La psiche, il duplice aspetto della realtà e la volontà

 

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L'esperienza psichica della realtà

Come si è visto, quello che noi consideriamo reale nella nostra esperienza di questo mondo presenta due aspetti. Il primo, che comprende tutto ciò che viene considerato normale e scientificamente conoscibile (anche se ancora in gran parte non conosciuto), risponde alle leggi del mondo fisico, è di gran lunga prevalente nella nostra cultura e fa riferimento a funzioni mentali ed a dinamiche psichiche che si ritengono comuni a tutti gli esseri umani, pur con le inevitabili differenze tra un individuo e l'altro. Il secondo, nettamente minoritario nella nostra cultura, ma riconosciuto e più diffuso nell'ambito di altre culture, concerne facoltà mentali e fenomeni non ordinari, che sembrano trascendere le normali leggi della fisica come noi le conosciamo: tali fenomeni si manifestano tramite un numero limitato di esseri umani, senza che si possa escludere l'intervento di eventuali entità aliene.

In entrambi i casi la nostra conoscenza della realtà è pur sempre mediata dall'esperienza psichica: sono quei particolari aspetti della psiche che il nostro io cosciente sperimenta in relazione a quanto ci accade nel corso delle nostre interazioni con l'ambiente a determinare la nostra percezione del reale. Come abbiamo diverse volte osservato, le esperienze psichiche che caratterizzano la vita di un individuo possono essere completamente diverse da quelle di un altro: la psiche umana, nella sua totalità, non è sperimentabile da un singolo individuo, dato che le esperienze psichiche che coinvolgono un io cosciente nel corso della vita non sono che una minima frazione della psiche globale.

Il ruolo della volontà

Mentre nei confronti di alcune esperienze psichiche come le emozioni, i sogni, le sensazioni o determinate forme di sentimento l'io cosciente ha un ruolo prevalentemente passivo (limitandosi eventualmente a ricercare le circostanze che determinano tali esperienze), altre esperienze psichiche come i pensieri, i ragionamenti, i ricordi e le ideazioni creative possono essere sollecitate attivamente dall'io, il quale sperimenta un'esigenza traducibile in una forma di desiderio o in un comando interiore. Oltre all'intelligenza, l'io cosciente dispone infatti di una seconda importante risorsa intenzionale, alla quale ci riferiamo in genere col termine di volontà, mediante la quale cerca di ottenere determinati risultati anche in relazione alle esperienze psichiche. Per certi aspetti, l'io cosciente potrebbe essere considerato come un esploratore della psiche umana, soggetto ai rischi ed ai pericoli derivanti dal non essere in grado di controllare gli aspetti insidiosi dell'esperienza psichica (in particolare quelli attivati dall'interazione con altri esseri umani), ma capace di esplorare, di mappare e di controllare un ambito più o meno ampio.

Analogamente a quanto accade per l'intelligenza, anche la volontà è una risorsa della quale gli esseri umani dispongono in misura molto variabile. Alcuni individui sono dotati di una volontà eccezionale, mediante la quale perseguono i loro scopi con tenacia inflessibile, e riescono a superare molti ostacoli realizzando imprese straordinarie. Il ruolo della volontà nella trasformazione del mondo e nella costruzione della realtà socioculturale risulta fondamentale: le persone dotate di forte volontà sono in grado di influenzare gli orientamenti psichici degli individui più deboli. In generale, tutte le persone capaci di esercitare un ruolo di leadership nei vari settori delle attività umane (produttive, politiche e culturali), sono dotate di una forte volontà, che esplica i suoi effetti e viene percepita dagli altri sotto forma di carisma, di attitudine al comando e di esercizio del potere.

L'origine delle risorse di cui alcuni esseri umani sono particolarmente dotati

È importante sottolineare come l'origine della volontà, dell'intelligenza o di altre importanti doti attinenti alla personalità umana sfugga del tutto alla conoscenza dell'io cosciente: una persona intelligente, o fortemente volitiva, o creativa, o anche una persona dotata di forza o di bellezza, possono utilizzare coscientemente queste risorse, ma non conoscono la ragione per cui ne dispongono in misura rilevante rispetto alla media degli esseri umani. Lo stesso si può dire per le persone dotate di facoltà paranormali. Nella nostra cultura si tende ad attribuire ogni facoltà all'organismo, ed in particolare al funzionamento del cervello, limitandosi a quei particolari aspetti (essenzialmente anatomici e fisiologici, ma da qualche tempo anche informatici) che possono essere oggetto di studio scientifico. In sintesi, la base fondamentale dei talenti umani sarebbe esclusivamente genetica, e le condizioni per il loro sviluppo verrebbero determinate dall'ambiente socioculturale nel quale un individuo è allevato. Se questo quadro interpretativo può essere convicente per caratteristiche come la forza fisica o la bellezza, gli elementi di valutazione relativi al funzionamento del cervello per facoltà come l'intelligenza, la volontà o la creatività sono ancora troppo incerti per poter ritenere senza alcun dubbio provata l'origine esclusivamente genetica di tali facoltà. Quando poi prendiamo in considerazione quelle facoltà che determinano le manifestazioni ed i fenomeni paranormali, ecco che le cose si fanno ancora più complesse.

