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La vita dello spirito

I messaggi e gli insegnamenti esaminati

Come ho già detto, nella seconda metà del secolo scorso in Italia sono state ottenute – da parte di alcuni circoli medianici – varie comunicazioni a carattere informativo e didascalico relative alla vita nella dimensione dello spirito ed alla relazione tra quel piano di esistenza e la vita umana. In pratica, veniva operata una distinzione tra spirito disincarnato e spirito incarnato, senza però chiarire in modo soddisfacente la distinzione e la relazione tra l'io cosciente di un umano e la coscienza del suo spirito incarnato. Una documentazione sufficientemente ampia relativa a tali comunicazioni è disponibile per almeno tre circoli medianici: il Cerchio Firenze 77 (medium Roberto Setti, nato nel 1930 e morto nel 1984), il cui corpus di comunicazioni da parte delle entità (chiamate Maestri) va dagli anni '50 fino alla morte del medium; il Cerchio Esseno di Roma (medium anonimo) di cui viene preso in considerazione il primo periodo, dal 1981 al 1994; il Centro Italiano di Parapsicologia di Napoli (medium Corrado Piancastelli, nato nel 1930 e morto nel 2014) di cui vengono esaminate le comunicazioni dell'entità Andrea (entità A) dagli anni '60 alla prima decade di questo secolo.

Nel Cerchio Firenze 77 fenomeni di apporto, accompagnati da luminosità, e profumi vari ed intensi, si producevano praticamente in ogni seduta. Frequenti erano anche le levitazioni del medium. Anche nel Cerchio Esseno gli apporti – alcuni di particolare interesse – furono numerosi. I fenomeni fisici prodotti dal medium Piancastelli in gioventù – alcuni dei quali particolarmente intensi – si ridussero progressivamente fino a cessare del tutto, negli anni in cui si organizzava e si intensificava l'attività comunicativa ad incorporazione da parte dell'entità A. Se non fosse per i fenomeni fisici, incomprensibili e non riproducibili alla luce delle nostre conoscenze e delle nostre abilità umane, i messaggi pubblicati rientrerebbero in quella sconfinata letteratura psichica che comprende anche il channeling e le relative comunicazioni di origine inconscia, oltre che le opere a carattere religioso (ed in parte anche quelle filosofiche) e quelle di fantasia mediate dall'intelletto umano. Insomma, tutto ciò che non può essere sperimentalmente provato, ma che esercita sull'io cosciente il fascino determinato dal tentativo di dare delle risposte agli aspetti enigmatici della vita umana.

Del resto lo stesso Dali, una delle guide spirituali del Cerchio Firenze 77, affermava: «Le riunioni cosiddette spiritiche o hanno lo scopo di svegliare l'attenzione degli uomini, Far loro capire che esiste molto di più di quello che cade sotto i sensi fisici e che appartiene al piano fisico, o hanno lo scopo di insegnare... Se non vi fossero stati dei fenomeni che per loro stessi costituivano delle prove di intervento di qualcosa di sconosciuto, se fino dall'inizio si fosse parlato solo di insegnamento spirituale, lo spiritismo molto probabilmente non sarebbe riuscito a fare più scalpore di quanto lo faccia una setta religiosa». A onor del vero, va detto che in nessuno dei casi considerati le entità hanno cercato di imporre i loro insegnamenti come qualcosa da accettare acriticamente e fideisticamente, anche se – soprattutto nel Cerchio Firenze 77 – talora si riscontrano esortazioni non adeguatamente motivate verso determinate forme di comportamento. Ancora una volta dobbiamo sottolineare come l'interesse per questo genere di insegnamenti nasca dall'incertezza relativa alla condizione umana, la cui origine psichica mi sembra evidente. Dunque gli insegnamenti dovranno essere valutati in base alla loro efficacia nel risolvere i conflitti psichici inerenti alla condizione umana, contribuendo alla liberazione dell'io cosciente.

Le comunicazioni del Cerchio Esseno

Iniziamo dalle comunicazioni ricevute tramite il medium del Cerchio Esseno perché sono le più semplici, ma anche le meno soddisfacenti per quanto riguarda l'argomento che ci interessa di più, cioè l'identificazione dello spirito e la relazione tra l'io cosciente e lo spirito nel corso della vita umana. Il nucleo principale di questi insegnamenti, che occupano circa 250 pagine nei due libri pubblicati dal Cerchio Esseno, può essere attribuito alle tre entità denominate Raggio, Mediatore e Pensatore, senza che vi sia una netta distinzione tra le comunicazioni dell'una o dell'altra di queste entità, che si sono avvicendate nel tempo. L'esistenza dello spirito viene data praticamente per scontata, e si fa distinzione tra spirito incarnato e spirito disincarnato. Noi umani siamo spiriti incarnati sul pianeta Terra, le entità comunicanti sono spiriti disincarnati che vivono nella loro dimensione. Lo spirito, emanazione della divinità, vive nell'eternità, e si assoggetta a cicli di incarnazioni, in questo o in altri mondi, perché l'esperienza nella dimensione della materia è necessaria per la sua evoluzione. Tutto questo è affermato in modo molto generico, senza che vi sia – almeno a quanto risulta dai libri – un vero colloquio con domande pertinenti e stringenti da parte dei membri del circolo.

