La «missione» di Ernesto Bozzano

 

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La vita e la personalità di Ernesto Bozzano (1862-1943)

Bozzano nacque a Genova nel 1862, in una famiglia benestante. Le poche notizie biografiche di cui disponiamo sui suoi anni giovanili sono tratte in buona parte dal libro di Silvio Ravaldini Ernesto Bozzano e la ricerca psichica (Ed. Mediterranee, 1993), nel quale sono riportati brani di lettere e di comunicazioni del Bozzano, ed in particolare quelle dirette ad un altro studioso italiano di parapsicologia, Gastone De Boni (1908-1986), che Bozzano chiamava affettuosamente «il suo figlioccio», e che considerava come suo discepolo e continuatore della sua opera nel campo della parapsicologia. Infatti l'abbondante materiale che costituiva la biblioteca di Bozzano fu ereditato poi da De Boni, che lo arricchì ulteriormente, ed alla morte di quest'ultimo venne riorganizzato e classificato da Silvio Ravaldini nell'attuale Biblioteca Bozzano-De Boni, la cui Fondazione ha sede a Bologna.

Di intelligenza precoce, fin da bambino Ernesto Bozzano voleva dedicarsi allo studio, ma – con suo rammarico – quando aveva 14 anni il padre, dopo avergli fatto frequentare una scuola tecnica, gli fece interrompere gli studi per avviarlo, con i suoi quattro fratelli, ad una carriera commerciale. Come lui stesso racconta, «i mei fratelli, pei quali il commercio e l'industria si adattavano perfettamente, divennero milionari. Io, invece, rimasi uno spostato». Tuttavia continuò ad interessarsi di tutto ed a studiare come autodidatta, informandosi in modo appassionato tanto sui progressi delle discipline scientifiche (astronomia, geologia, paleontologia, ecc.), quanto sugli orientamenti della filosofia e della psicologia. Dopo una produzione letteraria giovanile di versi ispirati al patriottismo, approfondì anche gli studi letterari di libri in francese ed in inglese, fino a comprendere bene le opere scritte in queste lingue, anche se non riusciva a parlare in inglese per mancanza di pratica. L'attività di impiegato contabile alla quale il padre l'aveva costretto gli procurò «uno stato di depressione morale inconsolabile», somatizzato in una forma di dispepsia, a causa della quale dopo i vent'anni smise di lavorare. Dopo una breve collaborazione giornalistica col Secolo XIX, si ritirò a vita privata per dedicarsi completamente ai suoi studi. Uomo frugale, scapolo, fu in grado di vivere senza problemi grazie – in un primo tempo – all'ospitalità del fratello Vittorio, ed in seguito all'aiuto economico offertogli da un altro facoltoso fratello, Adolfo, che nel 1922 mise a sua disposizione una villa in collina vicino Savona nella quale Bozzano dimorò fino al 1941, anno in cui dovette trasferirsi di nuovo a Genova perché la villa era stata venduta. A causa delle precarie condizioni di salute, Bozzano morì a Genova nel 1943.

Gli studi filosofici

Per un decennio, tra il 1882 ed il 1892, l'attività intellettuale del Bozzano si rivolse quasi esclusivamente allo studio della filosofia. Come lui stesso raccontò al De Boni, «sopra ogni cosa, un grande problema lo avvinceva e lo affascinava: la compenetrazione del problema dell'Essere, del mistero della vita, del mistero della personalità umana, del perché dell'esistenza». De Boni, nella prefazione al libro di Bozzano Popoli primitivi e manifestazioni paranormali (scritta nel 1941, quando il Bozzano era ancora in vita), così scriveva al riguardo: «Lungo tale decennio, egli cercò di compenetrare il pensiero dei maggiori filosofi, da Platone a Hegel, da Descartes e Lotze a Rosmini e Gioberti, ma tali lunghe e laboriose indagini nel dominio della filosofia a nulla approdarono di concreto; anzi, egli si addentrò più che mai negli abissi del dubbio. Alla prima ribellione di non credere per un "atto di fede", se ne aggiungeva una seconda, con la quale respingeva in massa tutti i postulati metafisici campati nel vuoto...». Bozzano si dedicò allora allo studio della filosofia scientifica (quella che a suo parere si fondava sulle conoscenze scientifiche dell'epoca): «in successione ininterrotta, e con ardore più che mai appassionato, lessi, rilessi annotai da capo a fondo le opere del Büchner, del Moleschott, di Vogt, Feuerbach, Haeckel, Huxley, Comte, Taine, Guyau, Le Dantec, Morselli, Sergi e Ardigò, ricavandone i postulati positivisti dell'indagine scientifica».

Vicende personali

Già da queste informazioni è possibile farsi un'idea sommaria delle sintonie psichiche dominanti nel Bozzano di quel periodo: un uomo assetato di sapere, lettore indefesso e studioso infaticabile, ma poco dotato di senso critico nei confronti dei propri strumenti mentali, in base ai quali riteneva di poter pervenire ad una forma di conoscenza affidabile e solida. Per certi versi si identificava col tipico erudito dell'Ottocento, una persona molto seria, impegnata e dotata di spirito di sacrificio, la cui vita doveva essere dedicata completamente ad una nobile causa. Lui stesso così si esprimeva in una lettera a Miss Maude Bubb, una sua corrispondente inglese di famiglia benestante con la quale ebbe un intenso rapporto epistolare (senza mai incontrarla di persona) iniziato nei primi anni '20 e durato quasi vent'anni: «...per me la vita è una cosa che bisogna prendere molto sul serio. Noi non siamo venuti al mondo per godere, ma per apportare il nostro contributo al progresso ed all'elevazione spirituale dell'umanità, nella misura delle nostre capacità e delle nostre vocazioni».