L'importanza che il sistema psicofisico di un medium riveste per l'estrinsecazione dei fenomeni paranormali viene messa in evidenza dalle alterazioni che avvengono non solo nel corso della trance medianica, ma anche nei casi in cui il medium resta più o meno vigile. Tali alterazioni vanno da un senso di affaticamento o di stanchezza più o meno intenso (che, come si è visto, può estendersi anche ad alcuni partecipanti alle sedute) a vere e proprie inesplicabili trasformazioni fisiche, come perdite di peso, difficoltà respiratorie e stati di catalessi o di precoma. Se dunque è vero che qualsiasi attività umana che esplichi i suoi effetti nella dimensione fisica richiede energie derivanti dal funzionamento dell'organismo, si ha l'impressione che – oltre a ciò che si può osservare in termini anatomico-fisiologici (sistema nervoso e cervello) – siano attivi altri sistemi complessi di natura non fisica. Nella pagina dedicata al dibattito conoscitivo sulla coscienza è stato evidenziato come non si possa ritenere risolto l'enigma del funzionamento della coscienza umana sulla base delle attuali conoscenze sul funzionamento del cervello. Quando poi facciamo riferimento all'attività della mente umana, pur dando per scontato il buon funzionamento del cervello come condizione imprescindibile affinché tale attività possa aver luogo, non abbiamo elementi di conoscenza sufficienti per poter affermare che tutto si riduca alla sola attività cerebrale. Anzi, sono proprio quelle particolari risorse come l'intelligenza e la volontà che ci inducono ad ipotizzare la presenza di qualcosa di distinto dal nostro sistema psicofisico.

Le sollecitazioni dell'io cosciente nei confronti della psiche

Come abbiamo già sottolineato in relazione alla complessità del quadro conoscitivo mediante il quale tentiamo di comprendere la vita umana nelle sue varie manifestazioni (ed in particolare la nostra vita), quello che si presenta alla coscienza in termini di pensieri, ragionamenti, valutazioni e convinzioni è sempre il risultato di una particolare «ricerca psichica»: è come se l'io cosciente esercitasse delle forme di sollecitazione intenzionali e volitive sull'attività mentale allo scopo di ottenere dalla psiche delle risposte e degli orientamenti che possano poi essere oggetto di valutazione da parte dell'intelligenza. Anche in questo caso, si tratta di un'attività mentale essenzialmente creativa, la cui complessità risulta evidente, soprattutto per quanto riguarda la fase di valutazione critica delle risposte psichiche. Per la maggior parte delle persone, la capacità di poter svolgere quest'attività di ricerca e di valutazione è limitata, dato che l'io cosciente è quasi sempre succube del potere di convinzione esercitato da alcune istanze psichiche. Sia che si manifesti tramite un programma acquisito per influenza socioculturale, sia che si presenti come una creazione autonoma, l'esperienza psichica di solito conquista l'io cosciente che, non disponendo delle risorse per poterla valutare con sufficiente distacco critico, si immedesima in essa.

I processi psichici, in tutta la loro complessità, sono qualcosa di sostanzialmente diverso rispetto all'attività cerebrale che li determina: l'io cosciente sperimenta vari aspetti della psiche, ma rimane quasi sempre all'oscuro riguardo alle funzioni cerebrali che li determinano in modo inconscio. Altrettanto oscure restano, per l'io cosciente, le motivazioni che lo spingono ad agire, provocando le esperienze psichiche nelle quali è coinvolto e, in definitiva, la sua stessa esistenza. In genere, durante la gioventù l'io è talmente identificato con le proprie esperienze psichiche da non riuscire nemmeno a rendersi conto della possibilità (e dell'esigenza) di superare questa condizione di completa identificazione, che per molte persone si estende a tutta la vita. Durante l'età matura gli impegni e le responsabilità legati al ruolo sociale ed ai legami affettivi rafforzano determinate sintonie psichiche nelle quali l'io continua ad immedesimarsi, anche se talvolta se ne sente prigioniero. Soprattutto nelle società complesse formate da masse consistenti di milioni di individui, il potere di convinzione di determinate sintonie psichiche si rafforza via via che esse si diffondono e diventano sempre più condivise: i numeri e la quantità spesso finiscono col prevalere rispetto a qualsiasi valutazione critica fondata sull'intelligenza.

L'evoluzione dell'io cosciente: la fase sperimentale di identificazione con la psiche

Sollecitato dalle energie che determinano il fenomeno della vita, l'io cosciente viene coinvolto dalle varie esperienze psichiche derivanti dall'interazione tra il proprio corpo e l'ambiente e dalla propria attività mentale autonoma. Le interazioni tra il corpo e l'ambiente sono in parte determinate dall'io stesso mediante la propria volontà (e si traducono in forme di comportamento), ed in parte dovute ad accidenti casuali o all'azione volontaria di altri esseri viventi. Le risposte psichiche sperimentate dall'io in conseguenza di tali eventi possono essere le più diverse, e la stessa natura sensibile dell'io cosciente fa sì che possano comportare effetti valutati dall'io come positivi, neutri o negativi. Durante la fase esplorativa della vita umana, che corrisponde in genere all'infanzia, all'adolescenza ed alla giovinezza, l'io cosciente si identifica con le esperienze psichiche nelle quali è coinvolto, ed utilizza le risorse di cui eventualmente dispone (volontà, intelligenza, creatività) in modo automatico, alla luce di quelli che vengono percepiti come comandi o desideri: cerca di evitare le esperienze psichiche negative e di procurarsi quelle positive (barcamenandosi tra gli eventi che determinano le une e le altre). Spesso i risultati ottenuti non corrispondono alle intenzioni, anche perché molti eventi della vita sono inevitabili e l'io deve comunque subirne le conseguenze, il che può determinare in molte persone una persistente sensazione di debolezza e di vulnerabilità associata in modo permanente alla condizione dell'io cosciente nella vita umana.

