La ricerca psichica in Italia tra l'800 ed il '900 - 1

 

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Lo scetticismo degli ambienti accademici italiani alla fine dell'Ottocento

Può essere interessante esaminare le reazioni di alcuni esponenti della cultura scientifica italiana, tra la fine dell'Ottocento ed i primi anni del Novecento, alla diffusione dello spiritismo anche nel nostro paese ed alle dichiarazioni che da più parti venivano avanzate in merito alla realtà ed all'oggettività dei fenomeni medianici. Il retaggio del positivismo, ancora ben radicato negli ambienti accademici, fece sì che per molto tempo gli uomini di scienza e di cultura rifiutassero anche la sola idea di perdere il loro tempo (e la loro reputazione) per esaminare quelle che consideravano – senza eccezioni – frodi, illusioni, pratiche da palcoscenico e superstizioni. Dunque l'elemento che accomunava tutte le personalità del mondo scientifico e culturale italiano che studiarono i fenomeni medianici in quel periodo era dato dalla loro iniziale avversione nei confronti dello spiritismo e dalla loro convinzione che i fenomeni medianici fossero dovuti alle pratiche di abili imbroglioni ai danni di creduloni sprovveduti. Come mai, allora, molti di questi illustri personaggi finirono col cambiare idea, se non altro in merito alla realtà dei fenomeni? Probabilmente la ragione principale sta nel fatto che proprio in quegli anni era attiva una medium italiana particolarmente dotata per i fenomeni fisici, quell'Eusapia Paladino (o Palladino, come lei stessa riteneva di chiamarsi), nata nel 1854 e morta nel 1918, che può essere annoverata tra i medium più studiati ed indagati di ogni epoca, tanto in Italia quanto all'estero.

Eusapia Paladino

Per quanto riguarda la biografia di Eusapia Paladino ed alcuni aspetti della sua personalità, rimando – tra le numerose opere scritte su di lei – alle annotazioni riportate dal Morselli in Psicologia e Spiritismo (pag. 117 e seguenti), dal Carrington in Eusapia Palladino and Her Phenomena (pag. 19 e seguenti) e ad un articolo di Carlos S. Alvarado: Eusapia Palladino: An Autobiographical Essay (Journal of Scientific Exploration, n.1 del 2011), che riprende un articolo biografico sulla medium pubblicato nel febbraio 1910 dal mensile americano Cosmopolitan Magazine. La medium aveva certamente una disposizione della psiche che la rendeva soggetta a sbalzi di umore, ma dimostrò sempre molto rispetto e spirito di collaborazione nei confronti degli uomini di scienza desiderosi di studiare in modo obiettivo i fenomeni che tramite lei si producevano, anche nel caso in cui non fossero inclini all'ipotesi spiritica. Era orgogliosa di poter includere tra i suoi amici studiosi come il Richet ed il Lombroso, mentre non dimostrava molta considerazione verso i rappresentanti dell'aristocrazia o dello Stato, dai quali pure aveva ricevuto doni di valore e somme di denaro per le sedute – organizzate dal suo mentore, lo spiritista napoletano Ercole Chiaia – da lei tenute nelle principali capitali europee. Nata poverissima, e presto orfana di entrambi i genitori, la Paladino viveva molto modestamente a Napoli, in un piccolo appartamento. Gran parte di quello che guadagnava lo elargiva in beneficenza a chiunque ne avesse bisogno, o comunque le chiedesse un aiuto, dato che – come era solita dire – nel suo quartiere, a Napoli, la miseria, chi non ce l'aveva in casa, l'aveva comunque alla porta. Non potendo aver figli, amava molto i bambini, e spesso invitava a mangiare a casa sua i monelli di strada.

L'influenza culturale di Angelo Brofferio

Prima di esaminare come si svilupparono le indagini sui fenomeni medianici, consideriamo l'impatto culturale che ebbe un volumetto di Angelo Brofferio pubblicato nel 1893: Per lo Spiritismo. Nato nel 1846 – figlio dell'omonimo scrittore, patriota e uomo politico risorgimentale – il Brofferio studiò filosofia, partecipò alla terza guerra d'indipendenza e, dopo aver vissuto sei anni a Parigi, tornò in Italia per dedicarsi all'insegnamento ed ai suoi studi di psicologia. Insegnò sia lettere antiche che filosofia nei licei milanesi, ricevendo alcuni premi per le sue opere (Psicomitologia del 1880, e Le specie dell'esperienza del 1884). Nel 1889 pubblicò il Manuale di Psicologia, un testo scolastico nel quale le sue idee filosofiche erano esposte in modo logico ed efficace. Fu poi attratto dalla psicologia sperimentale dei fenomeni occulti (medianici), nella speranza di poter trovare una spiegazione di quell'enigma umano che, alla luce delle considerazioni riportate nel Manuale di Psicologia, era per lui rimasto irrisolto. Purtroppo i suoi studi furono interrotti dalla morte prematura nel 1894. La prefazione al libro del tedesco Karl Du Prel, intitolato appunto L'enigma umano, pubblicato in quell'anno, fu scritta dal Brofferio poco prima della morte.