In gioventù ebbe una delusione amorosa: a diciott'anni si fidanzò con una signorina francese che, tornata a Parigi, si sposò con un ufficiale. In una lettera indirizzata al De Boni scriveva: «Purtroppo i fati a me negarono le gioie serene della paternità e della famiglia. Avevo anch'io la mia fidanzata, una bellissima ragazza la cui vivacità e prontezza di spirito erano affascinanti, ed ero innamoratissimo, ma sono stato tradito. Era una parigina; si recò a Parigi con la zia per rivedere la sua famiglia, e non tornò più. Ebbe, per giunta, la spietata idea d'inviarmi la partecipazione del suo matrimonio. Poco mancò che quel giorno non mi buttassi in mare». Bozzano dimostrò sempre un amore reverenziale nei confronti della figura materna (un altro tratto di stampo Ottocentesco), ma non si conoscono altre sue relazioni importanti con figure femminili, fatta eccezione per il citato rapporto epistolare con Miss Bubb. Come accadeva non di rado in quell'epoca (e non solo allora), all'elevata intelligenza, all'erudizione ed alla profondità di ragionamento dello studioso faceva da contraltare una sorta di infantilismo sentimentale, riscontrabile, per esempio, nelle lettere a Miss Bubb, che iniziavano con «Cara Sorellina lontana», e contenevano brani come questo: «Sono esultante nell'apprendere che lei si dispone ad inviarmi una sua fotografia recentissima, che io incornicerò e deporrò sul mio scrittoio, conversando con la medesima nei momenti in cui avrò bisogno di conforto e di ispirazione, come faceva Numa Pompilio con la Ninfa Egeria».

Come osservava Ravaldini nel libro citato: «Bozzano era indubbiamente bisognoso d'amore, e di quest'ultimo aveva concetti che probabilmente sorpassavano i suoi tempi, ancora impregnati di molti tabù. Egli vedeva l'amore come un sentimento che prorompe indubbiamente dall'anima, ma strettamente compenetrato dall'attività sessuale, reputata giustamente come una necessità imprescindibile, basilare, che completa e armonizza qualsiasi unione fra due esseri che si amano. Questo lo si rileva da lunghe lettere indirizzate ad una non meglio specificata Signorina Lily (che gli aveva scritto di considerare obbrobrioso – veramente ripugnante – il rapporto sessuale), nelle quali fornisce vere e proprie lezioni di sesso, cercando di far capire che l'unione fra uomo e donna è semplicemente un seguire le leggi biologiche che ci regolano, ma nel contempo è un atto meraviglioso della natura che deve essere integralmente ed amorevolmente vissuto. E tutto questo – è da notare – mentre egli stesso, con la sua vita solitaria, andava indubbiamente contro natura».

L'adesione alla filosofia di Spencer

Come scriveva Luca Gasperini in un articolo pubblicato su Luce e Ombra (112, n. 3, pag. 224): «Tra i filosofi scientifici, Bozzano elesse a suo mito e idolo il filosofo inglese Herbert Spencer (1820-1903), l'Aristotele dei tempi moderni, come lo definì. Da quando gli si avvicinò, passò i due anni successivi a studiarne, catalogarne e annotarne le opere, nelle quali confidò di aver trovato la risposta definitiva a quel problema dell'Essere che aveva dato avvio al suo pensare filosofico». In un articolo del 1939 (Come divenne spiritualista un pensatore positivista), il Bozzano scriveva: «Da quel momento mi trasformai nell'apostolo del mio idolo, polemizzando contro chiunque osasse dubitare dei postulati meccanicistici di quel colosso del pensiero. Divenni un positivista a tal segno convinto, da sembrarmi inverosimile che potessero esistere persone colte, dotate in misura normale di senso comune, le quali credessero all'esistenza e sopravvivenza dell'anima». Anche queste affermazioni sono rivelatrici dell'orientamento psichico di Bozzano, sempre alla ricerca di convinzioni assolute da difendere con energico impegno.

Per una sintesi del sistema filosofico dello Spencer rimando ai testi specializzati o ai numerosi siti internet che ne trattano. Ma come giustamente osservava Gasperini nell'articolo citato: «...Bozzano utilizzò spesso in maniera indebita i termini materialismo, positivismo e meccanicismo, che compaiono nei suoi scritti come termini intercambiabili, come sinonimi, quando in realtà non lo sono... A proposito di Spencer, sappiamo che già dai suoi contemporanei (Hudson, 1895) e pure sulle pagine di Luce e Ombra... fu esplicitamente letto in chiave non materialistica». Effettivamente Spencer, nel riconoscere che i limiti della conoscenza umana sono connaturati nei processi mentali (cioè nella stessa psiche umana), affermava la relatività della conoscenza, la quale procede dai fatti particolari alle regole generali, fino a pervenire a dei principi ultimi oltre i quali non può andare, e dunque non potrà mai comprendere il principio unitario che sta alla base di tutto: questo principio è l'Inconoscibile, il fondamento metafisico di ogni realtà empirica. Eppure Bozzano scrisse: «Dieci anni di studi filosofici profondi e sistematici avevano, secondo me, demolita l'interpretazione spiritualista dell'universo, e la concezione meccanicista del sommo Erberto Spencer dominava sovrana il mio pensiero». Evidentemente studiava molto, ma interpretava il pensiero degli altri a modo suo.

