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Colloqui con l'entità A.

L'entità Andrea ed il medium Piancastelli

Per oltre 50 anni un'unica entità – che si faceva convenzionalmente chiamare Andrea, o entità A – ha comunicato tramite trance ad incorporazione del medium Corrado Piancastelli (1930-2014) nel corso di sedute tenute presso il Centro Italiano di Parapsicologia (CIP) di Napoli. Le comunicazioni e le informazioni fornite dall'entità A in questo così ampio arco di tempo riguardano vari aspetti della vita dello spirito – sia come entità disincarnata che in relazione all'incarnazione umana – e del suo percorso evolutivo, oltre ai vari aspetti psichici e sociali della vita umana. Non di rado i discorsi dell'entità A prendevano la forma di colloqui, e talvolta di dibattiti, per la partecipazione attiva degli interlocutori umani i quali – dotati in genere di un buon livello culturale – non si astenevano dal porre domande e chiedere chiarimenti ed approfondimenti sui temi trattati. Chi fosse interessato ad avere più informazioni sul CIP, su Piancastelli e sulle modalità delle sedute può consultare il sito Sentieri dello spirito. In questa pagina mi limiterò ad una valutazione delle informazioni relative allo spirito ed alla sua relazione con l'io cosciente di noi umani, mettendole a confronto con quelle fornite dalla teosofia e dalle entità del Cerchio Firenze 77.

Per la documentazione relativa alle comunicazioni dell'entità A faccio riferimento soprattutto ai libri di Giorgio di Simone (1925-2018), che ha svolto un ottimo lavoro di raccolta e classificazione del materiale secondo un criterio logico, in particolare con il suo primo volume, Rapporto dalla dimensione X (Edizioni Mediterranee, 1^ edizione 1973), al quale hanno fatto seguito le raccolte antologiche Dialoghi con la dimensione X (Mediterranee, 1981) e Colloqui con A. (Mediterranee, 1986). Un'altra cospicua fonte di materiale trasmesso dall'entità A è costituita dal bollettino trimestrale CDA (Comunicazioni dell'Entità A), redatto e pubblicato dal CIP per diversi decenni, contenente gran parte degli interventi dell'entità sui più diversi argomenti, ma non ordinati cronologicamente. Infine, non vanno trascurate le numerose pubblicazioni del medium Corrado Piancastelli il quale, sebbene in stato di completa incoscienza durante la trance, partecipava poi attivamente e criticamente all'elaborazione del materiale registrato nel corso delle sedute. Sotto il profilo del rapporto tra Piancastelli e l'entità Andrea è particolarmente interessante il già richiamato libro autobiografico Il sorriso di Giano (Mediterranee, 1991), in merito al quale rimando alla pagina di questo sito sullo Spirito alieno.

Lo spirito e l'incarnazione

Le spiegazioni offerte dall'entità A in merito alla vita dello spirito ed alla sua incarnazione (o reincarnazione) nella dimensione umana, sebbene presentino qualche affinità con quelle proposte dalla teosofia (e riproposte in forma semplificata, come si è visto, dalle entità del Cerchio Firenze 77), ne differiscono per alcuni aspetti sostanziali. Anzitutto l'Assoluto (quello che gli umani chiamano Dio) è inconoscibile ed irraggiungibile, anche da parte dello spirito, il cui percorso evolutivo è pertanto infinito: lo spirito non verrà mai riassorbito nell'Assoluto. Ciò che lo spirito acquista mediante le proprie esperienze, inclusa quella umana, è una conoscenza sempre più profonda delle leggi divine che regolano l'universo. Inoltre il percorso evolutivo dello spirito, rispetto alla sua stessa condizione, costituisce sempre un progresso: in altre parole, lo spirito non può mai regredire, né essere retrocesso, dunque vengono negate le dottrine relative alla metempsicosi in forme inferiori, come conseguenza delle azioni compiute durante un'incarnazione umana.

L'idea di evoluzione dello spirito presentata da Andrea è più comprensibile rispetto a quella proposta da altre entità: non si comprende infatti perché il travagliato processo di individuazione e di acquisizione ed ampliamento della coscienza, nel quale lo spirito viene coinvolto, debba necessariamente concludersi con un riassorbimento nell'Assoluto che appare come meccanico se non corrisponde ad una deliberata scelta dello spirito. Via via che costruisce laboriosamente la propria personalità mediante la conoscenza delle leggi che regolano gli universi, sia materiali che spirituali, lo spirito prende coscienza della realtà universale, e dunque porta alla luce anche l'idea e la conoscenza (relativa) dell'Assoluto, che erano già presenti in esso allo stato potenziale. Citando le parole di di Simone: «In funzione quindi dell'orientamento di pensiero comune alla pluralità degli spiriti, i più impegnati fra di essi nell'attenta osservazione dei fenomeni cosmici, possono facilmente spingere il loro sguardo nella profondità senza fine delle realtà universali, raggiungendo così una percezione della sostanza delle cose che ha una pressoché infinita probabilità di essere autentica. A memoria di spirito... la evoluzione spirituale ha sempre avuto segno positivo».

