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Il cervello e la psiche

L'influenza culturale delle conoscenze sul cervello

Per molti secoli e presso tutte le culture, l'attività cerebrale è stata sempre gestita indirettamente dall'io cosciente tramite le esperienze psichiche nelle quali veniva coinvolto, l'interpretazione dei segnali provenienti dal mondo e dal corpo, le valutazioni e le scelte (emotive o razionali), ed il controllo intenzionale del comportamento e delle azioni da eseguire. Sebbene la conoscenza del cervello come sede del pensiero e come centro di controllo delle funzioni fisiologiche facesse già parte da tempo del patrimonio culturale di alcuni ambienti umani, fino ad un'epoca relativamente recente i programmi culturali più diffusi hanno trasmesso l'informazione di un'anima – considerata come sede dell'esperienza psichica – distinta dal corpo. Le recenti scoperte sul funzionamento delle reti neurali del cervello – che hanno affiancato lo sviluppo delle conoscenze informatiche e tecnologiche grazie alle quali è stato possibile realizzare i computer – hanno comportato una rivoluzione dei programmi culturali (o almeno di quelli diffusi negli strati più istruiti delle nostre società), in conseguenza della quale all'attività del cervello viene attribuito il ruolo principale – se non esclusivo – nella determinazione delle esperienze psichiche e nella stessa possibilità di esistenza dell'io cosciente.

Questi nuovi programmi culturali si diffondono soprattutto mediante un'informazione divulgativa di buon livello, che evidenzia l'importanza fondamentale del cervello nel determinare ogni aspetto dell'esperienza umana. Tuttavia gli addetti ai lavori (scienziati e filosofi della mente) sono molto più cauti nel valutare le analogie tra il cervello ed i computer tecnologici, perché gli aspetti del funzionamento delle reti neurali da noi conosciuti non sono tali da giustificare l'emergere di qualità come la coscienza, l'attenzione, l'intento, la conoscenza, l'intelligenza creativa. Resta inoltre il fatto che per molti secoli l'eperienza psichica si è imposta all'io cosciente in modo autonomo ed immediato, senza presentare alcuna informazione relativa ai processi mediante i quali veniva elaborata dai circuiti neurali del cervello. Siamo dunque indotti a ritenere che il cervello funzioni, almeno per la parte che coinvolge la coscienza, come uno strumento sintonizzatore dell'esperienza psichica, e che l'io cosciente sia il destinatario delle rappresentazioni trasmesse dalla psiche. Quanto al processo mediante il quale i segnali che determinano le esperienze psichiche (una volta sintonizzati dal cervello), vengono originati, prodotti e trasmessi, non disponiamo di altre informazioni se non quelle derivanti da rappresentazioni psichiche di natura intuitiva ed immaginativa, acquisite anche mediante canali di sintonizzazione medianica.

Un ulteriore elemento di indagine nella valutazione delle interazioni tra l'io cosciente, le manifestazioni della psiche ed il funzionamento del cervello, è costituito dalle sostanziali differenze con cui culture diverse hanno elaborato i processi di attivazione delle reti neurali da parte dei segnali e degli stimoli provenienti dall'ambiente e dal corpo. La nostra cultura attuale, per esempio, esercita una pressione intensa – mediante i programmi educativi ed i messaggi mediatici – affinché i circuiti neurali si attivino costantemente ed automaticamente, per quanto possibile, reagendo agli stimoli provenienti dall'ambiente. Questo processo di trasmissione e di attivazione dei programmi culturali fa sì che l'io cosciente sia relegato quasi sempre in una condizione subordinata e passiva, come semplice fruitore delle percezioni sensoriali e delle esperienze psichiche a carattere emotivo, dato che i continui e forti segnali che il cervello riceve stimolano una frenetica attività dei circuiti neurali che lascia ben poco spazio ed energia all'elaborazione riflessiva della coscienza ed all'evoluzione dell'io. In queste circostanze l'io, anche quando può sembrare padrone del proprio destino e determinato nell'agire per ottenere quello che vuole, è pur sempre controllato da istanze di tipo collettivo che influenzano e controllano il modo di funzionare del cervello e l'impiego delle energie mentali disponibili.

