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Giugno 2019

Un cambiamento copernicano

L'esperienza personale della vita si fonda sull'esistenza (temporanea) dell'io cosciente, sulle esperienze della psiche nelle quali esso è coinvolto col passare del tempo, e sui ricordi (più o meno vividi) delle esperienze del passato. L'esistenza del nostro organismo è un dato di fatto che ci viene continuamente confermato dalle nostre sensazioni, oltre che dai nostri simili, mentre l'esistenza dell'io è un'esperienza mentale fondata sull'autocoscienza. Di solito le normali sintonie della psiche che determinano il funzionamento mentale, anche in base ai programmi socioculturali acquisiti, fanno sì che ogni io si consideri il centro privilegiato dell'esperienza, ma basta vedere le cose da un'altra prospettiva per capire come l'io cosciente venga irretito in un inganno determinato dalla psiche, o quanto meno in un'illusione, sulla cui origine e sulle cui finalità conviene riflettere.

Se l'esistenza dell'io cosciente e le sintonie della psiche di cui esso fa esperienza vengono attribuite integralmente al sistema nervoso ed al cervello di una persona, ci domandiamo da dove questo sistema abbia origine. A meno di non volerci rifugiare nel solipsismo, dichiarando che la sola realtà è quella della mente (che ci illude sulla reale esistenza del nostro corpo e del mondo), dobbiamo riconoscere al nostro organismo ed al cervello una loro autonoma e complessa realtà, rispetto alla quale l'io non ha più una posizione centrale dominante. Questo ruolo viene ora assunto dal processo evolutivo che ha messo a punto, nel corso di centinaia di milioni di anni, il sistema di produzione degli organismi e dei cervelli umani (e di quelli degli animali). Al di là di ogni forma di fede religiosa, qualsiasi persona dotata di sufficiente intelligenza ammetterà la realtà di questo processo, che determina la produzione degli strumenti ai quali la conoscenza scientifica attuale attribuisce tanto la coscienza quanto il sentimento di identità e di esistenza personale dell'io.

Ancor oggi, non sono molte le persone che comprendono l'importanza di questo cambiamento e le conseguenze che ne derivano. Gli umani – in genere – continuano ad agire, a pensare, a comportarsi, ed in una parola a funzionare, nella convinzione di avere (e di essere) una personalità autonoma. Bisogna però riconoscere che la conoscenza scientifica non è in grado di spiegare perché, ad un certo punto dell'evoluzione e dopo qualche miliardo di anni in cui questo processo si svolgeva in quella sua dimensione che noi chiamiamo naturale, si sia sviluppata una coscienza capace di mettere a fuoco le esperienze derivanti da quel fenomeno straordinario che è la psiche umana, che presenta alcune sostanziali differenze rispetto alle dinamiche della psiche presenti in natura.

Il destino personale

Se le cose stanno effettivamente in questi termini, il destino di ogni persona è determinato: 1) dalle caratteristiche e dallo sviluppo del suo cervello (dunque dal corredo genetico); 2) dalle condizioni ambientali in cui il processo di crescita dell'organismo si svolge (dapprima nell'utero materno e, dopo la nascita, nell'ambiente che si prende cura del neonato); 3) dai programmi di istruzioni che vengono ricevuti ed acquisiti dalla persona via via che cresce; 4) dalla storia personale vissuta e dalle opportunità che si presentano nel corso della vita di una persona, determinandone le scelte in base alle prerogative di funzionamento del cervello. Queste variabili, nelle loro complesse interazioni, determinano il destino personale di ogni individuo e le sostanziali differenze che si possono riscontrare tra la vita di una persona e quella di un'altra. In questo quadro la volontà dell'io di poter determinare il proprio destino sembra del tutto ininfluente, a meno che non la si consideri come il riflesso di una risorsa di cui il cervello è dotato. D'altra parte, si può parlare di volontà in relazione all'intenzione di ottenere un certo risultato, dunque di avere uno scopo. Ci deve dunque essere o un comando mentale che impone di agire per ottenere quello scopo (che può essere anche non desiderato, come nel caso dei soldati in guerra), oppure un desiderio, cioè un particolare evento della psiche che coinvolge intensamente l'io.