Per quanto riguarda l'origine della pluralità degli spiriti, che la si voglia chiamare emanazione, o flusso continuo nel tempo (e nel non-tempo), o proiezione, si tratta comunque di un processo di autonoma radiazione dalla matrice divina di nuclei energetici individuali indifferenziati in quanto non personalizzati: ciascuno di essi, identico ad ogni altro, è una tabula rasa priva di coscienza, che «parte alla conquista di se stesso, attraverso l'immane travaglio dell'evoluzione, mentre albeggia l'autocoscienza che diverrà via via sempre più ampia, e quindi anche coscienza del resto della Realtà. Così lo spirito costruisce faticosamente le caratteristiche fondamentali della propria personalità, sulla base di una dignità esistenziale che è il segno supremo del divino in lui, qualunque cosa egli possa fare in bene o in male...».

Tra le esperienze evolutive dello spirito rientra anche l'incarnazione, tanto nella dimensione umana terrestre quanto – eventualmente – in altri mondi. Tuttavia l'incarnazione non è inevitabile: in questo Andrea prende le distanze dalle affermazioni di altre entità medianiche, dato che «...la libertà di scelta dello spirito è salvaguardata. Infatti egli può teoricamente fare a meno di questo specifico comtatto conoscitivo, e relativamente diretto, con il mondo della materia. Egli ha realmente questa possibilità che esclude automaticamente qualsiasi discorso sulla ineluttabilità di un suo imprigionamento nella carne». Ma allora, per quale motivo lo spirito si incarna? Le ragioni sono essenzialmente due: la prima è che acquisire le esperienze che un'incarnazione può offrire, senza incarnarsi, è estremamente difficile e richiede un tempo molto più lungo (anche se il tempo a disposizione dello spirito è infinito), e dunque lo spirito sente in sé un'inclinazione che lo porta a sperimentare nel modo più diretto e completo possibile; la seconda è che lo spirito, quando è incarnato, resta distinto dall'io cosciente e – per sua natura – non è coinvolto nelle sofferenze e nei conflitti psichici umani.

Alla precisa osservazione da parte di un interlocutore (CDA 1991, n. 6, pag. 257): «...non capisco per quale motivo si dovrebbero scegliere situazioni che, dal nostro punto di vista, comportano sofferenza, quando se ne potrebbe fare a meno...», Andrea risponde in modo inequivocabile: «Ma lo spirito non soffre affatto, con o senza un corpo». E più avanti l'entità chiarisce ulteriormente il senso dell'incarnazione: «...l'incarnazione è un passaggio in una condizione estranea allo spirito. Per struttura, per qualità, per orientamento, per fini, lo spirito non tende alla materia, evidentemente; però (sente la necessità di) riconoscere l'utilità di passare attraverso questo livello dell'universo che gli è estraneo... non si tratta di una tappa obbligatoria, ma solo di una tappa utile, vi sono ampie motivazioni per alleggerire – per così dire – una parte di questo attraversamento».

Mi sembra importante evidenziare fin d'ora le sostanziali differenze tra l'interpretazione dell'esperienza umana da parte dello spirito comunicata dall'entità Andrea e quella condivisa dalla Teosofia e dalle entità del Cerchio Firenze: secondo Andrea lo spirito si incarna per assecondare il bisogno di conoscere per esperienza diretta il mondo della materia e le leggi che lo regolano, nei suoi molteplici aspetti, ma conserva una propria coscienza ed un proprio intento, ben distinti dalla volontà e dalla coscienza dell'io umano. Inoltre le scelte in merito ai tempi ed alle modalità delle incarnazioni sono affidate alla sua libertà di manovra, per così, dire, nel rispetto delle leggi eterne che regolano l'universo, che possono essere scoperte e conosciute ma non violate, e la stessa esperienza della materialità non comporta necessariamente l'esigenza di incarnarsi. In sintesi, la parentesi umana ha per lo spirito un valore conoscitivo e sperimentale, ed arricchisce comunque la sua coscienza ed il suo sapere.

Invece secondo la Teosofia le incarnazioni, che si susseguono per la legge del karma a partire dal livello animale, hanno sì lo scopo di arricchire la coscienza, ma solo in funzione di un percorso evolutivo obbligato teso a purificare lo spirito, liberandolo dal richiamo delle forme inferiori e grossolane della materia, per portarlo a fondersi nella coscienza dell'Assoluto. Inoltre lo spirito incarnato si identifica con l'io cosciente, partecipando al pathos, alle sofferenze ed alle emozioni della vita umana, sperimentati attraverso il corpo astrale ed il corpo mentale: una realtà che viene comunque considerata apparente ed illusoria. In tutto questo processo la libertà dello spirito non viene presa in considerazione, se non limitatamente a quella strana facoltà di poter usare il libero arbitrio per deviare, per così dire, dal retto percorso evolutivo verso il bene, salvo doversi poi correggere mediante il dolore e la sofferenza, sempre secondo la legge karmica. Abbiamo dunque l'impressione di trovarci di fronte a due diverse concezioni del mondo, l'una – quella di Andrea – fondata sulla conoscenza e sulla libertà, l'altra – quella della Teosofia – tesa verso l'obiettivo (sentimentale) dell'Amore universale.