L'origine dell'interesse per la ricerca psichica

Già nel decennio filosofico Bozzano intratteneva rapporti epistolari con diversi studiosi, filosofi e psicologi, tanto in Italia quanto (e soprattutto) all'estero. Fu questa una caratteristica costante della sua vita, che – oltre alle migliaia di pagine da lui scritte pubblicate su varie riviste – lo rese molto noto tra gli studiosi, sebbene viaggiasse pochissimo e non si recasse mai oltre confine. Tra i suoi corrispondenti di quel periodo, oltre allo stesso Spencer, c'era Théodule Ribot (1839-1916), insigne psicopatologo francese e docente di Psicologia sperimentale alla Sorbona, che aveva tradotto dall'inglese i Principles of Psychology di Spencer. Nel 1891 Ribot, che dirigeva la Revue Philosophìque, una delle più importanti riviste scientifiche dell'epoca, lo informò che avrebbe ricevuto una nuova rivista intitolata Annales des Sciences Psychiques, della quale era promotore Charles Richet, il grande fisiologo francese, e direttore Xavier Dariex. Ribot esortava Bozzano a leggere attentamente la rivista ed a manifestargli il suo parere in proposito, poiché si trattava di una nuova branca di ricerche psicologiche tendenti a dimostrare la possibilità che il pensiero fosse trasmissibile a distanza da cervello a cervello.

Stando a quanto raccontava De Boni, Bozzano scrisse in risposta a Ribot «una lettera di fuoco», dichiarando insensato il contenuto della rivista ed esprimendo la sua meraviglia per il fatto che studiosi di fama nel campo scientifico potessero credere a sciocchezze come la telepatia, le apparizioni di fantasmi e le infestazioni. In realtà la psiche di Bozzano dovette manifestare una certa inclinazione verso lo studio dei fenomeni paranormali. Quando, nel 1892, venne pubblicato sulla Revue Philosophìque un articolo di un non meglio identificato dottor P. Rosenbach di San Pietroburgo dal titolo Ètude critique sur le mysticisme moderne (nel quale gli studi sui fenomeni paranormali venivano accusati non avere fondamento scientifico, e le spiegazioni dei fenomeni stessi venivano ricondotte all'ipotesi allucinatoria o alle fortuite coincidenze), Richet rispose in modo ironico e ragionato, confutando le affermazioni del Rosenbach sulla base del diritto degli scienziati ad accertare la realtà dei dei fenomeni, e ad avanzare ipotesi da verificare in merito alle loro cause. Bozzano fu colpito dalla forza delle argomentazioni di Richet, fondate sui fatti, alle quali si contrapponeva la debolezza delle affermazioni di Rosenbach, che gli apparvero in gran parte aprioristiche e gratuite, e non molto diverse da quelle di cui lui stesso si era servito nella lettera a Ribot. Fu così che si decise a documentarsi sulle questioni relative allo spirito, alla morte ed alla sopravvivenza e, con l'energia e la determinazione di cui era senza dubbio dotato, si mise all'opera per una proficua ricerca che si sarebbe protratta ininterrottamente per 50 anni, fino alla sua morte.

Una seduta ed un'esortazione

Che una certa inclinazione verso la dimensione spirituale fosse già ben presente nel Bozzano ci viene confermato dal fatto che dopo la morte della madre alla quale era molto affezionato, avvenuta nel luglio 1892, lo studioso attraversò un periodo di crisi e di dolore, espresso anche in componimenti poetici crepuscolari, e cominciò a frequentare un piccolo gruppo di spiritisti che si riunivano settimanalmente a casa di Luigi Montaldo, all'epoca segretario comunale di Genova. Il ruolo di medium scrivente era assunto dalla moglie di Montaldo, Affilia, tramite la quale un'entità che si firmava con lo pseudonimo di Nerone dettava consigli morali, sociali e psicologici. Secondo quanto riferiva De Boni, nel corso di una seduta tenuta nel luglio 1893, il giorno dell'anniversario della morte della madre, la signora Montaldo esclamò: «Oh! Ma che cosa mi avviene? Mi sento come circonfusa da un'influenza di paradiso! Oh, che calma, che serenità, che felicità m'invade! Indubbiamente è presente qualche entità molto elevata, purissima, angelica». Scrisse poi poche parole che dette a Bozzano, il quale rimase sorpreso perché si trattava dei due ultimi versetti dell'epigrafe che quel mattino aveva posto sulla tomba della mamma: «Ora e sempre Te invocando o madre». Se è vero, come affermava De Boni, che Bozzano si commosse perché sentiva con certezza che sua madre era al suo fianco, l'episodio è sintomatico dell'inclinazione emotiva e sentimentale dello studioso, che non prese nemmeno in considerazione l'ipotesi telepatica, e meno che mai il fatto che la medium potesse esser venuta in qualche modo a conoscenza di ciò che lui aveva scritto.

