Le teorie dello spirito (o del Sé subliminale)

 

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Il destino umano ed il ruolo dell'«io»

Abbiamo più volte evidenziato in queste pagine come l'essenza dell'identità individuale vada ricercata nella nostra coscienza, mediante la quale registriamo nel tempo una gamma più o meno ampia di sintonie psichiche che, nel loro insieme, determinano quello che possiamo definire «il nostro destino umano». Abbiamo anche visto che la gamma di sintonie psichiche di cui una persona fa esperienza diretta non rappresenta altro che una minima frazione della psiche umana, considerata come il complesso delle esperienze psichiche vissute dai singoli individui umani. Come conseguenza di questo fatto, la maggior parte delle sintonie psichiche restano precluse ad ognuno di noi. I motivi per cui sintonizziamo determinate esperienze, e non altre, dipende dal nostro hardware (cioè, per dirla in termini semplici, dallo sviluppo e dal modo di funzionare del nostro cervello), dai programmi ricevuti (in particolare tramite i condizionamenti socioculturali), dai vari stimoli provenienti dall'ambiente col quale stiamo interagendo, dall'impatto che determinate e rapide variazioni dell'ambiente possono avere su tutto il nostro corpo e dal modo in cui il computer cerebrale di cui siamo dotati elabora tutto il materiale già acquisito ed i nuovi stimoli ambientali. Tutto questo fa sì che lo strumento psicofisico (l'insieme corpo-cervello-attività mentale) col quale viviamo in questo mondo diventi il riferimento essenziale della nostra identità.

Col trascorrere del tempo, le sintonie psichiche acquisite dalla coscienza perdono di intensità e si trasformano in ricordi, registrati nella memoria, che col passare degli anni diventano sempre più sfumati oppure escono del tutto dal campo della coscienza: in questo caso possono essere completamente dimenticati, oppure possono essere richiamati alla coscienza con un certo sforzo volontario, o ancora possono ripresentarsi improvvisamente alla coscienza per associazione con altri eventi. Tutti questi processi sfuggono in gran parte al controllo di quel sistema rappresentativo della nostra identità che chiamiamo «io», dato che sono determinati dal funzionamento del sistema psicofisico nel suo complesso. La funzione – da noi definita volontà – di cui l'io stesso si serve per controllare il funzionamento del sistema psicofisico di riferimento, tanto nei confronti dell'ambiente esterno (comportamento, acquisizione delle informazioni e comunicazione) quanto in relazione agli eventi psichici registrati dalla coscienza (pensieri, ragionamenti, sentimenti, emozioni, ricordi, desideri, ecc.), è essa stessa dipendente dalle risorse del sistema psicofisico al quale l'io presiede. La complessità di tutti questi fattori determina i miliardi di destini individuali degli esseri umani, ma soprattutto fa sì che l'io non sia altro che una specie di funzionario al servizio di forze e di esigenze che trascendono di molto le sue limitate capacità di gestione.

I comandi

Come si è visto, i margini di libertà a disposizione dell'io sono davvero limitati, non fosse altro che per il fatto di essere inserito o imprigionato, per così dire, in un corpo la cui progettazione ed il cui funzionamento in gran parte sfuggono alla sua conoscenza ed alle sue possibilità di controllo: il corpo è infatti soggetto a deterioramenti ed a malfunzionamenti dovuti all'ambiente col quale deve necessariamente interagire ed al trascorrere del tempo. Per la maggior parte degli esseri umani è il sistema psicofisico di riferimento a dettare all'io il comando principale: sopravvivi, prolunga più che puoi la durata della tua vita! Questo ed altri comandi, come «riproduciti» o «fai in modo di vincere», pervengono alla nostra coscienza non solo sotto forma di istanze psichiche determinate da esigenze istintive legate alla nostra natura animale, ma anche come programmi elaborati e trasmessi dal sistema socio-culturale nel quale viviamo. È proprio l'esigenza di obbedire ai comandi primari che ci porta ad adempiere quotidianamente ai tanti compiti che determinano il nostro funzionamento, sia nell'ambito di un sistema sociale di riferimento (per tutti gli esseri umani che possono sopravvivere solo all'interno di un sistema sociale, cioè – ai nostri giorni – oltre il 99% dell'umanità), sia in un ambiente naturale (la parte residua, inferiore all'1%).