Si ha così un trasferimento dall'io al cervello di tutte le funzioni operative che determinano non solo il comportamento di una persona, ma anche tutte le esperienze della psiche nelle quali l'io viene coinvolto. L'io cosciente viene così declassato ad un ruolo operativo secondario rispetto all'attività cerebrale, tanto più che quest'ultima si svolge in gran parte senza trasformarsi in esperienza mentale di cui l'io possa diventare cosciente. Per essere coerenti con questo quadro conoscitivo proposto dalle neuroscienze, dovremmo dunque attribuire al processo evolutivo nel suo complesso ogni destino personale e, di conseguenza, ogni dramma individuale ed ogni tragedia collettiva. L'io cosciente sarebbe solo un testimone – per giunta precario – di quanto inevitabilmente accade, e le stesse capacità che gli vengono comunemente attribuite (di poter determinare il proprio destino in questa vita, a volte con successo ed a volte no), dipenderebbero esclusivamente dalle risorse dell'organismo e del cervello di cui è espressione.

Il risveglio dell'io cosciente

Quando l'io cosciente prende atto di questa rappresentazione della realtà della vita umana, la sua condizione di testimone passivo degli eventi mentali può cambiare radicalmente. Anzitutto dobbiamo chiarire perché parliamo di rappresentazione della realtà e non di dato di fatto oggettivo: per molto tempo, nella nostra cultura così come in altre culture, l'essere umano è stato considerato come composto da corpo ed anima, ed in certi casi anche da corpo, anima e spirito. All'anima veniva attribuita tutta l'esperienza della vita interiore, cioè quello che adesso consideriamo nell'ambito dell'autocoscienza dell'io, della coscienza e delle esperienze della psiche. Si tratta di rappresentazioni elaborate dall'intelletto umano per venire incontro alle domande che l'io si pone, spinto da un'esigenza inerente alla sua natura: il desiderio di conoscere, di sapere. In ogni epoca ci sono state persone che non hanno creduto alla sopravvivenza della coscienza e dei ricordi personali alla morte del corpo, confermando in questo modo il fatto che tutta l'esperienza della psiche viene attribuita al funzionamento del cervello. Per contro, ancor oggi molte persone credono all'esistenza di qualcosa che permette all'io di sopravvivere coscientemente alla morte del corpo.

Il fatto di credere che la nostra conoscenza scientifica attuale sia più solida ed affidabile rispetto a quella del passato, perché fondata su reali fatti oggettivi, è anch'esso dovuto a particolari sintonie della psiche, per giunta relative, perché non abbiamo elementi per sapere quale sarà l'evoluzione della conoscenza scientifica in futuro. Inoltre, come abbiamo visto nelle pagine di questo sito dedicate ai Fenomeni medianici ed alla Ricerca psichica, alcuni fatti oggettivi e ben documentati non sono inquadrabili negli schemi conoscitivi attualmente prevalenti nella nostra cultura. Sia che li si voglia considerare come testimonianze dell'esistenza dello spirito, sia che li si voglia attribuire a particolari poteri mentali non comuni, essi dimostrano che il rapporto tra realtà oggettiva e facoltà della psiche umana è molto stretto: nella nostra cultura attuale sembra che la realtà prevalga sulla psiche, ma non è detto che debba essere sempre così.

Per potersi confrontare col processo che determina la sua stessa esistenza, l'io cosciente deve anzitutto riuscire a differenziarsi dagli eventi della psiche che lo coinvolgono. Questo percorso di differenziazione non comporta né una rinuncia alla propria identità personale – che viene confermata anche dai ricordi delle proprie esperienze passate – né un'eliminazione dell'attività mentale: l'io riconosce il carattere individuale dell'esperienza umana che sta vivendo, che si concretizza in una storia personale diversa per ognuno di noi. Nello stesso tempo, tuttavia, mette in atto e difende una propria autonomia critica ed operativa nei confronti delle componenti della psiche di questa stessa storia personale, selezionando, tra le risorse mentali di cui può disporre, quelle più adatte a sostenerlo e ad aiutarlo nel suo percorso evolutivo. Una volta raggiunto un certo grado  di autonomia, l'io potrà navigare seguendo una rotta precisa nel mare delle esperienze della psiche, senza esserne travolto e senza doverle subire passivamente. La meta finale del percorso evolutivo dell'io cosciente consiste nella liberazione dagli aspetti conflittuali e negativi della psiche umana e nella capacità di sperimentare sintonie mentali di un livello superiore.