In altri casi le strategie adottate dall'io funzionano, almeno in parte, e come conseguenza vengono acquisiti dall'individuo come schemi comportamentali che si fissano fino ad essere adottati con tenacia nel corso di tutta la vita, impedendo così all'io di evolversi e di liberarsi dalla soggezione nei confronti di certe esperienze psichiche, con le quali continua ad immedesimarsi. È questa la condizione privilegiata dalla nostra società e dalla nostra cultura, e dunque non deve sorprendere che tante persone si adattino e si adeguino a questo schema che viene continuamente proposto e propagandato come modello. Si tratta di un passo avanti rispetto alla condizione fallimentare di un io debole e vulnerabile, costretto ad arrendersi di fronte alle difficoltà della vita ed alle conseguenze di natura psichica che non riesce a gestire, ma anche in qesto caso l'io resta prigioniero delle istanze psichiche alle quali deve sottostare e del loro potere in termini di vantaggi e di svantaggi per la qualità dell'esperienza della vita umana: infatti, l'io non è in grado di programmare e di eseguire un'azione autonoma alla luce di una conoscenza fondata, ma deve comunque ubbidire ai comandi determinati da istanze la cui origine e le cui finalità gli restano ignote. La principale conseguenza di questo atteggiamento di subordinazione è il riconoscimento di una «volontà superiore» che determina il destino ed l funzionamento di ciascuno di noi e di tutta l'umanità nel suo insieme, tanto nel bene quanto nel male. Ma, nella maggior parte dei casi, l'io non riesce nemmeno a pervenire a questa forma rudimentale di conoscenza, e si limita ad assecondare in modo automatico le modalità di funzionamento previste ed acquisite, dalla nascita alla morte.

L'evoluzione dell'io cosciente: la fase del distacco critico

La fase critica ha inizio quando l'io cosciente riesce a differenziarsi, almeno in parte, rispetto alle esperienze psichiche che lo coinvolgono, conquistando così una propria autonomia. In questa fase l'io non può considerarsi libero dall'influenza della psiche, e meno che mai può ritenere di poter controllare a volontà le esperienze psichiche nelle quali continua ad essere coinvolto, tuttavia il baricentro della relazione tra l'io e la psiche si è in qualche modo spostato: l'io non si immedesima più totalmente con l'esperienza psichica, ma riesce a valutarla criticamente, come un'energia della quale deve riconoscere il potere ed alla quale spesso è costretto a sottostare, ma rispetto alla quale sente di essere qualcosa di diverso e di indipendente. Questa fase presenta diverse gradazioni, che vanno da una condizione (in genere spiacevole) nella quale l'io si sente prigioniero delle proprie esperienze psichiche, nei confronti delle quali le sue capacità di controllo sono minime, ad una condizione di sereno distacco, tramite la quale l'io può osservare e valutare ogni istanza psichica determinata dalla propria attività mentale, decidendo il livello di coinvolgimento con cui vuole partecipare a quell'esperienza.

Mentre nella fase di identificazione l'io e la psiche sono una cosa sola, e dunque l'io esiste solo in quanto esiste l'esperienza psichica che lo domina, nella fase del distacco critico l'io comincia a sentire una propria autonoma esistenza fondata su un'esperienza mentale diversa da quella che caratterizza la psiche umana. Si potrebbe obiettare che si tratta comunque di un'esperienza psichica, dato che tutto ciò di cui l'io cosciente fa esperienza deve rientrare nell'ambito della psiche: la differenza fondamentale consiste però in questo, che mentre le sintonie ordinarie della psiche umana tendono a sopraffare e ad asservire l'io, le sintonie che si attivano nella fase del distacco critico riconoscono all'io una propria autonomia esistenziale e lo sostengono nella ricerca della liberazione da tutte quelle esperienze psichiche nelle quali si è trovato coinvolto passivamente nel corso della vita. Una delle più insidiose attività della psiche umana consiste nel dare all'io l'illusione di «valere» qualcosa mediante il potere esercitato sugli altri, affermando con la forza, con la furbizia, con la volontà o con altri talenti l'importanza della propria personalità psichica, dalla quale l'io stesso viene completamente soggiogato. D'altra parte, l'io di tante persone è dominato da istanze psichiche improntate al bisogno di sicurezza, al timore, all'esigenza di sentirsi associati agli altri e di farsi guidare per poter affrontare i rischi della vita: queste persone riconoscono volentieri, in modo spesso acritico, un valore ed un potere ai leader ed ai modelli di riferimento.