Per contro in altre culture sono state elaborate tecniche, come quelle dello yoga e della meditazione, che hanno come obiettivo quello di disattivare gli automatismi reattivi mediante i quali i circuiti neurali sono controllati dai segnali e dagli stimoli provenienti dall'ambiente e dal nostro stesso corpo, privilegiando un'attività mentale interiore concentrata su un'entità energetica che costituisce il nucleo dell'io cosciente. Quello che si ottiene mediante queste tecniche non è uno stato di quiete passiva, una condizione di standby o di spegnimento del cervello, ma un particolare funzionamento armonico delle reti neurali, in completa sintonia tra loro, che si traduce in eleborate esperienze psichiche non ordinarie. Ma ciò che vorrei evidenziare è come entrambe queste modalità di funzionamento del cervello, ancor prima di trasformarsi in programmi culturali, siano state inizialmente determinate – in singoli esseri umani – da un'entità trascendente che indirizzava l'intento nell'una o nell'altra direzione. Non è dunque corretto considerare i circuiti neurali del cervello come degli automatismi attivati esclusivamente da segnali e da stimoli provenienti dall'ambiente, dato che anche all'io cosciente può essere riconosciuto un potere altrettanto efficace nel guidare, mentalmente, il funzionamento cerebrale.

La funzione sociale del cervello e l'io

Una volta compreso il ruolo essenziale del cervello come dispositivo mediante il quale i programmi operativi di base (i cosiddetti istinti) ed i programmi culturali provenienti dall'ambiente sociale determinano le esperienze psichiche che coinvolgono l'io, ci interessa esaminare il sistema mediante il quale – nelle attuali società complesse – vengono elaborati e trasmessi i programmi culturali che determinano il funzionamento di una persona in relazione al suo ruolo sociale. Si tratta di un campo di indagine che dovrebbe essere di competenza di discipline come la sociologia e la psicologia, ma che tuttavia – come vedremo – presenta alcuni aspetti insondabili, che sfuggono a criteri di valutazione oggettiva. Il ruolo sociale degli umani non è mai stato definito, come ingenuamente si potrebbe pensare, sulla base di un contratto che ogni singolo individuo coscientemente sottoscrive, ma si fonda sull'efficacia di programmi elaborati da alcuni esseri umani – sulla base di istanze di cui viene sentita da molti la necessità e l'urgenza – che poi si diffondono con successo nell'ambito di una società. Questa diffusione è sempre determinata dalle reazioni psichiche degli individui coinvolti (popolo, sudditi, o cittadini, chiamiamoli pure come vogliamo): anche in quei casi in cui, nel corso della storia, la diffusione di un programma culturale è stata imposta con la forza, il successo della diffusione è stato determinato dalla reazione psichica (per esempio, la paura di perdere la vita) dei soggetti a cui il programma veniva imposto, tenuta ben presente dagli elaboratori del programma.

Nel corso della storia, e nell'ambito delle varie culture, questi programmi sono stati continuamente rielaborati, in modo da poter essere codificati e trasmessi al cervello di ogni nuovo membro di una società. Lo scopo di questi programmi è quello di predisporre il cervello a svolgere un ruolo sociale, anestetizzando, per quanto possibile, l'io cosciente, o comunque ingannandolo tramite le dinamiche psichiche (essenzialmente di natura emotiva) fondate sulla polarità piacere/dolore, alle quali è naturalmente predisposto. Quanto più elevato è il numero dei membri di una società già programmati, tanto maggiore è il potere di condizionamento esercitato su ogni nuovo cervello, prima ancora che l'io possa prendere coscienza della propria condizione esistenziale. Nelle attuali società complesse, formate da molti milioni di individui, i programmi di condizionamento hanno buon gioco nel plasmare il funzionamento del cervello, in modo che ognuno – a seconda delle risorse di cui dispone – svolga il proprio ruolo nell'ambito del sistema sociale. Non si tratta esclusivamente di ruoli considerati come positivi in quanto finalizzati al corretto funzionamento ed al progresso sociale: anche le azioni dei membri di un'organizzazione criminale, condizionati dai programmi diffusi in certi ambienti, sono finalizzate al perseguimento di determinati obiettivi in ambito sociale.

Ovviamente, questo non significa voler mettere sullo stesso livello attività finalizzate al cosiddetto bene comune, o comunque di rilevanza sociale riconosciuta ed accettata, ed attività criminali: in ogni caso, ed in circostanze simili, si ritiene che la scelta tra l'adesione ad un programma sociale positivo o ad un programma che prevede attività illegali o criminali sia affidata al libero arbitrio di una persona. Ma è bene precisare che quasi sempre questo presunto libero arbitrio dipende dal funzionamento del cervello, anche sulla base dei programmi precedentemente acquisiti, dato che difficilmente l'io cosciente è già sufficientemente evoluto per poter orientare la scelta nel momento in cui viene compiuta. Di solito il destino individuale costringe le persone a compiere scelte importanti, in una fase della vita nella quale l'io si identifica ancora completamente con le dinamiche psichiche nelle quali viene coinvolto, così che in seguito può trovarsi imprigionato in ruoli dai quali vorrebbe liberarsi, senza riuscirci. In pratica, il motivo per cui certe valutazioni prevalgono su certe altre – soprattutto nell'età giovanile, quando l'esperienza della vita è ancora molto limitata – va ricercato nella limitata capacità di elaborazione dei circuiti cerebrali, che si traduce in esperienze psichiche di livello elementare, nelle quali l'io resta irretito.