Il primo passo nel percorso di liberazione dell'io cosciente consiste dunque nel differenziarsi, riconoscendo la propria autonomia, rispetto alle esperienze della psiche dalle quali viene coinvolto. Non si tratta ancora di una liberazione, perché l'io continua ad essere in balia degli eventi della psiche determinati dall'attività mentale stimolata da quanto avviene nel suo organismo e nell'ambiente esterno, ma di una atto volontario di rinuncia, sia all'identificazione con le sintonie della psiche di cui era stato ostaggio inconsapevole fino a quel momento, sia alla conseguente esigenza di doverle difendere di fronte agli altri come se fossero qualcosa di particolarmente prezioso e vitale per la sua stessa esistenza. Questo primo passo è di fondamentale importanza e rappresenta, possiamo ben dirlo, il risveglio dell'io dalla sua condizione passiva e subordinata di inconsapevole (e sacrificabile) pedina di un gioco nel quale – fino a quel momento – era stato semplicemente irretito ed usato.

Le risorse dell'io cosciente

Se l'io riesce a compiere i primi passi nel suo percorso evolutivo di separazione dalle esperienze della psiche, è perché può fare affidamento su alcune risorse le quali – pur essendo determinate dall'attività mentale – sono già sotto il suo controllo. La prima di queste risorse è l'intelligenza, in una delle varie forme che può prendere. L'intelligenza può anche associarsi ad una particolare sensibilità empatica, che mette a confronto i vari destini umani ponendosi delle domande in merito alle loro cause ed ai loro effetti, e valutando le diverse reazioni della psiche ed il loro impatto sulla moltitudine di io coscienti che vivono in questo mondo. L'intelligenza confronta le diverse sintonie della psiche e mette in risalto le incongruenze ed i conflitti che si manifestano soprattutto nelle interazioni tra persone diverse, ma anche come conflitti interiori nella mente di una persona. Soprattutto, l'intelligenza apre la strada alla distinzione tra le funzioni della psiche determinate dall'origine animale del nostro organismo e le funzioni creative, comunicative ed organizzative sulle quali si fondano le società umane. Infine, è grazie all'intelligenza che l'io prende coscienza della possibilità di differenziarsi rispetto alle esperienze della psiche con le quali si era sempre immedesimato.

Un'altra risorsa a disposizione dell'io è la determinazione, cioè la volontà di continuare sul percorso intrapreso, lungo il quale l'io dovrà comunque confrontarsi con sintonie della psiche di ogni genere, comprese quelle che si manifestano sotto forma di dubbio ragionato, di coinvolgimento emotivo al quale l'io non riesce a sottrarsi, di mancanza di fiducia nelle proprie risorse e, soprattutto, di non poter contare sull'appoggio altrui, dato che quest'appoggio si fonda sulla condivisione di determinate sintonie della psiche. A volte i sistemi religiosi fanno riferimento alla fede per indicare la costanza del credente nell'aderire alla propria religione nonostante i dubbi interiori o le minacce provenienti dall'esterno. La fede, tuttavia, si fonda in genere sull'adesione acritica ad un sistema dogmatico, mentre la determinazione dell'io nel proseguire nel suo percorso di differenziazione dalla psiche si basa sulla fiducia che l'io ripone nella propria intelligenza critica e nello spirito come guida verso la liberazione. L'io cosciente sa che il successo non è garantito, ma accetta la sfida e vi si impegna al meglio delle sue capacità, proprio come chi si arrampica in free solo.

La terza risorsa è lo spirito, inteso anche come senso dell'umorismo, distacco nei confronti delle vicende della vita – soprattutto nei loro aspetti drammatici – e capacità di affrontare sorridendo anche le esperienze della psiche sgradevoli, qualora non sia possibile evitarle. Lo spirito si comporta come un amico (o un'amica) che aiuta l'io a relativizzare le reazioni della psiche conseguenti agli eventi della vita, mettendo in evidenza il carattere cupo, ossessivo, deprimente e negativo di alcune sintonie della psiche, determinate sia da eventi naturali, sia da programmi mentali trasmessi dall'ambiente sociale. È bene riflettere sul fatto che, se si dà per scontato che le sintonie mentali negative sono determinate dal funzionamento cerebrale, il cervello stesso può essere geneticamente e fisiologicamente predisposto ad attivare stati mentali difficilmente sopportabili per l'io, che in certi casi si trasformano in vere e proprie patologie. In queste condizioni, al di là del conforto e del sostegno che una persona può ottenere dalla solidarietà degli altri, solo la presenza attiva dello spirito può aiutare l'io cosciente a fronteggiare la psiche senza soccombere.