A De Boni Bozzano confessò inoltre che in quel periodo si sentiva oppresso da gravi ed intimi dispiaceri, che non avrebbe mai esternato in presenza di altri, e per i quali l'unica che avrebbe potuto essergli di conforto era la madre. Provò dunque, sempre durante la seduta, a rivolgerle una domanda mentale, alla quale seguì immediatamente una risposta scritta in termini tali che solo lui potesse comprenderne il senso. Allora, trepidante, rivolse alla madre un'invocazione mentale di consiglio, per la quale ottenne la seguente risposta: «Sono contenta di te. Continua per la nobile via in cui ti sei messo. È questa la tua missione in terra. Ti bacio». Questa comunicazione bastò a dissipare tutti i suoi dubbi, ammesso che ne avesse ancora, e da quel momento si dedicò anima e corpo alla metapsichica. L'atteggiamento sentimentale del Bozzano, decisamente incline a credere nell'ipotesi spiritista e privo di quell'imparziale attitudine sperimentale che caratterizzò le indagini di altri ricercatori italiani (come ad esempio il Bottazzi), si manifestò sempre nel corso delle sedute medianiche alle quali prese parte direttamente, come membro del Circolo Scientifico Minerva a Genova, o tramite il medium marchese Centurione-Scotto a Millesimo negli anni 1927-28. Per questo motivo le indagini sperimentali sul campo del Bozzano rappresentano l'aspetto meno importante della sua opera.

Un altro curioso episodio biografico, riferito da De Boni, aiuta ad inquadrare l'orientamento psichico del Bozzano: a diciott'anni, di ritorno da una gita sui monti del genovese, incontrò una zingara che si offrì di leggergli il futuro. Sebbene incredulo, non rifiutò, ottenedo la seguente profezia: «Ti vedo molto vecchio, oltre i 70... i 72... i 74... i 76... poi vedo buio. Ora sei fidanzato, ma con una bella signorina che non è delle nostre... non è della nostra razza! Tu però non la sposerai, non la potrai sposare, perché sposerà un altro. Tu studierai tutta la vita, scriverai molti e molti libri... li scriverai su un argomento che è come quello per cui ora io ti parlo: proprio quest'argomento! Diventerai l'apostolo di un grande ideale spirituale... fra libri e libri scritti da te. Tutta la tua vita sarà dedicata, mancandoti la famiglia, a un alto ideale». Naturalmente, non c'è alcun documento a conferma della realtà di questo episodio, che potrebbe essere stato arricchito nei dettagli dalla memoria del Bozzano, e che comunque può aver esercitato una certa influenza sul successivo orientamento della sua vita.

Il lavoro di Bozzano

Per quasi mezzo secolo Bozzano si procurò e conservò nella sua biblioteca quasi tutta la letteratura (libri e riviste) specializzata in argomenti inerenti ai fenomeni medianici e paranormali, disponibile nelle principali lingue europee. Con la pazienza di un certosino, classificava analiticamente ogni singolo articolo, ogni evento ed ogni testimonianza riportati sui testi, in modo da poter disporre di un archivio che gli consentisse di trovare gli esempi più adatti e convincenti da citare in relazione all'argomento trattato nell'una o nell'altra delle sue numerose monografie. Quello che rende ancor oggi attuale e meritoria l'opera del Bozzano è soprattutto questo lavoro di documentazione, in virtù del quale è stato definito «il più grande erudito di metapsichica della sua epoca». Grazie al suo paziente ed assiduo lavoro, leggendo i libri da lui scritti possiamo venire a conoscenza di un considerevole numero di casi che altrimenti sarebbero stati dimenticati o la cui ricerca avrebbe richiesto tempo ed impegno. Il fatto poi che la sua biblioteca sia stata conservata ed arricchita per merito di Gastone De Boni prima, e di Silvio Ravaldini poi, permette agli studiosi dei nostri giorni, soprattutto se vivono in Italia, di disporre di una ricca documentazione alla quale attingere per le proprie ricerche.

Inoltre Bozzano intrattenne, fino all'inizio della seconda guerra mondiale, una vasta corrispondenza con tutti i principali ricercatori della sua epoca, da William James a Charles Richet. Purtroppo gran parte del suo epistolario venne da lui stesso bruciato allorché, nel settembre 1941, suo fratello Adolfo vendette la villa di Savona e lui fu costretto a tornare a Genova per tornare ad abitare, con l'altro fratello Vittorio, in un appartamento nel quale non vi era spazio sufficiente per sistemare tutti i libri, le riviste ed il carteggio accumulatisi in tutti quegli anni. Preso dal panico, prima ancora di venire a conoscenza dell'offerta di De Boni di conservare parte della biblioteca e l'epistolario nella propria abitazione di Verona, Bozzano, in uno degli accessi emotivi ai quali andava soggetto, fece un rogo con i quintali di carta delle lettere ricevute da quasi tutto il mondo e le copie delle lettere da lui spedite. In seguito, naturalmente, se ne pentì, ma ormai l'irrimediabile danno era fatto. Solo una minima parte della sua corrispondenza fu salvata.

Fino al 1899 il Bozzano si impegnò nel lavoro di acquisizione, di studio e di classificazione dei testi che via via riceveva, sopattutto dalla Francia, dall'Inghilterra, dagli Stati Uniti e dalla Germania. Fu in quell'anno che pubblicò, sull'importante Rivista di Studi Psichici diretta da Cesare Vesme (stampata a Parigi in lingua italiana), il suo primo articolo di argomento metapsichico intitolato «Spiritualismo e critica scientifica», in cui confutava le ipotesi formulate dagli oppositori contro l'interpretazione spiritualista delle manifestazioni dei defunti. Negli anni seguenti Bozzano pubblicò moltissimi articoli sulle principali riviste estere di parapsicologia, e divenne un assiduo collaboratore dell'italiana Luce e Ombra, fondata nel 1900 da Angelo Marzorati. Fino al 1939, anno in cui la rivista fu costretta a chiudere per ordine del regime fascista, Bozzano vi pubblicò le sue monografie che poi, rielaborate ed accresciute con un intenso lavoro svolto soprattutto negli ultimi anni della sua vita, a partire dal 1941 furono edite in volumi a sé stanti per merito di Gastone De Boni.