Le comunicazioni delle entità si concentrano essenzialmente sulle principali questioni intellettive, flosofiche e morali attinenti alla condizione umana, considerate dal punto di vista delle esigenze evolutive dello spirito, che non vengono tuttavia spiegate in dettaglio. Non di rado si ha l'impressione che i vari problemi della vita umana, ed i diversi aspetti della realtà di questo mondo così come noi umani la conosciamo, dato che non possono essere elusi o negati perché per noi sono un dato di fatto (e per l'io cosciente rappresentano il nocciolo della questione), vengano inseriti a forza in uno schema già predisposto, mediante forme di ragionamento che della logica hanno solo l'apparenza (e talvolta nemmeno quella), ma che prestano il fianco a molte critiche e lasciano molte questioni non risolte, e dunque non possono essere considerate convincenti sulla base di un'intrinseca coerenza logica. Questo problema si presenta anche nei confronti degli insegnamenti del Cerchio Firenze 77, mentre le comunicazioni dell'Entità A mi sembrano più coerenti ed esaurienti. Tuttavia metterò in evidenza anche gli aspetti discordanti tra l'uno e l'altro corpus di comunicazioni.

Ogni tanto si fa riferimento, anche se in modo superficiale, a dimensioni di esistenza tratte dalla Teosofia, come il piano astrale, il piano akasico, ecc., ma il processo evolutivo dello spirito viene presentato come un dato di fatto, generato dall'anelito dello spirito per tornare verso la sorgente da cui è stato emanato. Nulla viene spiegato in merito alle modalità di emanazione degli spiriti, all'acquisizione da parte loro della coscienza, alle ragioni per cui si orientano nell'una o nell'altra direzione nel loro percorso evolutivo. Il piano divino viene considerato perfetto, dunque anche le (innegabili) imperfezioni che si riscontrano nella dimensione umana devono essere, in un modo o nell'altro, giustificate in funzione dell'evoluzione dello spirito. La condizione dello spirito incarnato si identifica spesso, ed in modo generico, con quella dell'io cosciente, ed il termine coscienza viene sempre utilizzato in modo ambiguo ed onnicomprensivo, non solo confondendo la coscienza con l'esperienza psichica, ma anche attribuendogli indifferentemente il significato di consapevolezza e di istanza morale. Se da una parte sembra che le esperienze psichiche a cui è soggetto l'io cosciente coinvolgano anche lo spirito – tanto da affermare che il dolore umano, di origine sia fisica che mentale, è un'esperienza positiva per la sua evoluzione – dall'altra si afferma che solo una parte delle esperienze di cui l'io è cosciente raggiungono lo spirito. Insomma, una bella confusione!

Va tenuto presente che l'imprecisione di certi messaggi può essere dovuta a difficoltà di comunicazione analoghe a quelle che si possono riscontrare nel corso delle traduzioni delle lingue umane, quando, per esempio, un conferenziere che parli in giapponese viene tradotto in inglese in modo approssimato. Per quanto possa sembrare strano, le entità comunicanti devono attingere alle risorse psichiche del medium, che spesso non offrono una gamma di sfumature linguistiche adeguata ad esprimere le costruzioni di pensiero astratto utilizzato nella dimensione dello spirito. A mio parere la maggior precisione concettuale ed espositiva delle comunicazioni dell'Entità A potrebbe esser dipesa dalle doti intellettuali e linguistiche del medium Corrado Piancastelli, le cui attività professionali, letterarie e culturali meritano attenzione e rispetto. Ovviamente, questa mia supposizione richiederebbe dei riscontri proprio da parte delle entità, che comunque non mancano di ribadire onestamente i limiti e le incoerenze delle conoscenze e delle informazioni che cercano di trasmetterci.

Comunicazioni dell'entità Raggio

Dal 1981 al 1983 quest'entità fornì una serie di indicazioni generali in merito al processo evolutivo dello spirito ed a vari aspetti della condizione umana, ammettendo tuttavia che: «L'entità disincarnata dispone di quel bagaglio di conoscenze acquisito come patrimonio definitivo e limitato al grado di evoluzione raggiunto. Pertanto può verificarsi che di uno stesso concetto, espresso in sedi diverse, ne venga proposta una analisi parziale e limitata ad aspetti particolari... Ciò può originare apparenti divergenze che inevitabilmente emergono...». Dunque un'ammissione di relativismo, anche se subito dopo viene detto che le divergenze riguardano aspetti accessori e non sostanziali. Vedremo se questo è vero. Raggio dice anche: «Ricordate, noi non siamo tra voi per enunciare delle verità: la verità è in ognuno di voi».