Infine, l'ultima risorsa dell'io risiede nella propria autocoscienza, che riporta alla luce il nucleo di un'origine autonoma ed indipendente rispetto alle esperienze della psiche generate dalla vita terrena e dipendenti dal funzionamento del cervello: grazie a questa autocoscienza, l'io intuisce che davanti a lui si apre la porta che dà accesso ad altre forme di esistenza reale, nonostante tutte le informazioni culturali vogliano convincerlo che la sua stessa vita è temporanea in quanto subordinata all'attività cerebrale. Forte del sostegno delle risorse di cui dispone, l'io può avventurarsi nel percorso di liberazione dall'assoggettamento alla psiche, che diventa un viaggio nel mondo della psiche, lungo il quale l'io impara a gestire ed a risolvere i conflitti che si presentano alla coscienza, discriminando tra ciò che è veramente utile, positivo e felicemente valido per la sua evoluzione, e ciò che invece lo ostacola, lo irretisce e lo avvilisce, consumando le sue energie senza farlo progredire.

Il viaggio dell'io nella psiche

Nell'iniziare il suo percorso all'interno della psiche umana, l'io deve anzitutto mantenersi fedele al proprio obiettivo, che è quello di liberarsi dai coinvolgimenti emotivi che la psiche stessa comporta. Fatta eccezione per le esperienze neutre, che non comportano emozioni di rilievo, a molte altre esperienze si associano emozioni positive o negative. Di norma l'orientamento dell'io tende ad essere molto semplice: evitare, tramite le proprie risorse di controllo, le esperienze che comportano emozioni negative e ricercare quelle che offrono emozioni positive. Questo è l'orientamento di partenza, tipico dei bambini, e resta l'orientamento dell'io fintanto che è sottoposto al dominio della psiche: infatti sono le stesse sintonie della psiche determinate dal funzionamento del cervello (come reazioni agli eventi ambientali) a produrre le emozioni percepite come positive o negative. Queste emozioni non sono quasi mai isolate, ma determinano comportamenti che a loro volta stimolano nuove reazioni della psiche associate ad altre emozioni concatenate: di conseguenza l'io finisce con l'essere completamente irretito nella psiche, perdendo ogni capacità di controllo e di orientamento autonomo. L'obiettivo dell'io, all'inizio del proprio viaggio di liberazione, consiste nella ricerca di una propria esistenza autonoma, felice, attiva ed interessante. E vediamo ora meglio cosa significano questi termini.

L'esistenza dell'io dovrebbe essere, se non eterna, atemporale, ed in ogni caso deve essere l'io a poter decidere se vuole esistere o se vuole concludere la propria esistenza. Qui ci troviamo di fronte ad una scelta ben precisa: se l'io rinuncia ad affermare il proprio diritto all'esistenza, accettando come ineluttabile la dipendenza esclusiva dal funzionamento del cervello e dunque il proprio annientamento in conseguenza della dissoluzione del cervello stesso, si arrende anche di fronte alla subordinazione alle istanze della psiche, accettando così il proprio ruolo di automa umano. Per questa ragione il termine dell'esistenza dell'io cosciente non può coincidere col termine della vita umana, ma deve risolversi in una trasformazione che può avvenire solo allorquando l'io si sente pronto. Qualsiasi informazione, forma di conoscenza o programma culturale che neghi il diritto dell'io cosciente all'esistenza non può essere accettata dall'essere umano, che verrebbe degradato al ruolo funzionale ed operativo di creatura da usare e da eliminare. Il percorso di liberazione dell'io ha come prima finalità l'affermazione e la difesa del suo diritto all'esistenza.