L'intento di Bozzano ed il metodo da lui adottato

È importante comprendere che si può studiare un determinato argomento dedicandovi tempo ed energie, ricercando documenti e testimonianze, leggendo e valutando quello che altri studiosi hanno scritto al riguardo, ed argomentando in modo logico e ragionevolmente critico le conclusioni a cui si giunge e le ipotesi avanzate, senza per questo poter asserire di aver adottato il metodo scientifico: infatti, come si è già osservato, il metodo scientifico prevede la sperimentazione e la conferma oggettiva dei dati sperimentali osservati. Vi sono interi campi di studio, come ad esempio la storia, che per loro natura sfuggono ad un metodo rigorosamente scientifico e fondano i loro risultati su indagini di confronto dei documenti, di valutazione della loro affidabilità e di convergenza delle prove, basate su criteri deduttivi ed indiziari. Nella cultura di fine Ottocento, ancora in gran parte impostata su basi umanistiche, questa distinzione era tutt'altro che chiara, e non di rado venivano considerati come scientificamente corretti metodi di indagine e di studio fondati sull'empirismo del Settecento.

Il Bozzano non fa eccezione, anzi nelle sue opere espressioni come «scientificamente provato», «studio scientifico» e simili, sono profuse a piene mani: definiva la sua attività nel campo della metapsichica come «scienza dell'anima», per la quale prevedeva un futuro luminoso, senza comprendere che le vere imprese scientifiche comportano sempre l'acquisizione di un potere operativo, attuale o potenziale, da parte dell'umanità (o almeno di una parte di essa). Il metodo adottato dal Bozzano consisteva essenzialmente nell'inquadrare un determinato campo di indagine come oggetto della ricerca alla quale di volta in volta era dedicata una monografia (per esempio la telepatia, o i fenomeni di infestazione, o le visioni dei morenti), nel ricercare nel vasto archivio da lui realizzato un certo numero di casi esemplificativi dei fenomeni indagati, nel commentarli con argomentazioni che al suo orientamento psichico dovevano apparire logiche e razionalmente convincenti, e nel trarne le conclusioni necessarie a conferma della tesi che intendeva provare. Bozzano definiva il suo metodo come «convergenza delle prove».

La prima critica, per quanto scontata, che gli si può rivolgere è che tutti i casi esemplificativi da lui utilizzati erano citazioni di quanto pubblicato nella letteratura specializzata, senza nessuna distinzione e valutazione in merito all'accertamento dei fatti ed all'affidabilità dei testimoni. Bozzano si difendeva da questa critica sostenendo che, siccome le testimonianze relative a certi fenomeni erano moltissime, e quasi tutte convergevano verso lo stesso risultato, questo fatto doveva pur significare qualcosa: in altre parole, la quantità faceva premio sulla qualità. Come scriveva Giovanni Iannuzzo in un articolo dedicato al Bozzano pubblicato sul n. 112, fascicolo 3, di Luce e Ombra: «Per Bozzano la realtà di un fenomeno paranormale derivava soprattutto dal numero di osservazioni indipendenti del fenomeno stesso. Già il fatto della rilevazione di un fenomeno psichico da parte di soggetti indipendenti tra loro – anche in senso storico e culturale – dimostrava implicitamente l'esistenza di quel fenomeno. Il compito della metapsichica, secondo Bozzano, doveva essere quello di raccogliere tutte le osservazioni indipendenti disponibili, confrontarle evidenziandone concordanze e discordanze, e quindi classificarle razionalmente».

Cosa voleva dimostrare Bozzano?

In sintesi, si può dire che Bozzano era uno spiritualista convinto: riteneva cioè che l'essere umano fosse composto da un corpo e da uno spirito, e che lo spirito sopravvivesse alla morte del corpo. Tuttavia, come si vedrà più in dettaglio nella sezione «oltre la vita» (in particolare nella pagina conclusiva), se può essere a tutti piuttosto evidente a che cosa ci si riferisce quando si parla del corpo, lo stesso non si può dire quando si parla dello spirito, e sotto questo aspetto Bozzano chiarisce ben poco. Nel suo libro Animismo o Spiritismo?, pubblicato nel 1938, Bozzano cercava di inquadrare in un'opera di sintesi i risultati teorici dei suoi studi sui fenomeni paranormali, nelle loro multiformi manifestazioni. In questo testo, fondamentale per comprendere il suo punto di vista, l'autore sosteneva che, quand'anche si volessero escludere i casi di identificazione delle entità manifestatesi per via medianica, sarebbe sufficiente «il fatto dell'esistenza di facoltà supernormali subcoscienti per fornire la prova incontestabile della sopravvivenza umana». Le facoltà supernormali subcoscienti alle quali si riferiva Bozzano erano quelle che davano origine a fenomeni accertati quali la telepatia, la chiaroveggenza, la psicometria, ecc., per spiegare i quali si faceva ricorso, in modo pressoché unanime, alle straordinarie facoltà psichiche di cui alcuni individui, denominati sensitivi, erano dotati. In questo senso, il termine «animismo» veniva utilizzato in quell'epoca come sinonimo di quello che oggi si potrebbe definire «superpsichismo».