Il soggetto principale a cui Raggio fa riferimento è l'entità disincarnata, cioè lo spirito: «L'entita disincarnata, a conoscenza piena di tutte le esperienze trascorse fino ad allora in tutte le passate incarnazioni, ma assolutamente non edotta sulle esperienze future e sul loro svolgimento ed esito, decide liberamente e volontariamente sul momento di affrontare e subire determinate esperienze». Sembra dunque che quella di nascere nella dimensione umana sia una libera decisione dello spirito: «È la inarrestabile spinta evolutiva che (lo) induce ad una determinata decisione... e a sostenere quella determinata prova». Ma non sempre è così! «Talvolta... può verificarsi che... non sappia assolutamente decidere o scegliere... allora intervengono in suo soccorso Entità Superiori a consigliarlo e talvolta ad obbligarlo». Cioè, lo spirito se ne starebbe tranquillo per i fatti suoi nella dimensione che gli è congeniale, ma arrivano le superiori autorità e, con un calcio, lo spediscono nel nostro mondo. Questo perché «l'Onnipotente anche in forma coercitiva può dare aiuto alle sue creature più deboli». Evidentemente l'inarrestabile spinta evolutiva interiore non sempre funziona.

Una volta incarnatosi, lo spirito entra in uno stato di ottundimento, nel quale non ricorda più niente. Nè Raggio, né le altre entità comunicanti del Cerchio Esseno fanno distinzione tra la coscienza dell'io e quella dello spirito incarnato, che invece secondo l'entità A – per fare un esempio – restano ben distinte. E questa mi sembra una differenza sostanziale. In una comunicazione, un'altra entità distinta da Raggio disse che stava per incarnarsi nell'Honduras, per compensare (probabilmente con una vita di stenti in una regione povera del mondo) l'importanza che aveva dato alla sua personalità ed al successo sociale durante la sua ultima incarnazione: «Dovrò quindi pareggiare i conti, affrontando una esistenza esattamente all'opposto della scorsa e che sarà anche molto lunga... spero nell'aiuto di Dio, affinché riesca ad affrontarla serenamente, anche perché, una volta incarnato, non ricorderò certo di averla io stesso scelta ed accettata... Allora, privo di questa memoria ed a contatto della dura e cruda realtà – che in effetti già mi dà preoccupazione – avrò il soccorso che da questi piani inevitabilmente mi giungerà...». Nell'esperienza umana, il dolore viene considerato (pessimisticamente) come inevitabile, e... salutare! «La reincarnazione (comporta dei vincoli) limitando sempre di più la libertà dell'entità disincarnata e causando intensa sofferenza. E ricordate, il dolore che l'uomo soffre nel corpo fisico, sia esso il più intenso e logorante, è solo una pallida ed approssimata idea di quello, ben più profondo e di ben altra natura, che l'entità disincarnata può trovarsi a patire... nella dimensione trascendente quella umana». Qui riecheggiano addirittura le pene dell'inferno!

Sul perché il processo evolutivo dello spirito preveda l'incarnazione vengono date alcune indicazioni tutto sommato ovvie, come la seguente: «È proprio nella incarnazione che moltitudini enormi di entità, dei più svariati livelli evolutivi, vengono a trovarsi accomunate in esperienze contemporanee, con l'effetto, altamente positivo, dell'influenza dei livelli evolutivi superiori su quelli inferiori». Non si comprende perché questo effetto positivo non possa prodursi anche nella dimensione spirituale. E quando si arriva al nocciolo della questione, ecco come se la cava Raggio: «E per concludere un interrogativo: perché e per chi tutto ciò? La risposta è estremamente semplice ed al tempo stesso esaltante. Proprio perché tutta la materia, fecondata dal principio cosmico per essere stata da Lui emanata, vivificata dall'essenza spirituale che è potenzialmente e sostanzialmente scintilla divina... è accomunata dalla penosa purificazione dell'essenza spirituale, onde quella scintilla divina emerga in tutta la sua radiosa luminosità e ritorni a Lui, per essere da Lui riassorbita. Purificazione penosa perché dove non c'è pena, sofferenza, travaglio, dolore, non c'è e non può esservi purificazione». Ecco spiegato tutto! Anche se poi si afferma: «E ricordate, non sarà certo la materia a condizionare lo Spirito, ma sarà sempre esattamente il contrario, per la potenza inesauribile della forza che lo anima».

Sulla valorizzazione del dolore e della sofferenza Raggio dà il meglio di sé: «Che senso avrebbe l'esperienza nella materia, se fosse esente dagli inevitabili eventi traumatizzanti di ordine fisico e morale, che di essa sono tappe salienti? La sofferenza fisica ed il disagio morale concorrono insieme a consentire l'esatta percezione dei limiti in cui viene a trovarsi l'entità incarnata e dei valori illusori che la condizione materiale alimenta, in contrapposizione ai valori reali ed eterni dello spirito... Gli effetti (del dolore e delle disgrazie) sono molteplici e di varia natura, dipendenti essenzialmente dal soggetto costretto a soggiacere, nonché dalla consapevole accettazione o dalla irrazionale ribellione. In ogni caso ed in definitiva l'esito è ineluttabile ed unico: la presa di coscienza dei limiti modesti e delle scarse risorse di cui l'entità incarnata dispone nell'ambito della materia». E così via.