Va tenuto presente che tutti ubbidiscono a questi comandi, per il solo fatto di vivere: tanto il funzionamento di un cittadino modello quanto quello di un membro di un'organizzazione criminale, anche se determinati da comandi differenti, possono essere condizionati dalle stesse esigenze primarie di base. Tuttavia, dato che abbiamo una coscienza, dobbiamo anche considerare le diverse sintonie psichiche determinate dall'adempimento ai vari compiti che i comandi ricevuti ci impongono. Sotto il profilo emotivo i contenuti psichici che pervengono alla nostra coscienza possono essere più o meno neutri, oppure positivi (soddisfazione, senso di trionfo, allegria, felicità, ecc.) o negativi (insoddisfazione, tristezza, noia, mestizia, sofferenza, dolore, ecc.). Questi stati d'animo così diversi possono essere la conseguenza tanto di azioni e comportamenti attentamente programmati e pianificati, quanto di eventi improvvisi del tutto indipendenti dalla nostra volontà (come la perdita di una persona amata o il verificarsi di un incidente o di un evento naturale che ci danneggia), oppure di eventi conseguenti a comportamenti del nostro corpo che sfuggono alla nostra capacità di autocontrollo (come il ferimento o l'uccisione di una persona in un momento d'ira, con la conseguente pena da scontare). Quello che risulta chiaro è che le dinamiche emotive alle quali siamo soggetti dovrebbero tendere a farci orientare verso i contenuti psichici positivi, evitando quelli negativi, ma i risultati dimostrano che spesso sbagliamo i nostri conti, o che non abbiamo risorse sufficienti ad evitare le sintonie negative.

L'insoddisfazione relativa al ruolo di funzionario

Nell'insieme è proprio questo quadro culturale nel quale la nostra esistenza viene limitata al ruolo di funzionario nell'ambito di un progetto che ci trascende – che, nel suo aspetto migliore, può essere definito «il progresso dell'umanità» – a procurarci un senso di insoddisfazione, tenuto conto del fatto che in ogni vita umana il bilancio tra gli eventi psichici positivi e quelli negativi è molto variabile, e quand'anche io fossi molto soddisfatto del bilancio della mia vita, devo pur sempre constatare come il bilancio della vita di molti altri esseri umani sia decisamente negativo. Si deve anche considerare che il trascorrere del tempo fa sì che gli eventi positivi del passato, anche se rievocabili come ricordi, non abbiano lo stesso impatto di eventuali contenuti psichici negativi che ci coinvolgono nel presente, e lo scorrere del tempo in una sola direzione, nell'attesa di quella condizione psicofisica spesso problematica che si associa alla vecchiaia, comporta la possibilità che il «presente» relativo all'ultimo periodo della vita sia contrassegnato da sintonie psichiche prevalentemente negative. Quest'insoddisfazione relativa al ruolo di funzionario – per il quale un essere umano diventa un «usa e getta», dato che nasce, funziona e muore, e con la morte viene annullata la sua coscienza – è la ragione principale per la quale molte persone sono indotte a credere in qualche forma di sopravvivenza, nonostante la difficoltà di comprendere come l'io cosciente possa continuare ad esistere senza il supporto del cervello, come si vedrà meglio nella sezione «oltre la vita».

Siamo anzitutto indotti a chiederci da dove abbia origine questo genere di insoddisfazione: infatti un automa ben progettato dovrebbe svolgere il proprio ruolo funzionale, eseguendo i comandi che riceve ed adempiendo i compiti che gli sono stati assegnati, senza porsi dei problemi nel merito. Si può affermare che una parte non indifferente dell'umanità agisce e vive proprio in questo modo, e si potrebbe sospettare che l'illusione della sopravvivenza, accettata per fede, non sia altro che un espediente programmato per tranquillizzare quella parte dell'umanità che, per un motivo o per l'altro, è restia ad accettare tranquillamente il proprio ruolo umano. In ogni caso ci dobbiamo confrontare con una contraddizione programmatica non indifferente, dato che: 1) o accettiamo il fatto che tutte le dinamiche relative alla vita umana non sono state né progettate né programmate, e dunque non hanno un orientamento ed uno scopo prevedibili, e pertanto l'esistenza di ciascuno di noi è un accidente aleatorio che, per quanto improbabile, si verifica nel tempo come una scintilla che si accende per poi spegnersi; 2) oppure dobbiamo riconoscere che i programmatori esistono o sono esistiti, in una forma o nell'altra, anche se sfuggono alle nostre possibilità di percezione.

