Al di là dell'io cosciente |
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I limiti dell'io cosciente In questo sito l'io cosciente è sempre stato considerato come il nucleo centrale, fondamentale, dell'esperienza interiore di ciascun essere umano. È stata tuttavia operata – e più volte ribadita – una netta distinzione tra l'io cosciente e le esperienze della psiche nelle quali esso viene progressivamente coinvolto nel corso della vita, evidenziando come – in particolare nella nostra cultura – tale distinzione non venga quasi mai presa in considerazione, e siano le esperienze della psiche, e non l'io cosciente, ad esser considerate come la quintessenza della qualità umana e della personalità di un individuo. In effetti l'io cosciente, privato delle esperienze che lo coinvolgono, sembra come un guscio vuoto, una sorta di autocoscienza indefinita persa nel nulla, un pesce che, tirato fuori dal mare della psiche in cui vive, finisce col boccheggiare a vuoto, fino a morire. Dunque sembra esserci un vincolo inscindibile tra l'io cosciente e la sua psiche, e di conseguenza l'individualità del sistema dell'organismo, con la sua mente, rappresenta l'elemento sintonizzatore delle esperienze che coinvolgono un io cosciente nel corso della vita. Tuttavia la separazione – operata almeno a livello concettuale – tra l'io cosciente e le esperienze determinate dalla psiche ha una sua ragion d'essere, proprio perché, nel ricercare il significato della vita umana, non si può prescindere dall'enorme complesso di varianti che la psiche stessa produce, delle quali – come si è notato più volte – ogni individuo sperimenta un fascia molto ridotta nel corso della propria vita. Per ognuno di noi l'altro può rappresentare qualcosa di completamente alieno, perché le esperienze determinate dalla sua psiche sono molto diverse dalle nostre, soprattutto nei sistemi socio-culturali che tendono ad esaltare le esperienze individuali, presentandole come valori di libertà, come avviene attualmente in quello in cui viviamo. Ma proprio perché l'io cosciente tende ad essere completamente dominato dalle dinamiche della psiche, le differenze tra gli individui possono diventare incolmabili, ed anziché riconoscere nell'altro un nucleo cosciente molto simile al nostro, pur se soggetto a sintonie della psiche molto diverse, nelle relazioni interpersonali finiscono col prevalere i rapporti conflittuali che caratterizzano la psiche umana nel suo complesso. Dunque il primo, e più evidente, limite dell'io cosciente è dato dalla sua subordinazione alle esperienze della psiche che lo coinvolgono e lo dominano, ed il riconoscimento della propria autonomia rappresenta il primo (fondamentale) passo verso la liberazione da tale dominio. Abbiamo anche evidenziato come, nei confronti delle esperienze della psiche in cui è coinvolto, l'io cosciente possa manifestare un proprio intento volitivo, teso ad adottare strategie che possono essere molto diverse da un individuo all'altro. Di fronte a quelle che sembrano essere esperienze analoghe o molto simili, due individui possono reagire in modo sostanzialmente diverso: per esempio, di fronte ad una situazione che mette in pericolo l'incolumità del corpo, una persona può ritrarsi mettendosi al sicuro, mentre un'altra può assumere un atteggiamento di sfida, fino a rischiare la vita. Tuttavia, in questi casi, mentre la situazione reale è oggettivamente percepibile, in merito alle reazioni sperimentate dall'io cosciente dei due soggetti possiamo solo fare affidamento sulle descrizioni fornite dagli stessi, senza alcuna possibilità di poter pervenire ad una valutazione sperimentale diretta ed oggettiva: la paura dell'individuo che si ritrae potrebbe essere molto più intensa rispetto a quella sperimentata dall'altro soggetto, ma anche la cosiddetta forza di volontà, come sappiamo, è una risorsa di cui le persone sono dotate in misura molto diversa. In ogni caso il livello di coinvolgimento dell'io cosciente nelle esperienze della psiche è determinato soprattutto dalla tonalità emotiva delle stesse, e le strategie adottate dall'io in modo più o meno istintivo tendono a far sì che possa sperimentare stati emotivi positivi o neutri, evitando per quanto possibile quelli negativi. Tuttavia, nella maggior parte delle vite umane, la successione nel tempo degli stati emotivi sperimentati sembra avere una propria ineluttabilità (destino) che va ben al di là della capacità di controllo dell'io cosciente: le