Come quasi sempre accade nelle comunicazioni medianiche incentrate sulle reincarnazioni dello spirito, si fa ricorso al karma, come se questo concetto aggiungesse qualcosa di esplicativo e di convincente – sotto il profilo conoscitivo – alla nostra comprensione delle vicende umane: «...l'individualità di ogni essere incarnato è arbitra ed artefice del proprio cammino evolutivo, per essere incondizionatamente libera di operare secondo le scelte che le sono più congeniali. Pertanto, a quel determinato grado evolutivo, l'entità incarnata, sotto la spinta degli impulsi volitivi che in quella determinata condizione di maturazione spirituale essa avverte, opererà in conseguenza, in ossequio o disattendendo le leggi divine. Nell'uno, come nell'altro caso, essa... avrà mosso una causa, alla quale dovrà fare inevitabilmente riscontro un evento compensativo (effetto karmico). Comportamenti ed opere proiettati verso il bene, inevitabilmente troveranno riscontro in effetti karmici gratificanti; al contrario l'effetto sarà un karma doloroso... La memoria vivissima, che nella dimensione trascendente sarà prerogativa predominante, insieme all'analisi obiettiva degli eventi dell'incarnazione appena conclusa, consentirà all'entità di rendersi consapevole delle deficienze e degli errori di cui si è resa protagonista, in quanto tale memoria consiste nel rivedere se stessi da spettatori distaccati e critici imparziali».

Vorrei sottolineare le incongruenze di questa interpretazione karmica, che forse dovrebbe servire a soddisfare – senza peraltro riuscirci – il senso di giustizia umano. Dapprima si dice che l'entità incarnata è incondizionatamente libera di operare secondo le scelte che le sono più congeniali. Questo non è vero, perché la libertà di scelta dell'essere umano è sempre relativa, come d'altronde viene esplicitamente affermato dalle entità comunicanti del Cerchio Firenze 77. Poi si dichiara che, a seconda del suo grado evolutivo, l'entità incarnata opererà di conseguenza, in accordo o in contrasto con le leggi divine. Da quello che si può intelligentemente comprendere, un'entità evoluta opera in accordo con le leggi divine, mentre un'entità poco evoluta, agisce disattendendo le stesse. Ma una legge divina non può essere disattesa: al massimo potrebbe essere ignorata, nel senso di non conosciuta. Altrimenti si dovrebbe ammettere che esiste una legge, di ordine superiore, che consente allo spirito incarnato di disattendere le leggi divine. Insomma, sarebbe come se sul piano fisico si potesse disattendere la legge di gravità.

Inoltre, in tutta questa faccenda del karma, non viene mai spiegato da cosa dipende il diverso livello evolutivo degli spiriti: forse da una loro emanazione nel tempo, nel senso che esistono spiriti più giovani, e dunque meno evoluti, e spiriti più anziani e più evoluti? Oppure è qualcosa di congenito, in quanto alcuni spiriti sono emanati con una maggiore un'inclinazione verso il bene, mentre altri sono caratterialmente più birichini? Insomma, in tutte queste affermazioni c'è una superficialità, una mancanza di approfondimento e di intelligenza che sconcertano. E si presume che provengano da entità evolute! La ragione per cui ho investito il mio tempo a leggere ed a valutare tutto questo materiale di origine medianica è che effettivamente ad esso si associano fenomeni fisici e psichici del tutto straordinari.

Comunque, una volta tornata nel suo stato disincarnato, «l'entità acquisisce la consapevolezza di quali esperienze ha fallito o non ancora ha condotto a termine e di conseguenza decide ed accetta nell'immediato suo programma le prove di cui più impellente sente la necessità». Il significato dell'effetto karmico consiste soprattutto nella «vocazione purificatrice che proietta l'entità nell'ineluttabile processo evolutivo, che è inarrestabile desiderio di ritorno alla Causa che l'ha emanata». In questa specie di processo produttivo (emanazione di spiriti grezzi, processo di purificazione – soprattutto mediante la sofferenza cosciente – e ritorno dei medesimi alla fabbrica di origine), «la lungimiranza dell'Altissimo, che dell'Amore fa il centro propulsivo del processo evolutivo, non poteva certamente abbandonare le sue creature ai perigli che avrebbero dovuto affrontare con forze incerte e prospettive vacillanti... il Padre... non chiede di più e di meglio: un solo momento, un attimo di abbandono a Lui, alla sua infinita misericordia, di offerta incondizionata della sofferenza, di umile rassegnazione alle leggi divine, senza ribellione».