Il libro di Brofferio è ancor oggi esemplare per la chiarezza e l'efficacia delle argomentazioni, sia sotto il profilo del ragionamento logico, sia in merito alla gamma delle ipotesi esplicative adottate ed all'ordine di importanza attribuito alla loro valutazione sulla base dei criteri metodologici normalmente adottati in ambito scientifico. In mezzo all'abbondante letteratura inutilmente complessa e non di rado incomprensibile nei suoi inefficaci sforzi di spiegare i fenomeni occulti mediante le più astruse, inconsistenti ed indimostrabili teorie, il talento analitico ed esplicativo del Brofferio fa sì che Per lo Spiritismo, pur essendo stato scritto nel 1892, possa essere considerato ancora ai nostri giorni uno dei testi cardine per la comprensione della fenomenologia medianica. Non tutte le argomentazioni del Brofferio risultano ugualmente convincenti (almeno per quanto mi riguarda), e talvolta si riscontra qualche lacuna dovuta ai limiti delle conoscenze scientifiche dell'epoca, ma nel complesso va riconosciuto che la forza ed il rigore delle argomentazioni contenute nel libro, e l'efficace semplicità espositiva con cui vengono elaborate, difficilmente possono essere superate. Nel libro, che si legge volentieri per la verve intelligente dell'autore, sono sinteticamente affrontati anche alcuni dei temi trattati in questo sito in relazione all'origine ed allo sviluppo della vita, ed alle differenze tra l'organizzazione della vita animale e l'evoluzione delle società umane: nel merito le osservazioni del Brofferio si segnalano per la loro concisa precisione.

Per la notorietà ed il livello culturale dell'autore, il libro di Brofferio suscitò interesse e fu argomento di dibattiti. Nella nota a pagina 13 il Brofferio scrive: «Nel giornale La Perseveranza (11 e 12 agosto) il senatore Gaetano Negri ha scritto due brillanti articoli contro il mio libro. Questi articoli mi hanno fatto del bene; perché molti argomentarono che, se un uomo autorevole come il Negri si degnava combattermi, era segno che lo spiritismo, di ridicolo che era, cominciava a diventar pericoloso, e perciò degno di studio». Brofferio aveva indagato personalmente i fenomeni medianici nel corso di diverse sedute con la Paladino e con altri medium, ma il suo libro si basava soprattutto sui pareri e le testimonianze di tanti scienziati che, all'estero, avevano studiato quei fenomeni testimoniandone la realtà, e citava «il Challis, professore di astronomia a Cambridge, del quale il Wallace dice che fu forse il solo ad ammettere i fatti senza vederli, perché: "le testimonianze sono così numerose e perfette, che bisogna ammettere le manifestazioni tali e quali le raccontano, o rinunciare alla possibilità di accertare un fatto qualunque colla testimonianza umana"». Come affermava Crookes, non c'è fatto della storia sacra e profana accertato quanto i fenomeni medianici, dunque o bisogna ammetterli, o bisogna bruciare la storia. Ed a proposito delle varie e più o meno astruse teorie messe in piedi per spiegare i fenomeni medianici senza ricorrere ad intelligenze ed interventi alieni a quelli riconducibili alle facoltà psichiche del medium e dei partecipanti, Brofferio scriveva: «Io non posso (fare) a meno di esclamare fin d'ora col capitano (Richard) Burton, il celebre esploratore: "Se qualche cosa potesse farmi fare il gran salto dalla materia allo spirito, sarebbe l'estrema e completa irragionevolezza delle ragioni con cui si spiegano le manifestazioni"».

Una sfida in nome della scienza

Nell'agosto del 1888 fu pubblicata sul settimanale Fanfulla della Domenica una lettera aperta indirizzata dallo spiritista Ercole Chiaia (che, come abiamo già ricordato, organizzava le sedute della Paladino) al professor Cesare Lombroso (1835-1909), che aveva fino a quel momento apertamente professato il suo scetticismo in merito ai fenomeni medianici. La lettera, che si presentava in forma di pubblica «sfida per la scienza», è integralmente riprodotta alle pagine 208 e seguenti del libro Spiritismo di Adriano Pappalardo (un testo che, tutto sommato, non aggiunge niente a quanto esposto con maggior efficacia in altri volumi), e merita di essere letta, sia perché offre un quadro molto vivace dello spirito del tempo e delle dispute che potevano nascere riguardo ai fenomeni medianici, sia perché costituisce una testimonianza dell'onestà con la quale veniva avanzata una proposta di indagine seria e spassionata sulla medium, nelle condizioni ritenute più convenienti da parte dei ricercatori.

L'unico premio richiesto dal Chiaia nel caso in cui avesse vinto la sfida, cioè qualora gli indagatori avessero dovuto riconoscere la realtà dei fenomeni prodotti dalla medium, consisteva in una dichiarazione pubblica da parte di Lombroso in tal senso. All'epoca la considerazione in cui era tenuto il professor Lombroso come uomo di scienza, antropologo e criminologo, era molto maggiore, sia in Italia che all'estero, di quella con cui oggi viene ricordato (le sue teorie sono considerate pseudo-scientifiche). Nel luglio del 1888, sempre sullo stesso settimanale, era stato pubblicato un articolo di Lombroso, Influenza della civiltà sul genio, in cui l'autore denunciava come non di rado gli scienziati, e lui stesso tra questi, fossero restii ad affrontare campi di indagine nuovi e diversi rispetto a quelli ai quali si erano abituati ed adeguati. In proposito, Angelo Brofferio aveva citato nel suo libro «un inglese crudele ma sapiente» che diceva: «Che bella cosa se gli scienziati non vivessero mai più di sessant'anni! Dopo i sessant'anni non ve n'ha uno che voglia saperne di cambiare idee». Nel suo articolo Lombroso scriveva tra l'altro: «...ancora adesso il mondo accademico ride dell'antropologia criminale, ride dell'ipnotismo, ride dell'omeopatia; chi sa che io e i miei amici che ridiamo dello spiritismo, non siamo in errore; poiché noi siamo, appunto come gli ipnotizzati, grazie al misoneismo che in tutti noi cova, nell'impossibilità d'accorgerci di essere nell'errore, o proprio come molti alienati, essendo noi al buio del vero, ridiamo di quelli che non lo sono». Va osservato come in queste frasi vi sia già un cenno di riconoscimento del relativismo psicologico al quale sono riconducibili molte delle convinzioni umane.