È evidente che l'accettazione della prima opzione implica il riconoscimento dell'inutilità e della mancanza di senso di qualsiasi cosa noi pensiamo, progettiamo o facciamo, dell'assoluta equiparazione, nell'ambito delle possibilità degli eventi, tra ciò che consideriamo «il bene» e ciò che consideriamo «il male», e dell'indifferenza nei confronti del verificarsi di qualsiasi evento psichico, positivo o negativo che sia. Va notato che il quadro culturale nel quale viviamo in qualche caso tende a considerare quest'opzione come possibile, confermando così la possibilità che l'umanità finisca in una condizione di caos totale dovuto alla mancanza di riconoscimento di una funzione programmata. Se invece la programmazione viene riconosciuta, si apre la questione relativa al rapporto esistente tra noi ed i nostri programmatori (forse anche in termini contrattuali!).

Cosa si intende col termine «spirito»

Questa non breve introduzione si rende necessaria per comprendere che il termine spirito è stato utilizzato nella nostra cultura e nella letteratura per esprimere due concetti diversi tra loro: da una parte sta ad indicare quelle componenti della personalità umana che si ritiene possano continuare ad esistere dopo la morte del corpo fisico, mentre dall'altra si riferisce a quelle entità dotate di personalità, di intelligenza e di volontà, che non sono normalmente percepibili dai nostri sensi umani, ma le cui manifestazioni possono diventare evidenti in determinate circostanze, ed in particolare tramite i medium. Qualche teoria spiritica si sforza di far coincidere le due accezioni del termine, sostenendo che tutti gli spiriti che possono connettersi col nostro mondo hanno già vissuto sulla Terra, come esseri umani o come altre creature viventi. Nella maggior parte dei casi tuttavia si opera una distinzione tra gli spiriti relativi alle «anime disincarnate» ed altri generi di spiriti che non sono di origine umana: un banale esempio di questi ultimi è costituito, in ambito religioso, dagli angeli o dai dèmoni, mentre i «santi» della religione cristiana sarebbero spiriti disincarnati.

Origine dello spirito e sua relazione con la persona umana

Qualsiasi teoria sullo spirito, essendo fondata su rappresentazioni psichiche non verificabili, comporta complessità e questioni alle quali sono state date le risposte più diverse. Per esempio, il Bozzano sosteneva che nel corso della vita umana i nostri pensieri e le nostre azioni contribuiscono a formare il perispirito, il quale, alla morte del corpo, comincia finalmente a vivere di vita autonoma in ambiente spirituale, integrando nella sua mente eterica la nostra coscienza individuale ed i ricordi di tutti gli eventi della nostra vita (anche di quelli di cui non eravamo più coscienti), e trasformandosi in spirito. Qualcosa di analogo si riscontra nel ruolo che la religione cattolica assegna all'anima, la quale avrebbe origine nell'utero materno, poco dopo il concepimento del corpo, e continuerebbe a vivere in un'altra dimensione alla morte di quest'ultimo.

Altre teorie, invece, sostengono che lo spirito sia emanato direttamente dalla divinità e che abbia un'esistenza eterna. Le incarnazioni non sarebbero altro che esperienze episodiche alle quali lo spirito si assoggetta per acquisire informazioni su dimensioni diverse da quella in cui dimora abitualmente. Non potendo trasferirsi direttamente in dimensioni come quella terrena, per incompatibilità legate alla propria natura, in ciascuna incarnazione lo spirito si doterebbe di un perispirito (chiamato anche anima) da associare al corpo biologico. Anche secondo teorie di questo tipo (come quella enunciata dall'entità Andrea tramite il medium Corrado Piancastelli), l'associazione avrebbe luogo durante la gestazione del feto, mentre alla morte del corpo il perispirito si associerebbe di nuovo allo spirito, portando con sé tutte le esperienze vissute. Poiché le esperienze di vita in ambiente terreno, o in eventuali altri mondi, possono essere molteplici, una teoria di questo genere ben si accorda con l'ipotesi della reincarnazione, associandola con un'eventuale percorso evolutivo dello spirito secondo un programma determinato da entità superiori.