Nella fase del distacco critico l'io prende atto anzitutto del carattere transitorio e temporaneo della propria esperienza umana, considerandola nei suoi aspetti di trasformazione e di evoluzione: col trascorrere degli anni diventa infatti evidente come ad ogni età corrispondano particolari dinamiche psichiche, e come la stessa condizione dell'io cosciente possa mutare nel tempo. Quando questo non avviene, l'io resta irretito per tutta la vita nelle sintonie psichiche che lo condizionano, ed arriva alla morte senza che vi sia stata una vera evoluzione. Questo rischio è evidente soprattutto nelle culture in cui il livello di socializzazione è particolarmente elevato (come la nostra), dato che la forza degli elementi psichici collettivi – che vengono frequentemente attivati in modo automatico ed acritico nelle interazioni con tante persone – esercita un potere condizionante sulla mente, ostacolando l'evoluzione in senso critico dell'io. Ne consegue la necessità e l'utilità di periodi di isolamento meditativo o contemplativo, durante i quali l'io può osservare con più attenzione ed in modo più riflessivo e critico le dinamiche psichiche nelle quali viene coinvolto.

L'evoluzione dell'io cosciente: la fase di liberazione

Dopo diversi decenni di vita, quando il corpo invecchia e le facoltà mentali entrano in una fase di deterioramento progressivo, l'io cosciente deve prendere atto di quanto l'esperienza psichica sia collegata all'attività mentale, e di come quest'ultima dipenda dal funzionamento del cervello e dalla sua integrità. Le stesse facoltà intellettive, che costituiscono una delle risorse più importanti a disposizione dell'io, possono essere alterate dalla degenerazione delle funzioni cerebrali dovuta ai processi di invecchiamento, eppure si ha l'impressione che, nonostante tutto, il senso di identità dell'io non venga meno, dai primi anni di vita fino alla morte, sempre che resti attiva la coscienza: ciò che si modifica sostanzialmente è l'esperienza psichica, non l'identità dell'io. È anche vero che in certi particolari stati, come il coma ed altre condizioni di incoscienza, vengono meno gli stessi presupposti che stanno alla base dell'esistenza dell'io cosciente. Con queste premesse diventa molto difficile, come abbiamo più volte osservato, sostenere la possibilità di un'esistenza spirituale dell'io, svincolata dall'attività mentale connessa al funzionamento del cervello. La morte, che costituisce comunque un evento inevitabile per ciascun essere vivente, coincide con la fase di liberazione dell'io cosciente dalla psiche umana. Ma affinché vi sia una liberazione deve esistere qualcosa che venga liberato, dunque si deve poter ipotizzare una continuazione dell'esistenza dell'io cosciente ed un collegamento tra l'esperienza della vita terrena ed una nuova forma di esistenza ultraterrena.

Come si è visto, la realtà dei fenomeni paranormali dimostra con i fatti l'esistenza di energie e di entità che non fanno parte dell'esperienza psichica ordinaria di questo mondo, ma che sembrano appartenere ad una dimensione parallela che solo occasionalmente, mediante l'intervento di esseri umani dotati di particolari facoltà, si collega con la nostra dimensione fisica. Il quadro interpretativo che la psiche umana ci offre in merito a tali fenomeni è quanto mai vario ed incerto, e del tutto inaffidabile sotto il profilo conoscitivo: si va dall'attribuzione al nostro sistema psicofisico di straordinarie facoltà, normalmente sopite, al riconoscimento di una natura spirituale associata al nostro corpo ed al nostro cervello, che potrebbe addirittura costituire un secondo corpo energetico (etereo od astrale) in grado di sopravvivere alla morte del corpo fisico, fino all'ammissione dell'esistenza di entità aliene (gli spiriti) che possono interagire con gli esseri umani in una singolare messa in scena fatta di azioni inesplicabili, di verità accertabili, di mezze verità, e perfino di inganni. Qualsiasi teoria psichica avanzata finora per spiegare questi fatti manca di quella chiarezza, di quell'oggettività e di quella validità intellettiva che dovrebbero caratterizzare le teorie scientifiche.

L'importanza di esperienze psichiche non ordinarie – quali possono essere le NDE o alcune esperienze indotte da sostanze psicoattive – sta nel fatto che l'io cosciente viene liberato, almeno temporaneamente, dallo stato di soggezione nei confronti delle sintonie ordinarie della psiche umana e dai conflitti interni che impediscono all'io di conoscere in modo chiaro ed inequivocabile il significato della vita umana e l'eventuale esistenza che ci attende dopo la morte. Questo tipo di liberazione può essere ricercata ed ottenuta in modo più stabile mediante pratiche ascetiche come lo yoga e la meditazione, che però richiedono il ritiro delle energie psicofisiche dall'interazione con la realtà dell'ambiente. In ogni caso tutte queste esperienze psichiche non ordinarie restano collegate all'esistenza in vita del corpo, e dunque può sempre restare il dubbio che anch'esse siano particolari forme di attività mentale, determinate dal funzionamento del cervello. L'unica fase di liberazione definitiva dalla psiche umana è data dalla morte del corpo e dall'estinguersi dell'attività cerebrale. È una fase attraverso la quale, almeno fino ad oggi, tutti noi esseri umani dobbiamo passare: una volta che si sarà esaurito il tempo della nostra vita in questo mondo, faremo esperienza diretta di altre forme di esistenza, oppure l'io cosciente si sarà definitivamente annullato.

