di altri hanno dimostrato che queste esperienze sono reali e autentiche. Occorre quindi distinguere con molta attenzione tra esperienza ed esperienza. Esistono punti comuni tra le varie esperienze di cui sei a conoscenza? Che cosa consiglieresti, oltre a quello che hai fatto notare poco fa, a chi studia queste particolari esperienze? L'interesse maggiore della testimonianza di Jankovich consiste nel fatto che, come egli stesso ha dichiarato, la registrazione di quanto ricordava dell'esperienza è stata eseguita poco dopo l'evento, per evitare distorsioni o abbellimenti, che possono essere presenti in altri report di NDE. Anche qui sono tuttavia presenti alcuni riferimenti culturali, come la corda d'argento o il corpo astrale, che esulano dalla percezione diretta di quanto sperimentato nella NDE. Inoltre, nel corso dell'intervista, si può notare il tentativo del protagonista di ricondurre ad una realtà oggettiva quanto accade nel cosiddetto aldilà, anziché limitarsi a riconoscere la realtà soggettiva delle sintonie mentali sperimentate dall'io cosciente di chi è coinvolto nell'esperienza. D'altra parte, questa NDE risale al 1964: oggi, dopo oltre mezzo secolo di testimonianze relative alle NDE, si può constatare che queste esperienze presentano delle analogie, ma anche sostanziali differenze da caso a caso.
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