Il carattere autonomo dell'esistenza si riferisce alla continuità ed alla coerenza dell'esperienza individuale, libera di integrarsi e di armonizzarsi con altre esistenze autonome, ma anche libera dalla costrizione a confrontarsi in modo conflittuale. L'autonomia dell'esistenza è data dall'invulnerabilità rispetto ai danni ed alle ferite che possono essere provocate da altre esistenze autonome (a loro volta invulnerabili), e dall'assenza di motivi di conflitto, come, ad esempio, la competizione per le riisorse vitali. Questo non significa che l'esistenza autonoma non possa evolversi in una fusione di energie individuali vibranti in armonia tra loro, come in un coro nel quale le singole voci – ciascuna con il proprio timbro individuale – creano la polifonia del canto.

Anche la felicità è importante. Una delle cause che turbano la nostra esistenza terrena è l'infelicità collegata, talora del tutto inutilmente, a varie esperienze della psiche. Accade perfino che sia la percezione e la consapevolezza dell'infelicità altrui ad impedirci di essere felici, in misura tanto maggiore quanto più queste altre persone sono legate a noi da vincoli affettivi. Ma se questa contaminazione quasi epidemica da parte dell'infelicità esplica i suoi effetti nell'ambito della vita terrena, come componente quasi ineliminabile della psiche umana, essa potrebbe non essere altrettanto efficace in altre dimensioni, nelle quali la felicità dovrebbe essere in sé assoluta, completa ed invulnerabile da parte dell'infelicità presente in altri livelli. Perfino nell'ambito della psiche umana, dove tutto viene relativizzato, la presenza di esperienze veramente infernali non impedisce di sperimentare – anche se temporaneamente – sintonie paradisiache.

L'attività e l'interesse sono poi intrinsecamente collegati al viaggio dell'io all'interno della psiche, sia nella forma creativa del produrre qualcosa di nuovo, che diventa esistente grazie alla nostra attività mentale, sia nell'ambito delle risorse intellettive che ampliano la nostra conoscenza, l'autoconoscenza e la capacità di esplorare la psiche stessa, tanto nella dimensione umana quanto in altre dimensioni. Una volta che l'io cosciente inizia a liberarsi dall'assoggettamento a determinate sintonie della psiche che lo tengono ingabbiato, territori vastissimi da esplorare diventano accessibili alla sua capacità di esperienza, già nell'ambito della psiche umana. All'inizio della sua avventura, gli unici limiti sembrano quelli costituiti dalle risorse mentali e dalla durata della vita, ma via via che l'io procede nel suo itinerario si accorge di poter trarre nuove risorse proprio dalla psiche stessa, che prima lo bloccava e lo soggiogava. Il controllo sulla mente determina un equilibrio particolare che coinvolge anche il corpo, e può riflettersi in modo benefico sull'ambiente circostante. La stessa durata della vita può diventare una libera scelta, perché l'io cosciente, una volta liberatosi da quelle istanze della psiche che lo costringevano a considerare la vita terrena come unica forma di esperienza possibile, può sentire l'esigenza di fare esperienze in dimensioni diverse da quella umana.

Nel procedere lungo il percorso di liberazione, le esperienze della psiche vengono valutate dall'io, tramite le risorse di cui dispone: alcune esperienze possono essere integrate nei territori già conosciuti e – per così dire – controllati, mentre altre possono essere allontanate, senza che abbiano il potere di soggiogare l'io. Si viene così a creare una specie di cartografia dei territori della psiche esplorati dall'io, che col trascorrere del tempo va ad arricchire le risorse a sua disposizione, rendendolo più determinato, più efficiente e più capace nell'affrontare le difficoltà che incontra proseguendo nella sua impresa. Il patrimonio di esperienze dell'io consente un nuovo rientamento della psiche, che tende a risolvere in se stessa i propri conflitti. Attenzione: non è la psiche umana nel suo complesso a risolvere i propri conflitti, che restano attivi ed operanti nell'ambito dell'umanità, ma solo quella gamma individuale di sintonie della psiche che riguardano una persona il cui io procede lungo il percorso di liberazione. La mente si rivela per quello che è: un programma (o una serie di programmi) interpretativo di un sistema reale che costituisce questo nostro mondo (nell'ambito di un sistema molto più vasto che costituisce questo universo), la cui intrinseca realtà non può essere da noi conosciuta direttamente. Noi, tramite la psiche, sperimentiamo alcuni aspetti che interpretano questa realtà e, finché non ci liberiamo dall'assoggettamento alla psiche, siamo obbligati a sperimentare solo una limitata gamma di sintonie.


 

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