L'orientamento psichico verso la vita o verso la morte

In alcune epoche storiche, i sistemi socioculturali hanno manifestato un orientamento psichico prevalentemente incentrato sulla vita terrena, sulla capacità di trasformare il mondo, di ideare, di creare, ed anche di «divertirsi» vivendo intensamente la vita attraverso tutte le esperienze (psichiche) che i diversi ambienti naturali ed umani del nostro pianeta possono offrire. Nella nostra attuale società questa visione è prevalente, ma non è detto che debba esserlo anche in futuro: alcuni segnali fanno già intuire una possibile inversione di tendenza, anche se non a breve termine. Quando l'orientamento psichico è sintonizzato sulla vita, la morte diventa un evento da esorcizzare, rimuovendolo per quanto possibile dai pensieri e dalle indagini di rilevanza culturale. Tutte le energie psicofisiche si orientano nel senso di vivere pienamente questa vita, e bisogna riconoscere che gli sviluppi tecnologici che caratterizzano la nostra epoca mettono a disposizione di un gran numero di esseri umani una gamma di esperienze affascinanti ed interessanti: ovviamente, non è tutto oro quello che luccica, e giova ricordare che ogni medaglia ha il suo rovescio, ma difficilmente si potrà sostenere che la vita ai nostri giorni, pur con tutte le sue contraddizioni e le sue difficoltà, si esaurisca nella definizione di «valle di lacrime».

In altre epoche, o in culture diverse dalla nostra, l'orientamento psichico può essere invece prevalentemente incentrato sul destino che attende l'io cosciente dopo la morte, e la vita terrena viene interpretata solo come un itinerario da percorrere allo scopo di raggiungere quel traguardo e di ottenere qualche forma di ricompensa (o di evitare qualche presunto castigo). Quest'orientamento è stato predominante in Europa durante il medioevo, ma anche ai nostri giorni si riscontra che quelle persone che si votano al suicidio per compiere azioni ostili e distruttive verso altri esseri umani e verso una cultura diversa dalla loro, lo fanno perché il loro io è fanaticamente asservito ad un'istanza psichica che prevede una ricompensa nell'aldilà. Quando prevale l'orientamento psichico verso una presunta vita dopo la morte, la vita terrena perde di interesse e l'esistenza umana finisce col trascinarsi miseramente in condizioni che sembrano giustificare lo scarso valore che le viene attribuito dalla psiche.

Ai nostri giorni e nella nostra cultura qualsiasi persona sana di mente dovrebbe essere in grado di comprendere come una vita umana interessante e gratificante sia di gran lunga più vantaggiosa per l'io rispetto ad una vita di stenti, di miserie e di sofferenze. Non si comprende dunque per quale distorta ragione la conquista di un presunto «paradiso» nell'aldilà dovrebbe essere subordinata ai sacrifici ed ai patimenti di questa vita. Tuttavia la subordinazione dell'io cosciente della maggior parte degli esseri umani agli orientamenti psichici è ancora troppo forte perché si possa sostenere che siamo già in grado di determinare la storia dell'umanità e le condizioni future della vita umana. Come è stato più volte evidenziato in queste pagine, la psiche umana è un fenomeno autonomo e mutevole, soggetto a trasformazioni determinate da contrasti e conflitti al suo interno, ed a seconda del luogo e dell'epoca in cui un individuo nasce e vive, subendo il proprio destino, può prevalere l'uno o l'altro orientamento psichico. D'altra parte, bisogna ricordare che l'io cosciente ha una valenza individuale e soggettiva, mentre gli effetti degli orientamenti psichici coinvolgono milioni di persone, condizionando ogni individuo, dato che ai nostri giorni difficilmente (e con notevole disagio) si può vivere isolandosi.

La psiche può determinare la realtà?

È necessario allora prendere in considerazione un'ultima ed importante questione: qual è il ruolo della psiche nel definire e nel determinare la realtà? Abbiamo visto come l'io cosciente sia assoggettato alla psiche e quanto sia difficile anche solo riuscire a valutare l'esperienza psichica in modo criticamente distaccato, tuttavia raramente dubitiamo dell'esistenza di una realtà oggettiva ed assoluta, e siamo indotti a ritenere che molti aspetti della nostra esperienza psichica non siano altro che il riflesso mentale di questa realtà. Questa visione sostanzialmente oggettiva ed indubitabile della realtà è tipica della cultura del nostro tempo, dato che – in altre epoche – culture diverse (come l'induismo) hanno proposto interpretazioni alternative. Si tratta dunque, anche in questo caso, di un orientamento psichico, per il quale la psiche descrive ed interpreta se stessa come la realtà del mondo oggettivo.

Abbiamo già evidenziato come l'attività creativa, ideativa e progettuale della mente umana sia in grado di trasformare la realtà del mondo in modo sempre più efficace e sostanziale, ma questo fenomeno, pur nella sua sorprendente complessità, si svolge secondo un ordine precostituito, ed in accordo con delle leggi che l'intelletto umano valuta come assolute ed immutabili. Nell'ambito dei fenomeni paranormali si verificano invece degli eventi in base ai quali si ha l'impressione (o meglio: la certezza) che un certo tipo di attività mentale, e le sintonie psichiche che ne conseguono, possa esercitare un effetto diretto sulla realtà, alterandola in modo per noi incomprensibile. I fenomeni di natura fisica sono quelli noti, già più volte testimoniati e descritti anche in queste pagine: apporti, materializzazioni, trasmutazioni della materia, movimenti, levitazioni, voci dirette, ecc. L'interpretazione più comune è che si tratti di effetti diretti, determinati da particolari facoltà mentali, su una realtà fisica oggettiva ed assoluta. Nel merito sono stati scritti diversi testi, tra i quali, in Italia, Operazioni psichiche sulla materia, di Nicola Riccardi (Editrice Luce e Ombra, 1970), e Pensiero e volontà - Forze plasticizzanti e organizzanti di Ernesto Bozzano (Editrice Luce e Ombra, 1967). Si tratta tuttavia di testi caratterizzati da una certa imprecisione e confusione nell'uso di termini come mente, psiche, coscienza, inconscio, volontà, ecc., che già di per sé si prestano (come si è visto nella pagina sulle Definizioni) ad incertezze interpretative. Può essere opportuno dunque qualche chiarimento.