Si è così consolidata e diffusa nella nostra cultura un'elaborazione programmatica in virtù della quale i cervelli dei singoli individui devono essere valorizzati ed utilizzati in funzione del ruolo sociale che possono svolgere: per certi aspetti si tratta di una processo che presenta analogie con quello tramite il quale, centinaia di milioni di anni fa, le colonie di organismi unicellulari si trasformarono in organismi pluricellulari nei quali le singole cellule, svolgendo ruoli diversi e specializzati, non erano più in grado di sopravvivere autonomamente. Che ruolo può avere, in questo quadro, un'entità come l'io cosciente? Non di rado quello di un guastafeste che deve essere per quanto possibile neutralizzato, anestetizzato, illuso ed ingannato. Infatti il sistema sociale ha come proprio obiettivo quello di svilupparsi e di progredire tramite l'uso delle energie fornite dal capitale umano, il quale si rinnova mediante la sostituzione dei vecchi membri, ormai inservibili, con i nuovi. Invece l'io cosciente, quando raggiunge un sufficiente livello di sviluppo, sente l'esigenza di utilizzare le risorse mentali di cui può disporre anche per risolvere l'enigma della propria esistenza, che pensa non possa esser limitata alla dimensione temporale della vita umana.

Le attuali società complesse, dovendo far fronte ai problemi di difficile (o forse impossibile) soluzione, generati dal costante incremento del numero di umani viventi, dalla gestione delle risorse del pianeta, dalle condizioni ambientali e da catastrofi di ogni genere che possono colpirle, non sono in grado di elaborare programmi evoluti che possano venire incontro alle esigenze dell'io cosciente, il quale deve accontentarsi della minestra riscaldata di programmi ormai obsoleti rappresentati dalle religioni tradizionali, o dei divertimenti – fondate sul funzionamento dei circuiti neurali che determinano sensazioni ed emozioni gratificanti e piacevoli – considerati come «il meglio che si può ottenere dalla vita». La diffusione delle droghe e delle attività sessuali di ogni genere, che i programmi culturali non riescono più a controllare, sono un tipico esempio di questa critica condizione. In ogni caso il funzionamento del cervello è sempre più finalizzato all'esecuzione dei compiti richiesti dal nostro ruolo sociale ed all'elaborazione di stimoli provenienti dall'ambiente, selezionati tra una vasta gamma di possibilità, indipendentemente dal fatto che l'io cosciente si senta più o meno soddisfatto o felice della propria condizione.

Infatti, gli stati mentali determinati dal funzionamento del cervello, e le conseguenti esperienze psichiche, possono essere di per sé gratificanti ed appaganti per l'io, il quale – nel momento in cui ne viene coinvolto – non chiede, per così dire, di meglio. La dinamica del desiderio e del suo appagamento, così come si estrinseca nel corso della vita umana, ha un enorme potere di coinvolgimento nei confronti dell'io, il quale in molti casi sembra quasi predisposto a voler vivere l'esperienza della vita in funzione dell'appagamento emotivo che può ottenere dal verificarsi di particolari eventi e, soprattutto, dalle dinamiche psichiche suscitate da tali eventi. Ma quando l'io cosciente tenta di controllare, tramite il comportamento del proprio corpo, le circostanze ambientali che determinano gli eventi e gli stessi stati mentali che lo coinvolgono, in modo che si accordino con i propri desideri, può trovarsi di fronte a difficoltà e fallimenti che vengono percepiti come dinamiche psichiche negative. Inoltre proprio il funzionamento del corpo e del cervello può determinare gli stati di dolore e di sofferenza nei quali l'io viene coinvolto, stavolta contro la sua volontà, facendo nascere in esso il desiderio di liberarsene, fino al punto che, in certe circostanze, è disposto a rinunciare del tutto all'esperienza della vita. Infine, anche nel caso di un bilancio della vita complessivamente positivo sotto il profilo dell'appagamento dei propri desideri, l'io deve affrontare la fase finale della vita, con il conseguente deterioramento delle risorse fisiche e delle facoltà mentali, e l'inevitabile esperienza della morte.