Lo spirito come personificazione dell'inconscio

Nel considerare l'origine e la definizione culturale del termine inconscio – considerato come sostantivo – abbiamo messo in evidenza l'impossibilità di parlare di qualcosa che, in una forma o nell'altra, non entri nell'ambito della coscienza di un essere umano. Una volta stabilito che si tratta di un termine non del tutto appropriato, si può senz'altro riconoscere l'esistenza di effetti psichici che sfuggono al controllo dell'io ed irrompono nella coscienza in modo inatteso e con conseguenze imprevedibili, influenzando la vita di una persona ed orientandone il destino anche mediante bruschi cambiamenti. Si tratta comunque di sintonie psichiche diverse, e talora antagoniste, rispetto a quelle che caratterizzavano l'orientamento cosciente di quella persona. Definire «inconsci» tutti gli effetti dell'attività mentale (collegata al funzionamento del cervello) di cui non siamo coscienti è banale, ed infatti l'inconscio è entrato a far parte della nostra cultura solo quando ne siamo diventati coscienti, e limitatamente a quegli aspetti che possono essere captati dalla nostra coscienza. Con più precisione si può affermare che la psiche, nel suo complesso, resta inconscia fin quando non viene sperimentata, in qualche suo aspetto, dalla coscienza di un essere umano.

L'osservazione dei processi psichici e della loro influenza sui destini umani ha portato alcuni studiosi, tra i quali soprattutto Frederic W. H. Myers ed in parte anche Carl Gustav Jung, ad ipotizzare l'esistenza di uno spirito di natura psichica, dotato di una propria autonomia e di un proprio intento, in grado di influenzare il sistema psicofisico di ogni essere umano. Sarebbe l'attività di questo spirito, associato all'io cosciente, a determinare certe particolari facoltà di cui alcuni esseri umani sono dotati (come ad esempio l'estro creativo), oppure alcuni eventi di natura paranormale, o ancora l'irruzione nella coscienza dell'io di contenuti psichici anomali o conflittuali rispetto a quelli generalmente adottati. Myers definiva quest'entità the Subliminal Self (il Sé subliminale), mentre Jung – pur mantenendosi sempre piuttosto prudente in merito alle personificazioni delle attività dell'inconscio – riconosceva come meta dello sviluppo della personalità umana das Selbst (il Sé), costituito dall'integrazione nella coscienza dei contenuti inconsci (?) provenienti da una non meglio precisata fonte.

In ogni caso il potenziale campo di azione della psiche non controllato e non controllabile dall'io cosciente divenne il fondamento di tutte le teorie sull'origine psichica dei fenomeni paranormali, indipendentemente dal fatto che si riconoscesse l'esistenza di una forma psichica individuale (lo spirito) o che si considerasse la psiche come un unico campo atemporale dal quale tutte le sintonie psichiche umane hanno origine e nel quale vengono registrate per sempre. Per esempio George Nugent Tyrrell (1879-1952), un ingegnere inglese che dopo il 1923 si dedicò completamente agli studi di metapsichica (fu presidente della SPR nel biennio 1945-46), elaborò una teoria basata sull'esistenza di un campo soprasensoriale, al di là dello spazio e del tempo, con il quale il nostro Io subliminale potrebbe entrare in contatto, trasferendo poi alla coscienza ciò che apprende tramite veicoli quali i sogni, le allucinazioni, la scrittura automatica, la trance medianica, ecc. Poiché il campo soprasensoriale è al di fuori dello spazio e del tempo, l'Io subliminale può venire a conoscenza di eventi del passato e del futuro. Com'è ovvio, tanto il campo soprasensoriale quanto il funzionamento dell'Io subliminale restano inspiegabili alla luce delle nostre ordinarie facoltà intellettive e razionali. In definitiva queste teorie si basano sulla constatazione che, una volta accertata l'esistenza dei fenomeni paranormali, questi devono avere una causa: non potendola trovare nel campo dei fenomeni fisici conosciuti, si lascia all'immaginazione creativa il compito di elaborare qualcosa di più o meno convincente.