Il ragionamento del Bozzano si sviluppava nel modo seguente: una volta accertati i fatti (e i fatti, essendo tali, si impongono per virtù propria), si deve ammettere che alcuni esseri umani (ed anche alcuni animali), tramite i quali questi fatti si producono, siano dotati di facoltà psichiche non ordinarie. Tali facoltà risultano indipendenti dall'evoluzione biologica poiché, osservava il Bozzano, sono ugualmente presenti nel mondo animale, tra i popoli primitivi e tra i membri delle società evolute. Lo studioso doveva poi confrontarsi con un'obiezione sensata, per la quale: «il fatto di manifestarsi di facoltà supernormali in taluni individui, non implica punto che le facoltà medesime abbiano ad esistere allo stato latente nelle subcoscienze di tutti». Infatti, già nel 1903 Marcel Mangin osservava: «Io potrei per vent'anni bramare con tutta la forza dell'anima mia di acquisire di questi doni meravigliosi, senza che al termine dell'anno ventesimo io ne avvertissi in me il più insignificante risveglio». Bozzano ritenne di poter risolvere questo problema affermando che: «la grande maggioranza degli individui ai quali occorsero manifestazioni della natura in esame (fenomeni paranormali), si trovavano nelle identiche condizioni negative del signor Marcel Mangin, fino a quando non sopraggiunse loro qualche grave infermità, o non giunse per essi l'ora dell'agonia, o loro non incolse qualche grave accidente traumatico cerebrale, o loro non occorse di soggiacere a deliquio, o di sottoporsi ad esperienze sonnambolico-ipnotiche, o di subire inalazioni di etere, e via dicendo». Questo «e via dicendo» potrebbe comprendere, come qui si è visto, l'assunzione di sostanze psicoattive.

Con questo modo di argomentare Bozzano arrivava alla conclusione che gli stava a cuore, e cioè che le facoltà psichiche non ordinarie esistono allo stato latente in qualsiasi essere umano, e forse in ogni organismo vivente. In linea di massima, questa conclusione può essere anche accettata, purché si tenga presente che non tutte le facoltà psichiche si equivalgono, e che vi sono senza dubbio molti casi nei quali le facoltà psichiche non ordinarie sono dovute ad alterazioni nel funzionamento del cervello. Va ricordato inoltre che in una grande maggioranza degli esseri umani le facoltà psichiche paranormali non si manifestano mai, mentre in alcuni (pochi) individui si presentano in condizioni ordinarie. Inoltre, a differenza di quanto il nostro autore sosteneva, non è vero che le facoltà supernormali si manifestano solo quando il sensitivo si trova in uno stato di incoscienza o prossimo all'incoscienza: come si è visto, nella storia della medianità si sono prodotti fenomeni di rilievo anche tramite medium che non andavano in trance. Bozzano, purtroppo, non approfondiva mai a sufficienza le proprie argomentazioni, ed una volta che la sua psiche si riteneva appagata dalla conclusione logica di un suo ragionamento, era portato a ritenere che quel ragionamento avesse una forza di convinzione generale, e saltava immediatamente ad un gradino successivo. In questo caso il gradino successivo consisteva nel riconoscere che «a nessuno sarà lecito pretendere che nella propria subcoscienza non esistano facoltà supernormali» (si noti bene che Bozzano non dice «facoltà non ordinarie» ma «facoltà supernormali»), e che tali facoltà denotano la presenza in noi dello spirito: «appare indubitabile che l'unica soluzione razionale degli enigmi formidabili esposti, consiste nel riconoscere che le facoltà subcoscienti non sono destinate ad esercitarsi in ambiente terreno perché risultano le facoltà di senso dell'esistenza spirituale, in attesa di emergere e di esercitarsi in ambiente spirituale dopo la crisi della morte».

I limiti di Bozzano

Bozzano tentò di risolvere a modo suo il problema dello psichismo (chiamato, come si è visto, animismo), ipotizzando senza alcuna esitazione l'esistenza di uno spirito associato ad ogni essere vivente, senza comprendere quali erano (e sono) i veri termini della questione. Infatti, la domanda che si sarebbe dovuto porre è la seguente: poiché tutte le sintonie relative alle ordinarie manifestazioni della psiche vengono acquisite ed elaborate mediante l'attività cerebrale, in base a quali osservazioni possiamo esser certi che anche i fenomeni paranormali non possano essere determinati da funzioni cerebrali che in alcune persone sono più sviluppate rispetto alla norma? Inoltre Bozzano ci ha spiegato ben poco in merito all'origine ed allo sviluppo dello spirito, al modo in cui esso si associa alla nostra personalità umana e si manifesta attraverso di essa, e soprattutto al problema della coscienza come fondamento della nostra esistenza individuale ed al processo di trasferimento della coscienza individuale dal cervello allo spirito. Per il nostro studioso si tratta di fatti indubitabili, ai quali lui credeva per fede pur sostenendo di averli provati con rigore scientifico: «in base alle circostanze esposte – scriveva – emerge palese e inoppugnabile la controprova che la personalità integrale subcosciente è un'entità spirituale indipendente da qualsiasi ingerenza funzionale, diretta o indiretta, dell'organo cerebrale».