L'esperienza umana dello spirito e l'io cosciente

Vediamo ora come – secondo l'entità Andrea – lo spirito si prepara all'esperienza terrena, e quali sono le relazioni tra l'io cosciente e lo spirito che gli è associato durante la vita umana. Lo spirito si associa ad un feto in formazione nell'utero intorno al terzo mese di gravidanza, ed a quanto pare (CDA 1991, n. 2, pag. 49) il numero di spiriti che desiderano incarnarsi è è molto alto, dunque potrebbe esserci una vera e propria lista di attesa per accaparrarsi un feto! Questo mi sembra in contrasto con l'affermazione – non solo teosofica, ma anche della stessa entità A – secondo la quale lo spirito può scegliere le condizioni (ereditarie, ambientali e culturali) della sua prossima incarnazione, a meno che non sia disposto a fare lunghe code. E comunque, in certe aree geografiche dovrebbero esserci molti più posti disponibili che non in altre. In ogni caso lo spirito deve predisporre uno strumento di connessione col corpo fisico, e soprattutto con il cervello, dell'essere umano al quale sarà associato.

Quelli che la Teosofia individuava come corpo astrale e mentale coincidono più o meno con una struttura che Andrea chiama anima o complesso animico, destinata a fare da tramite tra lo spirito ed il cervello umano. A pag. 61 del Rapporto dalla dimensione X c'è anche un disegno che mostra in che modo dovrebbero funzionare le strutture che connettono lo spirito (che vive nella realtà spirituale) al cervello dell'essere umano (che vive nella realtà fisica). Lo schema è interessante, ma non chiarisce molto, perché il complesso animico collegato allo spirito sembra generare la psiche attraverso una struttura che viene indicata come inconscio, senza che nessuno di questi termini venga meglio definito. In questo sito è stato sempre ribadito come l'avventura umana si fondi sull'io cosciente (vedi la pagina delle Definizioni), il quale è coinvolto nelle varie esperienze psichiche, ed è stata fatta una netta distinzione tra due condizioni: la prima e più comune, nella quale l'io cosciente è irretito e controllato dalle sintonie psichiche che lo coinvolgono, tanto da identificarsi completamente con esse; la seconda (molto meno diffusa), nella quale l'io cosciente, pur continuando a sperimentare la psiche, ne prende le distanze, ed è in grado di esercitare un certo grado di controllo sulle sintonie psichiche che vuole (o non vuole) sperimentare. Il processo che conduce dalla prima alla seconda condizione è stato chiamato percorso di liberazione dell'io cosciente.

Le esperienze psichiche vengono sintonizzate tramite il cervello, del cui funzionamento non siamo direttamente coscienti, e nemmeno abbiamo acquisito, almeno fino ad oggi, un soddisfacente grado di comprensione. Sotto questo profilo, definire inconscio il processo che dà origine alla psiche non può essere considerato scorretto, ma è una banalità, dato che tutto ciò di cui noi non siamo o non diventiamo coscienti resta per noi inconscio. Tutto questo è stato spiegato in dettaglio nella sezione sulla psiche umana, ed in particolare nelle pagine della stessa dedicate all'inconscio. Resta da chiarire quali sono i canali attraverso i quali il cervello viene programmato, e perché – come conseguenza di questi condizionamenti – certe sintonie psichiche prendono il sopravvento nell'uno o nell'altro essere umano, creando tutte quelle differenze (comunemente chiamate caratteriali) che ci contraddistinguono. Di solito, solo una minima parte di tali sintonie psichiche derivano dallo spirito, mentre dal diagramma sembra che tutta la psiche (nelle sue manifestazioni istintive e creative) abbia origine dal complesso animico tramite l'inconscio.

Una buona parte delle istanze psichiche di cui gli umani fanno esperienza sono connesse alle esigenze animali del corpo, e dunque derivano dalle leggi naturali. Perché poi la natura debba funzionare secondo certe leggi e non altre non ci è dato di saperlo, ma di fatto il corpo ha bisogno di nutrirsi, di difendersi, di riprodursi, e tutto questo si traduce in istanze psichiche (associate ad emozioni e sensazioni gradevoli o spiacevoli) di cui l'io cosciente fa esperienza. Un'altra parte consistente di eventi psichici deriva dal fatto che la nostra sopravvivenza avviene all'interno di un sistema sociale, che ci offre nutrimento, protezione ed opportunità di lavoro, di cultura e di svago, trasmettendoci condizionamenti e programmi di funzionamento di ogni genere, che esplicano i loro effetti tramite un flusso pressoché continuo di eventi psichici, spesso sotto forma di comandi o di desideri. Infine, un'altra parte dello psichismo che coinvolge l'io deriva da una nostra autonoma elaborazione interiore, mentale, delle varie esperienze psichiche nelle quali siamo stati convolti, elaborazione che si attua tramite le nostre facoltà intellettive e creative, lungo un percorso stabilito intenzionalmente oppure determinato da eventi improvvisi ed inattesi. Solo alcune delle sintonie psichiche che rientrano in quest'ultimo gruppo possono essere ricondotte, in qualche modo, all'intento dello spirito che cerca di influenzare l'io cosciente.

Questi processi sono implicitamente riconosciuti e confermati dall'entità A, ma in modo confuso e talvolta non coerente. Di Simone, per esempio, scrive: «...lo spirito determina l'approccio graduale alla Terra, mediante la formazione dell'anima, struttura temporanea, complessa, di tipo vagamente elettromagnetico e, successivamente, tramite l'organizzazione del complesso psichico che caratterizza la sua personalità terrena, cioè la personalità psico-mentale dell'uomo risultante: quella personalità terrena (che potremmo anche chiamare sociale) la quale, unitamente al cervello e al sistema nervoso, pilota il corpo fisico, dà l'impronta alla nostra manifestazione storica nell'ambiente prescelto». Non è così, e se lo spirito decide di incarnarsi per attuare un determinato programma, nel 90% dei casi è destinato a fallire – come lo stesso Andrea deve poi riconoscere – a causa delle caratteristiche della psiche umana dominanti nel corso della nostra vita.