Le verità psichiche

È facile accorgersi come l'accettazione dell'una o dell'altra di queste teorie come vera dipende dalle sintonie psichiche dell'uno o dell'altro essere umano, non diversamente da quanto accade per le verità trascendenti proclamate dalle varie religioni. Si tratta infatti di verità di natura psichica, prive di un riscontro oggettivo in quella che è la dimensione di questo mondo. Tuttavia la nostra tendenza culturale a considerare le verità psichiche come del tutto prive di fondamento potrebbe non essere esente da critiche, anche se le va riconosciuta una funzione igienica e protettiva nei confronti di determinati effetti particolarmente pericolosi e distruttivi per la salute psichica degli esseri umani. Lo studio dei fenomeni paranormali, ed in particolare di quelli medianici, induce ad ipotizzare che in dimensioni diverse da quella terrena una verità psicologica possa diventare a tutti gli effetti una verità «reale», dato che in particolari condizioni questo può accadere anche nella nostra dimensione, dando origine a tutta una serie di fenomeni che per molti secoli sono stati relegati nell'ambito insicuro ed oscuro della magia.

Il ruolo del cervello umano

Ancora una volta, siamo costretti a riconoscere che proprio la mancanza di sufficienti informazioni sul modo in cui il cervello umano attiva la coscienza e consente l'elaborazione dei contenuti psichici che vengono coscientemente sperimentati e memorizzati, ci costringe a ricorrere ad ipotesi e teorie esplicative incerte e non verificabili. Vi sono tuttavia dei dati di fatto che possiamo considerare come accertati: se le esperienze psichiche fossero davvero un prodotto esclusivo delle attività fisiologiche del cervello, i medium e gli altri soggetti che producono effetti fisici (come avviene, ad esempio, nel caso delle infestazioni da poltergeist) dovrebbero avere un cervello dotato di aree o regioni non presenti nei cervelli «normali», ed il funzionamento di questi sistemi organici (costituiti, per quanto se ne sa, da gruppi di neuroni collegati tra loro in reti complesse) dovrebbe essere tale da attivare quelle energie in grado di agire a distanza per produrre gli effetti fisici che si verificano. Nulla, nelle nostre attuali conoscenze, conferma quest'ipotesi. Anzi, si sono verificati diversi casi di infestazioni non riconducibili alla presenza nell'ambiente di una ben determinata persona (il soggetto scatenante), ma legati all'ambiente stesso, nell'ambito del quale persone diverse percepivano fenomeni analoghi. Tutto questo non solo induce a credere, ma dimostra che il nostro cervello non può «produrre» le sintonie psichiche di cui facciamo esperienza cosciente, più di quanto non produca la realtà esterna ed oggettiva del mondo in cui viviamo. Il cervello è invece un organo che sintonizza ed elabora i contenuti psichici provenienti dalle regioni della psiche umana, al pari dei segnali, delle informazioni e dei programmi provenienti dall'ambiente esterno.

Mondo fisico e mondo psichico

Possiamo dunque pensare che, così come intorno a noi vi è un mondo fisico (del quale anche il nostro corpo fa parte), allo stesso modo esiste anche un mondo psichico, dotato di una sua realtà autonoma. E così come noi di solito viviamo in una regione ristretta e confinata del mondo fisico, analogamente riduciamo le nostre esperienze del mondo psichico ad una gamma limitata. Tutte le esperienze mentali sintonizzate dalla nostra coscienza nel corso della nostra vita restano archiviate nel mondo psichico (un po' come gli oggetti che conserviamo in casa nostra), e possono essere richiamati alla coscienza, entro certi limiti, mediante la memoria. Tanto il mondo fisico quanto il mondo psichico sono essenzialmente soggettivi, e diventano oggettivi solo nella misura in cui le coscienze di persone diverse mettono a fuoco gli stessi oggetti fisici o le stesse sintonie psichiche. Infatti, se io confronto la mia esperienza del modo fisico con quella di una persona che viva, per esempio, nel deserto australiano, per me può esser giorno mentre per lei è notte, per me può esser inverno mentre lì c'è un calore estivo, e tutti gli elementi del paesaggio sono completamente diversi, comportando anche esperienze psichiche del tutto differenti tra loro. Con queste premesse, come potremmo mai accordarci sull'oggettività del mondo fisico? Ovviamente noi diamo per scontato che, se io mi sposto nel deserto australiano o se quella persona viaggia fino all'ambiente in cui io vivo, le nostre esperienze potranno coincidere dando oggettività al mondo percepito. Ma, per viaggiare, bisogna investire tempo ed energie per ottenere lo spostamento fisico del nostro corpo.