strategie adottate sono quasi sempre improvvisate, dilettantesche, e determinate da programmi di scarso valore ed assai poco efficaci, acquisiti attraverso le interazioni con l'ambiente socio-culturale. È per questi motivi che l'io cosciente, anziché essere il signore ed il governatore della mente, ne è prigioniero, ed il comportamento degli esseri umani, invece di essere governato da un io cosciente capace di utilizzare al meglio le proprie risorse superiori, appare spesso imprevedibile, distruttivo o autodistruttivo, e non di rado assurdo. Ovviamente, tutto questo può essere imputato a cause naturali, genetiche e fisiologiche: in fondo, in ossequio al trend culturale prevalente nella nostra epoca, noi non siamo altro che animali (più o meno) evoluti, ma pur sempre prodotti dall'evoluzione naturale. Dunque il destino individuale non può essere altro che il risultato aleatorio e temporaneo delle variabili in gioco nelle dinamiche della natura. I limiti dell'io cosciente sono determinati anzitutto dalla sua scarsa capacità di reagire alle esperienze determinate dalla psiche che lo coinvolgono e di difendere la propria autonomia nei confronti delle stesse, positive o negative che siano sotto il profilo emotivo. Inoltre, il fatto di essere inserito in un ambiente sociale composto da milioni di individui, ognuno con un proprio io – a sua volta assoggettato ad altre sintonie della psiche – e con tutte le dinamiche culturali, i condizionamenti ed i programmi che ne derivano, rappresenta un altro limite molto forte per l'evoluzione liberatoria dell'io cosciente: le possibilità di isolarsi in un ambiente positivo per tale evoluzione sono oggi assai ridotte. Per tutte queste ragioni così tanti esseri umani finiscono col comportarsi come degli automi – non robot meccanici, ma comunque automi umani – il cui io cosciente, prigioniero del sistema psicofisico di riferimento, viene continuamente soverchiato da reazioni di ogni genere determinate dalla psiche, nei confronti delle quali non ha altre risorse di difesa se non gli scadenti programmi che gli vengono trasmessi in eredità dall'ambiente culturale in cui vive. Il comportamento di questi automi umani può essere imprevedibile e bizzarro: non di rado le conseguenze delle loro azioni sono negative per gli altri e per loro stessi. Per quanto riguarda la loro vita interiore, l'io cosciente subisce inerme, nel corso di una vita, esperienze di ogni genere, non di rado negative, ed in molti casi non riesce nemmeno a prendere coscienza della possibilità di una propria esistenza autonoma. Il desiderio liberatorio di esistere dell'io cosciente Ma è proprio in questo quadro, così poco incoraggiante per il futuro dell'umanità, che si inserisce la presenza di qualcosa che esercita sull'io cosciente un richiamo, come se lo volesse risvegliare dallo stato di inerme passività nei confronti della psiche umana nel quale si trova nel corso della vita. Si potrebbe considerare anche questo richiamo come originato da qualche particolare sintonia della psiche, dato che tutto ciò di cui l'io fa esperienza cosciente può essere considerato psiche, ma in questo caso si tratta di un'esperienza liberatoria, che presenta caratteri sostanzialmente diversi dalle normali sintonie della psiche umana. Queste ultime tendono ad avere un carattere coercitivo e dominante, oppure ingannevole ed illusorio, nei confronti dell'io cosciente, sia che lo avviliscano tramite emozioni o sensazioni negative come la paura, il dolore o la pena, sia che lo conquistino con sollecitazioni positive ed allettanti, anche se illusorie, come il piacere, l'ambizione, il potere ed il desiderio di felicità tramite la ricchezza. Tutti questi aspetti, per quanto importanti e convincenti possano sembrare all'io cosciente, sono limitati alla vita umana ed alla sua durata, mentre il desiderio di esistere dell'io cosciente va al di là del tempo, tanto che la psiche umana lo reinterpreta nei termini (illusori) di allungamento senza limiti della durata della vita terrena (salvo poi a doversi confrontare con i problemi derivanti dal deterioramento della facoltà mentali dovuto all'età). Un discorso a parte va fatto per quegli stati mentali che presentano, fuse con le sintonie caratteristiche della psiche umana, altre esperienze che si ricollegano ad un'esistenza di tipo diverso: si tratta di esperienze di tipo mistico, conseguite mediante l'estasi o tramite l'assunzione di alcune sostanze psicoattive, o di alcune