Quanto agli eventi naturali che causano molte vittime in modo indiscriminato (come terremoti, inondazioni, epidemie, carestie), secondo Raggio «quelle creature, coinvolte in fatti di tale lacerante sofferenza, non sono vittime di questi eventi, ma liberamente scelsero di affrontare prove del genere, nella scelta consapevole di quella incarnazione e nella certezza che quell'evento sarebbe inevitabilmente sopravvenuto... E di tali consapevolezze certe... l'entità perde la memoria, non appena passata nella materia». Questo vale anche per le guerre, che «vanno considerate purtroppo come un elemento quasi inevitabile nel corso dei secoli e della storia dell'umanità». Insomma, tutto ciò che causa dolore e sofferenza al povero io cosciente va considerato come un elisir per l'evoluzione dello spirito: «...sono tutte emergenze di dolore: dolore che è purificazione, perché via dell'evoluzione, perché richiamo e risveglio dell'individualità ai Valori dello Spirito. Ancora una volta il male, inteso nel senso di Dolore, si appalesa come complemento ed aspetto relativo del Bene: ed in tal senso la Divinità, che tutto comprende, va intesa come dolore».

Ovviamente la Terra è uno tra i mondi di basso livello evolutivo, e «...le tensioni sociali, politiche, economiche che apparentemente sono le cause, rappresentano soltanto un effetto ed un aspetto marginale di quel male profondo che oggi affligge l'umanità, vittima della più spietata perversione e violenza». Che l'umanità di oggi non se la passi molto bene è certo, ma un onesto esame dei vari periodi storici ci mostra che in ogni epoca ed in ogni area geografica la vita umana è sempre stata complessa e difficile. Raggio afferma poi che l'armonia delle leggi naturali, anch'esse divine, non può esser messa in discussione, e dunque le varie malattie del corpo intervengono a «frenare la superbia e l'orgoglio dell'uomo, non appena egli ha la presunzione di piegare ai propri fini egoistici la ragione ed i mezzi della sua esistenza. Ecco la causa del dolore umano, che è l'uomo stesso a stimolare!» Beninteso, si tratta pur sempre di eventi positivi, attuati mediante «la morsa della sofferenza, inevitabilmente liberatoria». Non nego che l'umanità, anche a causa dell'esagerato incremento numerico dell'ultimo secolo, stia sfruttando le risorse naturali in modo eccessivo e dissennato, ma è pur vero che quando il genere umano non esisteva ancora, gli animali andavano soggetti ad ogni sorta di malattie.

L'entità Raggio non si esime dall'offrire la sua consulenza anche in merito a particolari stati mentali. Per quanto riguarda la demenza «...l'origine è prettamente spirituale. È l'entità stessa ad aver scelto quella incarnazione, proprio nell'intento di soggiacere a quella lacerante esperienza evolutiva... Una condizione di questo tipo induce nell'entità una enorme sofferenza, in quanto quello spirito, perfettamente cosciente, vede soffocata ogni possibilità di esternare se stesso, di agire e reagire nell'ambiente che lo circonda e del quale percepisce gli stimoli, talvolta esaltati ed aberranti. Orgoglio, superbia, vanagloria ed ogni comportamento a siffatti pseudo valori illusori, fortemente coltivati in precedenti esperienze, sono le cause determinanti che hanno mosso un effetto karmico di tale intensità e di enorme valore purificatorio». Ancor più strane sono le considerazioni in merito al coma: «In tale stato il legame con la materia di quell'entità incarnata è pieno e validissimo... Quello che apparentemente è un corpo inerte e che particolari valori di parametri scientifici denunciano in stato di precaria percezione o addirittura di coma irreversibile, è tuttavia una matrice vitale di uno spirito perfettamente cosciente, anche se il tessuto cerebrale non risponde a determinati stimoli... in quel corpo fisico agisce ancora, in sincrono con la materia, una entità perfettamente cosciente...». Finora avevamo avuto l'impressione che Raggio identificasse la coscienza dell'io con quella dello spirito incarnato, ma siccome nel coma la coscienza dell'io è assente, il riferimento ad un'entità perfettamente cosciente non può che essere rivolto allo spirito, il quale allora andrebbe considerato come ben distinto dall'io e dotato di coscienza propria ed autonoma (come d'altra parte risulta da altre comunicazioni più coerenti, come quelle dell'Entità A).