«Nel relativo, in cui sembra affermarsi il dualismo spirito-materia, la stessa materia tende ad assumere il predominio, coerentemente ai suoi presupposti, contrari a quelli che caratterizzano lo spirito... e mentre la nostra personalità umana, psichica, si lascia sopraffare dal soverchiante clamore delle vicende di tipo esclusivamente terreno e dalla forza propria delle leggi biologiche e fisiologiche, il nostro spirito rimane lontano, sempre più distaccato dalla nostra coscienza attuale, fino al punto da non poter più fare udire la propria voce, il suo comando o il suo consiglio». Ecco, nell'interpretazione di di Simone, il quadro dei normali rapporti tra lo spirito e l'io cosciente descritto da Andrea. Sarebbe opportuno, nella prima parte, sostituire alla parola materia il termine psiche umana, ma per il resto la descrizione è corretta. «Si determina così una specie di frattura qualitativa nel complesso organico che collega corpo e spirito, e il programma che esso spirito elaborò prima della nascita corporea, si diluisce nel tempo, perde di forza, in una parola viene dimenticato dall'uomo, o attuato solo parzialmente...». Se si fa riferimento ad un complesso organico che collega corpo e spirito, questo non può essere che il cervello, e lo spirito può reagire a questa condizione di disaccordo tra le esigenze del corpo ed il programma di esperienze che si era prefisso «provocando spesso crisi di vario genere a livello psico-fisico».

La condizione per cui l'io collabora consapevolmente con lo spirito per l'attuazione del programma di esperienze di quest'ultimo è molto rara. Di solito l'io cosciente, irretito nelle sintonie psichiche ordinarie della vita umana, non fa alcun caso ai segnali provenienti dallo spirito, il quale reagisce mediante istanze psichiche che entrano in conflitto con quelle usuali, talvolta associate ad effetti psicosomatici di rilievo. Perché le cose vanno in questo modo? «Le difficoltà che esso può incontrare (e che in genere incontra) nella realizzazione terrena del suo programma, sono di norma in proporzione diretta al suo grado di evoluzione, cioè, in conclusione, con il suo attuale livello di coscienza e di conoscenza delle leggi che concorrono all'Equilibrio cosmico... fino a giungere nel caso dei meno provveduti tra gli spiriti, ad una pura e semplice presa di contatto con gli aspetti più elementari della Terra, oppure ad itinerari materiali obbligati, dovuti alla necessità di equilibrare (assimilare) azioni sbagliate commesse in una vita precedente». Curiosa condizione questa, per la quale tanti spiriti di evoluzione molto diversa sono mescolati insieme, per così dire, nella stessa classe: il nostro pianeta. Non si tiene nemmeno conto del fatto che i programmi degli spiriti possono essere molto diversi l'uno dall'altro: per esempio, uno spirito potrebbe avere un programma incentrato sul progresso sociale dell'umanità mentre un'altro potrebbe avere come obiettivo la liberazione dai condizionamenti sociali e la sperimentazione di sintonie psichiche alternative.

Anche se durante la vita terrena lo spirito non è al massimo della sua lucidità, tanto che Andrea afferma che dopo la morte del corpo fisico è come se lo spirito si risvegliasse da un'ubriacatura, tuttavia il tentativo di stabilire una relazione con l'io cosciente viene messo in atto: che poi l'io cosciente se ne renda conto o meno, è un'altra questione. Viene anche richiamata la figura dello spirito guida: «...durante il suo travaglio terreno, lo spirito riceve un certo aiuto dalla cosiddetta entità guida... (la cui funzione) è molto meno importante di quanto non si è voluto far credere, ed essa non rappresenta che un aspetto minore del grande principio di solidarietà che unisce gli spiriti... (fondato sul) chi più sa aiuta che meno sa... in una spontanea catena di solidarietò e d'amore... (ma) a nessuno è consentito interferire con il libero arbitrio dello spirito, nemmeno per evitargli degli errori e trarlo d'impiccio nei casi più gravi o difficili della vita». E qui non è chiaro in che senso l'entità guida debba aiutare lo spirito, dato che chi si viene a trovare in difficoltà nella vita, e chi può chiedere aiuto, è pur sempre l'io cosciente.

È vero che gli umani sono «guidati per la maggior parte nel tragitto terreno soltanto dallo psichismo imbevuto di cultura dell'epoca... si deve però negare e rigettare l'idea di una materia talmente sordida ed inutile da doversi abbandonare il più presto possibile...». Infatti allo spirito interessa l'esperienza concreta della materia: «Lo spirito è un essere individuale, sa di esserlo... sa di essere un individuo distinto dagli altri, distinto da Dio e dalla Realtà universale. Egli sa di vivere in questa Realtà universale, ma sa pure che non può confondersi con essa. Egli sa di essere nella Legge, ma sa pure che questa Legge è un elemento diverso da se stesso... egli deve vivere nel modo in cui questo Principio si manifesta nell'universo, e che nel caso specifico è la materialità come elemento di contrasto con la spiritualità, intesa come concetto di libertà». È chiaro, in ogni caso, che lo spirito distilla dall'esperienza della vita umana un succo, una quintessenza, che viene rielaborata ed assimilata una volta che l'incarnazione si sia conclusa, mentre l'io deve vivere la vita giorno dopo giorno, in tutti i suoi aspetti e con tutte le difficoltà che essa comporta.