NDE (come si è visto nella sezione ad esse dedicata), oppure determinate dalla condizione di felicità in cui talvolta l'io cosciente delle persone innamorate e ricambiate viene a trovarsi. Anche se queste esperienze hanno un carattere temporale, nel senso che dopo qualche tempo la mente dello sperimentatore ritorna alle ordinarie sintonie della psiche umana, nel corso dell'esperienza la percezione del tempo può essere sospesa o sostituita da un'indefinibile sensazione di eternità. La realtà forte e l'io cosciente I progressi compiuti dalla ricerca scientifica, e le conoscenze che ne derivano, attestano che tutte le esperienze della psiche sono determinate dal funzionamento del nostro cervello. Non solo, ma nell'ambito della realtà oggettiva forte, come si presenta nella nostra epoca e nella nostra cultura, ciò che esiste nel tempo è il cervello e la sua attività, e lo stesso io cosciente non sarebbe altro che un prodotto di tale attività. Questo tema è stato affrontato nella pagina sulla coscienza umana. Di conseguenza, lo stesso io cosciente potrebbe essere annientato nel momento in cui venisse a cessare definitivamente l'attività cerebrale, a causa di quel processo che chiamiamo morte. Non c'è niente di strano in questa posizione, perché il cervello umano è destinato a deteriorarsi ed a dissolversi: fino ad oggi, almeno, è sempre stato così. Dunque il cervello di un organismo vivente non può sottrarsi in alcun modo alla certezza della propria temporaneità e della propria morte (espressa dal detto: chi è nato deve morire) e non c'è da meravigliarsi se tale forma di consapevolezza si riflette anche sull'io cosciente. Di fronte a questa conoscenza, peraltro ben fondata nell'ambito della realtà forte, le reazioni della psiche personale variano molto. C'è chi accetta serenamente questo fatto, considerando la realtà forte come ineluttabile e dunque incontestabile, e vana e illusoria qualsiasi forma di fede in una continuazione dell'esistenza individuale in un'altra dimensione. C'è poi chi, ritenendo impossibile la continuazione dell'esistenza dopo la morte, è preso da un sentimento di avvilimento o di disperazione che lo induce all'indifferenza nei confronti della vita stessa, fino a fargli compiere azioni negative per gli altri, ma anche per se stesso. C'è anche la moltitudine di coloro che vengono coinvolti in uno dei vari programmi fideistici che prevedono la continuazione dell'esistenza individuale nell'aldilà, pur senza spiegare in che modo la transizione possa svolgersi. Va ben compreso che, pur restando nei limiti della realtà forte e della conoscenza scientifica che ad essa fa riferimento, anche il mio io (il mio corpo, il mio cervello, la mia psiche), come altri miliardi di esseri umani, non è altro che un frammento particolare di un processo evolutivo che lo trascende, andando ben oltre le capacità di comprensione e di controllo di cui esso è dotato. Nello stesso tempo, il mio io cosciente – quale che sia la causa che lo ha creato – ha assunto un ruolo di conoscenza ed una dignità peculiari nei confronti di questo processo, che gli danno il diritto, se non proprio di emettere giudizi, quanto meno di difendere l'autoaffermazione della propria attività cosciente. Dato che io attraverso coscientemente le traversie della vita, assimilando e digerendo tanto le esperienze positive quanto quelle negative, acquisto il diritto di trarre un significato dalla mia esistenza individuale, qualcosa che rappresenti un vantaggio, una conquista o un merito per me in quanto io cosciente, al di là dell'eventuale vantaggio per il processo evolutivo che mi trascende, nel quale mi ritrovo ad essere temporaneamente inserito come attore. E poiché questo significato non mi viene svelato in modo soddisfacente nel corso di questa vita, posso quanto meno difendere il mio diritto ad un'esistenza più completa e più in armonia con le mie esigenze spirituali. La realtà debole e lo spirito Proprio perché al termine della vita dovrò comunque attraversare, in un modo o nell'altro, la soglia della morte, non posso e non devo illudermi che l'io cosciente possa continuare ad esistere come prodotto dell'attività del cervello. Le esperienze mentali a cui andrà eventualmente incontro nell'aldilà dovranno essere mediate da una struttura energetica di natura diversa. La realtà debole ci offre una particolare rappresentazione di questa struttura energetica, che viene comunemente definita spirito. Nell'ambito della realtà forte