Detto per inciso, le facoltà supernormali subcoscienti ipotizzate dal Bozzano somigliano molto al concetto metafisico di «inconscio» al quale si è fatto cenno in questa pagina. Il fatto che noi possiamo cercare di attingere a sintonie psichiche diverse da quelle ordinarie come fonte di ispirazione, come orientamento, consiglio o conforto di fronte alle difficoltà della vita, o per curiosità, per desiderio di conoscenza, o anche – perché no – per volontà di potere, non significa necessariamente che noi abbiamo uno spirito personale in grado di agire autonomamente, né che questo spirito si impadronirà della nostra coscienza e delle nostre memorie alla morte del corpo. Invece per Bozzano «la personalità integrale subcosciente del sensitivo... deve considerarsi un'entità spirituale a sé, indipendente dall'organo cerebrale, indipendente dal corpo somatico, provvista di coscienza propria, di memoria integrale, di sensi spirituale; e in conseguenza, destinata a sopravvivere all'organismo somatico, il quale è per essa strumento indispensabile fino a quando persistono i suoi rapporti con l'ambiente terreno». Siamo di nuovo, insomma, nell'ambito dell'ipotesi dello spirito alieno, alla quale ho già fatto riferimento in una pagina della sezione sui fenomeni medianici. In che modo la nostra coscienza e la nostra volontà si trasferirebbero in questo spirito alieno alla nostra morte, resta un mistero.

Bozzano ed il caso Gordon Davis

Per fare un solo esempio di come il Bozzano non sia stato in grado di comprendere e di approfondire a sufficienza il problema della coscienza, ecco alcune sue considerazioni (sempre tratte da Animismo o Spiritismo?) sul celebre caso dell'entità Gordon Davis, riferito da Samuel Soal. Il 4 gennaio 1922, tramite la medium Blanche Cooper, si manifestò in voce diretta a Soal un'entità che disse di essere stato Gordon Davis, un amico d'infanzia che lo studioso credeva fosse morto in guerra. Dopo che aveva manifestato preoccupazione per la moglie ed il figlioletto, lasciati nel mondo dei vivi, e dopo aver offerto a Soal ottime prove di identificazione, Gordon Davis fu messo a tacere dalla guida della medium, Nada, la quale affermò che la potenza dell'entità stava danneggiando la medium, e che Gordon era ansioso di inviare sue notizie alla moglie, perché la sua morte le aveva causato un vero shock. Nella seduta successiva Nada si offrì di comunicare lei stessa quello che Gordon Davis aveva da dire, in modo che la medium potesse sostenere lo sforzo. Mentre si sentivano delle voci che bisbigliavano tra loro, Nada cominciò a descrivere diversi dettagli della casa in cui, a detta di Gordon, abitavano la sua vedova ed il figlio.

Tre anni dopo, nel 1925, Soal venne a sapere per caso che Gordon Davis era vivo e vegeto, e che viveva in una casa nella cittadina di Southend. L'8 aprile di quell'anno andò a trovare l'amico e constatò che praticamente tutti i dettagli della descrizione medianica della casa e del suo arredamento corrispondevano al vero. Ma la cosa più strana fu che l'amico, messo al corrente della faccenda ed interrogato in merito alle sue attività del gennaio 1922, raccontò a Soal di aver visitato la casa (non arredata) per la prima volta il 6 gennaio 1922, e di esservisi trasferito con la famiglia nel dicembre di quello stesso anno. Nel gennaio 1922 né Gordon Davis né la moglie (che vide per la prima volta la casa solo qualche mese dopo) avevano ancora deciso l'uso a cui destinare le varie camere ed il loro arredamento: la casa si presentava infatti in cattive condizioni, e per renderla abitabile era stato necessario eseguire dei lavori di riparazione e di ripulitura. Inoltre, quando Soal chiese all'amico informazioni su quali fossero state le sue attività nel gennaio 1922, durante gli orari relativi alle sedute in cui si era manifestata l'entità Gordon Davis, il Gordon vivente (che teneva un'agenda-diario nella quale annotava tutti i suoi impegni personali, gli incontri con i clienti ed i relativi orari, e gli avvenimenti di spicco di ciascuna giornata) fu in grado di dimostrare che in entrambi i casi era stato impegnato in incontri d'affari con i clienti.

Come si è visto, secondo il Bozzano ad ognuno di noi è associata una componente spirituale (da lui chiamata personalità integrale subcosciente). Per potersi manifestare medianicamente mentre una persona è in vita, la personalità subcosciente deve far ricorso all'energia psichica di quella persona, e questo è possibile solo se la persona stessa viene a trovarsi in uno stato più o meno accentuato di incoscienza. Bozzano faceva derivare questa sua teoria dal fatto che sognamo quando siamo addormentati, che nel sonnambulismo e negli stati ipnotici si possono manifestare personalità secondarie, che molti eventi paranormali si verificano in coincidenza con condizioni critiche o prossime alla morte, che di norma i medium in trance si trovano in uno stato di incoscienza, e simili. I suoi tentativi (invero non molto brillanti) di spiegare il caso di Gordon Davis partivano dunque dal presupposto che nel periodo in cui si svolse la prima seduta, nel corso della quale l'entità Gordon Davis comunicò in voce diretta, il Gordon Davis vivente – impegnato, come si è visto, in un incontro di affari – fosse stato soggetto a brevi periodi di incoscienza, dei quali né lui né i suoi interlocutori si sarebbero accorti, durante i quali la sua personalità subconscia si sarebbe manifestata medianicamente a Soal: «quando una persona entra in rapporto psichico e in conversazione medianica con altra lontana, (deve) passare in condizioni di assopimento fugace, o di assenza psichica palese o larvata».