L'io cerca di conoscere se stesso

Mediante l'attività mentale (determinata dal funzionamento del cervello) l'io cosciente può conoscere molte cose del mondo in cui vive, del corpo, delle dinamiche sociali e delle esperienze psichiche in cui viene direttamente coinvolto, o che attribuisce agli altri. Tuttavia ad un certo punto della vita può accorgersi di non essere in grado di trovare uno specchio nel quale riflettersi, in modo da avere un'immagine immediata e diretta della sua forma e della sua sostanza. I circuiti neurali del cervello possono acquisire ed elaborare immagini chiare ed  immediate del nostro corpo, riflesse da uno specchio, cosicché per una buona parte della vita siamo portati ad identificarci col nostro corpo, che in ogni caso rappresenta la modalità quasi esclusiva con cui gli altri ci percepiscono (le uniche eccezioni essendo rappresentate dalle rare visioni di spiriti e fantasmi). Certo, noi possiamo avere la percezione della nostra esistenza come soggetto sperimentatore delle dinamiche psichiche che la coscienza ci trasmette, o come soggetto elaboratore di ideazioni, o attuatore di decisioni e di azioni intenzionali la cui esecuzione viene da noi affidata al nostro corpo; ci manca tuttavia un'informazione affidabile su ciò che l'io cosciente è realmente. La percezione che noi abbiamo del nostro io è in genere annebbiata, fumosa, tanto che alcuni arrivano a dubitare dell'esistenza stessa di un io cosciente, e considerano l'autopercezione dell'io come un epifenomeno illusorio, dovuto al funzionamento di alcuni circuiti cerebrali.

Per conoscere meglio se stesso, l'io cerca di utilizzare la mente come uno specchio nel quale riflettersi, mettendo il cervello nelle condizioni di isolarsi, per quanto possibile, dagli stimoli provenienti dall'ambiente esterno. Questa pratica – alla quale, nelle sue varie forme, si può fare riferimento col termine meditazione – viene oggi adottata da molte persone sulla base delle istruzioni ricevute da un maestro, nell'ambito dell'adesione ad una certa disciplina (per esempio, lo yoga): in pratica abbiamo a che fare, anche in questo caso, con l'acquisizione di un programma di istruzioni trasmesso culturalmente, il quale tende a far funzionare il cervello, e dunque la mente, in un certo modo. Ma anche in assenza di stimoli ambientali, i nostri circuiti cerebrali sono talmente abituati ad essere operativi – sulla base di programmi che, fin dall'infanzia, ci condizionano all'attività mentale – che l'io cosciente viene comunque coinvolto da esperienze psichiche di ogni genere: ricordi, fantasie, pensieri, preoccupazioni, desideri ed aspettative continuano ad occupare la mente, senza che l'io sia in grado di interrompere questo flusso psichico, soprattutto quando l'ordine di acquietare la mente proviene da un'istruzione programmatica.

Del resto, anche durante il sonno, quando l'influenza degli stimoli provenienti dall'esterno è minima, l'attività cerebrale non si interrompe: tuttavia nei periodi di sonno profondo viene disattivata la coscienza, e dunque restano operativi solo i circuiti neurali corrispondenti alle funzioni inconsce. Invece nei periodi di sogno si attiva la coscienza onirica, che si ricollega alla nostra coscienza dello stato di veglia solo per quei sogni che rientrano, almeno temporaneamente, nell'ambito della nostra memoria. Ma per tornare alla meditazione, il suo scopo è quello di rendere la mente tersa come uno specchio, in modo che possa essere orientata verso l'io cosciente per rifletterne l'immagine: per essere efficace, la meditazione deve dunque essere integrata da un percorso conoscitivo mediante il quale l'io prende coscienza della propria natura, emancipandosi dall'identificazione con le dinamiche psichiche nelle quali viene continuamente coinvolto. Via via che, con la pratica della meditazione, la normale attività mentale si acquieta, cominciano ad emergere rappresentazioni concettuali ed immaginative sulla natura dell'io, sulle quali conviene mettere a fuoco l'attenzione, cioè la coscienza stessa, in una forma di contemplazione percettiva aliena da qualsiasi giudizio.