Inoltre, come in tutte le teorie che comportano la reincarnazione, lo spirito è cosciente delle sue esperienze di vita precedenti, mentre l'io cosciente di norma non lo è. Come sappiamo, vi sono alcuni casi – studiati soprattutto da Ian Stevenson e dai suoi collaboratori – nei quali alcuni bambini hanno mostrato segni evidenti di una loro conoscenza di persone e fatti legati alla vita di una altro individuo deceduto, e della loro identificazione con quella personalità, ma questo potrebbe essere dovuto ad una straordinaria ed anomala connessione della mente del bambino con i residui psichici astrali del trapassato: in definitiva, una sorta di possessione da parte di uno spirito non particolarmente evoluto. Il fatto che nel corso di una vita vengano dimenticate le vite precedenti viene spiegato così: «...non lo spirito, ma il cervello, la mente dell'essere umano che egli anima, sono gli elementi atti a ricordare e ciò, nel caso in questione è naturalmente impossibile. Il cervello di questa vita ricorderà soltanto fatti registrati durante questa vita... In conclusione è quindi il cervello dell'uomo che non ricorda, perché non può ricordare, mentre lo spirito ha sempre tutto presente, anche se nella sua manifestazione umana tale ricordo, non indispensabile, si offusca...».

Si afferma poi che «...lo spirito, come tale, ha presente a se stesso tutto il patrimonio filtrato delle sue esperienze, sia terrene che proprie al suo ambiente spirituale, metafisico... e agisce dalle profondità dell'inconscio, in conseguenza», e pertanto lo spirito esercita, o tenta di esercitare, un'influenza sull'io cosciente e sul comportamento di quest'ultimo: «Ognuno di noi ha in sé, che lo guida dalle profondità dell'inconscio, un criterio di comportamento che tende costantemente a realizzarsi nel corso della nostra vita, e le nostre reazioni ai fatti di questa vita, la nostra risposta più vera agli eventi che incontriamo o che ci colpiscono, sono coerenti alla nostra più autentica natura spirituale...». Resta il fatto che la dicotomia tra lo spirito e l'io cosciente che Andrea riconosce ed evidenzia – a differenza di altre entità medianiche – non viene risolta in modo positivo: l'io cosciente, condizionato com'è dalla psiche umana, viene relegato in una condizione subordinata, tutt'al più utile per alcune esperienze dello spirito, il quale non mostra alcun interesse per un suo più determinato intervento nei confronti del mondo fisico, lasciando all'io la difficoltà di doversi barcamenare tra le istanze psichiche del corpo, legate alla sua natura animale e sociale, e quelle di origine spirituale.

Le vicende dello spirito dopo la morte

Andrea non offre particolari informazioni sulle modalità con le quali la coscienza dell'io si trasforma o si fonde con quella dello spirito dopo la morte del corpo, ma dalla sua descrizione dell'evento sembra che, almeno in una fase iniziale, la coscienza dell'io subisca dei cambiamenti: «...Quando un uomo muore, trapassa, lascia il corpo, avverte improvvisamente come una grande separazione, come se qualcosa gli si fosse scrollato di dosso... La sua condizione è essenzialmente una condizione di confusione mentale. Egli avverte la leggerezza della propria attuale esistenza, avverte il distacco dalle cose caduche; egli avverte soprattutto, come tutto quanto era prima oggetto di sue osservazioni dirette, diventa lontananza, trasparenza, e tutto gli appare così, leggero, lontano, quasi strano... Egli avverte l'intima realtà di una essenza che soverchia la materialità dell'idea e che s'innalza oltre lo stimolo di una carne non più esistente ed aleggia libero, leggero, oltre i limiti del proprio io... Questo essere, lasciato il corpo, si accorge immediatamente dell'enorme differenza che c'è tra la sua condizione attuale e quella di pochi attimi precedenti... tutto ciò che è della Terra diventa relativo...».

Nel suo libro di Simone riferisce come le diverse modalità con cui l'evento della morte si verifica (per incidente, per malattia, per delitto, in età giovane o avanzata, ecc.) possano condizionare lo stato di coscienza post-mortem, influenzando il complesso animico, non lo spirito in sé. Inoltre, sebbene non si faccia esplicito riferimento ai piani astrale e mentale, ed al soggiorno più o meno prolungato dell'io cosciente in ciascuno di essi (come asserito dal sistema teosofico), anche per Andrea alcuni aspetti psichici legati all'esperienza terrena possono continuare ad esercitare la loro influenza per un certo periodo dopo la morte: «Potremmo dire che ognuno di noi sarà costretto, dopo la morte, a lottare più o meno a lungo e penosamente contro le proprie immagini mentali, capaci di proiettarsi apparentemente all'esterno, prima di stabilire il reale contatto con il nuovo ambiente di esistenza... ciò giustifica... le divergenze talora gravi che tra loro presentano certi racconti di presunte entità comunicanti non ancora liberatesi dai veli illusori di origine terrena. Entità che insistono nel descrivere un mondo quale esse soggettivamente ancora lo vedono e lo sentono... stupore, ansietà, terrore, serenità e addirittura gioia, possono caratterizzare la prima fase della esistenza post-mortem...».