La stessa cosa si può affermare nei confronti del mondo psichico, solo che in questo caso siamo molto meno preparati agli spostamenti, alle esplorazioni ed ai rischi che indubbiamente si corrono. La descrizione dei pericoli a cui si va incontro quando si decide di viaggiare nel mondo psichico non è semplice, perché il linguaggio adottato dipende dalle convenzioni culturali di riferimento, mentre l'esperienza delle sintonie psichiche che pervengono alla coscienza è essenzialmente soggettiva, a causa della mancanza di una cultura condivisa dell'esplorazione psichica: accade così che vi possano essere esperienze paradisiache, ma talvolta anche infernali (si veda nel merito la sezione sulle NDE), che vengono etichettate con termini tecnici come allucinazioni o stati di coscienza alterata, in modo che chi non ne viene coinvolto soggettivamente possa continuare a dormire sonni tranquilli. È un po' come leggere, stando comodamente seduti in poltrona, un libro che descriva le avventure ed i rischi di un esploratore di territori sconosciuti nell'Africa del primo Ottocento: il divario tra chi effettivamente ha vissuto quell'esperienza e chi ne legge il racconto resta enorme.

Il mondo psichico, l'io, la coscienza e gli spiriti

Riconoscere l'esistenza del mondo psichico porta a riconsiderare la dipendenza della coscienza individuale, e dunque dell'io, dallo strumento del cervello: infatti – come abbiamo già osservato – l'ostacolo principale all'espansione della nostra coscienza verso sintonie psichiche diverse da quelle a cui siamo abituati in questa vita è dato dal fatto che, di norma, la soppressione dell'attività cerebrale annulla ogni forma di coscienza. Per questa ragione, anche se ammettiamo che il cervello sia un sintonizzatore di esperienze psichiche, e che il mondo psichico sia dotato di una sua autonomia, non possiamo fare alcun passo avanti riguardo alla possibilità che la nostra coscienza individuale possa continuare ad esistere una volta che il nostro corpo, e con esso il cervello, siano andati in dissoluzione, a meno di non riuscire a comprendere in che modo la coscienza possa essere resa indipendente dal funzionamento del cervello. Sebbene in questo sito siano stati messi in evidenza quegli aspetti delle NDE e delle esperienze medianiche che sembrano offrire qualche indizio in merito a tale possibilità, nella vita normale della stragrande maggioranza degli esseri umani tutto sembra provare il contrario.

L'unico indizio sul quale possiamo fare affidamento è che tanto i fenomeni medianici quanto le NDE non avvengono sotto il controllo dell'io e non sembrano determinati dal funzionamento normale del cervello. Si riscontra infatti che varie persone possono riunirsi per compiere ogni genere di sforzi mentali e di volontà allo scopo di ottenere fenomeni medianici, senza avere il minimo successo. Allo stesso modo, si può desiderare intensamente di avere un'OBE o una NDE senza che nulla accada, mentre intense NDE sono state sperimentate da persone del tutto ignare del fenomeno. Inoltre, come si è visto, non mancano i medici che hanno affermato che, nelle condizioni critiche di pre-morte in cui viene a trovarsi il cervello, esperienze coscienti come sono le NDE non dovrebbero aver luogo.

Se per il verificarsi dei fenomeni medianici è necessaria la presenza di un medium, fenomeni paranormali di altro genere (come le infestazioni o le apparizioni collettive) coinvolgono occasionalmente persone che non hanno facoltà medianiche. In tutti i casi si ha sempre l'impressione di aver a che fare con entità (chiamiamole pure spiriti) dotate di una loro autonomia rispetto alla coscienza umana, e non di rado di un'intelligenza e di una volontà autonome. Normalmente gli spiriti non interferiscono con le normali sintonie psichiche che interessano la nostra coscienza, ma in particolari condizioni questo isolamento può venir meno, ed è come se si aprisse una varco che rende possibile l'interazione tra gli spiriti e la nostra dimensione. Una volta ribadito che gli spiriti, considerati da questo punto di vista, sono entità aliene, la cui esistenza non implica necessariamente la sopravvivenza della coscienza umana alla morte, bisogna riconoscere che la loro capacità di azione si può esercitare – oltre che nell'ambito psichico – anche nel mondo fisico, purché dispongano di un'adeguata sorgente di energia, di norma fornita dagli esseri umani.