Si può definire la volontà come un'energia, o una facoltà, della quale l'io cosciente può disporre per conseguire in modo intenzionale un determinato scopo. Le motivazioni per le quali la volontà viene attivata sono determinate dalla psiche (desideri, comandi, impulsi positivi e negativi), ma il processo per il quale si attiva la volontà deve passare attraverso la coscienza dell'io. Non ci sembra dunque lecito fare riferimento ad una volontà inconscia. Come è stato già evidenziato nelle pagine dedicate all'inconscio, tutti i processi psichici possono essere considerati inconsci fino a quando non diventano coscienti. Ma le uniche attività mentali che possiamo considerare a buon diritto inconscie sono quelle che, pur non pervenendo alla coscienza dell'io, sono comunque determinate dal funzionamento del nostro sistema nervoso e del cervello. Ogni altro riferimento all'inconscio assume una valenza metafisica, dato che non ci è possibile avere alcuna certezza conoscitiva al riguardo.

La capacità di eseguire o di determinare a volontà alcuni fenomeni paranormali può essere definita come potere magico. Vi sono certamente individui che si addestrano in questo senso, ed alcuni di loro possono ottenere risultati di rilievo. In genere restano nell'ombra, a meno che non facciano parte di culture che ne riconoscono le capacità ed attribuiscono loro un ruolo sociale. Per citare un esempio, una di queste persone particolarmente dotate fu Gustavo Rol, il quale poteva attivare a volontà alcune delle sue straordinarie facoltà, mentre – secondo quanto lui stesso affermava – nella maggior parte dei casi i fenomeni si svolgevano in modo autonomo, che sorprendeva tanto lui quanto le altre persone presenti. È evidente come non si possa parlare di volontà in tutti quei casi in cui il medium va in trance: se la trance è totale, il medium viene a trovarsi in uno stato di completa incoscienza rispetto alle manifestazioni paranormali che hanno luogo, mentre se è parziale il medium assiste a quanto accade, ed in qualche caso è in grado di interagire con le entità che si manifestano, ma senza poter in alcun modo determinare a volontà i fenomeni. Non è pertanto corretto, in tutti questi casi, fare riferimento alla volontà come forza che può produrre effetti diretti sul mondo fisico, a meno che non la si attribuisca a qualcosa di distinto dall'io cosciente.

Le ipotesi sulle facoltà attribuite all'inconscio o allo spirito

Nella letteratura del secolo scorso si faceva spesso riferimento ad una volontà legata all'inconscio (soprattutto a quello del medium), ritenendola una facoltà sufficiente a spiegare molti fenomeni paranormali. Questa personificazione dell'inconscio non è stata tuttavia sufficientemente spiegata né giustificata (né si vede su quali basi conoscitive possa esserlo, data la confusione insita nel termine utilizzato): in particolare non si riesce mai a comprendere se quest'inconscio personificato sia determinato o meno da un'attività cerebrale inconscia, ed in quale relazione stia con l'io cosciente. Nelle concezioni come quelle di Frederic Myers (the Subliminal Self) o di Carl Gustav Jung (das Selbst) sembra che la personalità umana consista di due parti, l'una cosciente (l'io) e l'altra inconscia, anche se non è chiaro se quest'ultima abbia o meno una propria forma di coscienza ed una propria volontà, distinte da quelle dell'io: l'unica cosa che si può affermare con una certa coerenza è che il sistema corpo-mente di una persona sarebbe governato da entrambe queste parti, non di rado in conflitto tra loro, prevalendo ora l'una ora l'altra. Dato che il concetto di inconscio è stato elaborato soprattutto per spiegare alcuni effetti di natura psichica che possono agire anche sul sistema somatico, la personalizzazione dell'inconscio assume un carattere metafisico: si potrebbe egualmente ed a buon diritto sostenere che questi effetti siano determinati da una o da più entità distinte rispetto all'io cosciente, più o meno amiche oppure ostili nei confronti di quest'ultimo, che esercitano un potere sull'organismo corpo-mente della persona umana (si veda nel merito la pagina sullo spirito alieno).

A questa concezione si contrappone, entro certi limiti, quella degli spiritisti, che considerano l'essere umano come composto di due parti: il corpo (col suo sistema nervoso e cerebrale) sarebbe lo strumento che ci permette di interagire con la dimensione fisica del mondo, mentre lo spirito (di natura non fisica) costituirebbe la nostra essenza più autentica e, in condizioni normali, eserciterebbe la sua influenza sull'io cosciente, cercando di orientarne il coinvolgimento e le reazioni nei confronti delle esperienze psichiche, mentre in condizioni particolari potrebbe prendere il sopravvento manifestando un potere effettivo (per quanto limitato) tanto sul mondo fisico quanto sulla psiche. Per questo motivo i fenomeni paranormali si possono classificare in due categorie fondamentali: quelli ad effetti fisici e quelli di natura psichica.