la natura dello spirito ci sfugge completamente, tanto che se ne può mettere in dubbio perfino l'esistenza. I fenomeni e gli eventi della realtà debole non ci offrono una conoscenza adeguata delle caratteristiche dello spirito, ma ci presentano un quadro complesso (e controverso) delle possibilità operative di cui dispone. Il fatto più importante per noi è che, nel varcare la soglia della morte, l'io cosciente – svincolandosi dal corpo e dal cervello – sarebbe associato allo spirito ed in una certa misura ne verrebbe anche assimilato. Le eventuali relazioni tra l'io cosciente e lo spirito nel corso della vita umana sono state esaminate nella pagina dedicata alle teorie dello spirito. Qui è opportuno ricordare che, anche nell'ambito della realtà forte, allorquando si tenta di indagare la psiche si devono fare i conti con quel fattore ambiguo e fuorviante che viene designato col termine di inconscio. Oltre agli eventi mentali che possono certamente essere attribuiti all'attività inconscia del cervello (tra i quali la stessa creatività, i cui risultati possono diventare coscienti quasi all'improvviso, dopo un periodo più o meno lungo di elaborazione inconscia), sono stati fatti dei tentativi per attribuire all'inconscio anche fenomeni tipici della realtà debole, ed in particolare dell'attività medianica. Ma in questo caso ci scontriamo con una difficoltà insormontabile: infatti l'attività inconscia del cervello è esclusivamente soggettiva, mentre diversi fenomeni fisici della medianità si inquadrano nella realtà oggettiva. Dunque diventa necessario individuare uno strumento – distinto dal sistema psicofisico cervello-corpo – tramite il quale l'attività inconscia del cervello possa esercitare un'azione fisica sulla realtà oggettiva, pur se nell'ambito della realtà debole. Ma, almeno fino ad oggi, questo strumento ha eluso le nostre capacità di riconoscimento e di indagine determinate dalla realtà forte, mentre – alla luce della realtà debole – può essere lecito attribuirgli un'esistenza spirituale (cioè non fisica, ma non per questo priva di una propria energia, anche se di natura a noi ignota) e chiamarlo spirito. Sempre nella pagina dedicata alle teorie dello spirito, ci siamo anche occupati delle eventuali relazioni, interferenze ed influenze che possono intervenire tra lo spirito e l'io cosciente di una persona, lasciando aperta la questione se lo spirito vada considerato come un'entità personale, cioè collegata con l'individualità di un singolo essere umano, oppure come entità autonoma, che può entrare in relazione con diverse persone, ora con l'una ed ora con l'altra. Quello che si può dire, in ogni caso, è che qualora dovesse varcare la soglia della morte senza essere annientato, l'io cosciente verrebbe accolto ed inglobato nella struttura di uno spirito, andando incontro ad un processo di trasformazione caratterizzato dal distacco dalla struttura psicofisica che lo racchiude nel corso della vita umana, e dall'accesso ad un diverso ordine di esperienze mentali, sulla natura delle quali qualche indizio ci viene offerto dalle NDE e da alcune comunicazioni medianiche. Come abbiamo già avuto occasione di osservare, in questa nuova dimensione la natura mentale di ciò che viene percepito come reale sarebbe molto più evidente, pur trattandosi di esperienze di una psiche certamente diversa da quella a cui siamo abituati in questa vita. Per esempio, i desideri ai quali l'io cosciente è particolarmente sensibile durante questa vita – tanto da indurre non poche persone ad immaginare come paradiso una dimensione nella quale tali desideri sarebbero esauditi – potrebbero essere sostituiti da desideri completamente diversi, di genere – per l'appunto – più spirituale. Non è da escludere, tuttavia, che l'io cosciente passi attraverso una fase transitoria, caratterizzata dalla contemporanea presenza sia di desideri di origine terrena che da altri di ordine spirituale. L'io cosciente e lo spirito L'esistenza spirituale dell'io cosciente, legata a quella struttura energetica aliena (rispetto alla struttura corpo-cervello con la quale viviamo temporaneamente la vita umana) che abbiamo definito spirito, probabilmente comporterà una progressiva evanescenza dell'esperienza terrena. Non siamo nemmeno in grado di sapere tramite quale strumento l'io, una volta separato dal cervello, potrebbe accedere ai ricordi della sua vita terrena. Si potrebbe obiettare che senza memoria non vi può essere una continuità