Dato che, evidentemente, nello scetticismo di Lombroso sulla realtà dei fenomeni medianici qualche crepa cominciava ad aprirsi, il Chiaia ne approfittò per gettare – per così dire – l'amo con l'esca, presentando la Paladino come «inferma... una donnicciuola d'infima classe sociale, su la trentina, robusta, analfabeta, i cui precedenti è inutile riandare perché troppo volgari...». Tuttavia «codesta donnetta in certe occasioni ha la virtù di protendersi sino ad allungarsi di qualche decina di centimetri più della sua statura, diventa un fantoccio di guttaperga che si tira da sé, automa di nuovo conio, e prende forme capricciose. Quante gambe ha? Non lo sappiamo. Quante braccia? Nemmeno... Quando si tiene legata come un salame e sigillata per maggiore sicurezza, un terzo braccio sbuca, e non si sa di dove, e comincia una serie di giuochi co' circostanti...». Forse per irretire ancor meglio Lombroso, Chiaia ammette: «Io stesso, a mente serena... passando a rassegna le mie impressioni, finisco col non credere a me stesso, tutto che la testimonianza dei miei sensi, la mia coscienza, stieno là fermi a deporre che non si tratta d'inganno o d'illusioni...».

Ed ecco infine i termini della sfida: «Lei, signor Professore, sceglierà una stanza, dove io entrerò sol quando dovremo cominciar l'esperimento; ivi unicamente Lei, di sua mano, porrà i mobili che crede, gl'istrumenti di suo gusto speciale, se crede anche un pianoforte con toppa e chiavi: io non farò che consegnarle la donnetta in costume adamitico: perché non si creda che sotto la gonna rechi l'officina: nuda come Eva... Assisteranno altri quattro gentiluomini tra padrini e secondi, come in ogni prova cavalleresca: i due per suo conto saranno scelti, s'intende, da Lei, ed i miei... anche da Lei, i quali saranno da me conosciuti solo al momento dello scontro: migliori condizioni non si potrebbero concedere... Ma ad un patto, però: se l'esperimento a cui la invito, riuscisse completamente a fiasco mastodontico, non mi si dovrebbe usar riguardi di sorta, invoco che mi si giudichi pubblicamente per un illuso, che spontaneamente sia da Lei venuto per essere curato come un mattoide; se invece riuscisse in quel senso che mi aspetto, Ella, per debito di lealtà, dovrebbe, senza circonlocuzioni, reticenze e sottintesi, attestare la serietà del fenomeno meraviglioso, e promettere d'indagarne le cause misteriose».

Le prime sedute e le impressioni di Lombroso

Lì per lì Lombroso prese in considerazione l'idea di accettare la sfida, ponendo come ulteriore condizione «che la camera dove si faranno le esperienze sia illuminata a pieno giorno, che nessun esperimento si faccia all'oscuro». Ma poiché la medianità della Paladino non poteva esplicarsi in piena luce se non per un numero molto ridotto di fenomeni, l'accordo non fu raggiunto. Tuttavia Lombroso andò a Napoli nel febbraio 1891 per motivi di lavoro (faceva parte, con lo psichiatra Augusto Tamburini ed il dottor Ascenzi, di una commissione incaricata di ispezionare il manicomio di Aversa). Qui fu di nuovo invitato dal Chiaia a sperimentare con la Paladino, e stavolta accettò. La seduta si tenne il 2 marzo, in una camera dell'Hotel de Genève dove Lombroso soggiornava, alla presenza di Tamburini e di Ascenzi, di Gaspare Virgilio (direttore dell'Istituto di Aversa), e dei professori Raffaele e Francesco Vizioli. Il Chiaia non partecipò. Secondo il racconto della figlia Gina Lombroso Ferrero (1872-1944), la medium fu denudata e visitata: accertato che non nascondesse nulla, fu poi rivestita con nuovi abiti mai indossati prima. Durante la seduta la stanza fu illuminata con una lampada a gas, come aveva richiesto Lombroso. Dopo qualche minuto un tavolo distante alcuni metri dalla medium cominiciò a levitare senza che alcuno lo toccasse. Poi si produssero dei fenomeni luminosi, si avvertirono sensazioni tattili e si udirono suoni e colpi improvvisi. Francesco Vizioli cercò di bloccare un tavolo che levitava, quasi vi salì sopra, ma nonostante i suoi sforzi il tavolo gli sfuggì e finì per cadere ad oltre tre metri dalla medium.

Il 15 marzo si tenne un'altra seduta. In un angolo della stanza fu creato un gabinetto medianico separato da tende (chiamato alcova nei verbali), e vi furono riposti un tavolino, un piatto fondo con della farina, una trombetta e alcuni fogli di carta. Nonostante la Paladino fosse stata legata alla sedia, i fenomeni si ripeterono. Lo spiritista napoletano Ernesto Ciolfi, incaricato di redigere i verbali, scrisse che alla fine della seduta, con la medium ancora immobilizzata, «sentimmo nell'alcova un rumore, vedemmo agitarsi fortemente la portiera (le tende), ed il tavolino che si trovava dietro di essa venire dolcemente verso la media. Allora il prof. Lombroso costatò che il piatto con la farina dentro era stato capovolto contenendo sotto di sé la farina, senza che se ne vedesse sparsa d'intorno la più piccola particella, cosa che – fece osservare il Lombroso – neanche il più esperto giocoliere sarebbe stato capace di operare». Pur addebitando i fenomeni a presunte psicopatie della medium, Lombroso ne fu impressionato e, non dubitando della genuinità di quanto accaduto in sua presenza, scrisse in una lettera a Ernesto Ciolfi, pubblicata sulla Tribuna giudiziaria del 5 luglio 1891: «La doppia relazione che ella mi mandò è perfettamente esatta; aggiungo anzi che, quando si rinvenne la farina rovesciata, la media aveva annunziato che avrebbe spruzzato la farina in faccia ai suoi vicini. Tale doveva essere la sua intenzione, evidentemente abortita a mezzo. Prova per me novella della perfetta onestà del soggetto e del suo stato di semi-incoscienza. Io sono molto vergognato e dolente d’aver combattuto con tanta tenacia la possibilità dei fatti detti spiritici; dico dei fatti, perché alla teoria ancora sono contrario. Ma i fatti esistono, ed io dei fatti mi vanto di essere schiavo...». (Di Bolmar, Spiritismo. Storia, fede ed esperimenti - 1905).