Sotto questo profilo mi sembra che il processo indicato dalla Teosofia sia più coerente del quadro presentato da Andrea, in quanto individua un percorso progressivo tramite il quale la coscienza dell'io si trasforma in quella dello spirito, passando attraverso le fasi dell'emozione e del desiderio (piano astrale) e poi dell'intelligenza e del pensiero (piano mentale). Secondo Andrea invece resta la dicotomia tra l'io cosciente e lo spirito, per il quale questa fase «...rappresenta generalmente un periodo di trasognato smarrimento che culmina nel cosiddetto letargo. Durante tale periodo di incertezza circa la propria reale posizione esistenziale, in tale stato di semi-incoscienza, scatta il film retrospettivo della propria vita passata, la cosiddetta visione panoramica che ripercorre velocemente tutte le tappe della propria esistenza da incarnato». Questo letargo «...si manifesta invariabilmente come uno stato di assonnamento o, piuttosto, come un ripiegamento dello spirito su se stesso, in una condizione di coscienza larvata, e come per un primo, lento filtraggio del materiale conoscitivo assimilato durante l'incarnazione. Questo costante fenomeno è favorito dall'entità guida... Il letargo può anche essere considerato come la nascita sul piano spirituale... (e) dura in media alcuni dei nostri mesi...».

Al suo risveglio «...lo spirito riprende lentamente coscienza del proprio vero essere, fino al punto da effettuare un'altra operazione, quella cioè che concerne il vero bilancio spirituale dell'ultima vita, una specie di autogiudizio che salendo irresistibilmente dalle profondità della propria sostanza spirituale, lo mette in grado di rendersi pienamente conto di quanto egli si sia scostato dal programma preincarnativo e dal reale peso delle acquisizioni positive». Per quello che ci è dato di capire, questo stato di letargo dello spirito inizia dopo la morte del corpo, e dura per un certo tempo, mentre nel corso della vita terrena, almeno dall'età di circa nove anni in poi, lo spirito è abbastanza sveglio ed ha una propria coscienza, ben distinta da quella dell'io. A quanto pare, lo spirito mette a punto un programma di esperienze prima di incarnarsi, presupponendo di riuscire a controllare le condizioni della vita terrena, il sistema psicofisico di riferimento, e dunque l'io cosciente, in modo da riuscire a realizzare al meglio il suo programma; tuttavia, nella maggior parte dei casi, le risorse di cui dispone non sono adeguate, e riesce a portare a casa solo una minima parte di quanto si era proposto.

Il processo di emancipazione dello spirito dalle scorie dell'esperienza terrena non è semplice: «...la maggior parte degli uomini, tornati spiriti dopo il distacco dalla Terra, non riescono a riconoscersi come tali, cioè come spiriti, puliti, mondati da ogni eco del complesso e spesso affannoso travaglio della loro esistenza terrena, un travaglio sovente angoscioso che ha permeato e cristallizzato idee e sensazioni, sentimenti, emozioni e passioni in ogni strato della loro personalità». In altre parole, l'esperienza dell'io cosciente si trasferisce allo spirito che la deve assimilare. Lo spirito elabora poi queste esperienze nella dimensione che gli è propria e – secondo quanto afferma Andrea – questo processo lo fa maturare: «L'ingranaggio in cui esso si trova diventa sempre più oliato, liscio; è qualcosa che si avvicina ad una sempre maggiore perfezione, perché si avvicina ad una maggiore, misteriosa semplicità... La fratellanza, l'amore, la carità, sono cose che si raggiungono via via, certo, ma poi si superano, si lasciano. L'esperienza di queste cose resta nello spirito, ma esso va oltre, sempre più profondamente nella essenza dell'Universo e lì coglie l'alta significazione della divinità e lì si accorge sempre più di una potenza la quale, trascendente ed immanente, ogni cosa ha sotto il suo controllo. Non lo vedrà mai Iddio, come voi sapete, e nessuno di noi lo vedrà mai. Ma chi di noi pretende di vedere Dio? Nessuno...».

Lo spirito non esplora solo la dimensione umana mediante un ciclo di incarnazioni, ma fa anche esperienza di altri mondi e di altre dimensioni dell'universo, nel corso della sua esistenza senza tempo. Il complesso animico, con parte degli elementi psichici ad esso collegati, è in genere utilizzato dallo spirito, con qualche adattamento, per un intero ciclo di esperienze incarnative. Nel mondo degli spiriti si stabilisce una selezione di livello, operata coscientemente e volontariamente da ciascuno spirito. Dice Andrea: «Io, spirito disincarnato, non sento di recarmi là ove sono Entità di eccelsa evoluzione, perché so che la mia presenza sarebbe inutile, perché so che la permanenza tra quelle Entità non mi interesserebbe, perché amo restare intorno a quegli spiriti che hanno la mia stessa evoluzione e presso i quali mi trovo a mio agio...».