Quando vuole criticare le dottrine delle organizzazioni umane di stampo religioso, Raggio afferma che «...ogni individuo inconsapevolmente può pure cadere sotto una accorta influenza negativa e non trovare poi la forza di sottrarvisi. Il male sta nell'accettare a tutti i costi verità che non reggono alla più esile verifica ed all'analisi più superficiale; il male sta nel travaglio inevitabile che tali false verità inducono a lungo andare, con la conseguente inevitabile perdita della giusta visione delle cose». Ecco, per le stesse ragioni io ritengo che anche le comunicazioni delle entità medianiche debbano essere sottoposte ad un'attenta verifica e a una critica serrata, nonostante i poteri che tali entità hanno dimostrato di avere e nonostante l'amore che dichiarano di avere nei confronti di noi umani. In particolare, le critiche vertono su due punti: il primo è rappresentato dalle innegabili e sostanziali differenze che si riscontrano confrontando le informazioni  ricevute tramite medium diversi; il secondo è relativo alle discordanze tra certe affermazioni delle entità e le nostre conoscenze scientifiche, confermate da effettivi riscontri. Non va dimenticato che anche le scoperte scientifiche umane hanno origine dall'intelligenza e dallo spirito, mediante il lavoro di elaborazione da parte dell'io cosciente di persone dotate di particolare talento. Dunque non possono essere trascurate a favore di affermazioni spesso generiche e confuse, quasi sempre di evidente origine psichica.

Comunicazioni del Mediatore e del Pensatore

I messaggi di queste due entità, abbastanza affini tra loro, hanno un'impronta che potremmo definire filosofico-salvifica, derivata – come ho spiegato nel blog precedente – dal pensiero del filosofo Roberto Giordano, come esposto nei libri da lui pubblicati negli anni '40 e '50 del secolo scorso. Anche se la condizione umana viene considerata come un'occasione per conquistare la vera esistenza tramite uno sforzo cosciente, una tensione dell'intelletto e dell'azione, la dialettica della psiche – così come viene percepita dalla coscienza – deve essere superata tramite un processo apodittico che implica l'affermazione del polo positico sullo sfondo di quello negativo, cioè un prevalere cosciente e voluto del bene sul male. Del resto, il processo dialettico-apodittico del Giordano presenta non poche affinità con la concezione cristiana della salvezza dell'anima, ed il Mediatore (titolo di uno dei suoi libri) non è altro che la figura psicologica del Cristo, come tramite tra la dimensione umana e quella divina.

Al di là dell'interesse che il pensiero di Giordano può avere per chi si occupa di tali questioni, vediamo se i messaggi delle due entità offrono qualche altra informazione interessante in merito alla vita dello spirito, sia nella dimensione che gli è propria, sia in quanto entità incarnata, ed in che modo la coscienza dello spirito entra in relazione con l'io cosciente. Purtroppo non troviamo maggiore chiarezza rispetto alle comunicazioni di Raggio. In questi messaggi lo spirito viene spesso identificato con la psiche, in tutti i suoi vari aspetti. Per esempio, a proposito del sentimento si afferma: «...non sempre il sentimento si rivela puro, spesso appare offuscato attraverso i vari diaframmi di una materialità e di una corporeità più o meno diafana, a seconda del grado di evoluzione; in esso tuttavia è sempre lo spirito che si manifesta,  nell'immediato senso dello spirito che voi sentite il piacere e il dolore, la gioia e lo sconforto della vostra esistenza terrena. Il sentimento è il vero elemento vitale della coscienza. La sorgente dei sentimenti, dunque, ha le sue radici nella vita immediata, nella sostanza dello spirito stesso, in quanto è appunto lo spirito stesso nella sua stessa immediatezza che produce i diversi sentimenti e dà il colorito e la tonalità a tutti i vostri stati che, mediante la sensazione e l'intellezione, si rivelano della coscienza».

Identificare le sintonie psichiche – caratterizzate da elementi conflittuali di varia origine, il cui scopo primario sembra quello di asservire l'io cosciente – con lo spirito, la cui azione dovrebbe essere tesa a liberare l'io cosciente dall'assoggettamento ai comandi psichici, mi sembra un errore. Il fatto è che questo insistere sulle esigenze evolutive dello spirito ne indebolisce la percezione proprio da parte dell'io cosciente, che sullo spirito dovrebbe fare affidamento. Caso mai, è l'io che sente l'esigenza di evolversi, e per questo ha bisogno della collaborazione e dell'aiuto dello spirito, il quale a sua volta avrà poi le sue esigenze e le sue mete. «Il sentire insomma si adegua allo scopo e al grado evolutivo dello spirito... Ed ecco che il dolore acquista così il giusto valore e cioè diviene mezzo necessario e indispensabile per il raggiungimento della meta». Di nuovo, in queste parole, ritorna quella valorizzazione dell'esperienza del dolore umano che dovrebbe invece essere del tutto estranea allo spirito: «...solo soggiacendo allo stimolo del dolore riuscite a ponderare e capire gli errori, specie quelli di carattere morale». Questo non è assolutamente vero: spesso è proprio il dolore che rende l'io incapace di sottrarsi alla morsa psichica che lo blocca negli aspetti negativi dell'esistenza.