Solo per fare un esempio, l'io potrebbe presentarsi come una forma embrionale di energia vivente, racchiusa in un involucro di protezione, qualcosa di simile al guscio di un uovo mediante il quale le esperienze psichiche, trasmesse tramite la coscienza, vengono ammortizzate in modo da non danneggiare l'embrione. Ognuna di queste visualizzazioni immaginative va, per così dire, coltivata con cura, e nello stesso tempo con distacco, finché non si trasforma da sola in un'esperienza diversa. L'importante è che, nella concentrazione dell'esperienza meditativa, l'io possa mantenere la mente ferma sul suo obiettivo, che è quello di riflettere la sua stessa essenza. Ogni volta che l'io percepisce e vede un'immagine di sé, non la giudica, ma vi si immedesima – quasi come se il nostro corpo indossasse un abito nuovo – per sentire se vi si trova a suo agio. Ad un certo punto questo accade e l'io può vedere la sua vera essenza riflessa nello specchio della mente. Come tutte le esperienze psichiche di cui diventiamo coscienti durante la nostra vita, anche questa è determinata – molto probabilmente – dal funzionamento del cervello, come testimoniano tra l'altro alcune esperienze di questo genere indotte dall'assunzione di sostanze psicoattive, come quelle riportate nella pagina ad esse dedicata.

Esperienze di questo genere, tuttavia, ci inducono a riflettere sul funzionamento del cervello, che non può più essere considerato soltanto come un computer biologico, anche se sui generis: infatti le esperienze psichiche così elaborate non sono determinate da segnali provenienti dall'esterno, e nemmeno dall'intento dell'io finalizzato a sollecitare l'intelligenza creativa per ottenere un determinato scopo. Potremmo allora dire che il cervello ha in sé il potenziale per rivelare all'io cosciente, mediante certe esperienze psichiche determinate da un'attività mentale autonoma, sintonie che non possono essere attribuite alla normale realtà dell'ambiente naturale e sociale che ci circonda. C'è, per così dire, un programma autonomo contenuto forse in tutti i cervelli, e forse solo in alcuni di essi, che viene trasmesso all'io cosciente nel corso della vita solo quando e se l'io è in grado di riceverlo. Quello che è certo è che nella maggior parte dei cervelli umani questo programma non viene mai attivato, anche se, a quanto sembra, può attivarsi automaticamente in prossimità della morte, o in altre particolari circostanze critiche. Richiamiamo qui ancora una volta quelle straordinarie esperienze rappresentate dalle NDE, alcune delle quali sono riportate nella sezione ad esse dedicata: pur senza volerle considerare una prova inoppugnabile della sopravvivenza dell'io cosciente alla morte del corpo, non si può negare il loro carattere di esperienza mentale autonoma, forse determinata da un programma che si autoattiva nel cervello, creando una realtà – percepita e sentita nello stesso modo, o anche meglio, rispetto alla nostra realtà ordinaria – nella quale l'io cosciente viene completamente immerso.

Esperienze psichiche di confine

Come ho già più volte sottolineato, la natura intrinsecamente ed esclusivamente soggettiva di queste esperienze rende impossibile inquadrarle nell'ambito della realtà oggettiva, anche se la qualità del coinvolgimento dell'io cosciente può essere tale per cui vengono percepite come reali, o addirittura più intensamente reali di quanto non sia la realtà oggettiva da noi percepita nello stato di veglia. Nella sezione sugli stati non ordinari di coscienza sono stati presentati diversi esempi di sogni – in particolare sogni lucidi e sogni coscienti – e di esperienze di uscita dal corpo (OBE), che condividono con le NDE il carattere di una realtà psichica, soggettiva ma egualmente significativa per l'io cosciente, la cui elaborazione autonoma da parte di particolari circuiti cerebrali (ammesso che questa ne sia la sola causa) getta una nuova luce sul funzionamento del cervello come elaboratore di esperienze che potremmo definire di confine. Ci troviamo allora alle prese con l'enigma di riuscire a capire come sia possibile che un elaboratore biologico – quale il cervello tende ad essere considerato da alcuni studiosi nell'ambito della filosofia della mente – possa creare autonomamente degli spettacoli così complessi a beneficio dell'io cosciente, che ne è il fruitore. Sarebbe come se il televisore o il computer di casa nostra cominciassero a mostrarci dei programmi molto interessanti, non tramessi e nemmeno inseriti da noi, ma prodotti autonomamente. D'altra parte, questo è quanto avviene ogni notte quando sognamo, anche se i sogni ordinari non sono così chiari e coerenti, e la coscienza onirica non ha l'intensità di quella dello stato di veglia.