dell'esistenza individuale, e dunque del senso di identità dell'io, ma non mi sembra che debba essere necessariamente così: la percezione della propria identità, così come la percezione della realtà, possono essere indipendenti dalla memoria, anche se indubbiamente la memoria arricchisce e stabilizza la nostra identità personale di esseri umani. Comunque, nell'eventuale transizione alla dimensione spirituale, l'io potrebbe portare con sé molti ricordi della propria esperienza umana. Ma se poi questi ricordi perdessero progressivamente di importanza, fino a diventare del tutto irrilevanti nel contesto delle esperienze della dimensione spirituale, quale significato potremmo attribuire alla vita umana? Una possibile risposta potrebbe essere questa: in base a leggi di ordine cosmico la cui origine, almeno per ora, ci sfugge, la vita umana – e magari anche la vita su altri mondi diversi dalla Terra – e le esperienze determinate dalla psiche che essa comporta, potrebbero essere indispensabili per la creazione, la crescita e l'evoluzione dell'io cosciente, affinché lo stesso possa poi associarsi ad uno spirito in un'altra dimensione. In effetti le trasformazioni alle quali l'io cosciente va incontro nel corso di questa vita possono essere interpretate come una preparazione ed un addestramento per un'esistenza di tipo diverso. Vorrei poter dire che l'operazione avrà successo per l'io cosciente di ogni essere umano, ma non ne sono sicuro, e di certo non dipende da me. Se osserviamo i processi naturali, vediamo che di molte uova o semi prodotti da un organismo solo una parte produce un nuovo nato o una nuova pianta, gli altri vengono assimilati da altri organismi oppure si deteriorano per cause ambientali. Ed anche tra gli individui generati, pochi arrivano alla maturità. Tra gli animali superiori, ed in particolare tra gli esseri umani, il numero di nuovi individui nati ad ogni generazione è ridotto, le cure parentali sono più assidue e le probabilità di sopravvivenza maggiori, ma – anche in questo caso – solo una percentuale arriva a maturità. Per quanto riguarda l'evoluzione dell'io cosciente, come abbiamo osservato, per la maggior parte degli esseri umani i condizionamenti, i programmi socioculturali, e soprattutto quelle sintonie della psiche il cui potere di coinvolgimento e di comando nei confronti dell'io deriva dalla loro ampia diffusione e condivisione (e dalla debolezza dell'io individuale nei confronti della massa), finiscono col prevalere, inibendo il processo evolutivo dell'io, il quale può restare bloccato al livello che ho definito automa umano. A questo stadio le energie dell'essere umano possono essere impiegate al meglio nell'ambito del sistema sociale produttivo, organizzativo e culturale di cui una persona fa parte. Resta però il dubbio che così le metaforiche uova umane, anziché dare vita a dei pulcini, diventino a tutti gli effetti una frittata. Ma può anche darsi che mi sbagli, e che l'io cosciente di ogni essere umano possa poi associarsi ad uno spirito, indipendentemente dalla sua evoluzione nel corso della vita terrena. Le mie sono solo elucubrazioni particolarmente insidiose della psiche, in merito alle quali non è lecito proclamare alcuna certezza. Resta però il fatto che l'attività mentale di alcune persone registra istanze la cui origine può essere definita come spirituale, dato che non possono essere attribuite né agli istinti corporei di origine animale, né ai programmi ed ai condizionamenti culturali più diffusi nella nostra società; anzi, non di rado entrano in conflitto sia con questi che con quelli. È come se l'io cosciente subisse il fascino di un richiamo proveniente da qualcosa di alieno rispetto a questo mondo ed a questa vita. Questo richiamo può portare alla ricerca dell'isolamento, all'eremitaggio, all'ascesi mistica, alla completa indifferenza nei confronti del corpo e delle sue esigenze, alla ricerca – già nel corso di questa vita – di una liberazione dai vincoli che legano l'io al sistema organismo-cervello. Ovviamente, volendo attribuire ogni esperienza mentale all'attività cerebrale, si può obiettare che si tratta di fenomeni determinati da anomalie (forse anche patologiche) del normale funzionamento cerebrale, ma – come si è visto – non tutti i fenomeni della realtà obiettiva debole possono essere spiegati in termini di attività mentale. Si può dunque ragionevolmente ipotizzare che il cervello di alcune persone abbia una speciale sensibilità ed una