Il mondo degli spiriti descritto da Andrea non sembra, per noi umani, particolarmente affascinante: «Voi immaginate talvolta il mondo dei disincarnati come un grande giardino ove le anime possano passeggiare, discorrendo l'una con l'altra, soffermandosi magari vicino ad una fontana per riposarsi, oppure suonando dei magnifici strumenti... No, niente di tutto questo! Il mondo delle anime, daun punto di vista poetico, per così dire, da un punto di vista estetico, è arido... Il nostro mondo è arido appunto perché è semplice, e la semplicità è spinta al massimo, sino a divenire semplicità assoluta». Nella dimensione dello spirito esistono solo gli spiriti: forse è per questo che lo spirito sente il bisogno di incarnarsi, per esplorare altre dimensioni. Infine, Andrea sintetizza così la condizione dello spirito purificato, per così dire, dalle sue sovrastrutture animiche: «Lo spirito non è mai uno spirito statico. Il carattere dell'intelligenza viene sempre conservato, senza peraltro fondersi mai con la divinità... Lo spirito mai si distrugge in questa divinità, né mai vive nella divinità, per la divinità e con la divinità! Esso vive con l'Universo, nell'Universo e per l'Universo; vive sempre per la Legge e nella Legge, e tutt'al più può raggiungere una altezza tale da cominciare a rappresentare la Legge in una parte dell'Universo. Man mano l'ingigantimento della forza spirituale porta ad un dominio sempre più vasto e ad una saggezza grandissima, ma lo spirito conserva sempre la sua personalità per cui potrà sempre affermare di essere qualcuno, mai di essere il tutto...».

Altre comunicazioni dell'entità Andrea

Nel corso di mezzo secolo, Andrea ha parlato di ogni genere di cose relative tanto alle dimensioni ultraterrene quanto alle questioni umane, con riferimenti alla psiche, all'organizzazione sociale, ai rapporti umani ed a vari problemi della vita. Talvolta gli venivano chiesti consigli o indicazioni e direttive in merito alla complessità delle esperienze umane ed all'orientamento dell'io cosciente per navigare nel mare agitato della psiche. Spesso le considerazioni di Andrea sono condivisibili, ragionevoli e talvolta anche creativamente eleganti. Talvolta sono fumose, oscure o inutilmente complesse, costituite da espressioni e concetti che si avvitano su se stessi, senza aggiungere nulla alle nostre conoscenze. Tuttavia, nel complesso, Andrea è molto più comprensibile rispetto, ad esempio, ai messaggi di alcune entità del Cerchio Firenze 77. Nondimeno, in qualche caso anche Andrea fa delle affermazioni decisamente avventate ed assurde in merito ad alcuni aspetti della realtà fisica.

Per esempio, parlando del sistema solare (CDA 1995, n. 1, pag. 53), ecco quanto afferma: «Il Sole, la Terra e la Luna formavano inizialmente un solo aggregato; successivamente – sempre nell'epoca primordiale – si è verificato il distacco del sole dal gruppo terra-Luna, che aloro volta si sono separate in un secondo tempo. Quindi il Sole è composto dagli stessi elementi della Terra per la semplicissima ragione che questa inizialmente faceva parte del Sole. Indubbiamente, tra milioni di anni o di secoli anche la Luna, che era una volta come la Terra, finirà per scomparire e, analogamente, il Sole diventerà com'è oggi la Terra...». E via di questo passo!

Conclusioni

Il motivo per cui ho dedicato parte della mia vita e delle mie energie all'esame dei fenomeni medianici va ricercato nei fatti, cioè in quegli eventi che avvengono nel mondo fisico – come apporti, materializzazioni, levitazioni, voce diretta, ecc. – che risultano inspiegabili in base alle nostre attuali conoscenze ordinarie. D'altra parte anche la vita umana è un fatto, fondato sulla realtà dell'ambiente fisico nel quale essa si svolge, e dei processi biologici e fisiologici mediante i quali i nostri corpi si formano, si trasformano ed infine deperiscono e muoiono. Su questi fatti si innesta un fenomeno di ordine completamente diverso che prevede una pluralità di soggetti sperimentatori (ciascuno associato ad un corpo), un sistema complesso di produzione di eventi destinati ad esser sperimentati interiormente da quei soggetti (la psiche, ed in particolare la psiche umana), ed uno strumento di collegamento tra gli eventi psichici ed i soggetti sperimentatori (la coscienza). Ho sempre usato l'espressione io cosciente per indicare l'insieme del soggetto sperimentatore e dello strumento mediante il quale esso sperimenta interiormente, durante la vita, effetti psichici di ogni genere. Ho invece separato l'io cosciente dall'esperienza psichica, pur sapendo che molto spesso l'io cosciente è coinvolto dagli effetti della psiche al punto da identificarsi con essi.

La coscienza non è identica per tutti gli individui, ma si differenzia da un individuo all'altro – e cambia anche nella medesima persona nel corso della vita – quanto ad intensità, ad estensione ed a capacità di sintonia. Esamineremo meglio queste facoltà della coscienza in futuro. L'io cosciente può contare su altre due facoltà di cui dispone in misura variabile: l'intelligenza e la volontà. Anche la memoria è fondamentale per dare continuità alle esperienze dell'io, conservandole come base della sua personalità. Ogni volta che l'io vuole incrementare le proprie conoscenze in merito a qualche aspetto della vita, attiva un processo creativo interiore oppure cerca informazioni al proprio esterno, ma anche in quest'ultimo caso le informazioni gli vengono fornite da altri soggetti coscienti, contemporanei o vissuti nel passato, che le trasmettono mediante sistemi di comunicazione condivisi. In definitiva, ogni processo conoscitivo ha un'origine interiore o, come si usa dire, mentale. L'attività conoscitiva svolta dall'io cosciente si basa sulla concentrazione dell'attenzione, sulla raccolta del materiale disponibile – sia prodotto dalla propria mente che da quella di altri soggetti – e sulla valutazione di questo materiale da parte della propria intelligenza.