Resta il fatto che, per queste come per altre esperienze psichiche particolarmente significative, il cervello sembra comportarsi come uno strumento sintonizzatore ricevente, che consente di trasferire l'informazione da una sorgente, dalla quale viene trasmessa, ad un destinatario che la riceve. Troppo poco sappiamo ancora in merito al funzionamento del cervello, a come viene determinata l'esperienza cosciente, ed alle modalità con cui i segnali codificati si trasformano in esperienze psichiche, per poter affermare che quest'ipotesi sia senz'altro vera. Tuttavia la nostra percezione della vita interiore ci mostra l'io cosciente come destinatario dell'esperienza psichica, ed il cervello come strumento tramite il quale segnali di natura elettrochimica vengono tradotti in esperienze psichiche, fruibili da parte dell'io cosciente. Se vogliamo fare riferimento all'esempio del computer tecnologico, l'informazione codificata e trasmessa al suo interno in termini di segnali elettrici deve essere convertita, tramite un monitor e degli altoparlanti, in segnali visivi ed auditivi interpretabili da un operatore umano: solo la presenza di un operatore umano esterno al computer, e dotato di una propria intelligenza autonoma, dà un senso all'elaborazione che trasforma – per fare un esempio – i bit di informazione binaria in lettere o in numeri che vengono visualizzati sul monitor.

Come abbiamo visto, parte dell'informazione elaborata dal cervello è determinata da segnali provenienti dall'ambiente, acquisiti allo stesso modo in cui una videocamera acquisisce le immagini che registra, ed un'altra parte viene elaborata autonomamente, in base al funzionamento dei programmi culturali trasmessi al cervello dalle connessioni con altri cervelli, tramite gli strumenti di comunicazione codificata. Ma dobbiamo anche tener conto di queste esperienze psichiche di confine, così come di alcuni casi particolarmente significativi di intense esperienze creative, per riconoscere che talvolta l'attività del cervello sembra mettere direttamente in comunicazione l'io cosciente con una sorgente di informazione che non fa parte della normale dimensione reale della nostra vita. In questi casi è del tutto fuorviante il voler ridurre tali esperienze all'attività cerebrale che le determina: qualsiasi esperienza psichica che coinvolge l'io cosciente nel corso della vita può essere attribuita all'attività cerebrale, ma questo fatto non cambia il significato profondo che determinate esperienze possono avere per l'io cosciente. Per esempio, se una persona si suicida per una delusione d'amore, lo fa perché quell'esperienza psichica è talmente intensa da indurla a provocare la distruzione del cervello, cioè dello stesso strumento che l'ha determinata elaborando segnali esterni sulla base di programmi interni.

Il problema fondamentale resta sempre quello di come l'io cosciente reagisce alle esperienze psichiche che lo coinvolgono, non solo in quei casi in cui tali esperienze si presentano come stabili, ordinarie e di routine, ma soprattutto quando i cambiamenti delle condizioni ambientali, o eventi interiori che attivano particolari stati mentali, determinano esperienze psichiche del tutto nuove ed inattese, che possono anche sconvolgere l'equilibrio dell'io. Sotto questo aspetto, la condizione dell'io è particolarmente vulnerabile, sia che le esperienze psichiche lo affliggano con sensi di colpa, rimorsi e sentimenti di inadeguatezza per le azioni compiute nel corso della vita – o anche per quelle che non ha saputo compiere – sia che altre esperienze psichiche lo inducano a sentirsi sicuro di se stesso, determinato e vincente nel gestire le situazioni della vita, e capace di ottenere ciò che desidera. Alcuni individui hanno la possibilità e la capacità di sperimentare – quasi a volontà – tutta la gamma delle sintonie psichiche che vanno da un estremo all'altro, da uno stato di intensa soddisfazione per la condizione esistenziale dell'io ad uno stato di completa inadeguatezza nei confronti di un ideale di vita che non saranno mai capaci di raggiungere. Il vantaggio di queste persone è che possono accorgersi, prima e meglio degli altri, di come l'io cosciente sia condizionato ed assoggettato dalle esperienze psichiche che lo coinvolgono. 