Tutte le ipotesi relative all'origine psichica dei fenomeni paranormali nel loro complesso (compresa la teoria della super-ESP) non possono prescindere dal fatto che le facoltà straordinarie attribuite alla psiche umana sfuggono al controllo volontario dell'io, e si manifestano alla coscienza solo tramite i loro effetti. Come abbiamo più volte sottolineato, i medium in trance si trovano in una condizione di completa incoscienza: dunque, dato che gli effetti prodotti dalla medianità sono spesso oggettivi, perché possono essere fotografati o registrati, l'azione necessaria a produrre questi effetti deve avere un'origine inconscia ed autonoma. Se poi qualcuno vuole proporre un'associazione ed un legame tra uno spirito ed una personalità umana cosciente (rispetto alla quale lo spirito rimane quasi sempre inconscio ed autonomo), libero di farlo, sulle orme di Bozzano e di altri studiosi: deve però essere spiegato in che modo la coscienza della personalità umana si possa trasferire allo spirito al momento della morte, per poi restarvi. Si potrebbe anche credere – a buon diritto – che gli spiriti esistano come entità autonome dotate di poteri singolari, tra cui quello di poter attingere agli archivi di tutte le esperienze psichiche registrate dalla coscienza degli esseri viventi.

Conclusioni

Se si è d'accordo sul fatto che la personalità umana individuale (quella costituita dal nostro io cosciente) debba essere riferita alle esperienze psichiche in cui è stata coinvolta nel corso della vita (una parte delle quali resta accessibile alla memoria mentre la maggior parte viene archiviata e dimenticata), allora molti fenomeni paranormali implicano l'esistenza di entità aliene, che possiamo benissimo definire spiriti (o con altro termine a nostra scelta). Normalmente non siamo coscienti né dell'esistenza degli spiriti, né delle loro attività, ma in determinate circostanze, dovute alla sensibilità medianica oppure a particolari campi energetici che interferiscono col mondo fisico, gli effetti dell'attività degli spiriti divengono percepibili dalla nostra coscienza.

Quanto alla possibile associazione tra uno spirito ed una personalità umana, tutte le teorie sull'inconscio, nel loro tentativo di confutare l'ipotesi spiritica classica attribuendo i fenomeni paranormali ad attività psichiche inconsce non controllabili dall'io del sensitivo o di altre persone, implicitamente devono accettare tale associazione anche se cambia la terminologia con cui si riferiscono allo spirito, chiamato di volta in volta «Io inconscio», «Io subliminale», «», ecc. Solo se si riuscisse a dimostrare – cosa che fino ad oggi non è accaduta – che tutte le attività inconsce, compresi i fenomeni paranormali, sono un prodotto della fisiologia dell'organo cerebrale, sarebbe possibile eliminare l'esistenza degli spiriti, riconducendo tutti i fenomeni all'esistenza in vita della pluralità dei corpi umani. In questo caso dovremmo riconoscere che la nostra presonalità umana (quella di cui abbiamo coscienza) è subordinata all'esistenza del corpo.

Anche se viene riconosciuta l'esistenza degli spiriti, non ne deriva automaticamente la sopravvivenza del nostro io cosciente: deve infatti essere individuato un agente in grado di trasferire la coscienza dell'io dall'organo cerebrale (che si decompone nel processo della morte) ad un altro strumento. Quest'agente potrebbe essere uno spirito, e nel caso in cui venisse riconosciuta l'associazione tra uno spirito ed una personalità umana, sarebbe lecito ad ognuno chiamarlo «il mio spirito». Tuttavia allo stato attuale non abbiamo certezze razionali, ma solo elementi indiziari ed intuitivi, a conferma di quest'ipotesi. Ancor più insicure sono le teorie relative alla consistenza «fisica» di un corpo eterico, o di un perispirito, entità la cui percezione può benissimo essere reale sul piano psichico soggettivo (come ben sa chi ne fa esperienza diretta), ma che sfuggono ad una registrazione strumentale oggettiva. Tuttavia, come si è già osservato, termini come oggettivo e soggettivo potrebbero diventare più sfumati in una dimensione diversa da quella del mondo fisico, nella quale l'elemento psichico avesse un maggior impatto sulla creazione della realtà.


 

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