Ogni intuizione conoscitiva che si manifesta in forma di pensiero e può essere comunicata mediante il linguaggio ha origine dalla psiche e, prima di diventare cosciente, viene elaborata dalla psiche stessa tramite un processo che per l'io resta inconscio. Si tratta di una ovvia e banale constatazione, come ho più volte sottolineato: l'inconscio, fintanto che resta inconscio, è anche inconoscibile, dunque è inutile teorizzarne il funzionamento. Diverso è il caso dell'attività inconscia del cervello e del corpo di una persona, i cui effetti possono essere osservati coscientemente da altre persone. È vero inoltre che l'attività psichica può far pervenire all'io, tramite la coscienza, falsi elementi conoscitivi in merito alle cause che determinano alcune forme di comportamento ed anche gli schemi e gli orientamenti mentali di una persona. Alla luce di tutto questo, cosa possiamo apprendere – in termini di conoscenza – dalle comunicazioni medianiche di queste entità che si presentano come esseri dotati di intelligenza autonoma, e come possiamo valutare quello che ci raccontano?

Quello che emerge con chiarezza è che ci muoviamo in una dimensione prettamente psichica, nell'ambito della quale non è possibile nessuna convalida oggettiva, almeno nel senso in cui ciò può essere fatto nella dimensione fisica. Può darsi che anche nella dimensione dello spirito vi sia qualcosa di simile ad una geografia mentale, per la quale un gruppo di entità condivide le stesse sintonie psichiche – che vengono percepite come assolutamente reali – mentre un altro gruppo condivide sintonie diverse, anch'esse percepite come reali. Un buon esempio di come le realtà psichiche possano coinvolgere l'io è rappresentato, nella dimensione umana, dalle fedi religiose, che possono causare conflitti violenti tra gruppi di umani dominati da realtà psichiche diverse (che non possono dunque essere considerate oggettivamente reali). Quando certe informazioni o spiegazioni su ciò che non è conosciuto pervengono all'io cosciente di un essere umano da parte di un altro essere comunicante (una persona vivente o vissuta, oppure, come nel nostro caso, un'entità aliena) al quale viene attribuita una forma di autorità, queste informazioni vengono assimilate ed esercitano sull'io cosciente un potere effettivo. Per la maggior parte degli umani, tale potere è proporzionale alla quantità di individui che condividono le stesse verità psichiche.

In queste condizioni l'io non è assolutamente libero, ma è condizionato dalla suggestione. Il condizionamento costituisce il modo di funzionare più diffuso tra gli umani, e prevede l'identificazione dell'io con le istanze psichiche che lo dominano. Quale possa essere il valore di una simile esperienza umana per lo spirito, non è chiaro: mi sembra che in casi del genere lo spirito subisca l'esperienza della vita, senza avere le risorse per influenzarla, il che non significa che l'io cosciente debba essere necessariamente infelice. Una vita condizionata può anche essere appagante ed avere successo, in base ai criteri di valutazione collettivi prevalenti: al massimo, si può sentire una certa inquietudine nei confronti della morte. Nella maggior parte dei casi, tuttavia, le vite nelle quali l'io cosciente è in balìa di esperienze psichiche che non può controllare e da cui non riesce a difendersi, sono insoddisfacenti.

L'entità Andrea introduce una dicotomia tra l'io cosciente e lo spirito che presenta alcuni aspetti interessanti, anche se culturalmente era già stata anticipata, nella cultura occidentale, da oltre un secolo di elaborazione del concetto di inconscio. L'originalità di Andrea consiste nell'attribuire allo spirito una funzione di stimolo che può raggiungere l'io tramite la coscienza: anche in questo caso non vi sarebbe nulla di realmente nuovo, perché già il dèmone di Socrate, descritto da Plutarco, faceva più o meno la stessa cosa. Tuttavia, nella concezione di Andrea, lo spirito e l'io cosciente non sono due entità separate, ma rappresentano due facce di una stessa medaglia, dato che la coscienza ed il soggetto cosciente sono destinati a riunirsi ed a fondersi dopo la morte dell'essere umano.

Resta da considerare l'attività inesauribile della psiche, la quale – fintanto che non viene elaborata coscientemente – costituisce ciò che a ragione può essere definito l'inconscio, qualcosa di cui non si può nemmeno parlare perché non conosciuto, ed in parte inconoscibile. Ovviamente, data la nostra condizione umana, anche la psiche alla quale facciamo riferimento è essenzialmente quella umana. Ma ovunque vi sia un'entità dotata di coscienza, il soggetto cosciente potrà sperimentare sintonie psichiche di ogni genere – in relazione alla qualità della coscienza di cui è dotato – elaborandole in base alla propria intelligenza.  Vi è, in questo percorso del soggetto cosciente – sia esso l'io o lo spirito – un orientamento dato dalla ricerca di un'armonia tra le sintonie psichiche sperimentate ed un elemento di natura interiore che entra, per così dire, in risonanza con le sintonie psichiche giuste, determinando quel particolare stato che viene chiamato, genericamente, felicità. Tuttavia i gradi di felicità sono molti, e differiscono tra loro non solo per intensità, ma anche per qualità: dunque, una volta raggiunto un certo livello, può iniziare il percorso verso il livello successivo.


 

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