Un anno dopo, il 5 marzo 1892, Cesare Lombroso sperimentò di nuovo con la Paladino a Napoli. Trascrivo integralmente il verbale di questa seduta, come riportato in un libro del 1893, Lo Spiritismo, di Giovanni Giuseppe Franco (1824-1908), un gesuita che, sulle pagine di Civiltà Cattolica, difendeva senza se e senza ma le posizioni della Chiesa in merito all'origine diabolica dei fenomeni spiritici: «Dietro desiderio espresso dall’illustre prof. C. Lombroso, con lettera da Torino all’egregio cav. Ercole Chiaia; di assistere nella sua prossima venuta in Napoli ad un seduta sperimentale spiritica, per fare taluni studii ed esperimenti sulla nota media Eusapia Paladino, questi ebbero luogo la sera di sabato 5 marzo 1892 alle ore 10 al Vomero. In una camera di metri 3 e 1/2 per 4 e 1/2 perfettamente nuda di qualsiasi mobilia, tranne otto sedie ed un piccolo tavolino di legno bianco rettangolare, si riunirono i signori; 1° Cesare Lombroso, professore di psichiatria nella regia Università di Torino; 2° Tommaso de Amicis, professore di sifiliografia all’Università di Napoli; 3° Federico Verdinois, giornalista; 4° Ercole Chiaia, dottore in medicina; 5° Ernesto Ciolfi; 6° la media Eusapia Paladino. Il prof. Lombroso prima di cominciare gli esperimenti, assistito dal prof. De Amicis, procedette ad una accurata visita della media; indi passò ad osservare scrupolosamente la camera, il tavolino e le otto sedie. Chiuse a chiave gli usci della camera, ne levò le chiavi e tappò i buchi delle serrature con pezzi di carta. La Paladino sedette presso al tavolino con a destra il prof. Lombroso ed il prof. De Amicis a sinistra: tutti tre si tenevano per le mani. I signori Chiaia, Verdinois e Ciolfi sedettero uno accanto all’altro lontani dal tavolino. La camera era illuminata dalla viva luce di una lampada a gas, sospesa nel mezzo di essa».

«Scorsa una diecina di minuti, cominciarono i soliti movimenti del tavolino, fino alla totale sollevazione dal suolo, all’altezza di trenta a cinquanta centimetri, restando dai cinque agli otto secondi sollevato in aria. Chiestosi dal cav. Chiaia alla forza operante sotto il nome di John, di far constatare alla luce la formazione di un certo arto da sotto le gonne della media, il tavolino col sistema alfabetico rispose di sì – e soggiunse compitando coi picchi: a sini. A questo punto tutti si esclamò: Siamo asini? E il tavolino rispose di no, ed invece continuò a compitar la parola a sinistra – e facendo intendere che essa (la forza) avrebbe prodotto il fenomeno a sinistra della media, vicino al prof. De Amicis. Prova evidente che la parola a sinistra non era il riflesso del pensiero di nessuno degli assistenti, non avendola alcuno intuita. Per maggior guarentigia contro ogni possibile inganno, il prof. De Amicis teneva fermi con una mano i piedi, e con l’altra le ginocchia della medium, ed il prof. Lombroso volle porsi in piedi anche esso alla sinistra della Paladino, tenendo fra le sue le mani di lei. I signori Chiaia, Verdinois e Ciolfi stavano ritti alle spalle dei due professori in attesa anch’essi del fenomeno; che dopo qualche minuto di aspetto si cominciò a produrre col sollevarsi leggermente d’un lembo della veste, e col quasi gonfiarsi della stessa. Il prof. Lombroso ripetute volte si provò a sorprender quella specie di arto misterioso, ma coll’istessa rapidità esso si dileguò sotto la sua mano. Si restò quindi parecchio tempo nell’aspettativa della riproduzione dello stesso fenomeno, ed il prof. Lombroso argutamente chiedeva sapere perché esso non si riproducesse presto non ostante fosse da tutti tanto desiderato con tutta la forza della volontà; al che uno dei presenti fece opportunamente riflettere che questo risultato negativo era una prova non meno importante della positiva, poiché dimostrava che la causa agente era affatto estranea alla volontà dei componenti del circolo, mentre invece affermava una volontà tutta estranea ed indipendente».   

«Frattanto il prof. Lombroso volle accostare all’occipite della Eusapia una potente calamita (che aveva portata con sè assieme a due dinamometri) per constatare l’azione sul sistema nervoso, in quel momento di medianità, ma nulla potè constatare di speciale. In quel mentre il prof. De Amicis si accorse che una sedia, discosta per un trenta centimetri a sinistra della Paladino, avvicinavasi da sè sola a costei. Il prof. Lombroso lasciando la calamita, si portò tosto alla sinistra della media, ed unitamente a tutti constatò che la sedia per ben due volte da sola si sollevò dal suolo, lambendo gli abiti di costei e per l’altezza di circa trenta centimetri, e portando rapidamente le mani sulle vesti di costei potè questa volta toccare l’arto, che gli parve aver piuttosto la forma di un piede, mentre che il prof. De Amicis gli faceva notare a scanso di ogni equivoco nei suoi giudizii che egli non aveva mai lasciati liberi i piedi, nè le ginocchia della media, ch’era rimasta immobile durante quel fenomeno. Indi il prof. Lombroso volle misurare la forza muscolare della media mercè due dinamometri, ottenendosi questo risultato: col dinamometro Collin stretto prima con la destra e poi con la sinistra, l’indice segnò gradi 80; con quello dello Charrier stretto simultaneamente da ambo le mani si giunse a gradi 36. Sempre a piena luce, si ripeterono parecchie volte i movimenti e sollevamenti totali del tavolino ad un’altezza variabile dai trenta ai cinquanta centimetri. In questo mentre per consiglio del cav. Chiaia tutti, compresa la media, spinsero indietro le sedie, togliendo le mani dal tavolino e discostandosi da questo; ma sempre mantenendosi in catena con le mani, e si vide il tavolino prima fremere per un pezzo, e poscia elevarsi solo da terra per circa trenta centimetri, e restare così per varii secondi in quell’aerea sospensione. La Paladino, durante questo fenomeno, mostrava di soffrir molto, forse per un maggiore sforzo di volontà, e per maggior consumo di fluidi dovendo operar senza contatto immediato col tavolino».  