migliore capacità ricettiva nei confronti di segnali provenienti da una dimensione diversa da quella fisica. Il richiamo dello spirito Se vogliamo considerare lo spirito come sorgente di questo richiamo (che si manifesta comunque come esperienza mentale che – come o più di altre – cattura l'attenzione dell'io cosciente), si presentano molte domande alle quali non siamo in grado di rispondere: esiste un legame tra questo spirito e l'io cosciente? lo spirito è dotato di una sua individualità, di una sua personalità, di una sua coscienza? perché l'io si sente attratto da questo richiamo spirituale? Mi sembra inutile cercare di dare risposte, che potrebbero comunque sembrare gratuite e fantasiose, a queste domande. Ma anche queste istanze sono riflesse dalle dinamiche della psiche umana, ed è importante ricordare e ribadire come tali dinamiche – pur manifestandosi nella nostra mente tramite l'attività cerebrale – abbiano un'origine che resta per noi (cioè per il nostro io cosciente) misteriosa. Possiamo ipotizzarla, riconoscerla, battezzarla con l'uno o con l'altro nome, ma non conoscerla in modo da poterla controllare. La psiche è un processo che controlla ed usa gli esseri umani, non viceversa. Il richiamo dello spirito ha un particolare valore perché induce l'io a divenire cosciente della propria autonomia e della propria neutralità, se così mi posso esprimere, nei confronti delle dinamiche della psiche umana nelle quali viene irretito, nel bene e nel male, nel corso della vita terrena. Lo spirito presenta all'io la possibilità di sperimentare sintonie mentali diverse da quelle umane, e l'io comincia a risvegliarsi dal sonno nel quale si illudeva di essere il centro di controllo e di comando della psiche. L'io cosciente comincia ad osservare con meraviglia, ma anche con sereno distacco, la lunga, complessa ed insondabile concatenazione di eventi che – attraverso lo sviluppo dei primi organismi unicellulari, la successiva evoluzione delle piante e degli animali pluricellulari, l'organizzazione del sistema nervoso fino alla complessità del cervello umano – ha portato alla nascita ed alla crescita di quella singola struttura psicofisica costituita dall'organismo e dal cervello da cui ha avuto origine la sua individualità cosciente. Si rende conto che, al di là del ruolo svolto nell'ambito del processo evolutivo delle società umane dall'intelligenza, dalla volontà, dalla creatività e dalla capacità di azione e di organizzazione di cui dispone, esiste un'esigenza che impone la sua separazione rispetto all'organismo ed al cervello ai quali è vincolato (e dei quali è ostaggio), e deve prendere atto, se il destino gli consente di percorrere l'iter completo dell'esistenza umana, del deterioramento a cui vanno incontro, nella fase finale della vita, tanto il corpo quanto l'attività mentale del cervello. Il risveglio dell'io si traduce in una connessione con lo spirito, che può aver luogo già nel corso della vita umana: è come se si aprisse un canale che consente allo spirito di comunicare direttamente con l'io, ed all'io di collegarsi con lo spirito. L'io viene allora a trovarsi in una condizione più equilibrata e meglio bilanciata anche nei confronti delle sintonie della psiche umana, che prima avevano su di lui un potere di coinvolgimento pressoché assoluto. Il progressivo distacco dalle esperienze determinate dalla psiche umana non lo spaventa più perché, anziché temere il vuoto della non esistenza determinata dall'assenza di emozioni, sentimenti, pensieri, desideri, ed altri stati mentali, tutti di natura inevitabilmente umana, sente – e talvolta arriva anche a sperimentare – l'esistenza di fasci di sintonie mentali di origine diversa che, in base all'evoluzione della sua essenza determinata dal trascorrere del tempo, dimostrano di essere più in armonia con le sue esigenze. Se l'io cosciente riesce a sentire ed a seguire il richiamo dello spirito, si può aprire una connessione tramite la quale l'io riceve un aiuto anche nell'affrontare le difficoltà della vita, ed in particolare le sintonie della psiche umana caratterizzate da emozioni negative, e può prepararsi a varcare serenamente la soglia della morte. Altrimenti sarà costretto ad aggrapparsi ancora alle illusioni della vita, sempre alla mercé delle reazioni della psiche che di volta in volta lo coinvolgeranno, fino alla scadenza di quella che dovrà considerare la fine dei suoi giorni.
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