L'esperienza del dolore viene riferita allo spirito: «...in funzione delle esperienze dolorose che lo spirito deve subire... Vi chiedete: qual è la reale necessità per lo spirito di sentimenti così gravosi?... vi diciamo che dovete accettare il dolore con ragionata serenità, quando le vicende della vostra vita vi costringono a soggiacere ad esso, ma nel contempo vi diciamo di reagire con volontà tenendo presente che nella mirabile economia del creato vi sono offerti i mezzi idonei per neutralizzare in gran parte gli effetti negativi del dolore, sia fisico che morale». Meno male che ci è concesso di reagire! Ma è evidente, ancora una volta, la confusione tra l'io, cioè il soggetto che sperimenta coscientemente la vita umana, e lo spirito, la cui coscienza – ben distinta da quella dell'io – non è coinvolta nelle dinamiche della psiche umana.

L'entità Pensatore cerca anche di chiarire il proprio punto di vista in merito all'io: «Trattare dell'io è impresa ardua... perché ogni essere incarnato esprime un se stesso soggettivo al massimo grado, tanto che non può fondersi totalmente con l'io degli altri». E fin qui siamo pienamente d'accordo. Ma poi continua: «...questo io mutevole, legato alle vicende umane, è un io inautentico, derivante dalle necessità dell'individuo che opera nella materialità. Il vero, autentico io è quello metafisico, che appartiene alla sfera spirituale dell'individuo e che si mantiene pressoché identico anche col mutare delle esperienze. È chiaro quindi che non tratterò dell'io come espressione della psiche...». In questo modo il problema fondamentale della coscienza, ed in particolare dell'autocoscienza, viene completamente rimosso. Infatti il mio io cosciente è importante, indipendentemente dalle esperienze psichiche che lo coinvolgono, proprio in quanto dotato di autocoscienza, e lo spirito – dotato di quello che viene definito l'autentico io metafisico – diventa importante solo quando e se entra in relazione con l'io cosciente, sia che questo avvenga nel corso della vita umana, sia che accada nell'aldilà. Senza una fusione tra la mia coscienza e quella del mio spirito, per me lo spirito resta un'entità aliena, inconscia, sconosciuta o addirittura inesistente. Il vero problema, per entrambe le parti (l'io e lo spirito), è come realizzare questa fusione. Da questo punto di vista, ogni negazione del valore e dell'importanza dell'io cosciente – pur con tutti i limiti a cui la condizione umana lo rende soggetto – mi sembra un passo falso.

Il Pensatore continua con una serie di esortazioni (di tipo etico e psicologico) rivolte all'io dei suoi interlocutori, che si possono anche condividere, ma che non offrono ulteriori chiarimenti sotto il profilo conoscitivo. Passa poi a considerare il fenomeno della morte fisica: «Dando per scontata la sopravvivenza dell'io alla distruzione del corpo... Non devo certo dimostrarvi la possibilità o meno del vivere oltre la morte; le esperienze che state vivendo dovrebbero essere sufficienti a convincervi, in caso contrario non saranno le mie parole a mutare le vostre convinzioni». D'accordo, ma a quale io si riferisce? All'io cosciente umano o all'io dello spirito? E con quale strumento l'io cosciente sopravvive alla distruzione del cervello? Alcune affermazioni, poi, sono decisamente esagerate: «...l'ipotesi dell'annullamento totale, della non più esistenza dell'io possa farvi precipitare nel baratro del terrore psichico... solamente nella situazione affettiva dell'angoscia e nel travaglio interiore suscitato dal terrore psichico, vi si rivela in maniera originaria e acuta il mistero della morte. Non ha importanza se a livello cosciente non possedete la conoscenza teoretica di ciò; basta che il concetto alberghi nel vostro intimo».

Dove il Pensatore tenta di fare qualche passo avanti rispetto, per esempio, a Raggio, è nelle considerazioni in merito al male ed al dolore: «...è innegabile che su questo vostro pianeta il dolore ed il male regnano sovrani; anime angosciate levano al cielo continuamente grida di disperazione; bambini innocenti subiscono insieme agli esseri più deboli e buoni vessazioni di ogni genere; malattie, lutti, guerre, fame non risparmiano nessuno. Per colmare la misura poi la natura ogni tanto si scatena e causa terremoti, inondazioni, cataclismi di ogni genere; un quadro certamente sconfortante, ma indubbiamente concreto. Il male quindi esiste, ma perché esiste?». Dapprima il Pensatore si trattiene dall'affermare che il dolore è necessario per l'evoluzione dello spirito: «Sul piano spirituale il male e il dolore non hanno valore in sé... acquistano valore solo se contrapposti al bene e all'amore...», ma alla fine cede alla tentazione: «Per concludere, figli, vi dico che il male ha una sua ragione di esistere, in quanto rappresenta l'elemento necessario all'evoluzione dello spirito, e il dolore e la sofferenza sono gli stimoli e le prove senza le quali non si concreterebbe il processo spirituale verso la Luce». Perfetto! L'io cosciente soffre, in quanto assoggettato alle sintonie psichiche umane del dolore e della sofferenza, e lo spirito si evolve senza doversi sporcare le mani.