«Il prof. Lombroso avido di scrutare sino a fondo, chiese a questa energia invisibile, chiamata John, se tutti quei fenomeni fossero un prodotto della volontà o del cervello della media; e gli fu risposto con due forti colpi del tavolino, no. Prima di passare agli esperimenti all’oscuro, il prof. Lombroso collocò alla propria sinistra e alla destra della media, alla distanza di oltre un metro da questa, una delle due sedie rimaste vuote ponendovi sopra un tamburello, un campanello ed i dinamometri, che segnavano zero. L’altra sedia vuota, situata a un paio di metri di distanza dal prof. De Amicis, trovavasi accanto al muro. Dietro vive premure del cav. Chiaia, il prof. Lombroso legò tutti i sedenti pei polsi con una medesima corda, restando solo slegate la sua destra e la sinistra del cav. Chiaia, che si teneva costantemente in contatto con la sua. Poco dopo spento il gas, tanto il De Amicis, quanto il prof. Lombroso incominciarono ad accusare dei toccamenti sulla persona. Il Chiaia pregava John a volere suonare il campanello. Invece esso con sorpresa buttò giù dalla sedia dinamometri, tamburello e campanello, movendo contemporaneamente le due sedie vuote, ben distanti fra loro, che udivansi strisciare sul pavimento, ed urtarsi fra loro con strepito. Lombroso domandò se gli oggetti caduti a terra potevano esser trasportati sul tavolino; s’ebbe risposta affermativa. Poco dopo si avverti il rumore di oggetti sul tavolino; e chiesto se erano i dinamometri, fu risposto col tavolino di . Volendosi accendere il lume per verificare, John si oppose, e nel frattempo fu inteso il fracasso della caduta di una sedia per terra, mentre l’altra veniva a collocarsi dolcemente sul tavolino, senza sfiorare in quel buio le mani di alcuno dei sedenti. Fatta la luce, si trovò sul tavolino la sedia, al di sopra dei dinamometri, dei quali il Collin segnava 65 gradi, e lo Charrier 37. L’altra sedia fu rinvenuta a terra. Il prof. Lombroso rimise a zero le lancette dei dinamometri».    

«Rifatta l'oscurità, la sedia fu da John leggermente tolta dal tavolino, e ricollocata a terra. Il Chiaia allora novellamente pregò John di voler far sentire il suono del campanello; ma invece si sentì una marcia sul tamburello. Chiesto di far udire distintamente il rumore dei polpastrelli, suonando come suol dirsi il tamburino con le dita, John eseguì appuntino, e fece udire con chiarezza e sonorità il rumore delle sue unghie. Questo fenomeno durò dai 25 ai 30 secondi. A richiesta di tutti, e dopo tempo, si videro in aria poche fiammelle di un colore azzurognolo, in varie direzioni ascendenti. La sedia su cui sedeva il prof. De Amicis, vennegli tolta con forza, e dopo pochi secondi ricollocata a posto sì da permettergli a risedersi. Domandato a John se voleva ripetere lo esperimento della pressione dei dinamometri, rispose di sì, invitando a parlare. Dopo poco, la media disse che era fatto. Riacceso il gas, si riscontrò che il dinamometro Collin segnava la pressione di gradi 33 e lo Charrier di 30: entrambi erano fuori la portata delle mani della media, che era sempre legata pei polsi ai polsi dei professori Lombroso e De Amicis. Rifatta l'oscurità, sì udirono poderosi colpi di mano in mezzo al tavolino, senza mai colpire all’oscuro nessuna mano dei sedenti. Tutti, uno dopo l’altro, avvertirono sulle mani la sensazione di una aura fresca, e poscia di quella come se una barba che le sfiorasse rapidamente in giro. Mentre si discorreva, la Eusapia esclamava con aria quasi di spavento di vedere un’ombra, indi una persona ritta in piedi alle spalle del Lombroso, ombra che si allungava per prendere i dinamometri. In effetti il professor Lombroso affermava di sentire alle sue spalle la pressione, come se prodotta dal contatto di un corpo umano, e lasciando per un momento la sinistra del Chiaia, volle colla sua mano libera toccare cosa era dietro a sè. Ma non potè nulla toccare. Intanto l’Eusapia annunziava di vedere John stringere fortemente i dinamometri rimasti sul tavolino, e pregava il professor De Amicis di permetterle di avvicinare la propria sinistra, legata al polso di costui, alla destra tenuta dal Lombroso; e stringeva forte con ambo le mani la mano del prof. Lombroso quasi per mostrare come John operava. Acceso il lume, si osservò che il dinamometro Collin segnava 30 gradi di pressione e lo Charrier, trovato capovolto, segnava 42 gradi. Il professore Lombroso fece notare che la pressione da lui ricevuta dalle mani dall’Eusapia sulla propria mano corrispondeva a un dipresso di quest’ultima di gradi 42».    