Quanto al fatto che l'entità Gordon Davis mostrasse di credersi defunta, mentre Soal riteneva che «si potrebbe spiegare presupponendo che tale idea fosse suggestionata al medesimo dalle convinzioni spiritiche della medium, la quale a sua volta avrebbe ricettato false informazioni dalla mentalità dello sperimentatore (cioè dello stesso Soal, il quale credeva che Gordon Davis fosse morto in guerra)», Bozzano se la cavava dicendo che si può presumere «che siano gli stessi comunicanti i quali credano di essere stati colti da morte improvvisa, in quanto trovandosi essi in condizioni più o meno incipienti di bilocazione, con relativo disorientamento psichico, non possono esimersi dal credere a una loro improvvisa disincarnazione». Strana affermazione, che implicherebbe una completa dissociazione tra la coscienza di un essere umano vivente (l'unica alla quale si può fare riferimento, come si è visto, per stabilire il senso dell'identità individuale) e la coscienza del spirito subconscio associato, soggetta a sua volta ad incertezze, abbagli ed errori. Quanto poi alla descrizione corretta dell'arredamento della casa nella quale Gordon Davis sarebbe andato ad abitare con la famiglia, Bozzano scriveva che: «può ritenersi dimostrato scientificamente che la personalità integrale subcosciente è a cognizione delle vicende future cui va incontro la propria personalità cosciente, per quanto normalmente non abbia il potere, o il volere, di preavvertire quest'ultima».

È importante comprendere come, per il Bozzano, questa completa alienità della personalità integrale subcosciente (la quale agisce, pensa e parla in modo autonomo) nei confronti della coscienza della persona vivente alla quale è collegata, non rappresentasse un problema meritevole di approfondimento. Il Gordon Davis vivente non solo non era stato in alcun modo parte attiva (e meno che mai consenziente) nel processo di comunicazione medianica, ma non aveva nemmeno avuto alcuna percezione di qualche forma di anomalia psichica manifestatasi mentre la seduta era in corso, nonostante il Bozzano affermasse che interruzioni nel flusso di coscienza di Davis devono necessariamente essersi presentate. Cercheremo di esporre in modo più approfondito questi importanti temi nella pagina dedicata alle teorie dello spirito.

I meriti di Bozzano

Al di là dei limiti riscontrati in merito ad alcune sconcertanti ingenuità nel suo argomentare, alla pretesa di presentare come scientifico un metodo che si presta ad una pluralità di possibili interpretazioni, ed al mancato approfondimento delle correlazioni tra l'ipotesi della personalità integrale subconscia e la coscienza dell'esistenza individuale, Bozzano era dotato di un'ottima capacità dialettica ed i suoi ragionamenti risultano spesso convincenti. Non di rado aveva buon gioco nel demolire le tesi di alcuni avversari dello spiritismo, dimostrando abilmente come le loro congetture fossero ancora più inconsistenti, astruse ed indimostrabili, rispetto all'ipotesi dell'esistenza degli spiriti. Come osservava Iannuzzo nell'articolo citato, «è vero che la sua opera può essere criticamente discussa. Ma criticare l'opera di Bozzano oltre i limiti dei quali abbiamo già discusso significa criticare la storia stessa della ricerca psichica. Infatti, sino all'avvento della parapsicologia sperimentale, Bozzano utilizzava metodi che altri studiosi avevano utilizzato; e non è superfluo ricordare che se Bozzano compì degli errori metodologici, gli altri ricercatori psichici non furono da meno».

Sotto il profilo della raccolta letteraria delle testimonianze dei fatti paranormali e della loro classificazione l'importanza dell'opera di Bozzano resta eccezionale. Fino all'inizio della seconda guerra mondiale raccolse e classificò tutte le principali opere (libri e riviste) di argomento metapsichico pubblicate nel mondo occidentale. Per citare ancora Iannuzzo, «ebbe quindi a disposizione in concreto tutta la letteratura psichica dagli inizi della storia della ricerca psichica sino al momento della morte e sintetizzò questa enorme mole di materiali nei sui lavori». In effetti le monografie di Bozzano costituiscono ancor oggi un'importante strumento per comprendere la sistematica dei fenomeni parapsicologici nell'ambito della ricerca psichica, dato che ogni monografia, corredata da numerosi esempi, è dedicata ad un particolare settore, che Bozzano definiva con la terminologia più diffusa a quei tempi: telepatia, telestesia, chiaroveggenza, bilocazione, apparizione fantasmatica, ecc. Lo studioso era anche molto attento a mettere in evidenza quei casi nei quali un determinato fenomeno poteva essere classificato nell'ambito di più di una categoria, ragionando sui diversi aspetti che potevano rendere più logica o più plausibile la sua attribuzione all'una o all'altra branca. Bozzano realizzò così una grandiosa sintesi della letteratura sulla ricerca psichica. Per terminare con le parole di Iannuzzo, «Bozzano è stato per almeno tre decenni lo studioso italiano di ricerca psichica più famoso del mondo. Era in corrispondenza con illustri studiosi stranieri, che lo stimavano profondamente. Charles Richet fu uno dei suoi più noti mentori. Pensava che sarebbe stato importantissimo pubblicare le sue opere complete, compito al quale si dedicò, per qualche tempo, Gastone De Boni... Scott Rogo, che ha basato un suo libro su alcune ricerche di Bozzano, ne parla come di uno dei più importanti studiosi e teorici della materia».


 

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