L'interpretazione in senso spiritico ha almeno il vantaggio di essere più chiara e comprensibile, evitando l'ambiguità presente in espressioni come «la psiche domina la materia» o «le facoltà paranormali della psiche». Quello che viene coinvolto e può essere dominato dalla psiche è l'io cosciente: affinché vi sia esperienza psichica è necessario che vi sia un soggetto cosciente in grado di registrare tale esperienza. Infatti, secondo la nostra definizione della psiche (si veda la pagina Definizioni), l'esperienza psichica è determinata dall'attività mentale e viene acquisita e memorizzata da un soggetto cosciente. Dunque non è lecito attribuire alcun presunto «potere psichico» ad un medium che si trovi in uno stato di totale incoscienza durante la trance. Risulta invece più plausibile l'ipotesi di associare al sistema psicofisico del medium un'entità distinta (uno spirito) capace di esercitare determinati effetti sulla realtà fisica attingendo alle energie dello «strumento» (il corpo e la mente del medium) e di altre persone presenti. Sebbene quest'ipotesi non ci dia nessuna informazione utile, sotto il profilo conoscitivo, circa la natura e l'origine degli spiriti, e sulla loro relazione con l'io cosciente degli esseri umani (al di là del fatto che si tratta di entità di norma invisibili ed impercettibili), essa almeno individua dei soggetti – distinti dall'io cosciente – ai quali possono essere attribuiti intelligenza, intenzionalità e volontà. In alternativa, ci troveremmo nella condizione di dover attribuire alla psiche, nella sua totalità, un'intelligenza, una volontà ed una coscienza autonome, e la capacità di esercitare sul mondo fisico un potere diretto, svincolato dall'intelletto e dalle facoltà creative dell'io cosciente. Tutto questo contrasta con quanto abbiamo sostenuto finora in merito alla psiche.

Dovremmo infine esaminare l'ipotesi, avanzata da alcuni studiosi, che i fenomeni paranormali possano essere causati da particolari facoltà dovute al funzionamento cerebrale inconscio di alcuni individui. Questo significa che alcuni circuiti neuronali, di norma inibiti o non presenti nella maggior parte degli esseri umani, dovrebbero entrare in funzione attivando, non si sa come, l'acquisizione di informazioni generalmente non disponibili o l'effetto di forze che agiscono direttamente su elementi del mondo fisico. In queso caso sarebbe lecito parlare di effetti e facoltà inconsce, nel senso che l'attività cerebrale che li determina resta inconscia, ed il medium non registra alcuna attività psichica, almeno fino a quando non si risveglia dalla trance. Si tratta di un'ipotesi che può rendere conto delle alterazioni fisiche e mentali più o meno intense che coinvolgono il corpo del medium, soprattutto quando hanno luogo certi fenomeni fisici come le materializzazioni, le levitazioni o gli spostamenti di oggetti pesanti, ma che non può prescindere dal riconoscere l'esistenza di una forma di energia (che si manifesta come «ectoplasma», a volte percepibile, altre meno, emanato dal sistema fisico e mentale del medium) che si esteriorizza in modo da esplicare i propri effetti sugli oggetti del mondo fisico.

Ci troveremmo dunque di nuovo nella condizione di dover attribuire al sistema fisico e mentale dell'organismo umano una duplice natura: quella propriamente fisica, che può essere percepita con i sensi ordinari e può essere studiata secondo le leggi della fisica e della chimica, e quella non fisica (spirituale), percepibile soggettivamente solo da alcuni individui dotati di facoltà non ordinarie, che segue leggi diverse rispetto a quelle che regolano il mondo fisico. La differenza sostanziale tra quest'ipotesi e quella spiritica è data dal fatto che in questo caso anche l'esistenza dello spirito viene subordinata al funzionamento del sistema organico corpo-cervello, e dunque ogni possibilità di sopravvivenza dello spirito dopo la morte diventa quanto meno improbabile, mentre l'ipotesi spiritica riconosce allo spirito una propria autonomia rispetto al corpo ed una forma di immortalità.

Il ruolo passivo ed attivo dell'io cosciente

Nella complessità della vita umana abbiamo l'impressione che l'io, sostanzialmente passivo nei confronti dell'esperienza psichica, possa avere un ruolo attivo nel decidere, nell'agire e nel determinare non solo la realtà, ma anche i propri orientamenti psichici, impegnando le risorse volitive di cui dispone. Se però ci domandiamo, come abbiamo fatto più volte in queste pagine, qual è il quadro di conoscenze affidabile sul quale l'io fonda le proprie decisioni e le proprie azioni, la nostra intelligenza, per quanti sforzi possa fare, ci riporta sempre al punto di partenza: ogni individuo decide, agisce e vuole perché qualcosa lo orienta, lo spinge (e lo costringe) in tal senso. Abbiamo un bel dire: «io voglio, io decido, io credo...», ma se ci chiediamo qual è la ragione del nostro orientamento, quasi sempre dobbiamo rispondere: «perché non posso farne a meno». Mentre le esperienze psichiche che coinvolgono l'io cosciente si presentano, per così dire, davanti ai suoi occhi, le dinamiche (anch'esse di origine psichica?) che ne determinano l'orientamento e le scelte agiscono alle sue spalle e lo manovrano da dietro le quinte. Di conseguenza il carattere ed il comportamento degli esseri umani possono essere così vari, diversi e conflittuali.