Le informazioni sul funzionamento del cervello mettono l'io cosciente in condizione di riflettere sullo strumento mediante il quale può sperimentare le dinamiche appartenenti a quell'ampia gamma che costituisce la psiche umana nella sua globalità. Le esperienze psichiche di confine lasciano tuttavia intuire la possibilità di sperimentare dinamiche di tipo completamente diverso, per sintonizzare le quali si può pensare che sia necessario un idoneo strumento, in grado di svolgere – in un'altra dimensione – la stessa funzione che il cervello svolge in questa dimensione. Una volta terminata la vita umana, l'io cosciente dovrebbe essere messo in condizione di usare questo nuovo sintonizzatore, ritrovandosi – in un certo senso – collegato ad esso, un po' come noi ci troviamo connessi col nostro cervello durante questa vita. In questa transizione, la continuità dell'esistenza dell'io cosciente – che, si badi bene, non dovrebbe coincidere con la continuità della personalità umana, la quale era garantita dal funzionamento del cervello – può essere data dai ricordi registrati della propria vita terrena che l'io può trasferire, mediante la propria memoria, nel nuovo strumento sintonizzatore, oppure che potrebbero essere registrati a parte, in un archivio dedicato, per essere poi recuperati all'occorrenza da parte dell'io. Il carattere apparentemente fantasioso – o fantascientifico – di quest'ipotesi è attenuato dal fatto che l'esperienza che essa prevede non si discosta in alcun modo dalla nostra esperienza esistenziale della vita umana. Per quanto riguarda quest'ultima, tuttavia, ogni ricordo di eventuali esistenze in altre dimensioni da parte dell'io viene di regola perduto col trasferimento nel nuovo sintonizzatore cerebrale.

Reazioni psichiche agli eventi paranormali

La meraviglia, l'incredulità o il suo contrario, cioè il bisogno di credere, sono reazioni psichiche che vengono stimolate da particolari eventi, come quelli definiti paranormali o medianici. Se riteniamo che tutte le dinamiche della psiche siano determinate dall'attività cerebrale, anche queste non fanno eccezione: quando si presentano questi fenomeni, il nostro cervello elabora informazioni provenienti dall'ambiente, le mette a confronto con altre informazioni, sulla base dei programmi culturali ricevuti, ed i circuiti neurali attivano quelle reazioni psichiche che l'io cosciente ascrive alla meraviglia, al mistero o al sacro, oppure all'inganno, alla frode ed a trucchi magici. Come sempre, l'io cosciente può sperimentare solo le reazioni psichiche elaborate e sintonizzate tramite il proprio cervello, ma nel caso degli eventi paranormali la soggettività dell'esperienza psichica può non essere sufficiente a spiegare l'oggettività di qualcosa che non dovrebbe accadere.

Di solito noi siamo inclini a provare meraviglia ed ammirazione nei confronti di quegli esseri umani – e dunque di quei cervelli – che nell'uno o nell'altro campo di attività, di creatività o di pensiero, dimostrano di essere capaci di prestazioni nettamente superiori alla norma, che ci sorprendono e ci affascinano. L'orientamento culturale che prevale attualmente attribuisce in ogni caso queste prestazioni eccezionali al funzionamento del cervello, che dimostra così di possedere straordinarie doti di perfezionamento nell'una o nell'altra attività, probabilmente anche sulla base di una predisposizione genetica particolarmente adatta ad un certo tipo di sviluppo. Non abbiamo ancora, tuttavia, informazioni e conoscenze sufficienti in merito al funzionamento del cervello, per comprendere come questi processi riescano a produrre i risultati che constatiamo: possiamo solo riconoscere l'importanza di un costante addestramento, reso possibile da quelle particolari risorse di determinazione e di volontà di cui l'io cosciente deve disporre in tutti questi casi. Dunque, almeno per ora, la teoria per cui ogni prestazione eccezionale debba essere ricondotta al solo funzionamento del cervello resta più un'ipotesi diffusa e condivisa che non una conoscenza accertata e convalidata: il che non implica che in futuro non si possano avere conferme in tal senso.

Ma quando si considerano eventi paranormali o medianici di tipo fisico, diventa difficile – per non dire impossibile – attribuirli all'attività del cervello del medium, considerato come mero strumento fisico. Per quanto straordinarie e fuori dalla norma possano essere considerate le risorse di determinati circuiti neuronali del cervello di un medium, non si riesce a comprendere in che modo esse possano trasformare un'energia mentale atta ad elaborare informazione, e dunque di potenza limitata, in un'energia di tipo fisico in grado di esercitare forze consistenti, che causano la levitazione di corpi pesanti anche decine di chili. Sembra piuttosto, alla luce degli esperimenti condotti da William Crawford, da Filippo Bottazzi e da altri (per i quali si rimanda a questa pagina ed alle pagine sulla ricerca psichica in Italia) che l'attività mentale del medium riesca ad attivare le strutture di un corpo ameboide, di natura ignota e di materia plasmatica normalmente invisibile, ottenuto mediante la trasformazione della materia del corpo fisico del medium causata dall'intervento di entità sconosciute. Per quanto fantasiosa ed inaccettabile dalla nostra ragione possa sembrare questa spiegazione, è pur sempre quella che più intelligentemente si adatta ai fatti riportati dalla letteratura specializzata, alcuni dei quali sono trattati anche in questo sito (si vedano le pagine dedicate alla storia di un medium italiano).