«Dopo di che, costatatosi che tutti erano sempre esattamente legati, il prof. Lombroso si diede a sciogliere i primi legati, e man mano vennero sciolti tutti. Essendo tutti in piedi, si domandò a John se voleva dare lo addio; e il tavolino appena sfiorato da un dito della media e dei professori Lombroso e De Amicis, per ben due volte si sollevò stupendamente all’altezza di oltre un metro dal suolo, ricadendo di colpo a terra. La seduta ebbe termine alla mezza dopo mezzanotte. Il prof. Lombroso volle allora riscontrare la forza muscolare della media dopo gli avvenuti fenomeni; e constatò che la forza della media era diminuita, come è risaputo che avviene, segnando il dinamometro Charrier la resistenza di appena 23 gradi. Così, se si fosse potuto pesare la media prima e dopo gli esperimenti, si sarebbe constatato anche una diminuzione più o meno rilevante di peso, dopo gli esperimenti, come parecchie volte il cav. Chiaia ha riscontrato conformemente alle attestazioni di altri sperimentatori. Napoli, 6 Marzo 1892. Firmati: Prof. Cesare Lombroso, Prof. Tommaso de Amicis, Ercole Chiaia, Ernesto Ciolfi, Federico Verdinois, estensore». 

La coerenza di Lombroso

La posizione pubblicamente presa dal Lombroso in merito al riconoscimento della realtà dei fenomeni medianici gli attirò le critiche di molti colleghi, ai quali era legato da rapporti di collaborazione e di amicizia. Lui stesso scrisse, nella dedica di un articolo sull'Archivio di Psichiatria, «ai cari amici Sciamanna, Morselli e Bianchi, che ci guardano con occhi di profonda compassione quando vogliamo studiare i fenomeni ipnotici e spiritistici coll'attenzione che meritano e senza il disprezzo accademico». Nel febbraio 1892 Lombroso pubblicò sul periodico La Vita Moderna un articolo intitolato I fatti spiritici e la loro spiegazione psichiatrica, nel quale – dopo aver ribadito il suo iniziale scetticismo nei confronti dei fenomeni medianici – presentava un resoconto delle esperienze con la Paladino. Dopo aver riconosciuto la realtà dei fatti, il Lombroso si sforzò di darne un'interpretazione psichiatrica, arrampicandosi sugli specchi in modo piuttosto maldestro: «...Questi sono i fatti. Ora nessuno di questi fatti (che bisogna ammettere perché chi può negare i fatti quando si sono veduti?) è di tal tempra da dover presupporre, per spiegarli, un mondo differente da quello che è ammesso dai nevropatologhi. Bisogna premettere che l’Eusapia è una nevropatica, che essa ebbe nell’infanzia un colpo al parietale sinistro, profondo così che vi si infossa un dito, e che restò in seguito soggetta ad accessi epilettici, catalettici, isterici e che sovratutto vi cade durante i fenomeni medianici, e che essa offre una notevole ottusità sensoria... Ora io non posso trovare tanto inammissibile che, come negli isterici e negli ipnotici l’eccitazione di alcuni centri, che sorge potente per la paralisi di tutti gli altri, dà luogo ad una trasposizione e trasmissione delle forze psichiche, dia anche luogo ad una trasformazione in forza luminosa o in forza motoria; ed allora si capisce come la forza, diremo, corticale e cerebrale di un medium, possa, per esempio, sollevare un tavolo, tirare la barba, battere, accarezzare, che sono poi i fenomeni più generali in questi casi... Quando poi avviene la trasmissione del pensiero, che cosa succede? Evidentemente allora in una data condizione, che è rarissima a trovarsi, quel movimento corticale in cui consiste il pensiero, si trasmette ad una piccola o ad una grande distanza. Ora, come questa forza si trasmette, può anche trasformarsi, e la forza psichica diventare forza motoria, tanto più che noi abbiamo nella corteccia cerebrale degli ammassi di sostanza nervosa, (centri motori) che presiedono appunto ai movimenti e che quando sono irritati, come negli epilettici, provocano movimenti violentissimi degli arti, ecc. Ma si dirà che questi movimenti spiritici non hanno per intermedio il muscolo che è il più comune mezzo di trasmissione dei movimenti. È vero; ma anche il pensiero nei casi di trasmissione non percorre pei suoi soliti tramiti di comunicazione che sono la mano e la laringe; in questi casi bisogna ammettere l’ipotesi che il mezzo di comunicazione sia quello che serve a tutte le altre energie, luminose, elettriche, ecc., e che si chiama, con ipotesi ammessa da tutti, l’etere». E via di questo passo!

Le critiche di Ermacora

Un intelligente studioso italiano, il fisico Giovanni Battista Ermacora (1869-1898) che nel 1895 fondò – con Giorgio Finzi – e diresse fino alla prematura morte l'ottima Rivista di Studi Psichici, ebbe buon gioco nel controbattere a tali arbitrarie e superficiali ipotesi con un libretto intitolato I fatti spiritici e le ipotesi affrettate, pubblicato nel 1892, nel quale veniva riportato anche l'articolo originale di Lombroso. Ermacora riconobbe a Lombroso il merito di essersi finalmente accostato allo studio dei fenomeni medianici: «In Italia disgraziatamente i fenomeni medianici, dei quali fanno parte i spiritici, furono straordinariamente trascurati, e la gran maggioranza delle persone colte si tenne affatto estranea al grande movimento che da alcuni anni ha luogo all’estero e particolarmente in Germania ed in Inghilterra; e perciò il pubblico impreparato troppo facilmente si lascierà trascinare dalle idee del primo dotto influente, che avrà rotto il silenzio. Fortunatamente il primo a parlare fu un uomo leale, il Prof. Lombroso. Ma era egli sufficientemente preparato? Oppure il repentino squilibrio che nuove cognizioni portarono nelle sue idee non lo fecero forse sortire dal riserbo caratteristico dello scienziato? È ciò che mi permetto di esaminare; e non intendo con questo di attaccare in alcun modo la sua riconosciuta riputazione di dotto, perché so che, come l’uomo più intrepido può trassalire dinanzi ad un innocuo e repentino spauracchio, così la mente più solidamente costituita in periodi di eccitazione può esprimere giudizi immaturi».