Di nuovo ci troviamo nella condizione di dover attribuire l'orientamento dell'io o ad una causa che possiamo definire «organica» (il funzionamento del cervello), integrata dalle interazioni culturali che elaborano nel tempo i programmi operativi in base ai quali il cervello funziona, oppure ad un'entità di natura spirituale, che riesce ad influenzare il funzionamento del cervello. L'ipotesi più plausibile è che entrambe queste cause possano agire, e non di rado entrino in conflitto tra loro, mettendo anche a rischio l'equilibrio dell'io cosciente. Ma ciò che più ci disturba è la mancanza di un quadro conoscitivo chiaro ed evidente: tutto sembra avvenire in modo subdolo, sotterraneo, spesso inconscio, e l'io cosciente viene relegato al rango di una marionetta la cui esistenza stessa appare come temporanea ed illusoria. Questo carattere temporaneo ed illusorio della vita viene sostenuto senza mezzi termini dall'ipotesi organica, per la quale l'io cosciente non è altro che un epifenomeno derivante dal funzionamento del cervello, destinato ad estinguersi con la dissoluzione di qest'organo. Ma anche l'ipotesi spirituale – che si fonda su degli indizi, non di rado contraddittori, e su delle intuizioni scarsamente verificabili – manca di quegli elementi conoscitivi necessari per stabilire con certezza quale sia la natura dell'associazione e la relazione tra lo spirito e l'io cosciente, ed in che modo l'io cosciente possa continuare a «vivere», trasferendosi in un'altra dimensione, dopo che il cervello ha smesso di funzionare. Come si è visto, le varie manifestazioni medianiche sulle quali si fonda in gran parte l'ipotesi dello spirito potrebbero anche essere attribuite all'intervento di entità aliene le quali – evocate dagli esseri umani e con le energie psicofisiche fornite da questi ultimi – riescono ad allestire un teatrino di fenomeni straordinari (ma che non possono andare al di là di certi limiti) attingendo alle risorse ed alle informazioni psichiche di cui possono disporre. Non che questa debba essere necessariamente l'interpretazione più corretta delle manifestazioni medianiche, ma i dubbi restano, a causa del carattere artificioso o alieno di non poche entità spiritiche.

Conclusioni

Alla luce delle considerazioni precedenti, non sorprende che l'io cosciente, non potendo disporre di una conoscenza affidabile in merito alla propria condizione umana ed al proprio destino, subisca il fascino di quelle elaborazioni psichiche che gli presentano questo mondo come «governato» da entità superiori, che in qualche caso possono intervenire per influenzare direttamente gli eventi della vita. Come si è visto, sono soprattutto i fenomeni paranormali ad avvalorare l'ipotesi che tali entità esistano ed agiscano effettivamente. Inoltre, poiché nel corso di questa vita proprio l'io cosciente deve sopportare delusioni e sofferenze, senza che vi sia una correlazione significativa e giustificata tra ciò che lui o lei è in grado di prevedere, di scegliere o di fare, e ciò che deve subire, l'io si sente attratto dalla speranza che, una volta terminata questa vita, qualcosa di superiore lo ricompensi ponendolo in una condizione più soddisfacente, in accordo con la propria natura e con le esigenze che ne derivano: la maggior parte delle NDE da noi esaminate confermano quest'aspirazione, che si concretizza in un'esperienza psichica di natura diversa, ma pur sempre reale.

Il riconoscimento, da parte dell'io, di quella che potremmo designare come la sua essenza più autentica, non presenta i requisiti di un'elaborazione psichica consolatoria, ma costituisce il distillato dell'esperienza di una vita, liberato dalle scorie, dalle distorsioni, dai condizionamenti e dai desideri causati dalle sintonie psichiche attivate dall'esperienza umana. Nel riconoscere la propria esistenza l'io può scoprire ed affermare il diritto ad essere cio che è, in accordo con il principio generatore dal quale ha avuto origine. Una volta scoperta la propria essenza, l'io cosciente è in grado di comprendere e di apprezzare i diversi aspetti della vita terrena che hanno suscitato il suo interesse, ma nello stesso tempo sente l'esigenza di superarli, pur senza rinnegarli. Il distacco dalla vita umana diventa dunque la condizione necessaria affinché l'embrione, divenuto ormai maturo, rompa dall'interno il guscio dell'uovo che lo contiene e che lo ha fatto crescere, per entrare in una nuova fase della propria esistenza. La persistenza dei legami con la vita terrena può costituire un impedimento nei confronti di questo processo di rinascita, in quanto continua ad attivare istanze psichiche essenzialmente umane, dalle quali invece l'io dovrebbe progressivamente liberarsi. La fase della liberazione non dovrebbe esser considerata come un processo decisionale volitivo, tipico delle modalità di funzionamento umano, ma come la conseguenza inevitabile e benefica del riconoscimento e della conquista, da parte dell'io, della propria essenza spirituale autonoma ormai libera e svincolata dai condizionamenti della psiche umana.


 

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