In questi casi, nei quali si registra l'interferenza tra elementi appartenenti ad un'altra dimensione, che di norma dovrebbe restare separata da quella fisica, e quest'ultima dimensione di cui noi – col nostro organismo – facciamo parte, ed alle cui leggi siamo soggetti, il cervello dimostra i suoi limiti nell'elaborazione dei segnali e delle informazioni provenienti dall'ambiente, e può solo tentare, a fatica, di accertare e di registrare la realtà oggettiva degli eventi, mentre le stesse dinamiche psichiche che coinvolgono l'io cosciente presentano elementi inconciliabili con i programmi culturali sui quali si fondano le nostre attività conoscitive. Sotto il profilo culturale, è diffusa la tendenza a negare la possibilità che questi eventi possano accadere, proprio in ragione del carattere aleatorio, occasionale, incerto e dunque difficile da verificare dei fenomeni stessi. Può darsi che il senso di sicurezza offertoci dall'evoluzione delle conoscenze scientifiche nel corso degli ultimi tre secoli si senta minacciato dal ripresentarsi di elementi e di energie appartenenti ad una dimensione i cui portali di collegamento con la nostra si riteneva fossero stati definitivamente chiusi e sigillati. Sintomatico, da questo punto di vista, è quanto Jung riferisce – sempre che sia vero – nel capitolo su Freud del libro Ricordi, sogni, riflessioni, curato da Aniela Jaffé (1961). Nel corso di un colloquio a Vienna, nel 1910, Freud disse: «Mio caro Jung, promettemi di non abbandonare mai la teoria della sessualità. Questa è la cosa più importante. Vedete, dobbiamo farne un dogma, un incrollabile baluardo». Quando Jung gli chiese: «Ma contro che cosa?», Freud aggiunse: «Contro la nera marea di fango... dell'occultismo». Ecco un esempio degli strani scherzi che può giocare la psiche, anche in persone di notevole intelligenza.

Un'altra reazione psichica che di frequente si riscontra tra coloro che riconoscono la realtà dei fenomeni paranormali, è data dall'esigenza di studiarli nell'ambito di un quadro conoscitivo di tipo scientifico, con la speranza di riuscire a scoprire, prima o poi, nuove leggi ed energie che possano conciliarsi in qualche modo con le leggi naturali da noi già conosciute. Tra la fine dell'800 ed i primi decenni del '900 questa tendenza era prevalente tra gli scienziati che si interessavano agli eventi paranormali, dato che le aspettative e l'entusiasmo – ascrivibili alle reazioni di origine psichica – suscitati dalle molte scoperte scientifiche di quell'epoca, alimentavano la speranza di poter venire a capo delle cause naturali di tali fenomeni, ed eventualmente di riuscire a porli sotto il nostro controllo. Ma le anomalie presenti negli eventi paranormali, e soprattutto la presenza di importanti indizi che facevano presumere la partecipazione essenziale di entità intelligenti di natura aliena nella produzione di tali fenomeni, fecero sì che le ottimistiche speranze di quell'epoca venissero progressivamente abbandonate. Anche l'attribuzione, particolarmente diffusa nel secolo scorso, dei fenomeni a particolari e non comuni risorse mentali inconsce non ha prodotto risultati di rilievo sotto il profilo conoscitivo, soprattutto perché l'attuale orientamento scientifico richiede che ogni attività mentale possa essere ricondotta al funzionamento cerebrale.

Per concludere questa pagina, non possiamo che prendere atto – ancora una volta – della stranezza della condizione umana, per la quale l'io cosciente, cioè il nucleo stesso della nostra esistenza in questa vita, nel tentativo di conoscere il funzionamento della psiche tramite le manifestazioni di quest'ultima e gli eventi da essa determinati, è costretto a ricorrere alle soluzioni proproste dalla stessa psiche, attraverso l'attività del cervello, nella speranza che – prima o poi – venga fuori qualcosa di soddisfacente e di affidabile. Tuttavia, mediante l'impegno in questa attività di ricerca e di valutazione delle soluzioni proposte, l'io compie un percorso evolutivo che lo porta a distaccarsi sempre più dal coinvolgimento nelle dinamiche della psiche e dal più o meno intenso condizionamento dovuto ai programmi culturali prevalenti, per rivolgere l'attenzione e dirigere le proprie risorse mentali verso la propria autentica essenza, senza doversi affidare ad una delle normali elaborazioni da parte dei circuiti neurali del cervello.


 

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La materia aliena
La Mente creativa