Ermacora continuava ricordando quanto era accaduto in ambito accademico nei confronti del magnetismo animale, dapprima sbeffeggiato, negato ed osteggiato, e poi riconosciuto, studiato e praticato sotto il nuovo nome di ipnotismo. Evidenziava poi i limiti dell'interpretazione psichiatrica dei fenomeni medianici: «Che tutti i fenomeni ipnotici possano venir ritenuti a dritto od a torto un semplice ramo della fisiologia, questo si capisce perchè essi avvengono entro al soggetto. È assai più malagevole invece il vedere come fenomeni meccanici, fisici, e chimici che avvengono fuori del medio, possano venir studiati con competenza e ben compresi soltanto da coloro che si occupano del cervello umano e particolarmente delle sue malattie. A questo proposito è da notare che per lo stesso ipnotismo, benché i suoi fenomeni risguardino semplicemente il soggetto e benché sia studiato dai medici da parecchie decine d’anni, questi non sono ancora riusciti a mettersi d’accordo sul considerarlo uno stato fisiologico o patologico. E perciò l’autore poteva soprassedere ancora un poco prima di regalare il neologismo accesso medianico a quella scienza che di parole è già di gran lunga la più ricca... Il Prof. Lombroso ha visto nei fenomeni spiritici un semplice affare di psichiatria per il solo motivo ch’egli è psichiatra, alla stessa guisa che un teologo ci vede chiara come il sole l’azione del demonio. E per convincerci meglio c’informa che la media è nevropatica, ha un buco nel parietale sinistro, ottusità tattile, turbe isteriche ecc. circostanze tutte che per un psichiatra potranno bastare a dar spiegazione dei voli dei campanelli e dei tavoli e magari delle materializzazioni, ma che, convien dirlo, sono troppo poca cosa per gli altri».

Analizzando punto per punto le argomentazioni contenute nell'articolo di Lombroso, Ermacora ne evidenziava limiti e contraddizioni. Per esempio: «Il Lombroso ammette che il lavoro meccanico eseguito nei fenomeni spiritici fuori del medio e su corpi inanimati provenga dalla corteccia cerebrale; e porta a paragone i moti riflessi degli arti degli epilettici in seguito ad irritazione cerebrale, e soggiunge che, se in questo caso il muscolo serve alla trasmissione del movimento, nel primo potrà l’etere farne le veci. Ora qui l’autore è incorso in un equivoco strano in chi conosce la macchina umana. I muscoli non trasmettono energia meccanica dal cervello all’oggetto messo in moto, ma, dietro il segnale ricevuto dal cervello, trasformano essi medesimi in lavoro meccanico l’energia potenziale dei combustibili che loro porta la circolazione, perchè quando lavorano bruciano più materiali. In altri termini i muscoli sono la macchina ed il cervello è il macchinista. Ora quale è la macchina invisibile nei movimenti a distanza? Sarà il macchinista che alla macchina sostituisce le sue proprie forze? Ciò non si può dire a priori impossibile, ma non si comprende come anche gli stessi nevropatologhi possano veder subito come il solo cervello possa colla propria energia eseguire, come fu constatato più volte, un lavoro meccanico dello stesso ordine di grandezza di quello che potrebbe adoperando l’energia proveniente dai muscoli. Perciò il paragone del magnete non calza, perchè la questione non verte sul tramite ma bensì sulla sorgente dell’energia».

Le sedute del 1892 a Milano

Nel 1892 Eusapia Paladino fu oggetto di ulteriori sperimentazioni nel corso di corso di 17 sedute tenute a Milano, nell'appartamento dell'ingegner Giorgio Finzi, alle quali parteciparono, oltre a Lombroso ed allo stesso Ermacora, anche lo psichiatra Enrico Morselli, l'astronomo Giovanni Schiaparelli (1835-1910), Alexandr Aksakov (1832-1903), Karl du Prel (1839-1899) e Charles Richet (1850-1935). Un resoconto dei fenomeni riscontrati è riportato alle pagine 29 e seguenti del libro di Carrington Eusapia Palladino and her Phenomena. Per tornare al Lombroso, col trascorrere degli anni la sua valutazione dei fenomeni medianici subì una trasformazione in senso spiritista. In un suo articolo pubblicato nel 1906 su La Lettura (rivista mensile del Corriere della Sera) sotto il titolo Sui fenomeni spiritici e la loro interpretazione, il celebre psichiatra iniziava rievocando le sue prime esperienze: «Se vi fu al mondo un individuo, per educazione scientifica, contrario allo spiritismo, quello fui io, che della tesi essere ogni forza una proprietà della materia e l'anima una emanazione del cervello, mi son fatto l'occupazione più tenace della vita, io che ho deriso per tanti anni l'anima dei tavolini e delle sedie! Ma se ho sempre avuta una passione grande per la mia bandiera scientifica, ne ebbi una ancora più fervida: l'adorazione del vero, la constatazione del fatto. Ora io che ero così avverso allo spiritismo da non accettare per molti anni, nemmeno, di assistere ad un esperimento, dovetti nel marzo 1891 presenziarne uno in pieno giorno, da solo a solo, coll'Eusapia Paladino, in un albergo di Napoli, in cui vidi alzarsi ad una grande altezza un tavolo e trasferirsi in aria oggetti pesantissimi; e d'allora accettai di occuparmene...».