Ma vediamo come l'entità affronta il problema della morte degli umani. Dopo aver osservato, piuttosto banalmente, che «Molti esseri umani... vivono la propria esistenza angosciati dai dubbi circa la validità dell'esistenza stessa e circa il futuro del proprio essere dopo l'evento della morte fisica», il Pensatore dà il meglio di sé, dicendo che non è sufficiente dare una risposta teorica, ma «...occorre anche una soluzione pratica, che poi sarebbe quella di sperimentare personalmente la morte...», per concludere che trovare una soluzione al problema è quasi impossibile! «Chi vi parla, figli, essendo ora nella condizione di disincarnato, conosce la verità; ma sa anche che non può trasmetterla a voi, in quanto è giusto – credetemi – che nella vostra situazione di incarnati ignoriate la verità...». Che contributo possono dare, in termini di conoscenza, simili affermazioni?

L'evoluzione del rapporto tra lo spirito – dotato di una propria coscienza, che di norma resta inconscia per l'io – e l'io cosciente ad esso associato, che sperimenta la vita umana nella sua temporalità, costituisce l'aspetto più importante in merito al significato della vita nell'ambito di un più ampio progetto, che vada oltre la limitata durata della stessa, ed andrebbe adeguatamente approfondito. Il Pensatore si limita invece a relativizzare ingenuamente l'esperienza umana, negando all'io cosciente, che pure si deve confrontare – nel bene e nel male – con tale esperienza, la dignità alla quale avrebbe diritto, e facendo confusione tra lo spirito incarnato e l'io, come se condividessero la stessa coscienza. «Esiste in maniera concreta la realtà in cui vivete?... La realtà di tutte le cose fisiche... in effetti non esiste per lo spirito incarnato quando non è percepita... l'essere umano è un essere la cui esistenza è soggetta alla nascita e alla morte...   per cui la realtà del mondo fisico per lo spirito è tra l'altro assolutamente transitoria... si può affermare che la materia esisteva, esiste ed esisterà indipendentemente dalle percezioni e dalle sensazioni che ne ha avuto lo spirito nelle sue brevi parentesi terrene... la realtà materiale è, contemporaneamente, concreta e illusoria. Mi spiego. Tutte le cose sensibili hanno una esistenza naturale, indipendentemente dal fatto che siano percepite o meno dallo spirito... la materia è, ossia esiste nella sostanza anche quando non fa parte dell'esperienza dello spirito. Quindi è realtà concreta. Di converso la realtà è illusoria proprio quando entra a far parte della coscienza e diventa esperienza psichica per mezzo della percezione...». Al di là del problema filosofico dell'immaterialismo (Berkeley: esse est percipi), cioè dell'esistenza vincolata o meno alla percezione da parte di una forma di coscienza, qui non si vede in cosa lo spirito differisca dall'io cosciente: quest'ultimo si pone le stesse questioni presentate dall'entità, e può scoprire risposte filosofiche più soddisfacenti ed articolate.

Nell'esaminare gli aspetti psichici dell'esperienza umana il Pensatore si sofferma sul rapporto tra il pensiero e la realtà, concludendo che: «...non potendo avere l'assoluta certezza della veracità delle facoltà del pensiero, espresse attraverso il ragionamento, non potete essere certi della validità del fondamento indicato. Ebbene, figli, vi dico che così deve essere per voi; la vostra attuale condizione non vi permette di risolvere tale dubbio, né tutta la filosofia umana è sufficiente a risolvere questo problema, che racchiude in un certo senso l'essenza dell'esistenza». Su questo non avevamo dubbi, ma vale anche per tutte le comunicazioni ricevute tramite queste entità, che non ci illuminano né sulle interazioni tra lo spirito e l'io cosciente, né sulle ragioni per le quali lo spirito troverebbe conveniente incarnarsi. In proposito, l'entità afferma: «...la finalità ultima, ma non l'unica, dell'esistenza o meglio della vita nella materia è di consentire allo spirito di acquisire la coscienza del proprio divenire, prima di avere la consapevolezza di essere». Ma poi si ribadisce che, nella dimensione dello spirito, il divenire è illusorio.

Termino qui questa breve esposizione di una parte delle comunicazioni ottenute tramite alcune entità del Cerchio Esseno, invitando chi fosse interessato all'argomento a leggere i libri pubblicati ed a farsi un'opinione personale in merito al loro valore. La mia analisi, come ho già detto, è limitata agli aspetti conoscitivi che suscitano il mio interesse in merito ai seguenti temi: 1) dimostrazione dell'esistenza dello spirito individuale; 2) ragioni che inducono lo spirito ad incarnarsi; 3) relazione tra l'io cosciente e lo spirito incarnato; 4) fusione dell'io cosciente con lo spirito e continuazione dell'esperienza individuale nella dimensione dello spirito, dopo la morte. In relazione a questi temi, le comunicazioni delle entità del Cerchio Esseno non mi hanno soddisfatto.


 

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