Dopo aver ricordato le esperienze sui fenomeni medianici condotte in Europa da illustri ricercatori, e riconosciuta la validità delle critiche di Ermacora ai suoi tentativi di spiegare i fenomeni fisici della medianità sulla base di anomalie psichiche della medium e dell'influenza del pensiero su un presunto mezzo eterico, il Lombroso finiva con l'ammettere che: «le risposte molte volte assennate, non di rado profetiche (per quanto assai spesso vane e bugiarde), spessissimo in completa contraddizione colla cultura dei medium, e dei suoi assistenti, e la comparsa, sotto la loro presenza, di fantasime con tanta apparenza di vita momentanea, non si possono spiegare, per quanto la spiegazione debba naturalmente destare ribrezzo allo scienziato, senza ammettere che la presenza dei medium in trance provochi spesso la comparsa o l'attività più o meno vivace di esistenze che non appartengono ai vivi ma ne acquistano momentaneamente le apparenze e molte delle proprietà». Bisogna riconoscere che Lombroso non aveva il dono della chiarezza comunicativa: non si comprende perché, nell'avanzare un'ipotesi che poteva eventualmente esulare dall'ambito della sperimentabilità scientifica, dovesse parlare di ribrezzo nello scienziato. Comunque l'articolo terminava con altre ipotesi, più o meno fantasiose, in merito al fatto che anche il corpo degli spiriti è costituito da materia rarefatta (in parole povere, di gas), o di appoggio all'ipotesi della quarta dimensione avanzata, per spiegare i fenomeni di apporto e di materializzazione, dall'astrofisico tedesco Johann Zöllner (1834-1882) nel suo libro Fisica Trascendentale (Trascendental Physics, 1880).

Nel settembre 1907, dapprima sul mensile La Lettura e poi sull'Archivio di psichiatria (vol. 28), fu pubblicato un secondo articolo del Lombroso intitolato Eusapia Paladino e lo spiritismo, nel quale si dava conto in dettaglio di misurazioni eseguite sulla medium con varie apparecchiature, da lui stesso o da altri ricercatori, sia in condizioni normali che durante le sedute, quando si verificavano fenomeni fisici. L'articolo dava anche qualche informazione sulla personalità della medium: «La sua coltura è quella di una popolana; ma è ricca di buon senso e di senso comune, ed ha una intuizione ed una finezza intellettuale che contrasta con la sua incoltura e che la fa, malgrado questa, giudicare ed apprezzare il vero merito degli uomini geniali, con cui è in contatto, senza essere suggestionata nel suo giudizio dalle note false che dà la ricchezza e l'autorità. Ingenua fino a lasciarsi imporre e mistificare da qualche intrigante, è poi qualche volta – prima e durante il trance – di una furberia che va in alcuni casi sino all'inganno. Così fu vista una volta strapparsi un capello, che posto sul piattello di una piccola bilancia ne doveva provocare l'abbassamento, un'altra volta fu vista rapire in segreto dei fiori per simulare un apporto, e foggiare col fazzoletto, servendosi delle mani, dei fantocci che messi in moto nella semioscurità potevano simulare dei fantasmi... Quando è in collera, specialmente quando è offesa nella sua riputazione di medium, è violenta ed impulsiva fino ad insultare e anche a malmenare gli avversari. Queste sue qualità stranamente contrastano con una singolare bontà d'animo, che le fa sperperare i lauti guadagni per sollevare le miserie dei poveri, dei bimbi e dei malati, che le fa sentire per i vecchi e per i deboli una pietà sconfinata, fino a perderne il sonno, e che la spinge a proteggere gli animali fino a maltrattarne i seviziatori».

Come si vede da queste osservazioni, e come riscontreremo anche esaminando le note prese dal Morselli nel corso delle sedute di Genova del 1901, i rcercatori erano ben informati e consapevoli in merito ai tentativi di inganno e di frode da parte dei medium, ed erano perfettamente in grado di prendere adeguate contromisure per assicurarsi della genuinità dei fenomeni indagati: non erano certamente persone disposte a buttar via il loro tempo per farsi gabbare da qualche imbroglione. Lombroso continuava il suo articolo esponendo le ragioni per le quali non poteva più difendere la sua originaria spiegazione circa il fatto che i fenomeni fossero dovuti esclusivamente alla proiezione o alla trasformazione delle forze psichiche della medium, senza interventi di altre entità intelligenti, e dichiarava: «È evidente dunque anche qui che nei fenomeni spiritici può intervenire una terza volontà che non è quella di John, né di Eusapia, né dei presenti alla seduta, ma anzi è contraria alla volontà di tutti costoro; ed appartiene invece solo agli individui riprodotti nell'immagine fantasmatica. È notevole poi che nel trance spiritico si manifestano delle energie motorie ed intellettive, che sono molto differenti, molto maggiori e certo sproporzionate a quelle del medium, e che fanno supporre l'intervento di un'altra intelligenza, di un'altra energia». Infine concludeva: «Io ho il coraggio di affermare tutto ciò, come di dire che si forma intorno al medium uno spazio di quarta dimensione, perché non ho e non ebbi mai la paura del ridicolo, quando si trattava di affermare fatti, di cui abbia acquistato sperimentalmente la profonda convinzione; e soprattutto perché non ho come coloro che troppo ingenuamente mi chiamano ingenuo, improvvisato una dottrina da una o due sedute con un solo medium, ma dopo che con uno studio di molti anni ho messo in rapporto quei pochi fatti frammentari che ci offre l'Eusapia coi moltissimi altri registrati dalla scienza e che insieme collimano».

Dopo la morte di Lombroso (19 ottobre 1909) fu pubblicata postuma l'ultima sua opera, Ricerche sui fenomeni ipnotici e spiritici, nella quale lo scienziato presentava un compendio delle sue indagini e dei suoi studi in merito ai fenomeni ipnotici e medianici. Per quanto riguardava questi ultimi, l'ipotesi dell'esistenza degli spiriti come agenti operativi, tramite l'uso delle risorse psicofisiche del medium, veniva presa in seria considerazione, tanto che nell'epilogo del volume (capitolo XIV) veniva addirittura tracciato uno schema della biologia degli spiriti.


 

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